Fino alla fine || Federico Be...

By nowhereissafe

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Olivia, studentessa ventiduenne di lingue, si trasferisce a Torino con il padre dopo la separazione dei suoi... More

Uno {Prologo}
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
Otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque
Ventisei
Ventisette
Ventotto
Ventinove
Trenta
Trentuno
Trentadue
Trentatré (❤)
Trentaquattro
Trentacinque
Trentasei
Trentasette
Trentotto
Trentanove
Quaranta
Quarantuno
Quarantadue
Quarantatré
Quarantaquattro
Quarantacinque
Quarantasette
Quarantotto
Quarantanove
Cinquanta
Cinquantuno
Cinquantadue
Cinquantatré
Cinquantaquattro
Cinquantacinque
Cinquantasei
Epilogo
Ringraziamenti

Quarantasei

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By nowhereissafe

Torino, 3 dicembre 2017

Lasciare Napoli è stato molto difficile per me. In una sola serata quella città mi ha regalato più emozioni di quante ne abbia vissute in tre mesi. La vittoria contro gli uomini di Sarri mi ha dato una notevole scarica di adrenalina, talmente forte che se chiudo gli occhi riesco ancora a percepire le sensazioni provate dopo il gol di Gonzalo anche se sono passati due giorni. Il bacio con Federico dopo tre mesi che non sentivo il sapore delle sue labbra è come se mi avesse fatto tornare a galla dopo un infinito periodo passato ad annegare.

Le cose non sono tornate del tutto alla normalità, quel bacio è stato solo il risultato di un momento di debolezza, quando ho deciso di mandare tutto all'aria e fiondarmi su di lui come se senza quel contatto non avessi potuto continuare a vivere.

Il nostro attimo di passione è rimasto segreto in una camera d'albergo di Napoli, non abbiamo voluto parlarne con nessuno per non rompere la magia di quel gesto che in quel momento sembrava l'unico da fare.

Non abbiamo avuto modo di parlarci dopo esserci lasciati con le labbra gonfie a causa della passione dei nostri baci, non abbiamo avuto il coraggio di parlare per non rovinare tutto un'altra volta.

Domani i ragazzi partiranno per Atene dove affronteranno l'Olympiacos in Champions League. Io non potrò partire con loro perché devo andare in università a lavorare per il progetto di economia e management, ma questa partenza sembra essere capitata apposta in modo da darmi del tempo da sola per riflettere sull'accaduto.

"Guarda che non sei brava a fingere" Miralem mi fa venire quasi un infarto comparendo alle mie spalle. Mi volto di scatto e lo trovo a fissarmi a braccia conserte.

"Cosa intendi dire?" gli chiedo sorpresa, cercando di comprendere come abbia fatto a capire che gli sto nascondendo qualcosa.

"Intendo dire che sono due giorni che ti brillano gli occhi e non venirmi a raccontare la cazzata della vittoria a Napoli perché quella ci è passata a tutti, tranne a te" quasi mi rimprovera con il suo tono di voce serio.

"Va bene, ti racconterò tutto, papà" sottolineo l'ultima parola sbuffando. Quando si comporta così sembra davvero mio padre.

"Non fare la spiritosa, signorina" mi scruta con fare interrogatorio sedendosi sul bracciolo del divano.

"Io e Federico ci siamo baciati a Napoli" dico tutto d'un fiato senza preamboli e giri di parole.

"Cosa?" il mio migliore amico rimane a bocca aperta e per poco non perde l'equilibrio cadendo a terra. "Ma ti sembra il modo di dirmelo? Mi fai morire!" si lamenta il bosniaco portandosi una mano sul petto, come se stesse avendo un infarto in corso.

"Promettimi che non lo dirai a nessuno, credo che anche lui se lo sia tenuto per sé" sussurro mentre le guance mi vanno a fuoco.

"Che bello l'amore" sospira il numero cinque ridacchiando sotto ai baffi vedendo la mia espressione buffa.

"Non prendermi in giro" mi lamento dandogli uno leggero schiaffo sul bicipite mentre lui non la smette di scuotere la testa sorridendo.

"Siete innamorati pazzi anche se lui rimane un coglione" sentenzia il centrocampista bianconero allargando le braccia per permettermi di accogliermi tra di esse.

"Come faccio a smettere di amarlo? È impossibile" sbuffo ancora confusa dopo il bacio sensazionale di venerdì notte.

"Deve smascherare Veronica prima" precisa il bosniaco mentre mi accarezza dolcemente i capelli e la schiena con una mano.

"Mica l'ho perdonato" rispondo immediatamente al mio migliore amico alzando di scatto la testa per incrociare i suoi occhi.

"Però vi siete baciati" aggrotta le sopracciglia non seguendo il discorso.

"È stato un attimo, entrambi non abbiamo capito più niente" sospiro con una mano tra i capelli che sposto da davanti agli occhi.

"Com'è stato?" domanda curioso il regista juventino.

"E me lo chiedi anche?" un sorriso ebete mi si stampa sul viso mentre penso al contatto delle nostre labbra. "È stato perfetto" mi mordo il labbro inferiore non riuscendo a togliermi dalla testa quel momento romantico.

