Fino alla fine || Federico Be...

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Olivia, studentessa ventiduenne di lingue, si trasferisce a Torino con il padre dopo la separazione dei suoi... More

Uno {Prologo}
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
Otto
Nove
Dieci
Undici
Dodici
Tredici
Quattordici
Quindici
Sedici
Diciassette
Diciotto
Diciannove
Venti
Ventuno
Ventidue
Ventitré
Ventiquattro
Venticinque
Ventisei
Ventisette
Ventotto
Ventinove
Trenta
Trentuno
Trentadue
Trentatré (❤)
Trentaquattro
Trentacinque
Trentasei
Trentasette
Trentotto
Trentanove
Quarantuno
Quarantadue
Quarantatré
Quarantaquattro
Quarantacinque
Quarantasei
Quarantasette
Quarantotto
Quarantanove
Cinquanta
Cinquantuno
Cinquantadue
Cinquantatré
Cinquantaquattro
Cinquantacinque
Cinquantasei
Epilogo
Ringraziamenti

Quaranta

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By nowhereissafe

Torino, 11 settembre 2017

La vittoria contro il Chievo è servita moltissimo ad alzare il morale della squadra dopo la pausa nazionali, ha dato ai ragazzi un'ulteriore consapevolezza dei loro mezzi e questo non può che essere una spinta in più per fare l'esordio in Champions League domani sera a Barcellona.

Non sarà una partita facile: i blaugrana difenderanno il loro campo con le unghie e con i denti, ma la Juventus ha ancora impresso negli occhi il sonoro 3-0 rifilato all'Allianz Stadium pochi mesi fa alla squadra capitanata da Lionel Messi.

Domani i ragazzi partiranno per la Spagna con un obiettivo ben chiaro in mente: cercare di mantenere la porta inviolata e provare a fare gol. Semplice, no? Come dire ad un alcolista di non bere per una settimana. 

Ma nulla è impossibile.
Chi più degli juventini può dirlo?

Federico sta preparando quelle poche cose che gli serviranno in queste ore di trasferta; mi ha chiesto se potevo fargli compagnia per passare un po' di tempo insieme prima di andare in aeroporto.

"Sicura che non puoi venire?" Mi chiede per l'ennesima volta il mio ragazzo mentre sistema alcune magliette da riscaldamento dentro al trolley.

"Ancora Fede? È la centesima volta che te lo dico: devo andare in università" spiego alzando gli occhi al cielo.

Sono infastidita dalla domanda perché vorrei più di ogni altra cosa andare con i ragazzi, seguirli passo dopo passo e calpestare l'erba del Camp Nou. Ci sono alcuni stadi che penso siano da vedere almeno una volta nella vita. Qualunque tifoso di calcio vorrebbe vedere il Camp Nou, il Santiago Bernabeu o l'Allianz Arena prima di morire, indipendentemente dalla fede calcistica. Sono enormi opere d'arte, incorniciate da migliaia di cuori che battono all'unisono per gli stessi colori. Questa è la mia idea di religione.

"Lo so, stavo cercando di corromperti." Federico sorride sotto ai baffi e si gira per guardarmi, rivolgendomi uno sguardo dei suoi.

Quando è in casa ha la mania di stare a petto nudo, solo con i boxer o, al massimo, con i pantaloncini da allenamento. Da quando ha scoperto che adoro quelli neri perché mettono ancora di più in risalto le sue forme sembra che lo faccia apposta a tentarmi.

"Non cedo così facilmente, Bernardeschi" mento spudoratamente, incrociando le braccia al petto mentre mi appoggio allo stipite della porta della sua camera da letto.

"Vale sempre la pena tentare, non credi?" Si avvicina lentamente a me, tirando gli addominali per provare a distrarmi.

"Non attacca" scuoto la testa mordicchiandomi il labbro inferiore, sorridendo perché nonostante tutto mi piacciono questi mezzi che adotta per provocarmi. È pur sempre un bello spettacolo da guardare. Purtroppo stavolta non posso proprio cedere, anche se vorrei tanto.

