Fino alla fine || Federico Be...

By nowhereissafe

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Olivia, studentessa ventiduenne di lingue, si trasferisce a Torino con il padre dopo la separazione dei suoi... More

Uno {Prologo}
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
Otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
Venti
Ventuno
Ventidue
VentitrΓ©
Ventiquattro
Venticinque
Ventisei
Ventisette
Ventotto
Ventinove
Trenta
Trentuno
Trentadue
Trentatré (❀)
Trentaquattro
Trentacinque
Trentasei
Trentasette
Trentotto
Trentanove
Quaranta
Quarantuno
Quarantadue
Quarantaquattro
Quarantacinque
Quarantasei
Quarantasette
Quarantotto
Quarantanove
Cinquanta
Cinquantuno
Cinquantadue
CinquantatrΓ©
Cinquantaquattro
Cinquantacinque
Cinquantasei
Epilogo
Ringraziamenti

QuarantatrΓ©

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By nowhereissafe

Torino, 6 ottobre 2017

La cosa più fastidiosa del mondo, dopo la ceretta, è la sveglia che suona presto al mattino. Apro un occhio controvoglia, allungo il braccio sul comodino e spengo il cellulare, che non ne vuole sapere di lasciarmi riposare in pace per qualche minuto in più.

Non che io abbia dormito molto in questi giorni, anzi.

Sono ospite a casa Pjanic da domenica sera, da quando Federico ha deciso di dire cose che non doveva. Non me la sono sentita di tornare a casa da sola, dato che papà è di nuovo in America per parlare con dei clienti intrattabili. Il suo lavoro non è mai stato un problema per me, non ne ho mai sofferto. Papà si impegna davvero tantissimo in ciò che fa ed esegue ogni incarico in modo eccellente, ma stavolta il suo capo lo ha mandato a Boston per un periodo di tempo non precisato. Indubbiamente mi manca, ma questo viaggio di lavoro è capitato proprio nel momento migliore: non me la sento di affrontare l'argomento 'Federico' con lui, non dopo averglielo fatto conoscere formalmente e tutto quello che ci siamo detti riguardo alla nostra relazione.

Ho passato la mia settimana cercando di rendermi presentabile per andare in università e frequentare quei pochi corsi obbligatori degli ultimi tre esami che mi mancano. Il professore di economia e management ci ha affidato un progetto da realizzare in piccoli gruppi: io sono capitata con Ludovica ed Edoardo, lei è una ragazza napoletana fuori sede mentre lui vive a Torino da molti anni anche se è originario di Asti. Non ho mai amato i lavori di gruppo perché ho sempre avuto brutte esperienze: mi ritrovavo con persone poco serie che non completavano la loro parte di lavoro e quindi mi riducevo all'ultimo minuto a dover fare il lavoro di tutti per consegnare il progetto. Stavolta invece mi è andata bene perché i miei due compagni sono volenterosi e molto simpatici. Ci siamo spartiti i compiti subito e ci siamo messi al lavoro. Io non devo aver fatto un'ottima impressione perché la lite con Federico è ancora bene impressa nella mia mente, ma la simpatia di Edoardo e il meraviglioso accento napoletano di Ludovica sono riusciti a tirarmi un po' su il morale, almeno in università.

"Buongiorno, raggio di sole" Miralem entra in cucina mentre preparo la colazione e mi da un bacio sulla guancia. Dopo pochi minuti mi sento stringere per la gamba e mi abbasso per incrociare lo sguardo di Edin.

"Bonjour, Olivia" sussurra il piccolo mentre lo prendo in braccio.

"Buongiorno a voi" faccio un sorriso tirato. La mattina è sempre un trauma perché la notte è il mio punto debole. Non riesco a prendere sonno perché i miei pensieri finiscono inevitabilmente su Federico. Continuo a pensare a quella maledetta conversazione e più ci penso meno mi capacito di come possa aver anche solo pensato a una cosa del genere.

"Oggi se non te la senti non venire a Vinovo" propone Miralem, mentre si siede sulla sedia e addenta una fetta di pane con burro e marmellata.

"Non posso non venire solo perché c'è lui" ribatto immediatamente bevendo un sorso di caffè. "Io sono matura, a differenza sua" aggiungo abbassando lo sguardo sul pavimento.

"Oli, mangia qualcosa" Edin mi porge una merendina Pan di Stelle, ma il mio stomaco si rifiuta di mangiare.

"Grazie tesoro, la porto con me in università e la mangio a merenda, okay?" Gli sorrido e gli spettino i capelli, mentre lui scende dalla sedia e mi corre in braccio, gettandomi le braccia al collo.

"Ti voglio bene, zia Oli" sussurra con quella voce sottile contro il mio orecchio, lasciandomi un bacio sulla guancia.

Non so come reagire a questa manifestazione d'affetto, non ero assolutamente pronta a tutto ciò. Mi scende una piccola lacrima solitaria dalla commozione e stringo forte a me quel pasticcino di bambino che mi regala sorrisi genuini anche in un momento così buio.

"State fermi lì, non vi muovete" Miralem prende il mio cellulare sul tavolo e ci scatta una foto, sorridendo compiaciuto guardando il risultato dello scatto sullo schermo.

"Era ora di cambiare lo sfondo, non credi?" Aggiunge il bosniaco dopo aver cambiato il mio vecchio sfondo - Federico che mi bacia una guancia mentre io arriccio il naso di fronte all'obiettivo - con la foto di me e Edin.

Incredibile come il mio migliore amico riesca a migliorarmi la giornata semplicemente con poche parole, ha detto la frase giusta al momento giusto.