"Sai cosa fare, non hai bisogno di qualcuno che te lo dica, ma non voglio vederti di nuovo stare male, quindi pensaci bene" mormora Miralem mentre mi accarezza le guance con i pollici e mi guarda fisso negli occhi.

"Grazie, fratellone" gli scompiglio leggermente i capelli sorridendogli in modo genuino e sincero. "Non tornerò immediatamente tra le sue braccia, deve capire tutto il male che mi ha fatto" lo rassicuro dandogli un bacio sulla guancia ricoperta dalla barba incolta, che mi fa il solletico.

"Ti voglio bene, Oli" sussurra il bosniaco al mio orecchio lasciandomi un leggero bacio sulla tempia e stringendomi forte a sé.

"Anch'io tantissimo, Mire" rispondo accarezzandogli i capelli corti sulla nuca. "E mi raccomando, se ti viene in mente di fare uno dei tuoi tiri da fuori area dopodomani avvisami prima" gli faccio l'occhiolino aiutandolo a portare la valigia fuori di casa e a caricarla in macchina, prima di salutarlo per lasciarlo andare a raggiungere i ragazzi in partenza per Atene.

Approfitto della solitudine per portarmi avanti con il progetto, dato che negli ultimi giorni – complici la trasferta e la confusione che ho in testa – non sono riuscita a concludere molto.


Torino, 5 dicembre 2017

Sintonizzo la televisione su Olympiacos-Juventus con addosso la maglietta di Federico e la sciarpa bianconera al collo. Ho indossato la maglia numero trentatré senza nemmeno rendermene conto, la forza dell'abitudine si è impossessata di me e me l'ha fatta mettere contro il mio volere.

Sulla carta dovrebbe essere una partita facile e senza troppe sorprese ma – come ormai è chiaro a tutti – per la Juventus non esistono partite facili o difficili. Sono tutte come delle finali di Champions League e come tali devono essere affrontate.

L'inno della Champions mi fa rabbrividire e mi viene la pelle d'oca nel sentire quelle note trionfali. Il sogno di alzare al cielo la Coppa dalle Grandi Orecchie è uno di quelli più ricorrenti di tutti i tifosi juventini, tanto che per molti è diventato quasi un'ossessione.

I bianconeri non ci mettono molto ad imporre il loro gioco sui padroni di casa e portano la Vecchia Signora sull'1-0 dopo appena quindici minuti dal fischio d'inizio con la rete di Juan Cuadrado.

La partita scorre in totale controllo da parte degli uomini di Allegri anche se rischiano di subire gol per due volte, ma l'abilità del secondo portiere bianconero salva la Juve.

La gara è ormai terminata: manca un minuto al novantesimo più qualche minuto di recupero. La Juventus con questa vittoria si accaparra il secondo posto nel gruppo D, alle spalle del Barcellona. Con questo piazzamento si garantisce il passaggio agli ottavi di finale e la continuazione del suo percorso nella competizione più prestigiosa d'Europa.

All'ottantanovesimo Federico tira con un sinistro potentissimo e mira all'angolo basso sul secondo palo, raddoppiando il vantaggio juventino. Il mio cuore si ferma per un secondo e ricomincio a respirare regolarmente soltanto quando la rete dello stadio greco si gonfia per merito dell'uomo che amo di più sulla faccia della Terra. Inizio a saltare come un'idiota per tutto il salotto di casa Pjanic stringendo a me la maglietta di Federico come se così facendo lo sentissi vicino a me. So solo che se fossi con lui in questo momento non riuscirei a stargli lontano e lo bacerei esattamente come ho fatto a Napoli.

Dopo appena una decina di minuti dalla fine della partita, il mio telefono squilla avvisandomi dell'arrivo di un nuovo messaggio. Mi affretto a recuperarlo sul divano e lo sblocco, rivelando il mittente.

"Bastava solo un minuto per dirti che sei bella come il mio gol al novantesimo, ma l'ho fatto all'ottantanovesimo. Sei bellissima comunque e mi manchi. Lo so che dobbiamo parlare e che sei ancora arrabbiata ma non potevo non scriverti."

Le parole dolci di Federico mi scaldano sempre il cuore. Non importa cosa sia successo tra di noi, rimane comunque il migliore a far sentire una ragazza una principessa, ricoprendola di complimenti e parole d'amore.

Ha ragione, sono ancora molto arrabbiata per quello che mi ha fatto passare negli ultimi tre mesi, però non posso rimanere indifferente di fronte a questo messaggio in cui mi dichiara tutti i suoi sentimenti nei miei confronti.

"Hai ragione, dobbiamo parlare. Grazie mille, anche tu non sei niente male anche se dovrei odiarti."

La mia risposta non può essere più sincera di così e spero che lui colga tutto l'amore celato dietro a quelle parole che scrivo di getto. So che non dovrei farmi lasciare trasportare dalle emozioni così facilmente, ma quando si parla di Federico non posso farne a meno.

***

"Mire, che cazzo devo fare?" sospiro davanti al cellulare dopo aver avviato la video chiamata con il mio migliore amico.

"Oli, non posso dirti che cosa devi fare. Mi pare ovvio che lui sia cotto di te e che si è reso conto che ha fatto una cazzata" le parole del bosniaco arrivano dirette alle mie orecchie facendomi sbuffare leggermente.

