Scintille di vita

By TwinWorlds

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Una raccolta di storie che, pur condividendo un'unica ambientazione, appartengono a generi letterari differen... More

Guida alla Lettura
C'era una volta una piccola casa con un bellissimo giardino...
Il segno della magia
Jeremy Fooler lo Gnomo Gigante - La nascita di una leggenda...?
Un viaggio senza inizio
La Fabbrica delle nuvole - Parte II
La Fabbrica delle nuvole - Parte III
La Fabbrica delle nuvole - Parte IV
La Fabbrica delle nuvole - Parte V
La Fabbrica delle nuvole - Parte VI
La Fabbrica delle nuvole - Parte VII
La Fabbrica delle nuvole - Parte VIII
La Fabbrica delle nuvole - Parte IX

La Fabbrica delle nuvole - Parte I

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By TwinWorlds

Continuo a non dormire.

Neanche ricordo l'ultima volta che sono riuscito a riposare per più di due ore di fila. Vorrei fare qualcosa di questo tempo vuoto, tuttavia me ne mancano le forze: il mio corpo dorme, è la mente che non vuole spegnersi. Guardo fuori e vedo le luci accese in tutta la città; anche questa notte, non sono il solo a restare sveglio, le strade brulicano di anime perse, prigioniere dei propri incubi a occhi aperti. Dannata città, viverci è come bere l'acqua nerastra che scorre nei suoi canali: doloroso, sporco e privo di senso.

La Propaganda ha un bel dire che viviamo nella più progredita delle città; la verità è che restiamo qui solo perché non c'è altro posto dove andare fuori dalle gigantesche mura. Alcuni provano a negarlo, parlano di altri luoghi sicuri, favoleggiando di Zone Verdi dove non esiste miseria o fame... poveri sciocchi che dimenticano che non esiste un paradiso per i dannati. Anche in questo antidiurno, nelle ore che credo gli Estranei chiamino "notte" resto alla mia finestra. Un termine inutile, come "mattina" o "pomeriggio", per astruse divisioni, quando si è in un luogo dove per miglia la luce del sole viene filtrata dalle nubi che gravitano costantemente sulla Città.

L'aria è fresca, per cui rimango a osservare il gigantesco impianto che ne è cuore; studio i movimenti lenti dei possenti ingranaggi e l'addensarsi del fumo grigio, che ogni tanto sbuffa verso l'alto, cercando di identificare tra i chiaroscuri e le striature di colore, forme e volti di fantasmi. Ha tanti epiteti: Piramide, Ziggurat, Tempio d'Acciaio e persino Grande Sfintere, a seconda di chi ne parli; per me rimane la "Fabbrica delle Nuvole", il nome che preferivo da bambino, quando ancora correvo tra le vie per raccattare qualche moneta, in attesa del diurno in cui avrei cambiato la mia sorte. C'è voluto del tempo per accettare che la fortuna non arriva per chi nasce dal lato sbagliato della linea di demarcazione della città: io sono nato qui, nella Seconda Cinta, i bassifondi, ed è qui che morirò.

Un improvviso attacco di tosse mi fa sputare il vischioso liquido spacciato per liquore da Chan, che mi fa compagnia in queste lunghe ore di veglia obbligata. Forse alla fine non dovrò aspettare ancora a lungo per andarmene da qui, considerato lo stato in cui i miei organi si trovano; ho sentito che con 6.000 dinne si può essere rimessi a nuovo nelle cliniche della Città Alta. Anche fosse vero, non ho avuto né avrò mai una simile cifra per le mani.Per spegnere la tosse provo a mandar giù un altro sorso, l'unica medicina che mi posso permettere. La voce dell'addetto alle comunicazioni della Giunta riecheggia ancora una volta dagli altoparlanti sulle lampionaie; la solita solfa su "noi" privilegiati, che viviamo al riparo nella nostra coltre di nuvole in un'utopia dove le libertà individuali sono garantite... queste idiozie mi danno il mal di testa; mi piacerebbe scendere in strada e prendere a sassate uno dei megafoni, ma nonostante la mia libertà di protestare, sarebbe considerato danneggiamento delle proprietà municipali, punibile con due anni di confino nel sotto-impianto, quasi una condanna a morte.

Una goccia mi riga silenziosamente la guancia, rammentandomi che per questa notte è programmata una tempesta; da piccolo avevo la strana convinzione che fossi sempre io il primo a bagnarmi quando iniziava a piovigginare, quasi il temporale mi cercasse di proposito. Chiudo i vetri della finestra e osservo il disordine che regna nel mio appartamento... in qualche modo è più deprimente dello spettacolo offertomi dalla Città. Spostando il vassoio della cena ancora sporco di soylent, mi getto sul letto, lasciando affondare la testa nel cuscino sgualcito; chissà, forse riuscirò a dormire per qualche ora.

