Ciscandra - Personality Disor...

By Ciscandra

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E dopo il Mondo Bipolare? Dove conduce quella misteriosa porta sul nulla che Ciscandra ha appena aperto? Sei... More

♥ Avviso per tutti i Cannibal Rabbits ♥
1. Le persone che sei stata prima
2. Cocktail mostruosi
3. Lo smacchiatore
4. Erzsy
5. White Lily e la seduta
6. La Tigre del Cuore
7. Pugnali e autoreggenti
8. Ascolterai Mine Bruciate Rubando Amore
9. Un origami di carta sul baratro dell'incendio
10. Tu non mi hai spezzata
11. Pancakes rivelatori
12. Priscilla
13. Ho una voce. Ascoltami ruggire stanotte.
14. Il Distretto degli Istrionici
15. L'Indovina di Ferro
16. Diario di una cannibale
17. L'Imperatore Pallido
18. Sono una confessione che aspetta di essere ascoltata
19. Burattini, bugie e labbra di carta
20. Morso e la Regina dei Ratti
21. Giglio Cangiante
22. Pietra dei Ladri
24. Il valzer del cuore cattivo
25. Fili rossi e frullati alla fragola
26. Niní
27. La Foresta delle Allucinazioni
28. La Casa degli Specchi
29. L'Hotel degli Inutilizzati
30. Brian
31. Ciscandra amerà distruggerti. Resterai imprigionato crollando.
32. Le Stelle Fredde e il Disegnatore di Ombre
GRAZIE

23. Il Distretto degli Schizoidi

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By Ciscandra


Quasi non sento le ruote del carro allontanarsi. Rimane solo un cigolio ovattato nella mia testa.

La fata ci abbandona con poche parole insieme a qualche mantella sbiadita, anche se non aiutano molto contro il freddo.

Eppure a stordirmi non è il gelo che morde la pelle. Forse è tutta questa neve accecante che ricopre ogni cosa che mi circonda.

Solo qualche momento dopo mi accorgo che davanti a noi c'è un lampione di ferro battuto. È spento e con le vetrate rotte. Accanto siede in maniera composta Vento Che Corre, il lupo grigio dell'indiano.

Improvvisamente la mia attenzione viene catturata da una macchia rossa che esplode accecante nel bianco, accanto all'animale.

È una strana figura, avvolta da un cappotto color sangue, e non è di certo umana. L'ampio cappuccio non nasconde infatti un viso in penombra ma il quadrante di un orologio.

L'unica cosa che si muove in questa scena sono piccoli turbinii di neve che si alzano pigramente dal terreno con un fischio spento.

Mentre guardo l'orologio e il lupo mi sento inconsistente, come uno di quei volantini pubblicitari che svolazzano nelle strade invase dalla notte.

«Insomma, mi pare di capire che Cappuccetto Rosso e la bestia grigia stiano aspettando noi», dice Ambra.

Sollevo lo sguardo verso la ragazza di ossa. Non sono riuscita a guardarla negli occhi neanche una volta da quando ha ripreso i sensi. Se ci provo, nasce un imbarazzo prepotente sul mio viso e vengo colta da un forte senso di vertigine.

«Ci condurranno al Distretto degli Schizoidi», la voce di Giglio Cangiante è limpida nelle nostre menti. Somiglia quasi al suono che fanno alcuni bicchieri pieni d'acqua.

La drag queen deve essersi dimenticata del mutismo dell'indiano perché lancia un urletto irrigidendosi e strabuzzando gli occhi: «Aaah! Chi è stato! Chi ha parlato!»

Giglio le passa affianco per dirigersi verso le due figure. È l'unico a non indossare niente per ripararsi dal freddo. La neve inizia a cadere più fitta ma non sembra disturbarlo. È quasi come se non lo sfiorasse di proposito.

Torno a guardare Dalila che annusa brevemente la folta pelliccia che indossa.

«Oh, andiamo! My loves!», sbotta poi, «Volete un attimo restare seri e prendere in considerazione il grave affronto che mi è stato fatto! Insomma! Capisco tutto! Ma girare con questa pelle d'orso rattoppata e puzzolente non mi sembra il caso! Quella maledetta ali di carta igienica l'ha fatto apposta! Darmi questo ammasso di sudiciume!»

