Ciscandra - Personality Disor...

By Ciscandra

7K 1.1K 448

E dopo il Mondo Bipolare? Dove conduce quella misteriosa porta sul nulla che Ciscandra ha appena aperto? Sei... More

♥ Avviso per tutti i Cannibal Rabbits ♥
1. Le persone che sei stata prima
2. Cocktail mostruosi
3. Lo smacchiatore
4. Erzsy
5. White Lily e la seduta
6. La Tigre del Cuore
7. Pugnali e autoreggenti
8. Ascolterai Mine Bruciate Rubando Amore
9. Un origami di carta sul baratro dell'incendio
11. Pancakes rivelatori
12. Priscilla
13. Ho una voce. Ascoltami ruggire stanotte.
14. Il Distretto degli Istrionici
15. L'Indovina di Ferro
16. Diario di una cannibale
17. L'Imperatore Pallido
18. Sono una confessione che aspetta di essere ascoltata
19. Burattini, bugie e labbra di carta
20. Morso e la Regina dei Ratti
21. Giglio Cangiante
22. Pietra dei Ladri
23. Il Distretto degli Schizoidi
24. Il valzer del cuore cattivo
25. Fili rossi e frullati alla fragola
26. Niní
27. La Foresta delle Allucinazioni
28. La Casa degli Specchi
29. L'Hotel degli Inutilizzati
30. Brian
31. Ciscandra amerà distruggerti. Resterai imprigionato crollando.
32. Le Stelle Fredde e il Disegnatore di Ombre
GRAZIE

10. Tu non mi hai spezzata

167 31 3
By Ciscandra


Ambra si rannicchia sul letto matrimoniale, abbracciandosi le ginocchia.

Vista così sembra ancora più piccola, e per un momento, mi chiedo come siano i suoi occhi senza tutto quel trucco addosso. Le ossa delle sue spalle sporgono pronunciate dalla pelle chiara, che sembra tesa al limite, pronta a lacerarsi.

Ascolto per qualche secondo il battito del sangue pulsare nelle mie orecchie, prima di riporre sul comodino la lettera, senza dire una parola.

Quando mi volto, lei è sempre lì, con lo sguardo perso verso le pareti di carta, come se potesse cogliere qualcosa di invisibile al mio sguardo.

Prendo posto accanto a lei, con la zip del vestito ancora aperta sulla schiena.

«Brian...», dico con fatica, scoprendo che la mia gola è tremendamente secca.

Ambra alza lo sguardo.

Nei suoi lineamenti scavati riscopro una dolcezza che non avevo notato prima. Una dolcezza di quelle che scava senza pietà, per riempirti di cicatrici, nonostante il coraggio di vivere fino in fondo e sentire.

«Perché se n'è andato?», stavolta la mia voce non trema.

I grandi occhi azzurri, violati di nero pesante e lucido, mi raggiungono densi. In quel momento sono sicura di fissare Dio nel cuore.

«La nostra non è mai stata la migliore delle convivenze... sai, tra fratelli», dice lei, facendo un gesto in aria con la mano, e prendendosi poi una ciocca bionda di capelli tra le dita, per esaminarla da vicino.

Raccolgo le mie mani una nell'altra, e le appoggio in grembo, fissando i profondi solchi che mi segnano i palmi.

Sento Ambra studiarmi per qualche secondo dietro alla sua barriera di capelli chilometrici.

«Diciamo pure che all'inizio mi odiava», dice aggrottando le sopracciglia, come se cercasse le parole giuste, «Con il tempo pensavo si fosse arreso al fatto che fossi vera. Ma erano tanti i momenti in cui continuava a dirmi che io non esistevo, che non ero niente senza di lui, che ero solo nella sua testa»

La ragazza fa scivolare le mani fino ai piedi, rannicchiandosi ancora di più.

«A volte questa cosa della mia esistenza lo faceva uscire di testa. Diventava incontrollabile. Ma quando stava così io non riuscivo proprio a gridargli contro», dice poi, grattandosi un sopracciglio e sorridendo forzatamente, per poi avvicinare una gamba alla bocca e lasciare un morso sul suo ginocchio.

«Sarei capace di dare fuoco al mondo intero per Brian, ma io non sono come lui. Non ce la faccio a fargli del male. Non ce la faccio ad avvelenare gli altri con tutta la rabbia che provo. Non so se sia giusto o sbagliato. A volte custodisco il dolore, a volte ho bisogno di dipingere il mio corpo di ferite, ma non arrivo mai a farlo uscire»

I miei occhi vacillano e premo le labbra tra di loro, perché qualcosa dentro di me è pronto a spezzarsi, e sento che potrei perfino riempirmi di lacrime.