"Ti voglio bene, grazie Mire" mi alzo dopo aver finito la mia tazza di caffè e vado ad abbracciare il numero 5 bianconero, dandogli un bacio sulla fronte. "Io vado ragazzi. Mire, io e te ci vediamo oggi pomeriggio al campo e invece tu, mio piccolo campione" mi interrompo, abbassandomi sulle ginocchia per essere alla stessa altezza di Edin "noi ci vediamo stasera, mi raccomando preparati che ti straccio a FIFA" gli faccio l'occhiolino e lo stritolo in un caloroso abbraccio, dopodiché prendo il mio zaino, le chiavi della macchina e mi preparo per una breve – ma intensa – giornata all'università.

***

"Ma quindi, fammi capire, vivi con Pjanic?" Edoardo mi domanda mentre siamo a pranzo in un bar molto carino in una traversa dell'università. I piatti sono genuini, gustosi e a buon prezzo, ma nonostante questo è sempre deserto. Meglio così, almeno si può chiacchierare tranquillamente in pausa pranzo.

"Sì, perché?" Rispondo, mentre prendo una forchettata di insalata mista.

"Beh, lo dici come se fosse la cosa più normale del mondo" alza le spalle il mio compagno.

"Adesso lo è, all'inizio non capivo neanch'io come fare per stare in quel mondo" faccio una pausa per continuare a mangiare. "Ma poi ho capito che non esiste un modo, i calciatori sono persone normalissime, sono esattamente come noi, solo con uno stipendio a sei zeri" concludo, facendo scaturire le risate di Edoardo e Ludovica, la quale ascolta i nostri discorsi abbuffandosi di pasta al ragù.

"Beh, io potessi scegliere andrei a casa di quel figo di Dybala" commenta la mia amica, alzando gli occhi al cielo e sbattendo velocemente le palpebre.

"Guarda che è fidanzato" ridacchio scuotendo la testa.

"Guarda che io non sono gelosa" puntualizza lei, facendomi rimanere spiazzata.

È una ragazza spigliata e con la risposta sempre pronta, il suo spirito partenopeo e l'accento napoletano accentuano questa sua caratteristica che mi permette di apprezzarla ogni giorno sempre di più.

"Non ho parole" scoppio a ridere, lasciandomi andare ad una vera risata dopo quasi una settimana.

"Non nominarmi Dybala che ci ha purgato" Edoardo scuote la testa e gli do una pacca sulla spalla. Lui tifa Torino e non si dimenticherà facilmente la doppietta che l'argentino ha rifilato ai granata durante l'ultimo Derby.

"Sono disgrazie che capitano, mi dispiace" ridacchio, pensando alla felicità che mi ha regalato quella partita.

"Comunque è figo, non puoi dire il contrario" aggiunge Ludovica, riponendo le posate all'interno del piatto vuoto e completamente pulito dal sugo.

"Ma certo, è davvero un bel ragazzo ma tu sei fissata" le faccio notare, prendendo un sorso di acqua naturale.

"È il mio sogno proibito" si morde il labbro inferiore pensando all'attaccante argentino.

"Posso fartelo conoscere se vuoi" azzardo tenendo lo sguardo fisso sul tavolino mentre faccio roteare il cellulare nelle mie mani.

"E tu me lo dici solo adesso?" Quasi urla girandosi sconvolta verso di me, negli occhi riesco a vedere uno scintillio che fino a pochi secondi fa non c'era.

"Sì, ma ti devi calmare, okay? Non puoi venire a Vinovo e saltargli addosso. Te lo posso presentare, puoi fare qualche foto e chiacchierare con lui ma non fare la pazza. Io ci lavoro lì e non voglio perdere il posto perché ci salti addosso" preciso, guardandola con un sopracciglio alzato.

"Posso dirti che sei il mio essere umano preferito al mondo, Olivia Diviani?" Si inginocchia letteralmente di fronte a me e mi abbraccia forte, annuendo e promettendo che si comporterà da persona normale quando vedrà il numero 10 bianconero.

"Potrei fare un'eccezione e venire a vedere gli allenamenti della Juve solo per portare una bomba a mano e tirarla a Bernardeschi" si intromette Edoardo, che mi guarda con uno sguardo sincero.

"Non ce n'è bisogno, grazie a Dio c'è la pausa. Ci pensa Allegri alle cose più fisiche e tecniche" faccio un sorriso tirato ringraziando mentalmente il mio nuovo amico. Non gli avrei mai chiesto uno sforzo del genere. So cosa significa essere tifosi e quanto costa andare a vedere una squadra che non è la tua. È come se tradissi i tuoi colori, perciò non voglio far soffrire così Edoardo. Ci sarà già Ludovica e dovrò tenere sotto controllo lei perché, per quanto non sia una persona falsa e bugiarda, dubito che si comporterà in maniera totalmente normale quando si ritroverà a un metro da Paulo.

"Ragazzi è ora di andare, tra dieci minuti comincia la lezione, poi finalmente liberi" dice Edoardo dopo aver controllato l'ora sul suo orologio.

Ludovica si stacca da me ma non smette di ringraziarmi fino all'ingresso della facoltà, ci incamminiamo dentro e rimango stupita da me stessa quando mi accorgo che non ho pensato a Federico per quasi tutto il giorno.

***

"Ci sentiamo domani, dovrei riuscire a iniziare l'introduzione per il resoconto del progetto, mi faccio viva io" annuncio, per poi andare a recuperare la mia macchina al parcheggio. Ho ancora un paio d'ore libere prima di andare a Vinovo e decido di andare a fare un giro per le colline torinesi, in modo da staccare la testa e rilassarmi il più possibile prima di incontrare il ragazzo che amo ma che non ho mai odiato così tanto come in questa ultima settimana.