«Intanto sei quella che sta più al caldo», sospira Ambra fintamente, «Ti consiglio quindi di non lamentarti Ciglia Finte»

Mi volto verso Didì che ha uno sguardo pronto a incenerire la bionda: «Ehi, polletto! Ti va bene che non hai carne su quelle gambine da cuocere se no...»

Ambra fa finta di non sentire e torna impassibile a guardare dritto davanti a sé, mentre io mi sento sollevata nel non veder spuntare pugnali o armi varie.

Poi osservo Dalila con il broncio superare impettita la bionda senza terminare la frase.

«Didì? Sul serio?», le chiedo ridendo, «L'unica cosa che ti preoccupa in questo momento è il tuo cappotto?»

La drag queen in risposta si volta e allarga le braccia. Poi scuote la testa sconsolata, come se la sua indignazione fosse comprensibile: «Gosh! Ho accettato di viaggiare con te nell'ignoto. Questo non significa automaticamente precipitare in una dolorosa caduta di stile!»

Vorrei chiedergli se non è più turbato dal fatto che la nostra guida sia un orologio vestito da Cappuccetto Rosso, e con dei piedi per giunta!

Insomma, dai! Ha dei piedi! Mi sembra totalmente insensato! Ma non aggiungo altro. Ho imparato che in questa dimensione ogni parola ha un peso, e per quanto ne so, anche un orologio di ferro potrebbe avere un cuore di carne.

Così smetto di rimuginare e alzo lo sguardo al cielo che piange a rallentatore minuscole perle bianche.

Per un momento sento la ragazza di carta fissarmi e così trattengo il fiato.

Solo quando Ambra solleva il cappuccio sopra la testa e segue l'indiano espiro aprendo una fitta nel petto.

Fisso le sue gambe sottili, i piedi nudi sprofondare nella neve, i tacchi di vernice nera che dondolano dalle sue dita. Lo sentirà il freddo? Davvero è in grado di sentire qualcosa?

Mi torna in mente Brian. Mi chiedo dove sia in questo momento. Sentirà che qualcuno lo sta cercando? Poi mi chiedo come deve essere parlare con una parte di se stessi che respira e parla e piange e riesce anche a sanguinare.

Resto dietro a tutta la comitiva. Cammino piano.

Dalila davanti a me impreca più volte perché la neve è troppo profonda. E decisamente no, non ha le scarpe adatte, e continua a ripeterlo in una cantilena angosciante (imitando male una cantante dell'opera).

Mentre seguo le orme lasciate per terra, realizzo con stupore che ci sono solo quelle di due persone.

Alcune sono sicuramente di Didì (perché è davanti a me e riesco a vedere i suoi piedi sollevarsi dalla neve), ma le restanti non appartengono né a Giglio né ad Ambra.

Sono impronte di scarpe unite a delle enormi zampe di lupo.

Quello che mi sconcerta non è tanto che né la bionda né l'indiano non riescano a lasciare una traccia profonda del loro esistere.

Più che altro è l'orologio incappucciato a confondermi: non pensavo che il tempo potesse lasciare delle impronte così profonde.


***


Oltrepassiamo i corpi nodosi e spogli di alcuni alberi, per poi sbucare in uno scenario ancora più silenzioso e magico.

Alte montagne dalle vette innevate proteggono foreste punteggiate di verdi diversi. Una fitta nebbia accarezza il paesaggio muovendosi lentamente. C'è profumo di terra umida, muschio e vento carico di pioggia.

Il verde che si riflette nei miei occhi è così intenso da entrarmi dentro ad ogni respiro. Mi sento immensa: un rincorrersi di chilometri di pelle che fanno fatica a delimitarmi.

A poco a poco la neve si dirada sul terreno gelato, lasciando spazio a un manto erboso, a tratti ingiallito e cosparso di fiori secchi.

Mentre scendiamo da una piccola collina sono così concentrata a stare attenta a dove metto i piedi (per evitare diverse rocce), da non accorgermi neanche di quando esattamente la nostra guida-orologio scompare.

È in quel momento che noto qualcosa di strano: a terra, qui e là, si allargano delle pozzanghere di liquido scuro che emettono un vapore nero e disgustoso davvero poco rassicurante.