"Credimi, l'idea di vedere Messi dal vivo mi eccita particolarmente" lo stuzzico un po', appoggiando la testa allo stipite con fare sognante.

"Scusa?" Federico alza un sopracciglio con le mani sui fianchi.

"Beh, è uno dei calciatori più forti del mondo, non capita tutti i giorni di vederlo giocare!" Alzo le spalle guardandolo negli occhi.

"D'accordo che è più forte, ma io sono più bello" ammicca nella mia direzione.

"Beh, questo lo dici tu... i gusti sono gusti" arriccio il naso portandomi un dito sul mento.

"Posso capire che perdo contro Ronaldo, ma contro Messi non posso accettarlo" si siede sul bordo del letto affranto, pugnalandosi virtualmente al petto.

Che bello è quando mi asseconda e possiamo goderci questi piccoli momenti di spensieratezza come una coppia normale?

"Capisco, deve essere un colpo basso per te" mi avvicino al letto accarezzandogli una spalla, come per consolarlo. "Ma almeno tu hai l'altezza dai, non disperare" lo prendo in giro, passando le dita sulla pelle ricoperta da tatuaggi.

"Altezza mezza bellezza" allunga un braccio per posare la mano sulla mia coscia scoperta. Indosso i suoi pantaloncini da gara che usa in trasferta, quelli blu scuri con i numeri gialli fluo: la mia divisa preferita. "Ti donano questi, sai?" Alza leggermente il tessuto dei pantaloncini con le dita, scoprendo di più la mia pelle che si sta abbronzando ogni giorno sempre di più.

"A te fanno un culo che..." penso, mordicchiandomi il labbro inferiore.

Vedo Federico girarsi di scatto verso di me con un sorrisino beffardo stampato sulla faccia, mentre avvicina il viso al mio.

"Ah, sì?" Sorride compiaciuto, facendomi realizzare al volo che non ho solo pensato quella frase, ma l'ho detta ad alta voce. "Ti piace il mio fondo schiena?" Percepisco il suo respiro sempre più vicino al mio collo, la sua voce si abbassa notevolmente e sento i brividi percorrermi tutta la schiena fino ad arrivare alla base della spina dorsale.

Mi manderà al manicomio prima o poi.

"Può essere" rispondo semplicemente, girandomi verso di lui. Avevo bisogno di far incontrare i miei occhi con i suoi, non potevo più farne a meno. Federico sostiene il mio sguardo; a volte stiamo così per ore, a guardarci senza dire nulla, perché spesso uno sguardo vale più di mille parole.

"Come fai ad essere così bella, spiegamelo..." lascia cadere la frase, probabilmente perché anche lui si è perso in questo nostro gioco di sguardi come me.

"Mi sento bella solo quando mi guardi così" ammetto in un sussurro, lasciandomi scappare un sorriso dettato dal nervosismo di questa situazione.

Potranno passare anni, ma sentirò sempre le farfalle nello stomaco tutte le volte che mi guarderà come se mi stesse leggendo dentro nell'anima.

"Sai che è stato questo a farmi innamorare di te?" Mi chiede Federico portando la mano sulla mia guancia, che accarezza dolcemente con il pollice.

"Cosa?" Alzo un sopracciglio, curiosa di saperlo. Non me ne ha mai parlato e voglio davvero sapere cosa lo ha colpito di me.

"Il tuo sorriso. È la cosa più bella che io abbia mai visto. Ti giuro, potresti illuminare uno stadio intero di notte solo con questo" traccia con l'indice il contorno delle mia labbra che, di conseguenza a quelle parole così sincere, si incurvano di nuovo in un ampio sorriso, accompagnato dalle guance che stanno andando letteralmente a fuoco.

"Ti amo" è l'unica cosa che riesco a dire. Potrà sembrare banale, ma non lo è.