«Solo che l'ultima volta è andato davvero tutto a puttane. Per dimostrarmi che poteva benissimo farcela senza di me, e che non ero reale, ha spaccato un lucchetto di uno dei cassetti rossi. E io... io sono svanita per un po' credo. Quando mi sono svegliata lui non c'era più»

Ambra macchia di parole la stanza di carta, e per tutto il tempo non mi guarda negli occhi neanche un momento. A volte si stringe i polsi, a volte passa le unghie sulle calze a rete, altre volte ancora, porta la chioma di capelli bianchi sul petto.

Apro la bocca a vuoto per un po' prima di riuscire a parlare: «Cosa significa che sei svanita? Cosa c'è nei cassetti rossi?»

Solo allora Ambra solleva lo sguardo, studiandomi con un'espressione quasi intenerita. Sorride e, per un secondo, vedo una luce scura albeggiare nelle sue iridi.

«Vedi, io sono nata dal suo dolore. Ma il dolore non puoi cancellarlo o inscatolarlo. Per quanto tu possa condividerlo, ti rimane dentro, sempre, come un marchio a fuoco. Forse impari a conviverci, anche se ci sono cose con cui non si può convivere facilmente», dice, facendo spallucce con un'espressione immobile.

«Io sono nata per difenderlo, per amarlo, e so che mi ama... ma so anche che gli ricordo cose della vita che avevamo, che lui non vorrebbe sapere. È per questo mi teme tanto. Ma non si temono forse di più proprio le persone che si amano?»

La sua voce bassa trema sulle mie braccia e tutto in me diventa spaventosamente silenzioso.

«Che cosa significa che sei nata dal suo dolore?», chiedo abbracciandomi.

Lei tace per qualche secondo guardandosi intorno, poi si volta e dice: «Vieni con me, ti mostro una cosa»


***


Anche le pareti del lungo corridoio che attraversiamo sono rivestite interamente di cassetti. Per un attimo rallento il passo e li studio più da vicino. Sono cassetti di legno anonimi, ricoperti da una spessa tintura opaca che pare acrilico. Cerco di individuarne qualcuno di aperto, ma stavolta sono tutti chiusi, compresi quelli neri.

Quando cerco Ambra con lo sguardo, vedo che è scomparsa, così mi affretto sul pavimento che scricchiola, oltrepassando numerose porte chiuse, ed è a questo punto che succede una cosa che non riesco a spiegarmi.

All'improvviso, non so come, scende velocemente una grande nebbia in tutta la casa, che invade ogni angolo e spegne ogni colore, avvolgendomi come un sospiro che rallenta.

In pochi secondi, mi ritrovo bloccata, incapace di distinguere cosa c'è appena due metri davanti a me.

Tutto ciò che prima aveva dei confini definiti, ora appare distorto e traslucido. I contorni degli oggetti (che appaiono più grandi) iniziano a sbiadire.

Un colpo risuona secco dietro di me, così stendo spaventata le mani in avanti e riprendo a camminare, un passo dopo l'altro, fino a ritrovarmi in un rettangolo fumoso di luce.

È una porta spalancata.

Nella stanza ritrovo Ambra. Un mucchio di televisori ammassati formano un muro ronzante alle sue spalle. Lei è seduta per terra a gambe incrociate e si sistema i capelli dietro la schiena. Poi si guarda le unghie rosicchiate, prima di stendere le gambe e buttare indietro il capo con una risata sinistra.

«Ambra?», chiedo dubbiosa, restando sulla soglia.

Lei si gira con uno scatto meccanico e mi fissa con occhi bianchi e ipnotici, facendo oscillare lentamente la testa da una parte all'altra. Un brivido mi ghiaccia la schiena, strozzandomi il fiato in gola.

Nello stesso momento qualcuno mi afferra per un polso, e io urlo come mai ho urlato in vita mia, mentre davanti a me degli occhi azzurri si spalancano in un trucco sfatto.

«Sono io! Calma!», mi dice Ambra, cercando di trattenere il mio panico.

Allibita, mentre la paura mi pervade con piccole e fredde scosse, continuo a passare lo sguardo dalla figura che cerca di tranquillizzarmi, a quella che se ne sta voltata con gli occhi lattiginosi verso di noi, davanti ai televisori pieni di fischi e puntini brulicanti.

«C-che cosa», balbetto in totale confusione.