Ma dimentico in fretta questo particolare perché presto mi rendo conto che quello che sembrava un puntino luminoso, perso nello sconfinato paesaggio pieno di nebbia, si rivela essere un'altra misteriosa figura in attesa (è strano, tutto in questo distretto sembra in perenne attesa di qualcosa).

Ai piedi della collina ci attende un ragazzo.

Indossa un abito talare nero, con una grande fascia magenta elettrico stretta in vita. Le mani gracili indossano due anelli di smeraldo e stringono un libro di pelle marrone. I capelli chiari e scompigliati sono tagliati appena sotto le orecchie. Le labbra sono violacee e screpolate, come se non bevesse da tantissimo. Due grandi occhiaie circondano gli occhi grigi come cenere pestata.

Vento Che Corre non sembra troppo a suo agio perché inizia a ringhiare rizzando il pelo.

Forse non è solo lo strano bagliore che emette il ragazzo a inquietarlo, ma anche il fatto che i suoi piedi non arrivino a sfiorare terra.

Giglio Cangiante schiocca in uno strano modo la lingua per richiamare il suo amico a quattro zampe. Poi fa un piccolo inchino con la testa verso la figura in attesa.

Il lupo non smette di mostrare i denti, anche se i suoni gutturali si fanno quasi impercettibili, e io non riesco a dargli torto, perché appena mi avvicino al giovane una tremenda sensazione di freddo mi fa irrigidire.

«Vi aspettavamo, benvenuti. Io sono David. Sono qui per condurvi da Re Elmore», la voce del ragazzo non ci arriva distintamente. È più come sentire un'eco risuonare da una profonda gola di pietra.

Nessuno chiede chi è o cosa vuole questo fantomatico re. Per un attimo restiamo tutti immobili senza fiatare, quasi come se fossimo su un palco, intenti a recitare un grande disegno che ci dimentichiamo di continuo.

La mia testa inizia a farsi pesante, come se la nebbia del paesaggio avesse oltrepassato la mia pelle, pronta ad avvolgere ogni pensiero nella mia testa.

È Dalila a rompere il senso di torpore: «Oh, per tutti i profumi scontati del 60%! Ma che cos'è questa roba? Per quale motivo lei è fluorescente come il plancton delle Maldive?»

Didì attraversa con una mano aperta il corpo etereo del ragazzo. A quanto pare questo gesto viene recepito come un grave insulto perché la drag queen riceve una bella occhiataccia torva. Dalila non sembra andare troppo a genio al nostro vescovo luminoso.

«Dalila è uno spirito. E quello che tu hai fatto al monsignore è molto scortese», la voce dell'indiano risuona nitida nelle nostre teste.

Vento Che Corre, sempre al suo fianco, arriccia il naso e starnutisce quasi in un moto di assenso.

«Oh, my goddess! Cos'è questa voce adesso!», grida la drag queen facendosi aria con una mano come se fosse accaldata. Poi alza la testa verso il cielo, «Chi è entrato nella mia testa! Oh, Lord Papi! Sei tu? Sei venuto a prendermi?»

Afferro Didì per un braccio, sorridendo forzatamente al fantasma che ci fissa impassibile. Per un momento mi ricorda Ambra.

«Didì», bisbiglio, «Stai calma ora! È Giglio Cangiante, non ricordi?»

Lei prende dei grandi respiri con una mano premuta sul petto: «Oh, cielo! Mi ero dimenticata che quel macho-cioccolatoso sapesse parlare su diverse frequenze radio! Ma deve avvertirmi prima di farlo! Perché se no di questo passo mi farà venire un colpo! Comunque non era mia intenzione far sbabbiare questa specie di trofia luminescente! È che... guardalo! È così pallido! È come se qualcuno lo avesse annegato nella cipria! Bisognerebbe far qualcosa per quel bel faccino!»

Non so se Didì abbia veramente capito che David è uno spirito, ma nasce un sorriso sbigottito sulle mie labbra e con una risata scocco un bacio sulla guancia della drag queen. Non so come farei senza di lei.

Dalila con affetto mi stringe a sé mentre Ambra grugnisce: «Bene, abbiamo finito queste scene da vomito?»

Didì chiude gli occhi e annusa l'aria intorno a sé, poi si gira nella mia direzione: «Lo senti anche tu? Fragranza di stronza?»