Mentre mi avvio alla macchina decido di mandare un messaggio a Paulo. Voglio sapere come sta perché anche lui ha passato una settimana difficile: il rigore sbagliato, la litigata con Oriana e la stampa che lo demolisce dopo averlo portato sul piedistallo fino a pochi giorni fa.

Chat Whatsapp tra Olivia e Paulo

Olivia: Ciao Pau, come stai?

Devo chiederti un favore enorme

Paulo: Hola, Olivia
Tutto okay più o meno

Che ti serve?

Olivia: Oggi una mia compagna di corso viene agli allenamenti

Si da il caso che abbia una mega cotta per te
Non è che potresti portarle la maglia autografata?

So che le farebbe moltissimo piacere

Tranquillo, le ho detto di non fare la pazza 😅

Paulo: Sono contento che venga

Mi fa molto piacere conoscerla
Non ti preoccupare, gliela porto senza problemi
Come si chiama?

Olivia: Si chiama Ludovica

Grazie Pau, sei il migliore 🖤

Paulo: Lo pensano tutti tranne lei...

Olivia: Pau, lo sai benissimo che ti ama

Hai fatto il passo più lungo della gamba

Paulo: Non so se resisto senza di lei per così tanto tempo

Olivia: Non sei da solo
Ce la farai perché la ami
Mi sembra un buon motivo per aspettarla

Paulo: Eres la mejor 

Te quiero nena💚

Olivia: Ti voglio bene anch'io Pau 💎🖤

Ripongo il cellulare nello zaino e metto in moto la mia amato 500x bianca, accendo la radio e inizio a canticchiare mentre mi perdo per il capoluogo piemontese. Ripenso a Paulo, al fatto che si sia sbilanciato troppo con la sua fidanzata in poco tempo. Le ha chiesto di andare a vivere con lui stabilmente a Torino perché ne è troppo innamorato e vuole stare con lei costantemente. Lei però non può rinunciare alla sua carriera e per i prossimi due mesi ha una serie di concerti in Sud America che non può cancellare. Lui non l'ha presa molto bene, dice che è scappata perché non lo ama a sufficienza, ma non è assolutamente così. Approvo la scelta di Oriana perché io non rinuncerei mai ai miei sogni e al mio lavoro per un ragazzo, non importa quanto lo possa amare.

Hanno solo bisogno di chiarirsi perché quei due si amano alla follia e non riescono a stare separati, nemmeno con un continente che li divide.

Come te e Federico.

Grazie mille coscienza per farmi tornare in mente il ragazzo che mi ha spaccato il cuore dopo averlo conquistato.

Come se il cellulare mi avesse letto nella mente, inizia a squillare, mi giro velocemente per vedere chi mi sta chiamando ma notando il suo nome lampeggiare sullo schermo insieme alla foto che ci siamo fatti insieme allo specchio, accosto un secondo per non fare un incidente. Il cuore mi sta implorando di premere il tasto verde e rispondere a quella chiamata, ma la testa punta i piedi per fermare quell'impulso.

Devo seguire la testa, mi ha fatto troppo male e non basta certamente una chiamata con una manciata di scuse buttate a caso per essere perdonato.

Rifiuto la chiamata e faccio lo stesso con tutte quelle che vengono dopo. Se ha così tanta voglia di parlarmi ci proverà ad allenamento, dove saremo in un territorio neutro e ci saranno tante persone a proteggermi.

Se aveva così tanta voglia di chiamarmi poteva farlo durante questa settimana, invece che lasciarmi marcire nelle mie lacrime come se fossimo due sconosciuti.

***

"Continuate a correre, non voglio certo rivedere quello che è successo a Bergamo!" Urla Max camminando a centrocampo, mentre i ragazzi eseguono il suo ordine. Oggi è una giornata particolarmente calda, nonostante sia già ottobre, ma io sento i brividi percorrermi tutto il corpo.

Ho rivisto Federico dopo cinque giorni, sembriamo due sconosciuti che non si sono mai rivolti la parola, lui corre insieme ai suoi compagni attorno al campo rettangolare e io sono seduta per terra con i capelli raccolti in una coda disordinata e avvolta nella felpa di Mario che mi ha gentilmente prestato dato che sentivo freddo. Sto cercando di mettere a punto tutte le cose che non hanno funzionato domenica, in modo tale che non si ripetano più, ma ogni volta che leggo il nome 'Bernardeschi' su quei fogli mi viene voglia di piangere e buttare all'aria tutto, liberandomi in un urlo rabbioso.

Vedo sugli spalti Ludovica che non riesce a togliersi il sorriso dalle labbra mentre fissa il gruppo allenarsi, soprattutto il numero 10. Non ha smesso un secondo di scattare foto e penso che abbiano tutte come soggetto Paulo Dybala. Immagino già quanto mi assillerà per cercarne una adatta allo sfondo del suo cellulare, anche se saranno tutte identiche.

"Olivia, ho bisogno di te" sento l'inconfondibile voce di Max avvicinarsi a me.

"Sì, dimmi Max. Che ti serve?" Gli domando, togliendo gli occhiali da vista e inforcando quelli da sole mentre mi avvicino al centro del campo.

Fai finta di niente, devi essere superiore.

"Analisi della partita" dice l'allenatore juventino per poi mettersi a braccia conserte e a gambe divaricate in fianco a me, mentre attorno a noi si siede tutta la squadra che fa allungamento.

