Ciscandra - Personality Disor...

By Ciscandra

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E dopo il Mondo Bipolare? Dove conduce quella misteriosa porta sul nulla che Ciscandra ha appena aperto? Sei... More

♥ Avviso per tutti i Cannibal Rabbits ♥
1. Le persone che sei stata prima
2. Cocktail mostruosi
3. Lo smacchiatore
4. Erzsy
5. White Lily e la seduta
6. La Tigre del Cuore
7. Pugnali e autoreggenti
8. Ascolterai Mine Bruciate Rubando Amore
9. Un origami di carta sul baratro dell'incendio
10. Tu non mi hai spezzata
11. Pancakes rivelatori
12. Priscilla
13. Ho una voce. Ascoltami ruggire stanotte.
14. Il Distretto degli Istrionici
15. L'Indovina di Ferro
16. Diario di una cannibale
17. L'Imperatore Pallido
18. Sono una confessione che aspetta di essere ascoltata
19. Burattini, bugie e labbra di carta
21. Giglio Cangiante
22. Pietra dei Ladri
23. Il Distretto degli Schizoidi
24. Il valzer del cuore cattivo
25. Fili rossi e frullati alla fragola
26. Niní
27. La Foresta delle Allucinazioni
28. La Casa degli Specchi
29. L'Hotel degli Inutilizzati
30. Brian
31. Ciscandra amerà distruggerti. Resterai imprigionato crollando.
32. Le Stelle Fredde e il Disegnatore di Ombre
GRAZIE

20. Morso e la Regina dei Ratti

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By Ciscandra


Priscilla inchioda bruscamente. Dopo quello che sembra un momento di silenzio eterno, la voce di Zucchero risuona più acuta più del solito: «Credo ci sia qualcosa che dovreste vedere».

Alaska appoggia il mitra sul divano leopardato, poi si avvicina al sedile del guidatore. Tra i brandelli del vestito strappato le sue gambe appaiono magrissime.

«Bene», dice Adore, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa ad una vetrata. Espira nervosamente, come se sapesse già cosa ci aspetta.

Didì mi aiuta ad alzarmi. Le sue mani tremano un po', ma non dice nulla. Abbiamo passato un altro cancello di filo spinato. Gli spari assordanti e la pioggia di pallottole (accompagnate dalle sue urla stridule), sono ormai lontani. Forse per un po' di tempo ha finito la sua scorta di fiato.

Mentre mi avvicino al parabrezza di Priscilla, un fischio persistente mi assorda le orecchie, e devo tenermi ai sedili per non perdere l'equilibrio.

Poco a poco metto a fuoco due figure.

Sono un uomo e una donna, seduti su due sedie a rotelle. Non si può dire che siano delle sedie a rotelle qualsiasi: hanno ruote luminose come le insegne di un circo, e una lunga fila di palloncini sgonfi e pieni di polvere attaccati allo schienale.

L'uomo indossa una bizzarra tuta gialla, la donna una rosa. Entrambi hanno il viso oscurato da un cappuccio, su cui spuntano due orecchie di stoffa. Sembrano due cartoni animati inquietanti e un po' grotteschi.

Le lunghe orecchie gialle, incorniciano cadenti il viso ghignante e scarno dell'uomo, che arrotola una manica fino alla spalla, scoprendo il braccio magro e mal tatuato.

L'individuo ci rivolge un sorriso freddo, mentre la ragazza al suo fianco inizia a fare dei fischi acuti, intermezzati da borbottii, spingendosi avanti e indietro sulla sedia a rotelle, come se stesse giocando a radiocomandare una macchina futuristica.

Sembrano abbastanza innocui, se non fosse per il fatto che ognuno di loro ha un'arma appoggiata in grembo: un mitra colorato come un lecca-lecca.