"Sì, ma mi deve far dannare ogni volta. Non mi può mandare questi messaggi perché mi manda ancora di più in confusione. Non può dirmi che sono bella come un gol al novantesimo" mi mordo il labbro inferiore e lascio cadere la frase, non riuscendo a trovare altre parole per andare avanti.

"¿Qué? ¿Te dijo algo así y tú no me lo dices?" (Cosa? Ti ha detto una cosa del genere e tu non me lo dici?) Paulo fa capolino dietro a Miralem fissandomi attraverso la telecamera del cellulare.

"Sì e adesso non so cosa fare. Gli ho detto solo che dobbiamo parlare" taglio corto, più confusa che mai.

"Quando torniamo dovete parlarvi assolutamente perché non potete andare avanti così" asserisce Miralem sicuro di sé.

"Risolvete la questione 'Veronica' e poi fate tanti bambini" commenta scherzoso Paulo facendosi scappare una risata.

"Non ti conviene ridere perché gli dirò anche che noi due non siamo mai stati insieme e lo abbiamo fatto solo per farlo ingelosire. Ti vorrà ammazzare" prendo in giro l'argentino facendomi scappare una risata. "Ci vediamo domani, campioni miei" mando un bacio virtuale ad entrambi che viene subito ricambiato ed interrompo la video chiamata.

Poso il cellulare sul comodino e fisso il soffitto per quelle che sembrano ore prima di addormentarmi, impresa che risulta quasi impossibile dato che il mio cervello è bombardato di immagini di Federico che scorrono nella mia mente senza sosta.

Devo assolutamente vederlo per parlare di quello che è successo e vedere di risolvere una volta per tutte il nostro incubo comune che si chiama Veronica.


Torino, 7 dicembre 2017

L'allenamento pomeridiano di oggi è stato particolarmente stancante, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista mentale. La squadra viene da un'ottima striscia positiva nelle ultime partite ma gli ostacoli sono sempre dietro l'angolo e tra due giorni ce ne sarà uno molto difficile da superare lungo il nostro cammino: l'Inter. Il Derby d'Italia è una partita importante e molto sentita in tutta la penisola e i ragazzi non vogliono tornare a casa con meno di tre punti.

Raccolgo i miei appunti e metto il computer nello zaino incamminandomi verso il tunnel per trovare un po' di riparo dal vento gelido che in questi giorni non ha la minima intenzione di diminuire sopra a tutta Torino.

Mi sento tirare per un braccio, vengo catapultata all'interno degli spogliatoi femminili e sbatto contro la porta, bloccata per le spalle.

"Vuoi farmi morire subito o cosa? Vorrei vivere ancora per un po' di anni" mi lamento sbuffando sonoramente mentre il battito torna regolare.

"Scusami, non volevo farti male né spaventarti, ma dobbiamo parlare e lo sai anche tu... possibilmente lontano da occhi indiscreti" aggiunge Federico con un filo di voce mentre si stacca da me per concedermi il mio spazio vitale – cosa che apprezzo tantissimo.

"Bastava dire semplicemente 'Ciao Olivia, possiamo parlare?' non c'era bisogno di fare tutta questa messinscena" preciso subito dopo aver appoggiato il mio zaino sulla panchina e essermi avvicinata al termosifone per cercare una fonte di calore.

"Okay scusa, mi dispiace" sussurra il toscano con le mani tra i capelli bagnati sia a causa del sudore sia per la pioggerellina gelida di inizio dicembre.

"Ci sono voluti mesi per sentirti dire quelle due paroline magiche" ribatto sarcastica lasciandomi sfuggire un sorriso che increspa le mie labbra.

"Quante volte te lo devo dire che sono stato un coglione?" Federico si siede sulla panchina di legno con la testa tra le mani.

"Troppe per tenerne il conto. Che mi devi dire?" lo incalzo a parlare, altrimenti so già che, in sua presenza, il mio controllo potrebbe cedere da un momento all'altro.

"Sto facendo seguire Veronica. È una questione di tempo prima che il fotografo amico di Miralem raccolga prove sufficienti per farla sparire dalle nostre vite definitivamente" dice con assoluta calma senza staccare gli occhi dai miei nemmeno per un istante.

"Vivete insieme, però..." gli faccio notare, abbassando di poco lo sguardo per non crollare davanti a lui per l'ennesima volta.

"Non sto mai in casa e non ci tocchiamo neanche per sbaglio" precisa l'attaccante bianconero mentre si alza e fa qualche passo verso di me.

"Vuoi davvero farmi credere che non avete mai fatto niente in questi ultimi mesi?" aggrotto un sopracciglio e alzo gli occhi al cielo.

"Non l'ho mai sfiorata, anche se lei ci ha provato" spiega nel modo più sincero possibile: sa anche lui che mentire a questo punto sarebbe inutile e peggiorerebbe soltanto la situazione già di suo complicata.

"E dimmi una cosa: perché?" gli pongo la domanda che vale un milione di dollari e che è forse la chiave per tornare alla serenità.

"Perché mi fai delle domande così stupide? Sei intelligente, dovresti arrivarci da sola" sorride amaramente scuotendo la testa e allargando le braccia.

"Non si risponde a una domanda con una domanda" puntualizzo mordicchiandomi il labbro inferiore mentre il mio cuore comincia a battere all'impazzata nel mio petto.