"Non c'è molto da dire. In tre minuti abbiamo fatto due gol e vincevamo 2-0. Poi non so che cazzo sia successo e abbiamo sconnesso il cervello" mi esprimo con frasi corte e a scatti.

Ho letto da qualche parte che fare molte pause in discorsi motivazionali aiuta a tenere la concentrazione di chi ascolta e fa recepire meglio il messaggio. Non ho nulla da perdere, quindi tanto vale provarci.

"Ci siamo innervositi per il gol annullato, lo capisco perfettamente. Ma non è possibile perdere completamente la concentrazione per così poco. Abbiamo dimenticato chi siamo? Siamo la Juventus, sapete quanti gol ci annulleranno per falli commessi sei ore prima della partita o per fuorigioco di due millimetri? Accettiamolo e andiamo avanti. Il primo che vedo guardare male Paulo solo perché ha sbagliato il rigore fa le valigie e se ne va immediatamente" avverto tutti, dato che so esattamente dove voglio andare a parare. "È vero, Paulo ha sbagliato il rigore. E allora? Potevamo fare altri gol durante la partita e non li abbiamo fatti. Questa partita ci è servita come esempio. Ora dobbiamo abbassare la testa perché giocare alla Juve non vuol dire essere automaticamente primi in classifica e vincere il campionato. Non so cosa dicano nelle altre squadre di noi, ma me ne sbatto. Per vincere bisogna sputare veleno e combattere anche quando si sanguina, anche se intorno a noi ci sono solo squali. Adesso andate a lavarvi che non vi voglio più vedere per oggi" concludo facendo un bel sospiro, come se avessi trattenuto il fiato per tutto il tempo del mio discorso.

Ho tenuto gli occhiali da sole per tutto il tempo perché non volevo far vedere dove si stavano posando i miei occhi mentre parlavo, ma ho guardato Federico per gran parte del mio monologo. Lui, al contrario, ha alzato gli occhi verso i miei solo un paio di volte.

Non sono nemmeno riuscita a capire a che cosa stesse pensando, era come se avesse una barriera a impedirmi di leggere nella sua testa, cosa che ho sempre fatto. Ma stavolta no.

Federico si alza dal cerchio e si incammina verso gli spogliatoi, mi passa in fianco e mi sfiora leggermente, ma il suo sguardo non incrocia i miei occhi nemmeno per un istante.

Non lo riconosco più.

"Donde está mi aficionada número uno?" Paulo mi fa quasi venire un infarto materializzandosi alle mie spalle, mentre prende un sorso dalla sua borraccia e si asciuga il sudore con una salvietta.

"Mio Dio Paulo, devi smetterla di farmi le imboscate da dietro" mi porto una mano sul cuore che batte all'impazzata a causa dello spavento.

"Non volevo spaventarti" ridacchia sotto ai baffi mentre si sistema i capelli, anche se nonostante l'allenamento sotto al sole sono perfettamente in piega.

"Vieni con me, è quella che sta facendo finta di stare calma sugli spalti" scuoto la testa indicando Ludovica che, vedendo che ci stiamo avvicinando a lei, alza un braccio e ci saluta vistosamente.

"Sembra simpatica" sorride Paulo ricambiando il saluto nello stesso modo.

"Se ti salta addosso non dire che non ti avevo avvisato" alzo le mani, mordicchiandomi il labbro inferiore.

"Non sarebbe la prima" mi fa l'occhiolino e io di rimando gli do una pacca sulla spalla.

"Ciao Paulo, oddio non ci posso credere che sei davvero tu, io..." Ludovica si avvicina a noi e si pietrifica davanti al suo idolo, inizia a balbettare mentre lo guarda senza sbattere le palpebre.

"Ehi, ehi, calmati. Respira" la bocca di Paulo si lascia andare in un sorriso e io posso giurare di sentire le scimmiette nel cervello di Ludovica cantare cori da stadio come se avessero vinto la Coppa del Mondo.

"Ludo ti prego" aggrotto le sopracciglia quando lei si avvicina lentamente a Paulo come a voler tastare con le sue mani se si trova davvero di fronte a lei.

"Quando mi ricapita, statt' zitt'" mi intima e dopo aver chiesto un silenzioso permesso al numero 10, si fionda su di lui abbracciandolo forte, fregandosene altamente del suo sudore.

"Okay, io devo andare, mi raccomando" rivolgo l'ultima parte della frase alla mia compagna di facoltà e poi saluto Paulo con un bacio sulla guancia ringraziandolo per il gesto che sta per fare, ossia regalare la sua maglietta autografata a una tifosa.

"Olivia, come stai?" Mentre sto raccogliendo i fogli che avevo abbandonato ai piedi della panchina, sento una voce famigliare dietro di me.

"Mo, mi sei mancata da impazzire in questi giorni" senza darle preavviso, le getto le braccia al collo e la stringo forte a me. Rimane alquanto sorpresa dal mio gesto, dato che non mi sono mai sbilanciata così tanto nei suoi confronti.

"Tesoro, ho saputo da Mario" sussurra la mora al mio orecchio accarezzandomi i capelli, mentre io chiudo gli occhi per trattenere le lacrime con la testa appoggiata alla sua spalla ossuta.

"Sto di merda" confesso il mio stato d'animo, per la prima volta a voce alta, dopo la litigata di domenica sera.

"Mario mi ha raccontato e credimi lui non è tipo di tante parole, ma quando mi ha detto che è intervenuto per difenderti ho pensato che fosse davvero qualcosa di grave" Monica scioglie lentamente l'abbraccio mentre mi posa le mani sulle guance, pronta ad asciugare le lacrime che sono prossime a scendere.