Forse è quando li puntano verso di noi, facendoci segno di scendere, che le mie orecchie smettono di fischiare e inizio a sentire il tremore dei vetri, scossi dai bassi delle vibrazioni di una musica che viene dall'esterno.

La voce suadente di Alaska mi giunge ancora ovattata: «Be' biscottini, benvenute nel Distretto degli Antisociali.»


***


Scendere da Priscilla è strano. Non solo per la musica che mi esplode nelle orecchie (a metà tra il rap e l'elettronica, in cui sembra cantare una bambina), ma anche perché l'aria è calda e non riesco a tenere gli occhi aperti. La luce è troppo forte, così cerco di farmi ombra con una mano.

Quando delle piccole macchie bianche smettono di vorticare nei miei occhi, vedo emergere in lontananza dei palazzi, alti e anneriti. Case, edifici, strade sembrano state bombardate da una guerra violenta o consumate da un enorme incendio. Ma quello che è ancora più curioso, è che anche il cielo sembra ferito: è crepato, come se fosse fatto di vetro e qualcuno si fosse divertito a lanciargli dei sassi contro.

Alcuni frammenti di cielo-vetro dondolano un po' pigramente. Sembrano non volersi staccare. In altri punti, dove i pezzi si sono schiantati a terra, si intravedono piccole lampadine elettriche, alcune fulminate, altre debolmente accese.

È come se l'intero luogo fosse finto (con questo non intendo dire che gli altri scenari fossero più reali), ma qui si ha la sensazione che tutto sia coperto da semplice carta da parati pronta da strappare.

Ma forse non è questo il momento di stare a guardare il cielo, perché le due strane figure ci raggiungono sulle loro sedie cigolanti (con una lentezza notevole), lasciando un grande stereo davanti al cofano graffiato di Priscilla.

Uno dei due si blocca d'improvviso: un palloncino si è incastrato nei raggi della sedia della piccola ragazza, che lancia un urlo acuto (davvero poco umano) e si stringe con rabbia il cappuccio rosa sulla testa, prima di prendere a pugni i braccioli della sedia: «This fuckin' fuck fucked fucking...». Ma gridare contro il palloncino mezzo sgonfio non sembra efficace. Questo continua a bloccare i raggi, e mi sembra quasi di vedere un sorriso compiaciuto formarsi nella sua plastica rugosa.

«Well, well, well! We have new sweet pussy!», dice l'uomo nella tuta gialla, grattandosi il mento con la canna della sua arma, «Mi pare avessimo concordato che non mettevate più i vostri culetti profumati nel nostro territorio.»

«Be' Rimorso, invece siamo qui.», Alaska si fa avanti sui suoi trampoli di plastica anneriti, «Dobbiamo raggiungere il Distretto degli Schizoidi. Dicci il prezzo»

Mentre la tensione cresce, trattengo il fiato e mi volto verso il gruppo. Sembriamo un'eccentrica famiglia in vacanza, dirottata verso l'inferno. Didì ricambia il mio sguardo. Stavolta anche il mento le trema, e mentre si morde le labbra, vedo Adore che stringe con forza le mani di Ebonie e del piccolo re.

«Ah-a! Hai sentito Colpa? Le checche pensano che stavolta le lasceremo andare!», l'uomo si mette a ridere (quasi controvoglia), voltandosi verso la compagna, che pare un folletto dai grandi occhi confusi.

Picasso, nelle braccia di Zucchero al mio fianco, inizia a piangere. Solo in quel momento realizzo che Ambra non è con noi.

«The night the ratsss come out to plaaaay!», cantilena la piccola figura, spingendo la sedia a rotelle vicino al compagno.

«Rimorso, andiamo. Ci sarà pur qualcosa che vuoi!», ritenta Alaska. Stavolta c'è una piccola incrinatura nella sua voce.

«Oh, ho già quello che volevo muthafucka!», esulta Rimorso, allargando le braccia e mostrando il suo sorriso spento di denti perfettamente limati.