Non ho mai provato queste sensazioni, nessuno mi ha mai parlato così, non ho mai ricevuto così tanti complimenti - soprattutto non mi hanno mai fatto questo effetto - non ho mai amato in vita mia se non adesso: davanti a questo magnifico ragazzo dagli occhi verdi come il mare che mi guarda come se fossi il diamante più prezioso sulla faccia della Terra.

"Ti amo anch'io" sussurra sulle mie labbra, che sfrega lentamente contro le sue e poi mi bacia dolcemente, piegando la testa di lato per farmi sentire tutto l'amore che prova per me. "Messi suca" si stacca di un centimetro solo per pronunciare quella frase, poi ricongiunge le nostre labbra ed entrambi scoppiamo a ridere.

Passiamo il resto della giornata insieme, a non fare niente sul divano, io accoccolata al suo petto nudo, lui con un braccio attorno alle mie spalle, a ridere e a scherzare su qualsiasi cosa. Non mancano i momenti di passione, nati da qualche bacio dato con troppo trasporto che ci porta inevitabilmente a fare l'amore come se fosse la prima volta.

"A che ora partite domani?" Domando al numero 33 bianconero mentre mi metto la sua maglia della divisa blu scura.

"Alle dieci" sbuffa, sistemando il cuscino dietro la nuca.

Ha il busto rialzato, le lunghe gambe abbronzate sono accavallate e ha una mano tra i capelli. Mi guarda mentre infilo la sua maglietta: mi arriva a metà coscia e profuma di Federico. Adoro indossare le sue magliette come pigiama, sento il suo profumo addosso ed è la sensazione più bella che io abbia mai provato in vita mia.

"Che hai da guardare?" Mi giro per poi infilarmi a letto in fianco a lui.

"Ti guardo perché mi ecciti con la mia maglia addosso, mi sembra di avertelo già detto in passato" cambia posizione mettendosi su un fianco, appoggiando il gomito sul materasso e la testa sulla mano.

"I vantaggi di stare con un calciatore" gli faccio l'occhiolino, perdendomi in quelle iridi per la milionesima volta in questa giornata.

"Solo io posso vederti così" mi attira a se con un braccio attorno alla mia vita, ci stuzzichiamo per svariati minuti e ci godiamo l'uno la presenza dell'altra e viceversa.

Stiamo guardando una puntata di "Breaking Bad" sul letto abbracciati, quando il mio cellulare squilla facendomi venire un infarto.

"Pronto?" Rispondo, senza far caso al numero sullo schermo.

"Oli, grazie a Dio sei sveglia, ho bisogno di te." La voce di Miralem arriva dritta al mio orecchio. Lo sento agitato e spero non sia successo niente di grave.

"Sì, sono sveglia, dimmi Mire."

"Senti, non so come dirtelo..." Il bosniaco tentenna, sembra che non voglia più dirmi di cosa ha bisogno.

"Dillo e basta." Odio i giri di parole, meglio andare dritti al punto.

"Josepha sta male. Ha la febbre e non posso mandare Edin a casa sua. Mi stavo chiedendo se..." Me lo immagino che cammina avanti e indietro nel salotto di casa mentre si mangiucchia le unghie con suo figlio sul divano che lo guarda con gli occhioni grandi e speranzosi.

"Mire, te lo tengo io Edin mentre state a Barcellona. Non devi nemmeno chiederlo."

"Sei sicura?"

"Certo. Adoro stare con lui."

"Non so come ringraziarti, Oli. Ti adoro."

"Ti voglio bene anch'io, Mire. Domani accompagno Fede in aeroporto, porta Edin con le sue cose così puoi salutarlo e poi lo prendo io. Ti va bene?"

"Va benissimo, Oli. Sei la migliore."

"Je t'aime, merci Olivia!" Sento la vocina di Edin in sottofondo e mi scappa un sorriso spontaneo.

"A domani, campione. Ciao Mire, ci vediamo domani, buonanotte."

"Mi hai salvato, ricordami che ti devo un favore. Buonanotte."