"Perché amo te, non lei" sospira inchiodandomi nel suo sguardo sincero.

Il cuore ha smesso di battere per un momento e ho la salivazione a zero. Per quanto possa avercela con lui, queste parole mi fanno sempre un certo effetto, soprattutto se a dirle è l'unico uomo che io abbia mai amato nella mia vita.

"Non puoi dirlo" scuoto la testa mentre faccio un piccolo passo verso di lui. Anche Federico si muove nella mia direzione, come se fossimo ferro e calamita e non riuscissimo a stare lontani nemmeno sforzandoci: i nostri corpi ci guidano l'uno nelle braccia dell'altra senza chiedere il permesso al cervello.

"Sì che posso" risponde prontamente il toscano guardandomi come mai prima.

"Sei un imbecille" sussurro combattuta con me stessa per quello che so che sta per accadere.

"Sono un imbecille che ti ama e che ti sta chiedendo scusa" continua a bassa voce, ormai solo a due passi da me.

"Non poss..." provo a dire, ma non faccio neanche in tempo a finire la frase che sento le labbra carnose di Federico sulle mie, che mi baciano dolcemente e mi trasportano in un'altra dimensione.

Le nostre mani sono ovunque sui nostri corpi che hanno sentito la mancanza delle nostre mani su di essi. Mi prende il viso tra le mani e mi accarezza le guance dolcemente con i pollici, sfregando il naso contro il mio.

"Mi dispiace, bimba" ansima sulle mie labbra guardandomi dritto negli occhi, con la fronte contro la mia.

"Lo sai che non basta un bacio perché tutto possa tornare come prima, vero?" chiedo retorica con le mani sul suo petto muscoloso.

"Lo so bene, ma è un inizio" sorride lasciandomi per un secondo stordita davanti a quell'immagine che mi mancava terribilmente.

"È un inizio" ripeto leccandomi le labbra che sanno ancora del suo sapore.

"C'è una cosa che non mi torna, però" asserisce il carrarese accarezzandomi i capelli.

"Cosa?" domando curiosa non capendo cosa intende.

"Tu e Paulo" serra la mascella duro, arrabbiato solo a pronunciare il nome del suo compagno di reparto.

"Seriamente?" scoppio a ridere spostando i capelli da davanti alla faccia andando avanti e indietro per tutto lo spogliatoio.

"Cosa c'è da ridere?" domanda scuotendo la testa accigliato. "È una cosa seria" aggiunge posando le mani sui fianchi, ormai esasperato.

"La cosa seria è che tu pensi davvero che io e Paulo stessimo insieme mentre ci eravamo lasciati" commento allibita incrociando le braccia al petto.

"Perché, non state insieme?" mormora confuso guardandomi negli occhi.

"Sono innamorata di un ragazzo scemo" alzo gli occhi al cielo, rassegnata all'evidenza. "Ma se io amo te come posso anche solo pensare di stare con un altro?" sbuffo ancora scioccata dal fatto che Federico non abbia capito che quello che ha visto tra me e l'argentino era tutto finto.

"Tu ami chi?" domanda con un sorriso ritrovato sulle labbra.

"Te, imbecille" sbotto quasi trattenendo il fiato per paura della reazione del numero trentatré.

"E Paulo?" domanda, ancora non del tutto convinto.

"E Paulo cosa? Sta con Oriana, è felicemente fidanzato e non ce l'ha neanche per l'anticamera del cervello di lasciarla, esattamente come io non ho la minima intenzione di lasciarti andare, anche se dovrei odiarti" dico con il fiatone fissandolo negli occhi.

"E quindi era tutta una messinscena?" alza un sopracciglio guardandomi con sospetto.

"Ci hai messo solo tre mesi a capirlo" gli faccio l'applauso prendendolo in giro.

"Perché lo hai fatto?" si avvicina nuovamente a me abbassando di un paio di toni la sua voce.

"Per farti ingelosire, Capitan Ovvio" allargo le braccia per poi sedermi di peso sulla panchina.

"Ci eri riuscita" ammette sedendosi in fianco a me, liberando un lungo sospiro. Mi prende una mano nella sua e se la porta alle labbra baciandone il dorso. "Tornerai ad essere mia, ti riconquisterò" mi promette con gli occhi lucidi, mentre una lacrima salata solca il mio viso pallido.

"Sono sempre stata tua e sarò per sempre tua, anche se fai il coglione e mi hai fatto un male cane" trattengo i singhiozzi per fargli capire quanto lui sia importante per me.

"Ti meriti il mondo, bimba" mi lascia un bacio a fior di labbra e si alza, sparendo dietro la porta degli spogliatoi femminili, mentre io rimango da sola in mezzo al rumore assordante dei miei pensieri.


Torino, 19 dicembre 2017

L'aria di Torino sta diventando ogni giorno sempre più fredda e l'atmosfera natalizia è ovunque per le strade del capoluogo piemontese. Ho approfittato di questo giorno libero da lavoro e della fine delle lezioni in università per fare qualche regalo di Natale ai miei amici e a mio papà, anche se non so se tornerà effettivamente entro il 25. L'ho sentito molto raramente nelle ultime settimane perché è sommerso dal lavoro e non me la sono sentita di chiamarlo per raccontargli tutti gli sviluppi della storia tra me e Federico. Non mi piace parlare al telefono, certe cose è meglio dirle di persona, ma non posso rimandare a lungo questa conversazione.