In risposta la bionda non ci mette molto a sfoderare il pugnale e puntarlo alla gola della drag queen (che per inciso, è più alta di qualche spanna). Lo sapevo che le lame non tardavano ad arrivare.

«Per colpa delle tue chiacchiere stiamo perdendo tempo invece di seguire il ragazzo gracilino», ringhia Ambra.

«Gracilino!», ride Didì, «Hai il coraggio tu a dare del gracilino a qualcuno! Ma ti sei vista! Sei una scopa in saggina con la gonna! Piuttosto puoi dire che è friabile!»

Ambra aggrotta le sopracciglia alzando gli occhi al cielo, ma senza staccare la lama dalla gola della drag queen: «Forse intendi fragile»

«Mmnn, o si diceva franabile? O quello si usa per i biscotti?», Didì assume un'espressione pensierosa ed è assurdo vederla con una lama sotto il mento mentre è concentrata su qualcosa di così insensato.

«Ma vuoi stare zitto! Non esiste un tasto per spegnerti o demolirti?», ribatte acida Ambra.

David guarda l'intera scena senza emettere un solo suono. È come se non si accorgesse di cosa sta accadendo, o forse è particolarmente bravo a non mostrarsi interessato. Pare immobile, se non fosse per il vento che talvolta lo fa oscillare leggermente da un lato all'altro.

Giglio Cangiante fa un sospiro che sembra contenere solo molta stanchezza, mentre i capelli inchiostro avvolgono la sua figura imponente. Poi allunga una mano verso Ambra, con il palmo rivolto verso l'alto, come se aspettasse di ricevere l'arma.

La bionda fa passare lo sguardo dalla sua lama alla mano dell'indiano, poi rinfodera con uno scatto il pugnale e dà uno spintone alla drag queen che mi finisce addosso.

«Scanzonata di una pera rinsecchita!», grida Dalila mentre si sistema l'acconciatura (e per essere precisi, ora indossa una parrucca d'addio che le ha regalato Adore. È un caschetto arancione).

La ragazza di carta si allontana, oltrepassando Giglio ancora immobile. Io prendo sottobraccio Didì con sguardo ammonitore.

«Sì, dai!», sbuffa lei, «Siamo in viaggio da millenni senza far nulla di interessante! Mi stavo annoiando!»

E io non riesco a trattenere il sorriso sulle mie labbra.


***


Il fantasma si rivela essere un ragazzo fluorescente di poche parole. Si limita a voltarsi di tanto in tanto per assicurarsi della nostra presenza.

Sono tentata di chiedergli cosa stia leggendo, ma quando scorgo sulla copertina del libro «Storie di quelli che sentono ancora» decido (non so per qualche motivo) di ingoiare la mia domanda.

Forse legge perché non si ricorda più com'è vivere?

Seguiamo il fluttuare del ragazzo in silenzio lungo strade sterrate che serpeggiano nel verde. Il manto erboso è diventato smeraldino. Dalla nebbia emergono in lontananza cime brusche e scoscese che oscurano un cielo assetato di luce.

Non ci mettiamo molto prima di costeggiare un fiume che scorre violento, tramutandosi in schiuma spumosa e bianca nell'impatto con grandi rocce rosse.

E di nuovo, emerge un altro elemento che sembra stonare: nelle insenature del corso d'acqua si raccolgono delle macchie oleose, simili a petrolio, su cui sono raccolte delle mosche e altri insetti privi di vita.

Cerco di ignorare il fatto, ma questo paesaggio maestoso sembra corrotto, incrinato da qualcosa di sinistro.

Il profumo pungente della foresta e i suoi rumori presto mi tolgono dalla testa questi pensieri. Abeti e larici altissimi, ruscelli gorgoglianti, cortecce ferite piene di resina, tappeti di aghi di pino e rocce coperte di muschio accompagnano il nostro incedere. Sembra che nessuno di noi osi parlare, forse per non spezzare l'intesa sacralità che sembra pulsarci attorno o forse perché ci sentiamo tutti osservati da occhi invisibili.

Anche Didì rinuncia a lamentarsi della sua pelle d'orso. Anzi, inizia a stringerla con forza perché il gelo diventa umidità.