Chiudo la chiamata e appoggio di nuovo il cellulare sul comodino, lasciandolo attaccato al carica batterie. Federico mi guarda con gli angoli della bocca alzati in un meraviglioso sorriso che, per quanto mi piaccia, non riesco a spiegarmi.

"Che hai da sorridere?" Gli domando, facendogli appoggiare la testa sulle mie cosce mentre gli accarezzo dolcemente i capelli - cosa che rilassa sia me sia lui.

"Sarai un'ottima mamma" sussurra trovando la posizione più comoda addosso a me e mi stringe, disegnando cerchi immaginari con i polpastrelli sulle mie gambe.

Non so cosa commentare.
Ultimamente tira un po' troppo in ballo la questione 'figli'. Mi piacerebbe molto costruire una famiglia con l'uomo che amo, ma ora è troppo presto e totalmente sbagliato per infiniti motivi. Prima di tutto, io e Federico stiamo insieme da pochissimo tempo e soltanto un pazzo metterebbe su famiglia con una relazione appena cominciata. Secondo, con il lavoro che fa sarebbe davvero una sfida riuscire a trovare il tempo per dedicarsi ad un figlio. Terzo, io voglio laurearmi e avere un lavoro, mentre lui deve pensare alla sua carriera per adesso.
È troppo presto, è vero, ma mi piace che lui dica queste cose: significa che vede la nostra storia continuare nel futuro. Ed è con questi pensieri che mi addormento: con le dita intrecciate ai suoi capelli e la sua testa sulla mia pancia, le sue braccia a stringermi forte mentre i nostri cuori battono alla stessa velocità.


Torino, 12 settembre 2017

"Mi raccomando, fammi sapere quando arrivate. Lo sai che odio questi aggeggi infernali" dico a Federico una volta arrivati in aeroporto, mentre alzo lo sguardo per guardare un aereo decollare.

"Va bene, bimba. Dillo che non vieni perché hai paura di volare" ridacchia il mio ragazzo prendendo la valigia dal portabagagli.

"Non scherzare, sono in ansia e non ci devo nemmeno salire io" gli rispondo, incamminandomi con lui all'entrata.

"Olivia!" Vedo Edin allontanarsi da suo padre con il suo zainetto in spalla che corre verso di me. Improvvisamente tutte le preoccupazioni che mi crea l'aereo scompaiono, prendo in braccio il piccolo Pjanic e gli do una serie di baci sulla guancia mentre lui si lascia andare ad una dolcissima risata.

"Ma ciao, campione! Sei contento di stare con la zia?" Gli domando, mentre il bambino appoggia la testa sulla mia spalla e annuisce convinto.

Ci avviciniamo al resto della squadra, già pronta per il check-in, e auguro buona fortuna ai ragazzi.

"Come ad aprile, eh?" Dico ai bianconeri, ricordando a mio parere la partita più bella della stagione passata.

"Grazie Oli, non so come ringraziarti" Miralem mi abbraccia, per poi abbassarsi e fare lo stesso con suo figlio, che stringe a se per alcuni secondi.

"Ci divertiremo un sacco, vero?" Mi rivolgo al piccolo, che mi risponde con un enorme sorriso.

"Posso salutarti anch'io?" Federico si avvicina al mio fianco, facendomi rabbrividire a causa della vicinanza delle nostre labbra.

"Devi" giro il viso nella sua direzione e gli getto le braccia al collo, mentre lui mi stringe per la vita.

"Ci vediamo domani sera" sussurra per poi baciarmi.

È un bacio che dura una manciata di secondi, le nostre lingue si intrecciano un'ultima volta prima di stare separate per poco più di ventiquattro ore.

"A domani" bisbiglio senza fiato dopo quel bacio che mi ha fatto perdere per un attimo la cognizione del tempo.

I fischi di approvazione e i commenti idioti dei compagni di Federico di fronte al nostro saluto mi imbarazzano leggermente, facendomi tingere le guance di un rosso acceso tendente al viola.

"Non crescerete mai" commento, scuotendo la testa e prendendo Edin per mano, lasciando andare i giocatori dall'altra parte del gate, dove non possiamo seguirli.