Al suo fianco la piccola ragazza aliena accende un grande rotolo di carta (con un odore nauseante) e aspira profondamente.

Rimorso si volta ridendo (sempre forzatamente) verso Colpa, e dopo averle strappato di mano l'enorme "sigaretta", i due iniziano a cantare quella che pare una ninnananna, facendo ondeggiare le orecchie di stoffa da un lato all'altro, insieme al capo.

Ma Picasso inizia di nuovo a piangere. Le sue grida si fanno sempre più acute.

«Slut! Tieni zitto quel cazzo di bambino!», ora lo strano cartone animato pare molto incazzato, ma mi accade qualcosa di inspiegabile.

Vedere la tuta buffa che indossa, l'atteggiamento da duro in contrasto con le orecchie afflosciate intorno al volto... mi scatenano una piccola risata che subito viene soffocata dal palmo della mia mano.

Sono sul sottile confine tra ilarità e incubo grottesco. Non capisco cosa stia accadendo, anche se dentro qualcosa mi dice che è meglio non scherzare con questi due giocattoli rottamati... ma non riesco a fare a meno di sorridere.

Forse è incredulità, forse è nervosismo.

Qualsiasi cosa sia Rimorso non pare apprezzarla, perché diventa livido di rabbia e mi punta contro il suo mitra giallo: «What the fuck are you doing! Pensi stia scherzando stronza? I'm a fuckin' gansta stupid bitch!»

«Rimorso!», protesta in un gridolino fastidioso la ragazza, «Quello è il nostro motto! Dobbiamo dirlo insieme! Perché fai sempre tutto di testa tua!»

Poi stizzita, non avendo attenzione dal compagno, spara un colpo a uno dei palloncini sulla sua sedia. Il pianto di Picasso si fa disperato.

«Che cazzo fai Colpa! Sei pazza! Potevi uccidermi cazzo!», grida Rimorso. Le orecchie gialle, rimbalzano su e giù, sopra il viso contorto in una smorfia.

«Ti odio Rimorso», la ragazza inizia a piangere, singhiozza in modo sommesso, ma lo fa in un modo estremamente finto. Poi si asciuga il volto asciutto con le maniche della tuta.

«Ti odio anche io Colpa», dice in tono più dolce l'uomo, cercando di accarezzare con l'estremità dell'arma la guancia della sua compagna. «Lo facciamo insieme, d'accordo?»

La piccola ragazza annuisce, poi ci guarda sorridendo, con una tenerezza che è quasi velenosa. Un dente d'oro spunta nella sua dentatura perfetta: «Until death bitch!»

Quando entrambi caricano i mitra-caramella e ci fanno segno di iniziare a camminare, Picasso ammutolisce, quasi i polmoni si fossero bruciati con tutte quelle grida.

Nel silenzio assordante, sollevo lo sguardo verso gli alti palazzi anneriti, e solo una domanda mi bombarda il cuore: che fine ha fatto Ambra?


***


Percorriamo una stradina asfaltata che si snoda nel deserto nudo fino al complesso di palazzi bruciati.

Per tutto il tragitto Rimorso spinge la carrozzina a scatti, perché si allunga verso dei fiori che rompono l'asfalto con fierezza, e li estirpa come se fossero erbacce.

Mi chiedo come sia possibile che nascano così tanti fiori su quella strada incatramata. Ma sopratutto, vedendo il divertimento con cui li spezza, mi viene da pensare che distruggere la tenerezza sia uno strano hobby.

La strada finisce sull'entrata di un palazzo cadente e annerito (senza il tetto), il più alto di tutta quella carneficina di cemento.

«Da qui in poi entrate soli», dice Rimorso, tenendoci l'arma puntata contro, ma vedendo che nessuno di noi si muove, agita il mitra infiammandosi e sbotta: «Dai! Andate cazzo!»

Colpa si appoggia allo schienale della sedia buttando la testa indietro, e sbuffa come una bambina annoiata.