Non so dire quanto tempo passi, ma d'un tratto il sentiero s'inerpica su una montagna abbastanza ripida e prosegue scavando i suoi fianchi di pietra, portandoci sempre più in alto.

Ripenso a come erano addormentati i miei sensi nel Mondo Bipolare e mi stupisco del mio corpo.

Le gambe non cedono e il mio fiato non sembra intenzionato a rompersi. Anzi, mi sento pervasa da una nuova energia. È come se il paesaggio fosse diventato parte di me, come se non avessi più confini, come se ogni soffio di vento mi donasse solo un nuovo respiro.

La nostra strada termina in uno spiazzo, circondato da uno scenario che stavolta mi rende difficile trattenere lo stupore.

Davanti a noi si estende una distesa di ghiaccio su cui si ergono un'infinità di alte torri di pietra grigia.

Ogni torre è senza porte né finestre, fatta eccezione per una sottile feritoia appena sotto il tetto appuntito di ciascuna struttura.

Ogni tetto termina con quella che pare essere una spada o una lancia (insomma, in ogni caso un'arma affilata che non ti piacerebbe trovarti nel corpo).

Sopra ciascuna torre arde un globo di luce bianca che emette un ronzio continuo, lasciando scappare di tanto in tanto qualche piccola scarica di elettricità.

Mi accorgo che ora è più difficile respirare, come se l'aria fosse rarefatta. Tutto è teso così al limite che fa quasi male.

È come se ogni cosa fosse stata studiata nei minimi particolari per essere resa inaccessibile, pronta per difendersi da un tremendo pericolo.

Ma di che pericolo si tratta?

«Che cosa sono?», chiedo tutto d'un fiato, ma a voce bassa. Ho la sensazione che se parlassi un po' più forte potrebbe esplodere tutto.

Il monsignore mi affianca, sollevando insieme a me lo sguardo verso le alte torri e i loro globi di luce scoppiettanti.

La voce di David è sempre diluita, lontana: «Queste sono le torri degli schizoidi»

«E che cosa sono quelle uova strapazzate e luminescenti lì sopra?», chiede Dalila con occhi stralunati.

«Sono i loro sogni», risponde Ambra, con voce un po' più alta per sovrastare il ronzio.

«Sogni?», chiedo, e automaticamente cerco gli occhi sbiaditi della ragazza scottandomi quando li trovo.

Lei in risposta si morde le labbra, poi risponde fissando le feritoie delle torri, come se potesse apparire qualcuno da un momento all'altro: «Quando nasci in un mondo che ha artigli così duri da lasciarti in fin di vita con un solo graffio, allora impari che l'unica arma che hai per sopravvivere è difenderti, diventare irraggiungibile, diventare così bravo a scappare da non farti mai trovare dove tutti ti vorrebbero»

«Quindi è questo quello che fanno? Si difendono?», dice la drag queen, lasciando che lo sguardo oscilli da un corpo di pietra all'altro, «Non che fosse migliore la modalità di difesa dei paranoici, ma questi mi sembrano un po' esageratelli! Mah! C'è però da dire che lo stile scenografico delle case è interessante! Sempre se si ha la vocazione di grigliare i visitatori con la scarica mortale di volt che ronza sopra il tetto!»

Ambra fa spallucce come se la situazione fosse per lei chiara e lineare. Poi aggiunge: «Se rinunci ad attraversare la realtà, a sentirla, a rischiare, al caldo contatto con gli altri, forse nulla ti scuote veramente fino in fondo, ma allo stesso tempo non permetti più a nulla di ferirti o distruggerti. Niente diventa più potente di te stesso»

«E il sogno sopra il tetto? Cosa significa?», torno a chiedere.

Stavolta la ragazza di carta accenna un sorriso, ma nelle nostre menti è la voce Giglio Cangiante a rispondere: «Se allontani la realtà perché è un luogo troppo spaventoso per crescere, cos'altro rimane se non nutrirti della fantasia, dei sogni, del ribollire interiore di immagini e visioni?»

Vedo Didì girarsi di scatto per fissare l'indiano con aria circospetta.

«Non c'è nessun modo per raggiungerli?», dico voltandomi verso il fantasma che stringe violentemente il suo libro di pelle. Sembra che le sue nocche siano ancora più pallide, ma dato il suo bagliore è quasi impossibile stabilirlo.