"Ho apprezzato così tanto quello che ha fatto, davvero" annuisco, tirando su con il naso. "Non pensavo facesse una cosa del genere per me" ammetto, mentre una lacrima solitaria mi riga la guancia accaldata.

"Lo sai com'è fatto Mario, non parla ma agisce" la mia amica alza le spalle e porta via la mia lacrima con il pollice per poi stringermi nuovamente a se.

"Sappi che noi ci siamo, io e quell'armadio a muro che picchia gli stupidi" le parole di Monica mi fanno scappare una risatina. Sento la mora dondolarsi lentamente sul posto e capisco che era proprio quello il suo intento: cercare di portarmi il sorriso.


Torino, 12 ottobre 2017

Miralem ha invitato Paulo, Mario e Monica a casa sua per una cena, in modo da provare a sollevarmi l'umore. Il bosniaco è davvero il migliore amico che potessi desiderare. Non so cosa io abbia fatto nella vita per meritarmi così tanto affetto e attenzioni.

"Perché lo zio Fede non viene?" Edin chiede con l'ingenuità che caratterizza ogni bambino di quattro anni.

Il mio cuore manca un battito nel sentire le parole 'zio Fede', cerco gli occhi di Miralem per un istante, ma Paulo risponde prima di tutti.

"Zio Fede e zia Olivia hanno avuto una piccola discussione" Paulo intavola questo discorso e lo ringrazio per aver risposto al posto mio altrimenti sarei crollata a piangere davanti a Edin, ma non mi sembra il caso di raccontare tutta la verità al bambino in questo momento. "Tu ce l'hai la ragazza, piccolo?" Edin scuote la testa piano, mentre ha occhi solo per l'argentino, che si abbassa sulle ginocchia e gli mette un braccio attorno al piccolo corpo. "Beh, prima o poi avrai una fidanzata, lei ti farà arrabbiare e tu farai arrabbiare lei, quando succederà starete separati per un po' di tempo, poi farete pace e tornerete insieme" Paulo parla con assoluta calma e Edin rimane ammaliato dalle sue parole, tanto che si stringe contro il petto dell'attaccante bianconero.

"Zio Fede ti ha fatta arrabbiare, zia Oli?" Il piccolo Pjanic si avvicina a me e lo prendo in braccio, mentre mi allontano dalla sala per avere un po' di tempo solo con lui.

"Purtroppo sì, ti manca?" Gli chiedo, mentre mi siedo sul divano con lui sulle mie gambe.

Per un attimo non mi risponde, sembra indeciso perché non vuole farmi rimanere male.
La sensibilità che ha questo bambino è impressionante.

"Sì un pochino sì, ma io voglio vedere la mia zia preferita sorridere" la sincerità di Edin mi fa quasi commuovere e la mia bocca si tende in un ampio sorriso che contagia il piccolo. Ci abbracciamo forte per alcuni minuti e poi inizia a farmi solletico, sapendo che quello è il mio punto debole per farmi ridere.

Edin Pjanic, da grande farai stragi di cuori.

La serata prosegue nel migliore dei modi, giochiamo a Scarabeo insieme e tutti prendiamo in giro Paulo che sbaglia sempre qualche parola perché, nonostante siano anni che è in Italia, alcuni refusi spagnoli non riesce proprio a lasciarli andare.

È meraviglioso come Miralem sia riuscito a mettere da parte il breve passato con Monica e abbia deciso di invitare sia lei sia Mario a casa sua. Non smetterò mai di considerare il bosniaco un punto di riferimento nella mia vita, nonché un esempio. Mettere da parte l'orgoglio non è facile, ma lui riesce sempre a fare la cosa giusta in qualsiasi circostanza. 
Certo che Edin è il bambino perfetto: ha lo straordinario esempio di suo padre a fianco.

"Oli, che succede?" Mi domanda Miralem, notando il mio sguardo assente.

"È lei" sibilo talmente a bassa voce che non credo che i presenti riescano a sentirmi.

"La puttana?" Interviene Mario senza mezzi termini. Grazie a Dio abbiamo messo a dormire Edin qualche ora fa, altrimenti si sarebbe preso un bello schiaffo sul coppino da parte del bosniaco.

"Che cazzo vuole?" Chiede Monica, sbirciando il mio cellulare per provare a capire cosa mi abbia sconvolta.

La mia amica prende il mio telefono e apre il messaggio inviato da Veronica. Ha inviato una foto che ritrae me e Edoardo fuori dalla facoltà mentre ci abbracciamo. Sotto alla foto il messaggio dice "Sai fare solo la troia. Fede non ti vorrà più vedere dopo queste."

Non riesco a pensare lucidamente. Ho lo sguardo fisso in un punto indistinto nel vuoto ed è come se non avessi più la forza nemmeno per respirare. È stata una settimana già complicata di suo, ci mancava il messaggio di Veronica come ciliegina sulla torta a completare il tutto.

"Non dirmi che..." Monica lascia cadere la frase, non sapendo neanche lei come andare avanti.

"Pensi che mi stia vedendo con Edo? È questo che pensi?" Le rispondo forse fin troppo bruscamente, ma in questo momento non riesco a connettere i pensieri con la bocca. "È un cazzo di compagno di corso, facciamo un progetto insieme, oggi pomeriggio prima di venire a allenamento io lui e Ludovica ci siamo salutati e ci siamo dati un abbraccio che è durato un cazzo di secondo. Questa troia mi stalkera e tu pensi seriamente che vada con un altro quando sono innam..." mi fermo di scatto, come se dire la parola interamente mi potesse bruciare la lingua.

"Lo so Liv, lo so" la mia amica mi abbraccia appoggiando la testa sulla mia spalla mentre mi circonda il busto con entrambe le braccia.