Entro nel negozio i tatuaggi dove ne ho prenotato uno la settimana scorsa: ho deciso di fare una pazzia e, prima che ci ripensi, mi accordo con il tatuatore su ciò che voglio incidere in modo permanente sulla mia pelle.

Adoro i tatuaggi e ne ho diversi, ho avuto l'idea di farne un altro dopo tutto quello che è successo e, sebbene non sia niente di particolare, per me ha un significato importante.

***

Dopo essere stata incisa perennemente, esco dal negozio e mi incammino per fare una passeggiata per farmi venire l'ispirazione riguardo ai regali che devo fare. Ho sempre odiato fare i regali perché non ho fantasia e ogni anno mi riduco all'ultimo minuto senza tempo né idee.

Incontro casualmente Mario e Monica in piazza Castello e ci fermiamo a bere un aperitivo, mentre chiacchieriamo del più e del meno.

"Non dirmi che l'hai perdonato" il numero diciassette mi guarda con fare interrogativo con i gomiti appoggiati sul tavolino.

"No, perlomeno non ancora..." tentenno nel rispondere e il croato se ne accorge.

"Se hai bisogno di qualcuno che lo carichi di botte sai dove trovarmi" mi fa l'occhiolino continuando a bere il suo spritz.

"Smettila di essere così violento" lo rimprovera Monica, seduta al suo fianco, mentre gli da una gomitata.

"Di solito non ti dispiace quando sono violento" l'attaccante bianconero alza ripetutamente le sopracciglia guardando maliziosamente la sua ragazza.

"Cretino" la bella mora gli rifila un'altra gomitata trattenendo una risata mentre diventa rossa come un peperone.

"Vedo che tra di voi le cose vanno bene" faccio notare con un ampio sorriso.

"Alla grande" Monica risponde per entrambi, mentre i due piccioncini si scambiano occhiate d'intesa piene d'amore.

"Venite anche voi da Miralem a Natale?" domando bevendo l'ultimo sorso rimasto del mio spritz.

"Certo, ormai casa di Mire è la puttana di tutti" ridacchia il croato circondando con un braccio le spalle della sua ragazza.

"Non hai tutti i torti" mi scappa un sorriso mentre sistemo i miei occhiali da vista sul naso.

"Geniale comunque fare ingelosire Federico usando Paulo" la mia amica mi fa l'occhiolino e alza un braccio aprendo la mano.

"Era cotto a puntino" le batto il cinque dopo esserci scambiate uno sguardo complice.

"Aspettate, ma... di cosa state parlando?" domanda confuso Mario.

"Non dirmi che non te ne sei accorto!" sbarro gli occhi in risposta all'ingenuità del numero diciassette bianconero.

"Cosa? Di cosa dovevo accorgermi?" replica sempre più scosso.

"Amore, non ti sei accorto che Olivia e Paulo fingevano che tra di loro ci fosse qualcosa davanti a Federico?" la mora fa ragionare il suo ragazzo, posandogli una mano sulla possente spalla.

Lo sguardo di Mario rimane perso nel vuoto per qualche istante, come se stesse facendo mente locale su ciò che è accaduto negli ultimi tempi.

"Ah, ecco perché Federico voleva ammazzare Paulo ogni volta che entrava nel suo campo visivo! Ora è tutto chiaro" spiega voltandosi verso di me.

"Aspetta, cosa?" domando incredula all'attaccante juventino.

"Sì, certo. Tutte le volte che Paulo incontrava Federico non faceva altro che parlare di te, diceva un sacco di cose belle ma io non ho mai pensato che ci fosse qualcosa tra di voi, non me ne sono mai accorto... Federico credeva davvero di averti persa, per di più con Paulo, di cui è sempre stato geloso, ti ricordi?" Mario svela segreti da spogliatoio dei quali non ero a conoscenza, ma che mi intrigano parecchio. "Federico guardava sempre male Paulo, probabilmente se si fossero trovati da soli lo avrebbe picchiato a sangue, ma fortunatamente non gli ha mai fatto niente. Si limitava a ignorarlo e a rivolgergli occhiate di ghiaccio" conclude il croato che prende l'ultimo sorso del suo spritz, probabilmente assetato dopo quelle rivelazioni scottanti.

"Dio, non sapevo che la situazione fosse così" rispondo sincera abbassando lo sguardo. "Ragazzi, scusate tantissimo ma devo andare, devo ancora comprare un sacco di regali. Mi ha fatto un piacere immenso chiacchierare con voi, ci vediamo a Natale" mi congedo dai miei due amici dopo averli salutati e riprendo a vagare per le vie di Torino, mentre nella mia testa si fanno largo i pensieri di un Federico pazzo di gelosia nei miei confronti.

Mi accorgo di avere un sorriso ebete sulla faccia quando guardo il mio riflesso nella vetrina del negozio di giocattoli dove mesi fa io e Federico abbiamo comprato la Jeep ad Edin.

E subito la mia mente si perde nella valle dei ricordi.