«Andare dove?», dice Adore.

La porta dell'entrata è stata scardinata e davanti a noi c'è solo il buio.

«Avanti cazzo! Andate avanti!», Rimorso carica l'arma, mentre Colpa ci punta il mitra addosso e chiude un occhio facendo finta di spararci: «Bang!»

Quando arretriamo con uno scatto, il piccolo elfo rosa scoppia in una risata che mi ricorda quasi Agata. E alla fine, quando mi guarda, è come se raccogliesse dentro di me qualcosa di molto intimo.

Sobbalzo quando Didì mi prende per mano e mi trascina verso l'entrata. Un po' mi stupisce accorgermi che già tutto il gruppo davanti a me è completamente scomparso, inghiottito dalla soglia.

Fisso la drag queen scura in volto. Vorrei chiederle dov'è Ambra, ma forse si è nascosta per aiutarci e non voglio smascherarla. Anche se un po' ho paura che sia in pericolo, cerco di rassicurarmi con il fatto che quella ragazza è come un gatto selvatico, ed estrae i pugnali praticamente a ogni rumore.

Colpa e Rimorso ora bisticciano animatamente, gesticolando con i loro mitra-caramella.

Perplessa e confusa, mi lascio alle spalle i due cartoni animati, non capendo ancora se in quel grottesco costume ci siano due persone davvero pericolose.


***


Non molto tempo dopo sbuchiamo in una grande sala, dall'aspetto fatiscente. Dal soffitto crollato si riesce a scorgere il cielo di vetro, e qualche lampadina scoperta che emette una forte luce aliena. Ma non è questo a inquietarmi.

Mi accorgo che siamo all'interno di un cerchio, delimitato da alcune tessere da domino a grandezza umana, ordinate in un equilibrio precario: sono bianche e scintillanti, come denti affamati.

Una sedia vuota, con delle gambe lunghissime (almeno tre metri), occupa il centro del cerchio, ed è affiancata da due bidoni di latta in cui ardono alte fiamme di fuoco giallo.

Quando alzo lo sguardo, noto che ci sono delle sedie rotte, che dondolano in aria come strane cavie (sì, so che è strano dato che non c'è il tetto, infatti non capisco a cosa siano attaccate le catene che le sostengono, perché si perdono nella luce del soffitto).

Un rumore metallico, di qualcosa che cade a terra, attira la mia attenzione. Una voce bisbiglia, un'altra impreca sottovoce, e un secondo dopo Colpa sbuca tra due tessere da domino, sgattaiolando silenziosamente fino alla sedia (quasi come se non volesse essere vista). Poi si arrampica con fatica (è bassa e magrissima, ma indubbiamente portare il mitra-caramellato con sé non è un'impresa facile).

Arrivata in cima, sdraia l'arma davanti a sé e poi si mette nella posizione del loto, come se volesse meditare.

Ha cambiato vestiti. Ora indossa un bikini chiaro e una sciarpa di pelo bianco attorno al collo, su cui ricadono i capelli decolorati. La frangetta dal taglio geometrico sovrasta due enormi occhi neri senza sclera, spalancati con forza (inutile dire che indietreggio d'istinto).

«I'm the Queen of Ratsss!», scandisce il folletto dalla voce acuta, insistendo sulla ‹s› che alla fine viene pronunciata quasi come una ‹z›. È come se avesse un piccolo fischietto tra le labbra. «Voi chi siete?»

Spaesati ci guardiamo tra di noi e alla fine Didì fa spallucce, scuotendo la testa. Si vede palesemente che è Colpa, certo con un travestimento differente, ma è sempre lei! Per quale motivo sta fingendo di essere qualcun altro? Pensa che basti indossare un altro vestito per sembrare una persona differente?