«Potresti abbracciare questa torre che li protegge fino a restare senza fiato», risponde David, «ma sentirebbero sempre e solo un debole richiamo. Può uscire un amore incontrollato da te. Tu puoi ritenerlo puro e pieno di buone intenzioni, ma per queste persone il tuo amore è solo una morsa che annienta»

Gli occhi grigi mi studiano. Sono quasi troppo grandi per il suo viso affilato e spento. È come se cercassero di capire dove voglio arrivare, ma neanche io lo so.

«Vuoi dire che sono diventati così freddi da non sentire più niente?», dico spaesata.

«Oh, io non ho mai detto questo. Guarda sotto i tuoi piedi», quando il monsignore pronuncia queste parole lo fisso interdetta per qualche secondo.

Sotto il terreno imbiancato e lo spesso strato di ghiaccio si vede ribollire della lava incandescente. Sì, sotto i nostri piedi ci sono dense onde arancioni di fuoco liquido.

«Nulla scompare», aggiunge in tono monocorde il fantasma, «Tutto si può sotterrare o trasformare, ma mai distruggere. Emozioni ne provano, solo che le tengono distanti da loro, intrappolate sotto questo ghiaccio»

Improvvisamente non mi sento più così al sicuro e una grande paura mi attanaglia lo stomaco.

«Non si può fare nulla per loro?», chiedo atterrita, quasi tremando.

«Questo solo loro possono saperlo. Solo loro possono deciderlo. Però bisogna stare attenti, perché a volte la nostra buona volontà rischia di diventare prepotenza», le parole del ragazzo staccano qualche pezzo dalle pareti interne del mio corpo.

Dalila abbassa lo sguardo borbottando qualcosa tra sé. Il respiro di Giglio Cangiante si condensa in piccole nuvolette, mentre il suo lupo si scrolla di dosso un po' di neve.

Per la prima volta rifletto su qualcosa che inizia a delinearsi con prepotenza.

Forse in passato, se in una di queste torri ci fosse stato qualcuno che amavo, avrei reagito gridando con rabbia, abbracciando con forza la pietra. Non mi sarei arresa. Avrei insistito, pensando arrogantemente che sommergere l'altro con il mio amore avrebbe reso le cose diverse, o meglio... come le volevo io.

Forse l'altro avrebbe continuato a ripetermi parole per me inconcepibili, perché io non sentivo in quel modo, per questo non le avrei ritenute reali.

E ora? Cosa avrei fatto con un grande amore chiuso in una torre?

La verità danza sempre davanti a noi in qualche modo nascosto o meno. Spesso ci fa apparire meno belli o coraggiosi di quanto ci crediamo.

Forse siamo solo noi a dover cambiare, a capire che ogni persona ha il proprio destino e deve seguire la sua strada con coraggio e che noi dobbiamo fare lo stesso.

Ambra coglie per un secondo il mio sguardo, lo sostiene con una fierezza che poi si scioglie, per lasciar emergere una nudità limpida e bellissima: «È sempre la fragilità a diventare violenza.»


***


Guardo il fuoco liquido sotto i miei piedi mentre camminiamo tra le torri. Mi sento osservata, ma forse di nuovo è solo una mia sensazione.

Lo strato di ghiaccio pare tremendamente sottile, sempre sul punto di rompersi, eppure (non si sa come) proseguiamo miracolosamente, ma lo facciamo con cautela, trattenendo qualsiasi commento, come se le parole sbagliate potessero scheggiare questo scenario di calma apparente e scatenare l'inferno.

Il ghiaccio lascia lo spazio a qualcosa che somiglia a terra color porpora mista a fango (e ciò non sembra rallegrare Didì che piagnucola preoccupata per le sue scarpe).

Presto giungiamo ai piedi di una torre, alta come le altre.

Questa però non è di pietra. Sembra piuttosto fatta di calce dipinta di rosso scuro. Non ha neanche un tetto appuntito: è semplicemente piatta in cima. Il suo corpo, a differenza delle altre, è segnato da numerose feritoie (ma non sono buie, urlano tutte di luce gialla). E c'è un'altra cosa. Questa torre è l'unica ad avere una porta: un gigante portone di ferro battuto.