Torino, 25 dicembre 2017

Oggi è Natale, uno dei giorni che odio di più di tutto l'anno. È il primo Natale a Torino, il primo Natale senza la mia famiglia che – per quanto fosse disastrosa all'epoca – era sempre quella con cui passavo questa giornata. È il primo Natale dopo il divorzio di mamma e papà e, soprattutto, è il primo Natale che passo senza di lui.

A mezzanotte precisa mi ha mandato gli auguri, seguiti a ruota da una serie interminabile di scuse perché purtroppo non può tornare a casa per le feste. Questa notizia era nell'aria già da tempo ma vederla scritta nero su bianco mi ha portato una tristezza infinita. Mio padre mi manca, è la prima volta che sta lontano da casa per così tanto tempo e la sua assenza inizia a farsi sentire proprio quando arriva il periodo dell'anno che ognuno dovrebbe trascorrere con i propri cari.

Edin non la smette di girare per casa tutto contento per i regali ricevuti da tutti noi, corre come un pazzo invasato dalla gioia natalizia.

Paulo, Monica e Mario sono già arrivati a casa Pjanic, dove Miralem ha organizzato un pranzo con tutti noi. Pensandoci bene, anche loro non hanno le rispettive famiglie qui a Torino – esattamente come me – e stare tutti insieme può alleviare il senso di solitudine.

Arrivo in cucina, abbraccio da dietro Miralem e gli lascio un bacio sulla spalla, lui si gira e mi rivolge un sorriso genuino.

"Buon Natale, Olivia" sussurra baciandomi successivamente la guancia.

"Buon Natale, Miralem" ricambio gli auguri e lo stringo forte a me, immaginando di poter ripetere quel gesto d'affetto il prima possibile con mio padre.

"Aiutami a portare questi antipasti prima che li faccia cadere tutti" mi incita il bosniaco dopo aver preso due vassoi di tartine, mentre io lo seguo imitandolo.

"Frate, c'è cibo per un reggimento di persone qui" commenta Mario che addenta subito una pizzetta, scatenando le furie del centrocampista bianconero che lo rimprovera con un colpo sulle costole.

"Solo per te ci vuole un camion di stuzzichini" commenta sbuffando il mio migliore amico.

"Stavo solo facendo il controllo qualità. Metti che non erano buoni? Qualcuno deve sacrificarsi" si giustifica il croato prendendo un'altra tartina soltanto per fare dispetto al padrone di casa.

"Sei irrecuperabile" scuoto la testa e ridacchio dopo aver seguito la scena in disparte insieme a Paulo, che mi abbraccia e mi fa i suoi auguri di Natale.

"Hai sentito Oriana?" gli domando, sinceramente curiosa di sapere come proseguono le cose tra di loro nonostante la distanza.

"Sì, ci siamo sentiti stanotte a mezzanotte e abbiamo parlato per ore..." il volto dell'argentino si distende in un ampio sorriso che spiega l'amore infinito che prova nei confronti della sua ragazza. "Per tutto il tempo in cui abbiamo parlato è come se lei fosse lì con me" continua il numero dieci mentre le sue guance si tingono di un rosa acceso. "La extraño muchísimo pero la amo con todo mi corazón" (Mi manca tantissimo però la amo con tutto il mio cuore) conclude in spagnolo, probabilmente per esprimere al meglio le sue emozioni riguardo alla bella cantante argentina.

"Sono felice per voi, Pau. Siete davvero fatti l'uno per l'altra" sorrido e abbraccio il mio amico proprio quando Federico compare in salotto. Il toscano ci guarda male per alcuni secondi, serra i pugni e l'unica cosa che lo distrae è Edin che, fortunatamente, lo trascina in camera sua per mostrargli tutti i suoi nuovi giochi.

"Un día termina matándome" (Un giorno di questi va a finire che mi ammazza) mi sussurra all'orecchio la Joya mentre io gli do una gomitata lasciandomi scappare un sorriso.

Il pranzo prosegue nel migliore dei modi, Miralem è davvero un ottimo padrone di casa e non ha fatto mancare nulla a tutti i suoi ospiti, me compresa. Neanche a farlo apposta, mi sono trovata in fianco a Paulo e di fronte all'argentino si è seduto Federico, in mezzo tra Miralem e Mario. Edin a capotavola controlla che tutto prosegua per il meglio e allieta l'atmosfera con le sue risate che riempiono tutta la casa.

"Olivia, ci sarebbe una sorpresa per te" annuncia Miralem prima di servire il dolce: il tiramisù che ho preparato con le mie mani stamattina.

"Cosa?" domando curiosa, notando gli sguardi di tutti i miei amici puntati su di me. "Mi fate paura. Mi devo preoccupare?" chiedo per sondare il terreno.

"Chiudi gli occhi e fidati di noi" mi sprona Paulo girandosi verso di me.

L'argentino geme di dolore improvvisamente e capisco che Federico gli ha dato un calcio da sotto al tavolo.

"Finiscila di fare il bambino tu" ammonisco il toscano che sospira con una mano tra i capelli.

"Alzati e vieni qui dai" risponde Federico alzandosi in piedi e venendo alle mie spalle.