"Puta de mierda" Paulo commenta nella sua lingua madre, penso che gli insulti gli escano meglio in spagnolo che in italiano.

"Non puoi andare avanti così, bisogna chiamare Federico, deve capire che questa ha dei seri problemi mentali" dichiara Miralem, dopo aver analizzato la situazione.

Non ha tutti i torti: sarebbe la soluzione più ragionevole. Ma io non me la sento di vederlo in questo momento, mi manderebbe ancora di più in confusione. Forse ho vissuto in una bolla per tutto questo tempo quando lui invece è davvero così, magari gli piace questo giochino psicologico che Veronica sta facendo su di me, ma non si è reso conto che ho passato tutta la vita a minacce e brutte parole da parte di mia madre, quindi niente può farmi sentire peggio di come sono stata in passato.

"No, io non ho niente da nascondere. Lui è un mio amico di università, non sto facendo niente di male e nel caso voglia andare sul pesante, ho Ludovica come testimone. Sono stanca di sentirmi in difetto, adesso basta" sono le mie ultime parole, poi ringrazio tutti per essermi stati vicino, mi scuso e me ne vado a letto, dopo averli salutati con un bacio sulla guancia.

Mi infilo in camera di Edin e lo abbraccio da dietro, il suo corpicino si avvicina naturalmente al mio cercando una fonte di calore e io gli accarezzo dolcemente i capelli, sorridendo spontaneamente nel vedere la sua espressione rilassata mentre dorme, quasi come se stesse sorridendo nel sonno.

Edin è il miglior rimedio naturale contro la tristezza e la solitudine: solo la sua vicinanza regala serenità anche all'anima più tormentata.


Torino, 14 ottobre 2017

Oggi si gioca una partita importante allo Stadium: Juventus – Lazio. Il mio umore riflette perfettamente il clima di questa giornata torinese: grigio e triste. I ragazzi vengono da due settimane di pausa dal campionato dove hanno cercato di dimenticare gli errori commessi a Bergamo per concentrarsi su questo appuntamento. La Lazio è una squadra molto ostica, ha grandi campioni, è in un ottimo stato di forma e noi invece siamo reduci dal pareggio rimediato contro l'Atalanta, la quale ha bloccato la nostra scia di vittorie consecutive in Serie A.

Miralem mi blocca per un polso prima che io mi possa andare a sedere in panchina, pochi minuti prima dell'inizio della partita.

"Oli, ho un brutto presentimento" dice semplicemente, guardandomi negli occhi.

"Che vuoi dire?" Domando, avvicinandomi al centrocampista bianconero e circondandogli le spalle con un braccio.

"Non lo so, ho sempre un po' d'ansia prima delle partite, ma stavolta è diverso" sospira, tenendo lo sguardo fisso davanti a se.

Dal tunnel si sente l'inno della Juventus cantato a squarciagola dai tifosi e ammetto che anch'io sento le ginocchia tremare trovandomi in mezzo a quel corridoio quasi infinito.

"Mire, guardami. Ora entri e giochi. Fine" mi metto davanti a lui e gli prendo il viso tra le mani, mettendo la mia cartellina con gli schemi di gioco sotto al braccio.

"Hai ragione. Grazie" mi stringe forte a se e mi lascia un bacio sui capelli, mentre io con la testa sulla sua spalla ho una visuale perfetta su Paulo.

L'argentino è l'ultimo della fila bianconera e il suo sguardo è perso nel vuoto, guarda avanti a se ma non vede nulla. È in trance pre-partita e non me la sento di andare a disturbarlo.

Mentre sono abbracciata a Miralem, un profumo fin troppo famigliare si insinua nelle mie narici. Chiudo gli occhi mentre inalo la fragranza preferita usata da Federico, stringendomi di più al mio migliore amico che ha capito perfettamente il mio stato d'animo.

"Se mi guarda male ancora una volta lo mando a cagare in diretta" sussurra al mio orecchio Miralem. Io mi stacco dal suo abbraccio e vedo i suoi occhi seguire i movimenti di Federico che esce dal tunnel, andando a prendere posto in panchina.

"Calmati, ora devo andare. Dal momento in cui entri in campo spariscono i problemi, lo sai" ci diamo il cinque dopo esserci scambiata un'occhiata di intesa e mi incammino verso la porta che conduce al campo.

Mentre passo do il cinque a tutti i ragazzi della mia squadra e anche a quelli della Lazio che si stanno sistemando in fianco ai bianconeri.

***

Il boato dell'Allianz Stadium mi fa ritornare alla realtà dopo il goal realizzato da Douglas Costa al minuto ventitré. È il primo gol stagionale per il brasiliano e il pubblico juventino dimostra il suo affetto del confronti del numero 11.

Non posso dire di star seguendo attentamente la partita perché purtroppo la mia mente mi sta giocando brutti scherzi: continuo a pensare all'ultima partita della Juve che ho visto, quella in cui Federico mi ha dedicato il suo primo gol in bianconero. Mi alzo insieme al resto dei giocatori e staff che sta in panchina con me e corriamo ad abbracciare il realizzatore del gol, che sorride ed esulta insieme a tutta la squadra.

Io e Federico stiamo per abbracciarci presi dall'impeto del vantaggio appena ottenuto, ma appena i nostri sguardi si incrociano entrambi posiamo gli occhi su altro, facendo finta di niente.

Questa situazione mi sta logorando. Non si può continuare così.

Ho deciso: finita la partita gli parlerò.