"Ciao papi" il bambino saluta suo papà con la manina alzata ed io decido di prenderlo in braccio per permettergli di vederlo meglio.

"Ciao mon amour, a demain" Miralem gli manda un bacio da lontano e dopo pochi istanti sparisce dal nostro campo visivo.

Questi momenti tra il bosniaco e suo figlio mi lasciano sempre spiazzata: le trovo di una dolcezza infinita e mi fanno sciogliere completamente.

***

Vedere mio padre giocare con Edin è una scena alla quale non avrei mai pensato di assistere in tutta la mia vita. Scatto una foto per immortalare questo momento e la mando a Miralem, per informarlo che suo figlio sta bene, che può stare tranquillo e può concentrarsi pienamente sulla gara di stasera.


Chat Whatsapp tra Olivia e Miralem

Olivia: Non riconosco più il bambino dall'adulto
Hai allegato una foto

Miralem: Il mio amore. Grazie mille Olivia e grazie mille Corrado.
Vi invito a casa una sera di queste per sdebitarmi

Olivia: Smettila di ringraziarmi e inizia a correre.
Comunque la cena la accettiamo volentieri 🤤

Miralem: Ti voglio bene. Sei la migliore 💚

Olivia: Anch'io Mire 🖤
In bocca al lupo e buon viaggio


Sono in ansia pre-partita e solitamente quando sento una morsa allo stomaco così grande non significa mai niente di buono. Cerco di non pensarci portandomi avanti con lo studio, dato che settimana prossima ho un esame e non ho quasi aperto libro. Sono orgogliosa di quello che sto facendo alla Juventus, ma non devo perdere di vista le mie priorità: laurearmi in primavera e poi continuare il mio sogno bianconero.

Non so per quale motivo, ma riesco a studiare agevolmente sei capitoli di storia della lingua russa in poco più di due ore, stupendo sia me stessa sia mio padre.

"Lo invitiamo più spesso se ti fa questo effetto" scherza il mio vecchio, mentre ha Edin in braccio, facendo finta di farlo volare come se fosse un aereo.

"Sei il mio portafortuna" mi avvicino a Edin e gli scompiglio i capelli, cosa che lo fa ridere con quella risata che solo i bambini hanno, mettendomi immediatamente di buon umore.

Dopo un'ora mi squilla il telefono, vedo una video chiamata da parte di Federico e la accetto subito, facendo segno a mio padre e a Edin di avvicinarsi.

"Ciao amore, siamo appena arrivati in hotel" esordisce il numero 33, lasciando la valigia all'entrata della camera.

Sento lo sguardo di mio padre bruciarmi addosso dopo che Federico ha pronunciato la parola 'amore'. Anche se approva la nostra relazione, credo non si abituerà mai a sentire chiamare così la sua 'pulce', come mi chiama lui.

"Finalmente, ci sono due persone che ti vogliono salutare" giro leggermente il cellulare in modo da inquadrare i due uomini accanto a me, che lo salutano calorosamente.

"Hey, ma quanti siete? Ciao piccolo, buongiorno Corrado" saluta educatamente il mio ragazzo.

"Quante volte ti ho detto di darmi del tu, Bernardeschi?" Gli chiede mio padre con un sorriso stampato sul volto.

"Quando anche lei mi chiamerà Federico" ribatte prontamente l'attaccante bianconero.

"Severo, ma giusto. Va bene, Federico" mio padre è il primo a cedere.

E con questo ho la dimostrazione che nessun Diviani sa resistere al fascino del toscano.

"Dovremmo fare una cena per conoscerci meglio, che ne dici Corrado?" Federico fa questa domanda con una naturalezza quasi inspiegabile, mentre io tossisco, presa in contropiede.

"Organizzeremo, ma adesso passami Miralem, c'è un bambino che vuole salutarlo" taglio corto, cercando in tutti i modi di spostare l'attenzione dalla presunta cena che Federico vuole fare per conoscere mio padre.