"Ragazzi ma è una congiura?" mi guardo intorno vedendo che tutti si sono alzati dalle sedie – persino il piccolo Edin – e sono dietro di me. "Okay, li chiudo. Ma non mettetemi davanti nessun insetto schifoso altrimenti giuro che vi uccido tutti uno per uno" li fulmino con lo sguardo per poi chiudere gli occhi, mentre il piccolo Pjanic posa le sue manine su di essi per paura che io possa sbirciare.

"Questo è il nostro regalo di Natale o perlomeno una parte del nostro regalo. Sappiamo quanto significhi per te e per la tua vita, perciò speriamo con tutto il cuore che ti piaccia. Buon Natale, Olivia. Ora puoi aprire gli occhi" la voce di Miralem mi ha fatta emozionare mentre diceva quelle parole e ora ho la pelle d'oca su tutto il corpo.

Apro gli occhi e inforco gli occhiali da vista per mettere a fuoco ciò che mi si para davanti.

Non ci posso credere.
Non possono averlo fatto davvero.

"Buon Natale, pulce" mio padre compare davanti a me, con la barba incolta e le braccia aperte. Le lacrime minacciano di scendere sul suo viso a causa dell'emozione di quel momento.

Non me lo faccio ripetere due volte e corro più veloce che posso tra le braccia che mi fanno sentire sempre una bambina, scoppio a piangere dalla gioia e abbraccio di slancio mio papà, che si commuove nel vedere la mia reazione.

"Papi, mi sei mancato da morire" dico tra un singhiozzo e l'altro contro il suo petto mentre lo stringo a me.

"Anche tu, amore mio, anche tu" sussurra baciandomi i capelli e posso sentire la felicità dal suo tono di voce.

"Ma voi siete matti!" mi giro verso i miei amici che si trovano alle mie spalle, mentre riprendono questo momento di felicità in modo da non farmelo dimenticare mai.

"Mi fai commuovere" Monica si asciuga una lacrima mostrandomi un sorriso sincero.

"Mesi e mesi di chiamate e messaggi nel cuore della notte per non fartelo scoprire" scherza Miralem avvicinandosi a noi e salutando con un abbraccio mio padre.

"Cosa? Voi parlavate e nessuno mi ha detto niente?" aggrotto le sopracciglia fingendomi offesa guardando tutti i presenti.

"Certo che no Oli, altrimenti che sorpresa è?" Edin corre tra le braccia di papà che lo solleva da terra liberando le risate del bambino.

"Siete i migliori" dico sinceramente abbracciando tutti uno per uno perché onestamente mai mi sarei aspettata il ritorno di mio padre proprio il giorno di Natale.

Abbracciare papà era una delle cose che più mi sono mancate durante questi mesi in cui era in America; il suo sostegno, il suo appoggio e i suoi consigli sono il mio pane quotidiano e senza di lui era diventato quasi impossibile andare avanti.

Ma per fortuna ho gli amici migliori del mondo.

Del mio tiramisù è rimasta soltanto la teglia anzi, quasi quasi nemmeno quella perché Mario e Edin hanno leccato con le dita tutta la crema al mascarpone residua.

"Posso evitare di lavarla da tanto che l'avete pulita" scherzo alzandomi da tavola per dirigermi in cucina a lavare i piatti a pranzo finito.

"I dolci sono sempre stati il tuo forte" commenta mio padre che si è inserito alla grande nel gruppo, anche se non conosceva bene tutti.

"Possiamo parlare?" Federico si avvicina a me mentre sono impegnata a riempire la lavastoviglie.

"Certo" sorrido nel rispondergli mentre chiudo la lavastoviglie e faccio partire il programma di lavaggio.

"In privato" aggiunge il numero trentatré facendo un cenno con gli occhi al salone, dal quale riecheggiano le voci dei nostri amici.

"Va bene, prendiamo le giacche e usciamo nel portico" suggerisco dopo aver preso entrambi i nostri giubbotti.

"Ha ragione tuo padre, il tiramisù era squisito" mi elogia Federico dopo essersi seduto sul divanetto di vimini vicino a me.

"Grazie" rispondo con gli occhi lucidi dalla felicità mentre mi stringo nelle spalle a causa dello sbalzo climatico tra dentro e fuori casa.

"Sei bellissima oggi" si sbilancia l'attaccante bianconero mordendosi il labbro inferiore.

"Solo oggi?" ribatto per prenderlo in giro dandogli una leggera gomitata sul braccio.

"No, sempre. Ma oggi particolarmente. Ti è piaciuta la sorpresa?" mi domanda anche se la risposta è più che evidente dato il sorriso a trentadue denti che ho stampato sul volto da quando ho visto mio padre.

"Scherzi? L'ho adorata! Sono davvero felice" mi mordo il labbro inferiore guardando il panorama sempre più bello che si può apprezzare solo da questo punto preciso del giardino di casa Pjanic.

"Ho cacciato Veronica" sussurra Federico talmente piano che mi sembra quasi di essermelo sognato. Il carrarese nota il mio sopracciglio alzato e, come se mi avesse letto nella mente, lo ripete di nuovo. "L'ho cacciata via. Le ho fatto vedere tutte le prove che avevo contro di lei. Mi ha implorato di restare con lei perché tu non sei la ragazza giusta per me e senza neanche accorgersene ha ammesso di essersi inventata la malattia. Voleva solo farmi pena" svuota il sacco bombardando il mio cervello di informazioni che riuscirò ad elaborare una volta finita questa giornata assurda e ricca di emozioni.