Solo quando le pesanti ante si aprono pigramente mi accorgo dei simboli incisi nei corpi di ferro. Somigliano a delle rune, ma c'è qualcosa di sbagliato in loro.

È in quel momento che penso di non ricordarmi neanche il nome del re da cui stiamo andando, né l'esatto motivo per cui siamo lì. La sottile nebbia del paesaggio sembra essere entrata di nuovo nella mia testa, confondendo tutto.

Inspiegabile a dirsi (come tante cose assurde in questa dimensione!), ma quando entriamo ci troviamo in un cortile interno. Non mi capacito di come una torre possa avere un cortile così ampio, ma si sa, gli spazi in questa dimensione sono tutti relativi!

Forse a quel punto mi avvicino d'istinto ad Ambra perché il nuovo scenario mi fa sentire come abbandonata in uno stormo di coltelli. E questo senso di stranezza deve recepirlo anche la ragazza di ossa, perché vedo le sue mani avvicinarsi decise al porta pugnali sotto al mantello.

La prima cosa che mi fa irrigidire è uno strano corteo di individui con indosso delle cappe bianche e una grande mano dipinta in prossimità dello stomaco (più che altro sembra fatta di terra, non di colore).

Le figure hanno i volti oscurati da grandi cappucci e inseguono a passo sostenuto un ragazzino che sta scappando da una nuvola di pugnali e frecce.

Ma la cosa insolita è che il ragazzo scappa suonando in modo spensierato un flauto.

Precisiamo: i pugnali e le frecce non sembrano comandati dallo strano corteo. Piuttosto pare che le armi, dotate di vita propria, inseguano il suonatore, mentre le figure bianche a loro volta rincorrono l'insieme di oggetti appuntiti.

Non capisco. Il corteo vuole proteggere il ragazzo o è solo un insieme di altri aguzzini?

La seconda cosa è che tutto ciò avviene in un silenzio inquietante, rotto dal suono di alcune enormi campane di vetro, appese agli alti muri rossi.

Ciò che mi lascia senza fiato è accorgermi che il battaglio delle campane somiglia a una mazza chiodata. Mi chiedo che senso abbia costruire delle campane di vetro e suonarle con quella che somiglia ad un'arma da guerra letale.

Ad ogni battere scandito le campane si riempiono di crepe e mi chiedo quanto altro tempo resisteranno prima di frantumarsi in mille pezzi.

Ma lo scenario è ulteriormente reso surreale dalla presenza di cinque pavoni color latte, che fanno la ruota uno dopo l'altro, in una fluida sincronia. Per un secondo mi ricordano i tasti di un pianoforte.

Gli uccelli emettono un acuto paupulio insieme a uno strano tintinnare. Mi accorgo infatti che ogni pavone ha legate al piumaggio tante piccole scodelline argentate in cui rimbalzano delle monete.

Tutto è permeato da una misteriosa religiosità ferita.

David non dice nulla nel vederci così spiazzati e sulla difensiva. Semplicemente abbandona qualche moneta nella scodella di un pavone che gli s'avvicina e poi ci fa cenno di seguirlo.

Solo allora mi chiedo come possa un fantasma tenere fisicamente un libro in mano e dove conservi quelle monete, ma sento al mio fianco Didì attraversata da un fremito di eccitazione. Vedo i suoi occhi illuminarsi alla vista dei pavoni. Che stia immaginando qualche possibile costume di scena o un cappello nuovo?

Quando sposto lo sguardo su Giglio Cangiante vedo che è da solo. Forse il suo lupo grigio non può entrare in luoghi del genere. Ma questo è un luogo sacro?

Solo alla fine incrocio lo sguardo di Ambra voltata verso di me. Gli occhi sbiaditi indagano il mio viso mentre mi scosto imbarazzata. Non mi ero accorta di essere riparata ancora dietro di lei.


***


Non so per quale motivo ma i passi di David risuonano scanditi nei nudi corridoi di pietra, anche se lui continua a galleggiare sospeso a mezz'aria.

Mi chiedo se il re (di cui non ricordo ancora il nome) ci riceverà in una regale stanza colma d'oro liquido, ma il fantasma dice che dobbiamo salire ancora (fino in cima alla torre) per trovarlo.