Sono ancora sveglio. La pioggia ora è più forte; la sento battere sul vetro cercando di entrare, sembra quasi pronunci il mio nome. Forse sono messo peggio di quanto credessi.

Lanciata un'occhiata di sotto vedo Benny; avrei dovuto riconoscerlo dalla voce, è l'unica persona che conosco che possieda un timbro stridulo e pedante al tempo stesso. Scorgendomi al balcone, mi fa segno più volte di scendere; trema molto più del solito e non credo dipenda dal fatto che sia fradicio. La sua agitazione non può voler dire nulla di buono; del resto lo pago per portare cattive notizie. Mi sporgo, cercando di rimanere il più possibile all'asciutto e snocciolata una battuta sul tempo, m'informo sulla sua famiglia, solo per il gusto di vederlo boccheggiare sotto la pioggia; mi occorreva un diversivo... non sembra però volersi prestare al gioco, gridandomi che c'è il corpo di un tizio sfracellato a tre isolati da qui. In qualità di Vigilante di quartiere è compito mio indagare sui casi di morti sospette; la tempestività è tutto, fra poco il cadavere non avrà più indosso nemmeno le mutande, tuttavia in questo antidiurno non me la sento di dare la caccia ad altri spettri. D'altronde, nuovi cadaveri vengono scoperti a ogni ora nei bassifondi, la morte è come una di famiglia, quindi datogli dell'idiota per avermi "svegliato" me ne torno a letto. Cosa potrebbe mai esserci di tanto eclatante in un pazzo che ha imparato a sue spese di non poter volare? Tra il frastuono dei tuoni, la risposta giunge da Benny che mi urla a squarcia gola che il defunto è un Druido; ci vuole più tempo per rendermi conto di quanto la faccenda sia grossa anziché prepararmi a uscire. Ho la barba di due settimane, delle occhiaie sul volto emaciato e puzzo d'alcool: l'immagine di un tipico frequentatore di bettole; per quanto poco professionale non credo di aver modo di migliorarla. Mando giù un ultimo bicchiere, mi servirà la sua energia nel carburatore, per poi fiondarmi in strada.

Nel seguire Benny tra i vicoli tortuosi spazzati dalla pioggia, mi sforzo di rimettere ordine nella mia mente intorpidita. I Druidi sono i padroni della "Fabbrica", gli architetti della città e i bersagli di molte delle mie mute maledizioni eppure non ricordo di averne mai visto uno da vicino; trascorrono la maggior parte del tempo nella loro Piramide perennemente protesi a rendere migliore la vita degli abitanti, a portar loro l'Everann promesso o almeno questo è quel che afferma la Propaganda. Adesso una di queste menti illuminate ha scelto come catafalco una via della mia zona, che cosa potrà venirne fuori di buono mi è arduo immaginarlo. Sono sorprese come questa che mi fanno venir voglia di dimettermi; essere un barlume di legalità in questo buco non aiuta a farsi amici né a percepire grossi introiti... almeno ufficialmente. Si trova sempre un modo per arrotondare se sai come muoverti e sei abbastanza in gamba da schivare le mine vaganti; stavolta però la vedo nera.

Lungo la strada incontro alcuni dei minuti e silenziosi operai della Città intenti ad aggiustare qualche datato macchinario. "Perché non poteva trattarsi di un dannato gnomo?" penso, mentre passo loro accanto; una vecchia freddura. Alti all'incirca un metro, con le loro mascherine e gli abiti grigi sembrano piccoli fantasmi e come questi ignorano completamente l'esistenza degli altri esseri viventi concentrati solo sul loro lavoro; a propria volta, s'impara rapidamente a ignorarli e in tutta sincerità dubito che qualcuno si accorgerebbe se ne sparissero una dozzina.

Il luogo dell'incidente è affollato: curiosi, perditempo, potenziali testimoni o assassini; due Lattine poliziotto non li lasciano avvicinare troppo, ma in giro non c'è ancora traccia di sbirraglia organica. I due pupazzi meccanici devono appartenere a quelli della pattuglia di zona, in giro non vedo il terzo componente, sarà chi sa dove a far chi sa cosa. Non importa, i miei "colleghi" della sede periferica arriveranno presto: la morte di un Druido in un quartiere malfamato è il genere di cose che tendono a notare.

Quando sono ormai a pochi passi, la Testa di Latta più vicina ruota il viso verso di me intimandomi con voce gracchiante di mantenermi a distanza. Odio aver a che fare con queste scatolette; scandendo ogni numero gli comunico il mio identificativo per poi inserire nella fessura del suo petto la tessera d'ispettore di quartiere. Quando il ticchettio metallico del suo cervello si ferma mi fa segno di procedere, dimenticandosi completamente della mia esistenza; un lenzuolo scuro gettato sul cadavere, senza tanta attenzione, lascia intravedere lembi di un uniforme verde con sopra ricamati degli ingranaggi dorati. Quindi Benny aveva ragione; è un dannatissimo Druido.