"Ciao a tutti" il bosniaco compare allo schermo e la sua espressione si allarga in un sorriso genuino quando vede il figlio, in mezzo tra me e papà. "Mon amour, come stai?"

"Très bien, papa" risponde il piccolo, che si accoccola alla mia spalla.

"Fai il bravo, va bene?" Gli ricorda il padre, ma sappiamo tutti che Edin è il bambino più bravo del mondo.

"È un angioletto e ci stiamo divertendo un sacco" risponde mio padre, che sembra aver legato molto con il figlio del numero 5.

"Ora dobbiamo andare, ultima sessione di allenamento prima di stasera. Mi raccomando guardateci e fate il tifo da casa" ci raccomandano entrambi.

"Certo, abbiamo già le magliette pronte" rispondo, annuendo allo schermo.

"Fino alla fine!" Gridiamo in coro tutte e tre, mentre i due sorridono alzando il braccio con il pugno chiuso, per darsi la carica.

Chiudo la video chiamata e continuiamo a giocare sul letto tutti e tre insieme per mezz'ora, poi decido di sfruttare il momento di altissima produttività e ritorno a studiare, dato che i due maschi sono concentrati su un LEGO da costruire.

"Vi lascio armeggiare con le vostre cose da uomini, se avete bisogno di me sono di là" avviso i due che sono troppo presi dal modellino per darmi ascolto. Scuoto la testa e torno in camera mia, studiando incredibilmente quasi tutto il primo libro del programma d'esame.

***

È ora. È arrivato il momento di scendere in campo e dimostrare chi è la Juventus. Ho l'ansia da oggi pomeriggio. Sarà la partita contro il Barcellona, l'emozione di tornare a guardare una partita in tv con mio padre come ai vecchi tempi, l'inno della Champions che mi mette sempre i brividi o la consapevolezza di non poter sbraitare contro la televisione dato che stasera c'è un bambino di quattro anni in mezzo a noi.

Siamo in tenuta ufficiale, sia in campo sia qui a casa: mio padre ha la maglia di Miralem che lui stesso mi ha prestato come pigiama quando mi sono fermata a dormire a casa sua, Edin ha la numero 5 con il proprio nome sulla schiena mentre io ho la 33 del mio fidanzato bellissimo, che però parte dalla panchina.

Il primo brivido ce lo regala proprio Miralem Pjanic, che da fuori area calcia uno dei suoi missili, ma ter Stegen nega il destro del bosniaco e, di conseguenza, il vantaggio bianconero. Edin scatta in piedi, consapevole della pericolosità che può creare suo padre da quella posizione, ma si risiede subito dopo la parata del portiere tedesco.

Il primo tempo è un susseguirsi di belle azioni da entrambe le parti: in particolare, una punizione calciata da Messi che sbatte contro la barriera juventina, il pallone rimbalza dalle parti di Suarez che ci prova con il destro ma Buffon si allunga mandandolo sopra alla traversa.

Siamo tutti e tre molto nervosi: mio padre si mangia le unghie, Edin si tortura le mani senza togliere gli occhi dallo schermo e io non riesco a fermare la mia gamba destra, che sembra muoversi senza il controllo del mio cervello.

Al quarantacinquesimo succede quello che tutti gli juventini non si auguravano: uno splendido uno-due tra Messi e Suarez permette all'argentino di tirare con il suo mancino un pallone sul secondo palo, imprendibile per Buffon.

Vantaggio blaugrana, il Camp Nou esplode osannando il suo capitano, nonché uno tra i calciatori più forti del mondo.

"Ma se perdiamo non vinciamo la Champions?" Edin domanda a me e a mio padre.

Sento i brividi al solo pensiero della Coppa dalle Grandi Orecchie che per la Juventus sembra un premio troppo grande da raggiungere. Arriviamo sempre ad un passo ma sul più bello cadiamo, perdendo tutte le ultime finali a cui abbiamo partecipato.