Il piccolo elfo androgino si imbroncia per qualche secondo. Grattandosi il mento (noto ora che ha dei lunghissimi artigli bianchi), resta sporca di qualcosa che pare fuliggine. Poi le sopracciglia ossigenate si distendono, e spalanca i palmi delle mani verso di noi.

Arretro spaventata, quando vedo che dalle bianche manine ci scrutano curiosi due occhi. Le pupille disegnate rimbalzano veloci da un lato all'altro della stanza.

«Vediamo, vediamo, vediamo!», dice la vocina acuta, «Chi di voi si sente più in colpa?»

D'un tratto mi sembra di vedere la sciarpa di pelo, attorno al collo del fumetto, vibrare per qualche secondo. Ma presto mi accorgo che in realtà non è un'illusione! La sciarpa si muove, perché è fatta di tanti piccoli topini bianchi, che si riversano come una cascata sul suo corpo, scendendo le lunghe gambe della sedia e raggiungendo il pavimento velocemente.

Un solo ratto resta sulla sua spalla destra.

«Tu! Ragazza dai capelli ridicolmente lunghi! Fatti avanti!», dice la figura con un urlo che graffia.

Senza essere stupita (perché ormai ho capito che, per qualche strano motivo, ogni personaggio di questo mondo pare conoscermi), avanzo di un passo, mentre il gruppo dietro di me si fa ancora più silenzioso.

Per qualche momento si sente solo il rumore del fuoco che scoppietta nei due bidoni ai lati dell'altissima sedia.

«I miei occhi mi hanno detto che tu provi più sensi di colpa di tutto il tuo volgare gruppetto messo insieme», gli occhi neri della Regina dei Ratti sono fissi nel vuoto, come se fosse cieca, mentre i disegni sulle sue mani mi esaminano duramente senza distogliere lo sguardo.

«Dimmi, chi è il più umano tra di voi?», chiede Colpa.

«Il più umano?», mormoro senza capire. Inizio a provare una strana morsa allo stomaco.

«Sì, il più puro d'intenti, il più buono. Chi è?», l'eterna fanciulla con il viso sporco di cenere resta immobile. Solo il ratto sulle sue spalle emette uno squittio di assenso.

«Io, non saprei», borbotto confusa. Non capisco dove voglia andare a parare.

«Ci serve nuovo concime per il nostro campo, e ho pensato che se ti sentivi così in colpa per questa persona, non poteva che essere perché lei è buona e tu hai fatto qualcosa di terribile! Ma lei ha qualcosa che non va! È come quel tipo che un ragazzo ci ha mollato tempo fa! Non è completa!», dice la figura etera corrugando le sopracciglia ossigenate.

Non capisco una sola parola di quello che dice, ma inizio a sentire un sapore acido in fondo alla gola.

«Mah! Forse non è così che funziona il senso di colpa», borbotta poi tra sé pensierosa.

Allibita e confusa, mi prendo le mani gelate (ho perso sensibilità nelle dita), e poi mi volto verso il gruppo, tornando indietro.

Vedo Zucchero accarezzare la testa di Picasso che ora miracolosamente dorme. Didì con il viso contratto nel suo trucco perfetto. Alaska immobile e glaciale, vicino a Ebonie, che sembra quasi avere la sua stessa espressione dietro le lenti geometriche, e il piccolo Re, attaccato a una gamba di Adore. Dà quasi l'impressione di essere un bambino normale.

«Ehi! Mica ti ho detto di muoverti!», la vocina si fa sempre più stridula, così mi volto di scatto, osservando il piccolo elfo che ha raccolto il mitra-caramella e ora lo punta verso di me. «Torna dov'eri!»

Non voglio mettere alla prova le sue parole così avanzo di nuovo, mentre un movimento sulla sinistra coglie la mia attenzione.

Dall'oscurità emerge Rimorso, che oltrepassa lo spazio tra due tessere da domino e entra nel cerchio. Ma il mio cuore smette di battere perché non è solo.


♥♥♥

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