Con un sospiro di rassegnazione, lo scopro. Maschio, sulla sessantina, capo riverso in una pozza d'acqua lurida e segni d'impatto col marciapiede evidenti su tutto il corpo. Volgo lo sguardo al palazzo vicino, un vecchio archivio ormai in disuso: non ci sono finestre su questo lato della strada e il tetto è, all'incirca, a una quarantina di metri dal suolo... un lungo volo. Nel rivoltargli le tasche, trovo qualcosa che mi fa sussultare. Una piccola gemma dalla forma allungata, liscio al tatto e dal color rosso accesso; non riesco a crederci! Lesto la faccio sparire, continuando a cercare come nulla fosse. Scusa tanto amico, ma a te non servirà, e in fondo me la devi; prendilo come l'inizio del tuo dannato Everann per me. Mi accorgo che una delle Lattine mi fissa con i suoi occhi grigi e vuoti; è almeno quindici centimetri più alta di me e dotata di una forza tale da sbriciolare senza fatica ogni osso del mio corpo, ma la cosa non mi preoccupa. Neanche ha capito che il tizio a terra è morto, il suo compito è di restare qui e non fare avvicinare nessuno senza autorizzazione, non sa altro e continuerà a farlo finché qualcuno gli ordinerà il contrario. Stupido ammasso di lamiere!

Continuo a cercare senza trovare altri oggetti di valore, probabilmente il resto dei suoi possedimenti saranno sparsi attorno, meglio però evitare di controllare ogni pozzanghera con così tanta gente in giro. Comunque, noto sulle braccia dei tagli assai recenti, che sembrerebbero stati fatti da un rastrello affilato, non imputabili all'impatto.

La pioggia inizia a perdere d'intensità e i curiosi lasciano i loro ripari per dare un'occhiata più da vicino, venendo fermati dalle Lattine che ripetono a oltranza le loro registrazioni; tutti in caccia di notizie che alimenteranno in tutto il quartiere varie dicerie per settimane. Sono sul punto di tornare alle mie indagini, quando un singolo gnomo in mezzo alla folla attira la mia attenzione. Come chiunque altro, sono abituato a considerarli come parte del panorama, tuttavia questo è in qualche modo diverso. Ha gli occhi fissi sul cadavere e muove nervosamente le mani, forse è proprio questo che mi colpisce, tutti i suoi amichetti sono sempre alquanto "spenti"; certo, lo spettacolo di uno dei loro padroni Druidi spiaccicato deve essere un bel trauma... appena i nostri sguardi si incrociano, leggo nel suo la paura. Una voce cavernosa alle mie spalle pronuncia con enfasi il mio nome; mi volto e vedo Duke con la sua scorta di latta luccicante e un paio di altri sbirri in carne e ossa. Quando torno a scrutare tra la gente il tappetto è sparito; bizzarro, ma non più di tante altre cose qui intorno. Nel chiamarmi di nuovo, avverto nella voce di Duke una distinta nota d'impazienza. Il non esserci piaciuti a pelle è diventato nel corso degli anni un reciproco disprezzo inespresso; però, dato che lui ha fatto "carriera", se così si può chiamare diventare l'ispettore capo di un sobborgo, devo almeno fingere di prestargli ascolto.

Non è più contento di me di trovarsi qui; l'uniforme solitamente ben in ordine è sgualcita, conoscendolo, è probabile che stesse trascorrendo queste ore in compagnia di una delle sue "amiche". Il falso sorriso, in un tentativo di apparirmi amichevole, è segno della sua agitazione; molto presto dovrà dare delle risposte a gente importante e gli farebbe comodo avvalersi delle mie doti investigative o come l'ho sentito chiamarle, una volta, il mio fiuto da cane rognoso. Gli suggerisco di parlare con il custode dell'archivio che aspetta all'ingresso, visibilmente sotto shock, una fase del lavoro che detesto visto che il 99% delle volte si rivela una perdita di tempo, mentre io do un'"annusata" all'interno. Sul pavimento del pian terreno ci sono tracce di fango lasciate di recente da almeno due persone, insieme a una coppia di linee parallele come se qualcosa fosse stato trasportato fino all'ascensore. Una volta dentro la capiente scatola metallica scopro che il pannello è guasto. Antidiurno del cavolo.