"No, piccolo, non succede niente se perdiamo. Sarebbe meglio vincere, ma contro il Barcellona è difficile" rispondo nel modo più sincero possibile, mentre gli occhi del piccolo Pjanic mi guardano intensamente.

"Papi dice che vincere non è importante ma..." non fa in tempo a finire la frase che io e mio padre la concludiamo per lui.

"È l'unica cosa che conta" diciamo in coro, scambiandoci un'occhiata di intesa che racchiude la nostra fede bianconera.

Era da tanto tempo che io e mio papà non condividevamo delle emozioni del genere: ricordo ancora quel dannato 3 giugno, la sera in cui i nostri sogni di sono infranti a Cardiff al triplice fischio dell'arbitro. Eravamo sotto di tre gol, le possibilità di raggiungere il Real Madrid erano ormai nulle ma al contempo non volevamo che quella maledetta partita finisse. In un certo senso era meglio chiuderla il prima possibile: i blancos avrebbero potuto segnare altri gol se la partita fosse durata qualche minuto in più, ma dall'altra parte non volevamo scrivere la parola 'fine' su quell'incontro che per tutto il popolo juventino era molto più di una finale. Era il sogno proibito, c'era chi diceva addirittura che fosse un'ossessione. A me è sempre sembrata un'esagerazione, ma la voglia di alzare al cielo quella Coppa era così forte da farci tremare le gambe proprio durante la partita che avrebbe potuto consacrarci Campioni d'Europa.

"È colpa di papà se perdiamo?" La voce sottile di Edin mi fa tornare alla realtà, dato che la mia mente aveva intrapreso un lungo viaggio nella valle dei ricordi.

"Ma certo che no, abbiamo giocato bene. Messi ha segnato all'ultimo minuto. Perché dici così?" Stavolta è mio padre a correre in mio soccorso, tranquillizzando il bambino.

"Perché papà ha sbagliato il gol" risponde semplicemente fissando negli occhi mio padre, il quale gli rivolge un sorriso comprensivo e lo fa sedere sulle sue gambe.

"È stato molto bravo, non è colpa di tuo papà. Messi è stato più bravo, ma è solo una partita e ne mancano tante altre" la voce calma di mio padre fa sorridere il figlio del centrocampista bianconero, che lo abbraccia di slancio, facendo ridere spontaneamente mio papà.

Questa immagine quasi mi commuove: non so per quale motivo mi tornano in mente tutti i discorsi di Federico sull'avere dei figli. Mi rendo conto che un domani mio padre sarà un fantastico nonno, d'altronde è un papà perfetto quindi sarà un nonno altrettanto bravo. Una lacrima solitaria scende sul mio viso senza che io me ne accorga, mio padre sussurra qualcosa all'orecchio di Edin e lui si avvicina a me iniziando a farmi il solletico.

Gli ha svelato il mio punto debole. In men che non si dica siamo tutti e tre sul letto a farci il solletico, ridiamo e siamo senza pensieri fino alla ripresa della partita, che ci fa tornare immediatamente alle nostre postazioni iniziali.

Il secondo tempo della partita è il risultato di ciò che è accaduto durante i minuti finali del primo: la tecnica e la lucidità del Barcellona schiaccia la Juventus, che si arrende ai catalani per 3-0 al Camp Nou. I bianconeri ci hanno provato in ogni modo con i tiri di Douglas Costa, Pjanic, De Sciglio, Dybala e Bernardeschi, ma ci sono serate in cui la palla non ne vuole sapere di andare dentro, il nervosismo cresce, si commettono errori stupidi che contro squadre come il Barcellona si pagano cari.

Non è il risultato che la Juventus aveva sperato alla vigilia di questa partita, ma il percorso in Champions League è appena iniziato e bisogna subito rialzarsi per qualificarsi agli ottavi di finale, ottenendo il primo o il secondo posto nella fase a gironi. Il sorteggio non ci è stato favorevole perché abbiamo pescato i blaugrana, ma insieme a noi ci sono i greci dell'Olympiakos e lo Sporting Lisbona.