«No, lascia stare. Lei non è me. È solo come mi sento a volte», ora riesco a mettere a fuoco i lineamenti scarni, ma non senza fatica. Vorrei chiedere che cavolo sta succedendo, ma non mi ricordo più come emettere un suono.

Ambra aspetta qualche secondo prima di prendere la mia mano saldamente e trascinarmi nella stanza lì accanto.

Quando entriamo nella nuova camera, il mio battito ci mette un po' prima di calmarsi. Stavolta le pareti che ci circondano sono totalmente nude e tinte di un verde sbiadito, pieno di crepe.

Sulle assi dismesse di legno, coperte di polvere e schegge di vetro, fioriscono alcune impronte di scarpe diverse.

Qui e là sono abbandonati senza un nesso preciso diversi oggetti: un tavolo di vetro scheggiato con sopra uno dei cassetti blu, un cavallino a dondolo con le briglie rosse, delle grandi foto con i volti cancellati, un piatto giallo piccolissimo (forse di una tazzina da caffè), una vecchia sedia con la seduta di paglia rotta, una lampada allungata e un grande armadio di legno massiccio.

La ragazza abbandona la mia mano nel centro della stanza, lasciandomi davanti a questa distesa di oggetti, che sembrano frammenti di uno specchio pronti per essere riuniti.

Mentre io osservo i percorsi di polvere, creati dalle impronte, verso ognuna di queste cose, Ambra si avvicina al tavolo, estraendo dal cassetto blu una piccola sfera di vetro vuota.

Inutile dire che sobbalzo quando la scaglia contro una delle pareti spoglie.

Il suono delle mille schegge esplode, rimbombando nella stanza.

Nell'istante successivo, sul muro stinto e pieno di spaccature nere, prende forma un'immagine, come in un'inquietante proiezione cinematografica.

Vedo un bambino, sta piangendo disperato, seduto a terra. Alle sue spalle una parete di televisori accatastati e ronzanti (come quelli dietro alla sosia di Ambra) illuminano la stanza.

Il bambino piange perché ha paura. Ha paura perché è intento a strappare con rabbia un pupazzo in mille pezzi, e inspiegabilmente, da ogni frammento lacerato, si forma un'altra copia di quel pupazzo che odia tanto. Così alla fine, lui si ritrova circondato da una montagna di marionette ghignanti e dagli occhi vuoti.

Quando l'immagine svanisce lentamente, lascia sulla parete una macchia simile a della vernice fresca. È in quel momento che mi chiedo dove sia Dalila e perché ci stia mettendo tanto a cambiarsi.

Non so davvero come affrontare tutto questo.

Ambra, in cui prima avevo trovato del calore, ora si avvicina e torna a sembrarmi un'estranea. Un moto di terrore mi fa arretrare di qualche passo, ma lei non sembra risentita, o almeno, se lo è lo nasconde benissimo.

«Io non capisco», dico solo.

«Ecco», dice la bionda, avanzando di qualche passo, «Brian ha...», si morde le labbra, «Brian ha tanti strappi... e io... io sono nata da uno di quegli strappi»

«Continuo a non capire», la mia voce esce meccanica, trattenuta a fatica dai denti che sembrano voler solo stridere.

«Hai presente Cassie, la mia vicina di casa? Ho sentito che tu e Ciglia Finte l'avete incontrata prima. Ecco, Cassie ha tanti strappi e tu prima hai conosciuto ognuno di loro», Ambra smette di parlare, dubbiosa se continuare a lanciarmi parole addosso.

«Le persone che hai visto fuori in realtà sono parti di una sola persona: Cassie», la ragazza scrolla appena le spalle, come se mi stesse rivelando la cosa più ovvia del mondo.

La tempie iniziano a pulsare calde. Mi sento mancare le forze, così decido di sedermi a terra, stordita. Una giostra di immagini mi vortica impazzita intorno. Troppe domande mi gonfiano la gola.

«Ma il Ricovero degli Alter Ego...», la voce mi svuota con grande fatica lo stomaco.

«No, è diverso. Quelli che hai incontrato nel Ricovero degli Alter Ego rappresentano dei lati di tutti gli esseri umani. Non so bene come spiegarlo, ma ognuno di noi contiene una parte che è un Conte assetato, un Frankenstein avido di tenerezza, una Contessa sanguinaria che rifiuta il passare del tempo. Tutti loro danno voce ad una nostra mostruosità che si vergogna di venire alla luce. Però qui a Dissociation è diverso...», dice Ambra, presa da un frenetico fiume di parole, spezzato poi da un grande silenzio che sembra quasi assordarmi.