"Tu cosa le hai detto?" domando curiosa, senza staccare gli occhi dal suo volto, concentrandomi sulle sue iridi verdi e sulle sue labbra carnose.

"Che è l'essere umano più schifoso sulla faccia della Terra. C'è un ordine restrittivo nei suoi confronti. Deve stare a più di dieci chilometri di distanza da noi. Non voglio che torni mai più e le ho detto di andarsene via, di andarsene lontano perché se la vedo anche solo con la coda dell'occhio stavolta parlo veramente con i miei avvocati" dice tutto d'un fiato e respira affannosamente, cosa che in questo momento mi provoca una sensazione strana.

So che non dovrei, ma il mix di emozioni, il vino in circolo nel mio corpo e le parole di Federico mi fanno correre una serie di brividi lungo la schiena e mi fanno venire voglia di saltargli addosso per iniziare a recuperare tutto il tempo che abbiamo perso separati.

Non so dove, ma trovo il mio autocontrollo e cerco di ricompormi.

"Beh, è un inizio, non ti pare?" domando retorica posando una mano sulla sua. Il solo contatto della mia pelle contro quella di Federico mi regala una scossa elettrica che manda in allarme tutto il corpo.

"C'è un'altra sorpresa" continua il toscano con il sorriso sulle labbra. "Il tuo regalo di Natale" mette una mano nella tasca interna della sua giacca e ne estrae una busta azzurra.

Apro la busta impaziente di scoprire il suo contenuto e non appena vedo di cosa si tratta rimango a bocca aperta senza sapere cosa dire.

"Non sei obbligata ad accettarlo. Capisco che non stiamo più insieme e che non è tornato tutto come prima. Però può essere un buon modo per chiarirci le idee stando da soli. Ti prego, di' qualcosa" Federico è teso come una corda di violino, lo conosco troppo bene e quando non smette di torturarsi le dita significa che è agitato e nervoso per qualche motivo.

Rifletto su cosa dire ma realizzo che non esistono parole per spiegare come mi sento in questo momento, molto meglio agire che parlare.

Mi giro di scatto e lo guardo negli occhi. In essi vedo una speranza, una piccola luce che finalmente è tornata in quelle pozze verdi brillanti che ho sempre amato.

Gli prendo il viso tra le mani e lo bacio di slancio, fregandomene del fatto che tutti quanti sono appostati alle nostre spalle contro la finestra per spiarci, probabilmente a conoscenza della sorpresa del numero trentatré.

Piego la testa di lato e intreccio la mia lingua con la sua. È incredibile come mi fosse mancato quel movimento che tante volte ho dato per scontato mentre stavamo insieme, ma che non sottovaluterò mai più dopo quello che ci è successo.

"Bahamas" sussurro felice contro le sue labbra con il fiatone.

"Bahamas" ripete lui accarezzandomi una guancia e i capelli con una mano.

"Guarda qui" mi lecco le labbra e mi tolgo il giubbotto, sentendo all'improvviso un brivido a causa della bassa temperatura invernale torinese.

"Sei pazza?" mi rimprovera Federico cercando di coprirmi come meglio può.

"Stai zitto e guarda" sollevo anche la manica del maglione e svelo finalmente il suo regalo di Natale. "Lo so, non è un regalo fisico ma so che ti piacciono i tatuaggi e piacciono tanto anche a me, perciò... okay, forse è stata una pazzia ma se ci pensi tutto questo è una pazzia, vero? Non ti ho perdonato e non so neanche cosa succederà, ma..." il toscano ammira il mio tatuaggio a forma di ananas sul mio avambraccio e sorride mordicchiandosi il labbro inferiore. Mi guarda negli occhi per un istante mentre blatero cose senza senso con le guance a fuoco per l'imbarazzo, ma poi decide di porre fine al mio disagio interiore fiondandosi sulle mie labbra che bacia con dolcezza.

"Nessuna mi aveva mai fatto un regalo così bello. Hai idea di che cosa significa questo? Sono sulla tua pelle per sempre ed è qui che voglio stare, anche se ci saranno litigate e lacrime, sarò sempre qui" passa le dita sul tatuaggio e mi provoca brividi su tutto il corpo, ma stavolta non a causa del freddo.

Ci baciamo ancora nel patio di casa Pjanic consapevoli che non sarà facile ricostruire il rapporto e soprattutto che non sarà mai come prima, ma mentre la neve imbianca Torino i nostri cuori tornano a battere all'unisono per la durante di un bacio infinito.


Eccomiqui, cari lettori miei, con un nuovissimo capitolo! 🍀
È stato un partotrigemellare per me scrivere questo capitolo perché l'ho trovatodifficile e pieno di dialoghi non facili da raccontare. Speroovviamente che vi piaccia e fatemi sapere con stelline e commenticosa ne pensate, come sempre! Vi invito anche ad andare a dareun'occhiata alla mia nuova storia su Sergio Ramos che si intitola"BIAS || Sergio Ramos ||" e ditemi cosa ve ne pare.


PACE AMORE E FINO ALLA FINE FORZA JUVENTUS ⚪⚫

A presto,
C.

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