***

Edin si è addormentato accoccolato al mio corpo, ha un'espressione serena sul viso e il pollice in bocca. È davvero il bambino più bello che io abbia mai visto.

Gli accarezzo i capelli dolcemente, cercando di essere il più delicata possibile per non svegliarlo, quando sento il cellulare vibrare accanto a me, segno che è arrivato un messaggio.


Chat Whatsapp tra Olivia e Federico

Federico: Ti amo, lo sai?

Olivia: Amore, mi dispiace tanto.
Ti amo anch'io, non sai quanto 🖤

Federico: Hai presente le serate di merda?

Olivia: Lo so... Sembravano delle iene in campo
Avete fatto il possibile
Ma state tranquilli, è solo la prima
Niente è perduto

Federico: Sì, però mi gira il cazzo

Olivia: Lo capisco 😔
Vuoi vedere una cosa bellissima?

Federico: Vuoi fare sexting?
Sono in camera con Paulo, ti avviso

Olivia: Quanto sei scemo!
No, aspetta
Hai allegato una foto

Decido di inviargli un selfie che mi sono appena fatta, con Edin in fianco a me che dorme beatamente in quell'adorabile posizione. Magari gli fa tornare il sorriso e può mostrarla anche a Miralem.

Federico: Ma che cucciolo è? 😍

Olivia: Hai visto? 🙈💖

Federico:

Vedo anche la ragazza più bella del mondo vicino a lui
😘💕

Olivia: Smettila che mi fai arrossire
🙈🙈🙈

Federico: Così sei ancora più bella

Olivia: Sbrigati a tornare che mi manchi

Federico: Manchi tanto anche a me, amore mio

Olivia: Ti ricordi la cena allo Stadium?

Federico: Certo perché?

Olivia: Io mi sono innamorata di te quella sera

Federico: Non me l'hai mai detto...

Olivia: Perché non lo sapevo neanch'io

Federico: E perché me lo dici proprio ora?

Olivia: Così puoi andare a dormire pensando a questo

Federico: Ti amo da impazzire 💚

Olivia: Io di più. Buonanotte, ananas 🍍

Federico: Buonanotte, amore mio 👓


Blocco il cellulare e abbraccio Edin, che si muove leggermente per sistemarsi più comodo addosso a me. Mi addormento subito stringendo al petto la maglia numero 33 bianconera e nel giro di pochi minuti torno a quella cena all'interno dell'Allianz Stadium con Federico, la sera in cui inconsapevolmente mi sono innamorata del ragazzo più bello che io abbia mai incontrato.


Eccomi qui bella gente con un nuovissimo capitolo! 🍀
È incredibile, siamo già arrivati al capitolo quaranta e vorrei sapere cosa ne pensate, sia del capitolo sia della storia nel suo complesso. Ammetto che questo capitolo è veramente lunghissimo, ma è stato un piacere scriverlo e vi confesso che originariamente doveva comprendere un'altra partita, ma poi mi sono resa conto che sarebbe stata la Divina Commedia. Spero che la descrizione della partita non vi abbia annoiato e che vi sia piaciuto questo trio delle meraviglie Olivia - Edin - Corrado. A me è piaciuto davvero un sacco scriverlo e spero che vi arrivino tutte le emozioni che ci ho messo, soprattutto nella riflessione della finale di Champions League.
Vi ringrazio per le oltre 35 mila visualizzazioni, siete dei tesori.
Colgo l'occasione per ringraziare pubblicamente anche @Jladies che, oltre a sopportarmi giornalmente con i miei audio fatti di scleri lunghi 20 minuti, mi ha fornito l'immagine che ho messo all'inizio del capitolo. Adoro quella foto e starei a guardarla per ore senza stancarmi, spero che anche per voi sia lo stesso.

Adesso me ne vado che questo spazio autrice sta diventando più lungo del capitolo stesso. Fatemi sapere cosa ne pensate con stelline e commenti come sempre che sono bene accetti.

Pace amore e fino alla fine forza Juventus ⚪⚫

A presto,
C.

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