«Anche tu puoi pensare a te stessa come ad un insieme di persone che lottano... solo che noi qui... ecco... noi qui fatichiamo a restare uniti», continua, cercando di capire come deve dosare le parole.

«Brian... lui... non è tuo fratello», dico piano, iniziando a capire.

Ambra mi si avvicina ancora. Si siede a terra di fronte a me, tirando le gambe verso il petto e lasciando le mani sotto le ginocchia. I suoi occhi azzurri guardano il soffitto e, per qualche secondo, vedo le sue iridi diventare lucide.

«Non lo so spiegare bene», dice poi, grattandosi il naso e guardandomi fisso con una strana smorfia, «Io sono nata in cinque secondi, come un fiore che accoltella. Non mi ricordo niente di quando ero piccola. So solo che sono nata in un freddo avvolgente, con il peso di una colpa che mi stringeva la gola e lo sporco sotto le unghie»

Di nuovo quella tiepida sensazione mi cinge.

Mi sento strana all'idea di parlare con il frammento di una persona che non conosco, e sento una leggera nausea iniziare ad agitarmi lo stomaco.

Non riesco a credere che tecnicamente lei non esista, che sia nata da una ferita.

Sto parlando con il dolore di un estraneo, ma non voglio trattarla come se non contasse abbastanza. Per me Ambra è una ragazza. Una ragazza bionda con i tacchi vertiginosi, che mi ha salvato da un'enorme tigre in una piscina vuota. Non è l'estensione irreale di qualcuno che ha abbandonato da tempo quella casa.

«I biglietti, la cartina... cosa significano?», chiedo, forse inopportunamente, ma voglio provare ad annullare quella distanza lacerante che dalla paura ho frapposto tra noi.

«Scrivere mi aiuta a non svanire, a ricordarmi di lui», dice Ambra, chinando appena il capo, «Ho bisogno di trovarlo, di parlargli, di ricordarmi che esisto. Ho cercato quasi in tutti i maledetti dintorni di questo buco di merda. Pensavo di trovarlo al Ricovero, ma...»

«Perché se n'è andato? Non può essere stato solo per un litigio», la interrompo, cercando una bugia nei suoi occhi che si sollevano, guardandomi limpidi e graffiati.

«No, non è stato solo il litigio. È stato quello che è uscito dal cassetto ad annientarlo», dice espirando forte e prendendosi il collo tra le mani.

Io tremo, mentre la ragazza mi guarda un po' dubbiosa prima di continuare: «Dicono che alcuni di noi, quando vedono in faccia il proprio dolore si perdano, fino a dimenticare completamente chi siano. Penso che quel giorno Brian abbia recuperato un ricordo che nessuno dei due doveva scoprire. Penso che sia scappato, e che il dolore che ha visto sia stato tale, da cancellargli il ricordo di chi è in realtà. Per questo ho bisogno di trovarlo. Ma non so dove sia andato, non so chi sia diventato»

Le sue parole mi tremano nelle ossa.

Lo smarrimento che divora Ambra, è la stessa voragine che spinge chiodi di domande arrugginite nella mia testa. È quello sconforto che grida, quando ti scopri con le mani bloccate, mentre il fuoco si prende tutto ciò che ami. Un fratello, una vita, un coraggio che viene demolito dalle cadute senza pietà.

Mi ritrovo a pensare a Samuel.

Ripercorro il suo nome nella mia mente, e scopro che i bordi di quelle lettere sono un po' sbiaditi e pieni di polvere, come le impronte che circondano me e Ambra su quel pavimento.

«La cartina contiene le strade che ho già percorso, i diversi itinerari che ho studiato... ma ci sono tanti quartieri in città in cui non sono andata. So che è assurdo, che potrebbe essere da qualsiasi parte, ma devo avvertirlo che l'Imperatore Pallido sa di noi, sa che il nostro tempo è scaduto»


♥ ♥ ♥

Continue Reading

You'll Also Like

7K 261 26
Roma, 2013 A fine estate Nick, uno Shadowhunter di città del Capo, parte per il suo anno all'estero. Ad aspettarlo a Roma ci sono Chiara Malatesta...
53.2K 3.2K 21
Questa la definisco poesia per tutti i Babbani Mondani Capitolini Seguaci della CATTIVO non semidei
498 73 25
Questa storia si tratta di due ragazzi che hanno bisogno di un amore e hanno bisogno l'un del'altro.
3K 190 16
Chat Harry Potter Classifica: #71 Whatsapp Aggiornamenti molto,molto,molto,molto lenti