Al quarantasettesimo Milinkovic-Savic serve il suo numero 17 e la Lazio pareggia i conti con il gol di Immobile. Pochi minuti dopo Higuain si mangia il gol del 2-1 trovandosi uno contro uno davanti al portiere.

Una manciata di minuti dopo succede il peggio: Buffon esce dalla propria area di rigore e tocca Immobile per andare sul pallone che avrebbe sancito il 2-1 per la squadra ospite. L'arbitro concede il calcio di rigore e i biancocelesti raddoppiano con una doppietta del loro attaccante di riferimento.

La Juventus si trova sotto di un gol a mezz'ora dalla fine e bisogna tentare il tutto per tutto per portare a casa punti, non importa quanti.

Paulo ci prova con un sinistro micidiale, ma la palla colpisce il palo esterno ed è come se la porta dei laziali sia colpita da un sortilegio che non ci permette di realizzare la rete del pareggio.

Sullo scadere del tempo le speranze di tutto il popolo juventino diventano quasi realtà quando Bernardeschi viene asfaltato in area di rigore. Federico è a terra dolorante e il mio cuore accelera i battiti a quella vista. Vorrei entrare in campo e dirgli che andrà tutto bene, che non è successo niente, ma poi mi ricordo che lui fa finta di non vedermi quindi non ha senso preoccuparmi per lui.

Non so per quale motivo ma alzo gli occhi sulla tribuna che si trova proprio sopra alla panchina bianconera e vedo l'ultima persona che avrei voluto vedere, specialmente ora.

Veronica.

Non si è nemmeno accorta che quello che lei definisce 'fidanzato' ha subito un bruttissimo fallo e potrebbe essersi fatto male seriamente.

Che testa di cazzo.

L'arbitro concede il calcio di rigore stavolta a nostro favore. Mancano solo pochi secondi, quindi abbiamo la possibilità di non buttare via del tutto questa partita e portare a casa almeno un punto.

Paulo prende il pallone e si dirige verso il dischetto, con lo sguardo fisso sul prato verde, trovando la concentrazione per tirare quel rigore.

Il ricordo di domenica è ancora bene impresso nella sua mente e non è così facile sconfiggere i propri demoni. Paulo è proprio come la Juve: il suo peggior nemico è se stesso.

Tutto lo Stadium è in piedi in un silenzio quasi inquietante, si sentono voci di incoraggiamento per il nostro numero 10, lui ha bisogno dei suoi tifosi e i tifosi hanno bisogno di lui.

L'arbitro fischia, Paulo prende la rincorsa e calcia in porta.

Strakosha para e il triplice fischio che pone fine alla partita rimbomba nella testa di ognuno di noi.

La Joya si butta a terra, disperato e triste per aver fallito e per non aver soddisfatto le speranze di tutto il mondo bianconero che sentiva sulle sue spalle.

Tutti corrono a sollevarlo perché il compagno in difficoltà è un fratello e la famiglia non si abbandona mai, specialmente nel momento del bisogno.

Finisce così l'ottava giornata di campionato: con le lacrime di Paulo Dybala, la gioia della Lazio e la prima sconfitta in campionato per la Juventus.

***

"Olivia..." la voce rotta dal pianto di Paulo mi stringe il cuore. I suoi occhi sono gonfi e rossi, non riesce a smettere di piangere e non posso biasimarlo.

"Sh, vieni qui" mi avvicino a lui in spogliatoio e lo abbraccio, cercando di tranquillizzarlo accarezzandogli i capelli mentre il suo viso e contro il mio petto. "Capita anche a Ronaldo, lo sai?" Cerco di sdrammatizzare, ricevendo come risposta una piccola risata soffocata sulla mia maglietta ormai bagnata dalle sue lacrime.

"Ma lui è il migliore del mondo" tira su con il naso, appoggiando la testa sulla mia spalla.

"Appunto, quindi non devi piangere. Lo so, ci sei rimasto male, ma passerà" lo guardo negli occhi e persino le sue iridi sono più spente rispetto al solito, non sono di quel verde brillante che lo caratterizza.

"Perché deve succedere tutto adesso, sto scoppiando" confessa l'argentino mentre si butta di peso contro l'armadietto alle sue spalle chiudendo gli occhi, probabilmente esausto e spossato sia fisicamente sia mentalmente.

"Non ti devi buttare giù, per una settimana ti togli Instagram e non leggi niente su di te, capito?" Lo guardo con fare minaccioso, non voglio che si pianga addosso più di quanto non stia già facendo in questo momento.

"Tanto dicono lo stesso quello che vogliono anche se non lo leggo" alza le spalle in modo quasi arrendevole.

Lì capisco che con i sudamericani non c'è storia: bisogna usare le maniere forti.

"Paulo Bruno Exequiel Dybala! Diventi un rammollito solo per aver sbagliato due rigori? Va bene, hai sbagliato, questo è ovvio e lo sai pure tu. Ma devi smetterla di piangerti addosso! Pensi che la Juve ti odi adesso? Pensi che i tifosi bruceranno le tue magliette? Pensi che non ti supporteranno più? Cazzate. Solo grandi cazzate. La gente ti ama Paulo, ti ama. I bambini ti guardano in televisione e imitano la tua esultanza, corrono con addosso la tua maglia numero 10 e provano a tirare le punizioni come te. Sei un esempio e lo devi essere anche adesso, anche quando tutto sembra crollarti sotto ai piedi. Trova la forza di rialzarti e quando la vita sembrerà troppo insostenibile" faccio una breve pausa per fare in modo che le mie parole lo colpiscono là dove serve. "Quando la vita sembrerà troppo insostenibile guarda su" alzo l'indice e lui mi guarda con le lacrime agli occhi, si lascia andare ad un pianto liberatorio e mi abbraccia forte.