Per un momento mi chiedo se ci si possa fidare di David. È innegabile che questo posto, sotto la calma apparente, nasconda qualcosa di sinistro. Forse qualcosa che è divenuto sinistro dopo esser stato nascosto a lungo.

Nel percorrere tutti quegli scalini le uniche cose che incontriamo sono qualche porta di legno arcuata (con delle maniglie tonde di ferro) e delle armature. E parliamo di quelle armature che ci si aspetta di trovare in un castello antico, tranne per un particolare.

Tutte stringono spade affilate e un po' arrugginite, con un'impugnatura coperta di pietre, ma nel petto di questi uomini di latta c'è una finestra che mostra una stanza in miniatura.

In ognuna di queste si intravede la figura di un minuscolo bambino, coperto di fuliggine, intento a riempire con foga un piccolo forno con nuova legna.

È come se il compito di tutti questi bambini fosse alimentare il fuoco interno delle armature. Ma a volte qualcosa sembra andare storto, perché i grandi uomini di latta spengono subito la fiamma quando si fa troppo intensa.

Di nuovo mi pare di dover stare attenta, di dover fare piano. Mi sembra che tutto questo controllo che comprime l'intero distretto tenga a bada qualcosa di pericoloso e distruttivo.

«Da questa parte. Re Elmore vi attende», David nasconde le mani nelle maniche del suo vestito nero e ci indica con un cenno delle scale che si perdono nel soffitto. Dov'è finito il libro?

«Lei non viene?», Dalila si ferma a scrutare il ragazzo evanescente. I suoi occhi si riducono a due sottili fessure. Non sembra fidarsi neanche lei del monsignore.

«Non mi è permesso salire», risponde il fantasma con un'espressione che non riesco a decifrare. Ma improvvisamente il suo bagliore si fa più intenso, come se fosse impregnato da una sorta di nervosismo.

Giglio Cangiante ci fa strada senza indugiare neanche un secondo, seguito da Ambra che stavolta estrae un pugnale anche se lo tiene sotto il mantello. Mi accodo la bionda, mentre Didì chiude il seguito.

Nessuno di noi sa cosa aspettarsi. Un po' come accade sempre nella vita.


♥♥♥


News?

Carissimi Muffins!

Sono tornata! Non mi sono dimenticata di voi!

Sì, lo so! Lo so! «Ciscandra» è scomparsa per due mesi, sono imperdonabile! Ma mi spostavo dallo studio della psicoanalisi a pochi momenti di libertà (fusa con il pigiama a guardare serie tv in uno stato pietoso), quindi la scrittura è stata messa un po' da parte (e poi sapete che a me piace lasciar mantecare per bene le cose!).

Detto questo spargo un po' di cuori che fanno sempre bene all'anima:

♥ Prima di tutto ci tengo a ringraziare tantissimo LenkenRys (vi lascio il link nei commenti perché non mi lascia taggare -.-') , perché finalmente è entrato in questa dimensione anche il suo David! Sì, perdonami! Non uccidermi se te l'ho reso un monsignore (e non chiedermi perché ciò è accaduto, anche perché non lo so ahaha). Spero che ritrovarlo sia stato bello e di non avertelo rovinato! Quindi grazie per il tuo frammento e per aver partecipato alla «Scatola di Pandora»! Un abbraccione forte!

♥ Il nuovo aggiornamento si chiamerà «Il valtzer del cuore cattivo» e non dovrebbe tardare troppo ad arrivare! Prima di tutto perché venerdì mi tolgo il primo-famigerato esame (aiutooooo) e poi perché l'estate porta con sé (forse) un minimo di tempo libero in più!

♥ Come ultima cosa ci tengo a dirvi che il libro «Il tempo perduto» di Koira91 (Vi lascio i link nei commenti) sta per essere pubblicato, ma per questo ha bisogno di voi! Andate a sbirciare sul suo profilo! Ha una pagina Facebook e potete anche acquistare il libro! (Se non sapete cos'è «Il tempo perduto» correte subito a scoprirlo Muffins! È uno dei pochi libri che ho divorato qui su Wattpad!).

Vi mando un caro abbraccione e spero che stiate tutti bene.

Anzi! Fatemi sapere come state!

Un sorriso dalla torre dell'Asylum.


Cis.

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