Con ancora metà delle rampe da salire, mi sento mancare il respiro; una familiare e sgradevole fitta mi costringe ad accasciarmi sui gradini, rimanendo paralizzato dal dolore che si fa più intenso. Debbo restare calmo e continuare a respirare, mentre aspetto che passi. Quello schifo di liquore finirà con l'uccidermi, ma se non lo bevo, sarà comunque la vita a farlo; scoppio in una risata strozzata che si conclude in un convulso attacco di tosse. Ci vogliono alcuni minuti prima che riesca a riprendermi abbastanza da continuare a salire. All'ultimo piano trovo la porta che dà sul tetto spalancata, l'aria fresca mi rinfranca aiutandomi a superare gli ultimi strascichi dell'attacco. Il luogo è deserto, l'unico suono proviene da una condotta ammaccata lungo il muro da cui fuoriesce un fiotto di vapore. Dev'essere stato colpito da qualcosa di pesante; forse un atto di vandalismo. Non sarebbe il primo, squadre di ragazzi trovano divertente saltare tra i tetti per sfogarsi; teppistelli arrabbiati ma non tanto pazzi da prendersela con un Druido. Una delle ringhiere penzola su un cardine, è probabile che il mio uomo sia "caduto" da qui; tutte le possibili impronte sono state cancellate dalla pioggia, rovesciato in un angolo c'è un treppiede con un strano aggeggio in cima, una specie di scatola munita di lenti e ruote dentellate. Seguendo il fluire dell'acqua individuo gli scarichi per la pioggia e in uno di essi trovo un fradicio foglietto; l'inchiostro bluastro ha stinto permettendomi di leggere soltanto pochi frammenti: "Staser... cerc..." ... "...erto" ... "stran..." ... "Crisi" ... "pericol..." ... "pa...to" ... "...tima volta" ... "...po tardi" ... "vien..." ... "...tetto" ... "ver...". ... "aspett...".

Sono immerso nei miei ragionamenti, quando Duke compare ansimando; nel suo rimprovero di averlo fatto aspettare fin troppo è insita una vaga minaccia sui guai in cui finirò col cacciarmi continuassi a provocarlo. Mi limito a un segno d'assenso, lasciandogli esaminare a sua volta la scena mentre mi aggiorna sulle novità; come immaginavo, tra i balbettii del custode non è emerso molto su cui lavorare: il Druido si faceva vivo ogni tanto per controllare delle vecchie scartoffie, ma in questo antidiurno non l'aveva visto, accertatosi, prima del temporale, che l'edificio fosse vuoto, aveva chiuso l'ingresso per poi appisolarsi... il defunto si era dunque introdotto senza annunciarsi, del resto rientrava tra le sue prerogative, le "chiavi maestre" dei nostri signori sono in grado di aprire quasi ogni porta della Città. Scorgendo il foglietto, me lo toglie dalle mani, la lettura non sembra soddisfarlo. Conclusa l'ispezione Duke m'illustra la propria ricostruzione dei fatti: il defunto è probabilmente giunto qui come suo solito per leggere, accortosi che l'ascensore fosse guasto è salito quassù col biglietto affissovi, certamente una nota della manutenzione indicante che il problema fosse sul tetto. Un'improvvisa fuoriuscita di vapore lo ha fatto scivolare sul cemento bagnato e sbattere contro la ringhiera, a cui avrà provato ad aggrapparsi, ferendosi, prima di finire giù. Sarebbe "plausibile" se non fosse per il fatto che gli archivi vanno dal terzo al sesto piano e che quindi solo un pazzo si arrampicherebbe fino al tetto del nono per riparare un guasto durante una tempesta, in più la parola "Stasera" in una nota per la manutenzione suona davvero fuori posto. Ciononostante l'ipotesi dello "sfortunato incidente" rimane la sola accettabile per Duke, poiché le parole omicidio o suicidio suonerebbero piuttosto male in un rapporto recante la sua firma. A ogni buon conto si tratta di una storia molto al di sopra del nostro grado, il caso sarà presto avocato da qualche pezzo grosso della città alta; per cui mi limito a scrollare le spalle, suggerendogli di restare vago sui dettagli nella sua relazione. Duke mi sorride per la seconda volta, dicendo che non se ne preoccupa, poiché sarò io a stabilire ufficialmente la dinamica dei fatti, quale primo Vigilante giunto sul luogo.

Spazio autore:

Ciao a tutti,

spero che la nuova formula adottata per questa "prima puntata" sia stata di vostro gusto. Nei prossimi giorni avremo modo di scoprire cosa si nasconde dietro questa misteriosa morte...

Se il racconto vi è piaciuto, fatemelo sapere aggiungendo il vostro voto :).

Avete osservazioni? Consigli?

Domande sull'ambientazione o i personaggi?

Scrivete nei commenti, sarò felice di rispondervi.

Se poi volete essere aggiornati in tempo reale sulle prossime storie, seguite il mio profilo ;).

Grazie a tutti.

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