Non voglio farlo star male, ma deve trovare la motivazione. E se questa motivazione non può trovarla momentaneamente in Oriana perché è dall'altra parte del mondo, deve trovarla nella persona che lo ispira ogni giorno. Suo papà.

"Grazie. Ti voglio tanto bene, Olivia" sussurra al mio orecchio mentre mi lascia un bacio sulla guancia.

"Anch'io, campione. Sarai sempre la Joya, Paulo, non dimenticartelo mai" rispondo mentre lo stringo forte a me, in piedi in mezzo allo spogliatoio ancora deserto.

Il rumore di un flash ci fa sobbalzare e ci giriamo di scatto verso l'entrata dello spogliatoio.

"Potrei vomitare" la voce irritante di Veronica entra nella mia testa e non so cosa mi stia trattenendo dal correrle incontro e strapparle tutti quei capelli unti che si ritrova in testa uno ad uno.

"Veronica, che ci fai..." sento la voce di Federico provenire dal corridoio e vorrei soltanto scoppiare a piangere come ha fatto Paulo fino a pochi minuti fa.

"Niente amore, volevo salutarti" risponde la vipera, buttandosi letteralmente addosso al numero 33 bianconero.

Amore?!

Lui non si è accorto della mia presenza e nemmeno di quella di Paulo, sembra che abbia occhi solo per lei. Veronica approfitta di quel momento, consapevole del fatto che io sto assistendo alla scena mente lui no, per prendere il viso di Federico e baciarlo davanti ai miei occhi.

Che cos'è questo rumore?
Probabilmente il mio cuore che è appena andato in mille pezzi.

Non riesco nemmeno a piangere, ho speso troppe lacrime per lui e l'unica cosa che voglio fare ora è scappare il più lontano possibile e non voltarmi più indietro.

Sento il braccio di Paulo attorno alla mia vita, è sconvolto tanto quanto me di fronte alla scena a cui stiamo assistendo che, per quanto sia disgustosa, non riesco a smettere di guardare.

Capisce il mio dolore semplicemente con uno sguardo e mi prende la mano, ci avviciniamo alla porta semichiusa e usciamo, facendo staccare i due amanti.

Federico sbianca quando mi vede, sembra mortificato e allunga una mano per trattenermi, ma io mi giro e gli do un sonoro schiaffo sulla guancia. Si tocca il punto che ho appena colpito con una mano ma so che, per quanto male posso avergli fatto, non è neanche lontanamente paragonabile al male che ha fatto lui a me.

"Vaffanculo Bernardeschi. E tu" mi giro verso Veronica "smettila di stalkerarmi o ti sgonfio quei canotti che hai al posto delle labbra. Spostati."

Sputo le parole come se fossero veleno, sono delusa e arrabbiata, ma non voglio farmi vedere piangere. Mai sanguinare davanti agli squali.

La mia espressione è apatica, il mio cuore si è rotto e non tornerà mai più come prima. Federico ha rovinato il rapporto più bello che io abbia mai vissuto in vita mia e dubito che proverò ancora anche solo un decimo dei sentimenti che ho provato – e provo tutt'ora – per lui. I sentimenti non si cancellano da un giorno con l'altro, servirà del tempo per andare avanti e voglio cominciare ora.

Mai sanguinare davanti agli squali.

Ma ora lo squalo sono io.


Eccomi qui cari amici lettori con un nuovo capitolo! 🍀

Lo so, è passata una settimana dallo scorso aggiornamento ma adesso avete capito il perché: ho dovuto partorire tutta questa roba! Non è facile scrivere capitoli densi di avvenimenti come questo, per di più quando ci sono così tanti personaggi e, di conseguenza, dialoghi. Tuttavia, spero che il capitolo vi piaccia! Fatemi sapere con stelline e commenti che cosa ne pensate, come al solito. Vi ringrazio per le oltre quarantotto mila visualizzazioni e per i bellissimi commenti che mi lasciate ogni volta, mi fanno davvero un piacere immenso.

Voglio approfittare di questo angolo autrice per ringraziare pubblicamente @Jladies per aver realizzato la splendida nuova copertina di "Fino alla fine", più la guardo e più me ne innamoro. Grazie mille, davvero. 🖤

Per quanto riguarda la Juventus, che dire? Ieri sera c'è stata la partita contro il Napoli al San Paolo. Abbiamo giocato solo 45 minuti come nostro solito e poi ci siamo rintanati nella nostra metà campo sbagliando anche i passaggi che si imparano a cinque anni alla scuola calcio. Nonostante tutto abbiamo vinto e ci siamo portati a casa tre punti in uno scontro diretto. Beh, vincere a Napoli è sempre bello, diciamocelo chiaramente.

Oggi è una data molto importante che mi riporta alla mente una cosa triste: un anno senza Davide Astori. Non posso credere che sia già passato un anno, il ricordo di Davide rimarrà sempre nel cuore di tutti. Era un campione, un figlio, un padre e un capitano. Penso che in questi momenti non importa il colore della maglia che ci mettiamo addosso la domenica pomeriggio, importa essere uniti e ricordare con onore – ed un briciolo di tristezza – un uomo che rimarrà sempre vivo nella nostra memoria. Riposa in pace, Davide. #DA13

Io sto piangendo e mi dispiace se questo angolo autrice ha fatto piangere anche voi ma mi sembrava più che d'obbligo. Detto questo me ne vado per davvero e come sempre:

PACE AMORE E FINO ALLA FINE FORZA JUVENTUS ⚪⚫

A presto,

C.

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