La nave dei sogni

By Lice_and_catz

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Phan Kim non ha mai dimenticato la vacanza più bella di sempre, quando era bambina, su una delle navi da croc... More

Diritti d'autore
Dediche
Chiavi di lettura
Prologo: in cui si spiega come nasce un sogno
Parte prima
1: dove si affidano speranze e ci si imbarca
2: in cui ci sono una cabina extrasmall e una coinquilina oversize
3: in cui c'è un Atrio e si infrange qualche ricordo
4: dove si creano situazioni sgradite
5: in cui una nave salpa e l'avventura inizia
6: dove gli italiani si fanno riconoscere sempre
7: nel quale Kim scopre doti da modella
8: in cui ci sono bambini maleducati e viscidi superiori
9: dove galeotta fu Palma di Maiorca
10: in cui un frullato rovina una serata e un piatto di riso freddo la risolleva
11: nel quale c'è una festa e i presuntuosi vengono puniti
12: nel quale si vive l'ultima grande gioia
Parte seconda
13: in cui forse ci stanno facendo uno scherzo di cattivo gusto. O forse no
14: in cui cala la nebbia
15: in cui diciotto persone si ritrovano allo stesso tavolo
16: dove compare una piccola mano
17: nel quale c'è puzza di metano
18: in cui si gioca a rimpiattino
19: in cui c'è un armadio di ballerini
20: in cui si fa il punto della situazione e si sente nostalgia dell'università
Parte terza
21: dove una vecchia conoscenza si rifà viva
22: dove si tenta un depistaggio, ma non funziona un granché
23: nel quale si aggiusta qualcuno e si diventa coraggiosi
24: in cui una voce accarezza e si prende un Maalox
25: dove si diventa protagonisti di una ballata grazie al Vodou
26: in cui qualcuno va in pace e qualcuno si tormenta
27: nel quale si sottovaluta l'essere anziani
28: dove qualcuno impazzisce e un vetro ferisce
29: nel quale cala il sipario su una scena di mercato
Parte quarta
30: in cui quattro corpi sinceri dialogano
31: in cui si viene messi alla prova dalla vita
32: dove ci sono Schrödinger, Coleridge e la disidratazione
33: dove si intrecciano capelli e qualcosa prende vita
34: nel quale si ritrova la bellezza
35: in cui un Albatros viene ucciso
37: nel quale si viene letti come un libro aperto
38: dove Kim picchia duro
39: nel quale si costruiscono ordigni e ci si improvvisa ladri
40: in cui si protegge ciò che si ama
41: dove qualcuno si professa debitore
Parte quinta
42: in cui c'è odore di temporale
43: nel quale si augura una buona vita
44: dove si vive un dejá vu
Epilogo: in cui si spiega come si realizza un sogno
Ringraziamenti
Extra: in cui ci si dice solo arrivederci

36: nel quale si decide di giocare a un gioco

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By Lice_and_catz

Forse avrebbero dovuto immaginarlo. Forse avrebbero dovuto ricordarsi delle parole di Deirdre, considerare ogni sillaba spesa da quella bambina. Forse... quante cose, Kim se ne rese conto dolorosamente, non avevano ricevuto la giusta considerazione. Probabilmente non sarebbe cambiato nulla, ma la consapevolezza avrebbe fatto meno male.

In lontananza, ma non troppo, c'era un'isola.

Una piccola isola grigia e nera, probabilmente a forma di ferro di cavallo. Aveva un aspetto roccioso, con coste massicce e scure, da cui si alzavano alti camini eruttanti vapori, lapilli e cenere, come in una di quelle fotografie storiche dell'affollata Londra ottocentesca, piena di comignoli e inquinamento. La Emerald stava puntando proprio verso di lei, muovendosi lenta ma inesorabile in direzione di una baia. Kim non comprese subito cosa fossero le strane costruzioni collocate sulla stretta lingua di terra dell'insenatura. Pensò fossero scogli o faraglioni aguzzi.

"Sono navi" bisbigliò invece Jozefien. Immediatamente il contorno di quelle figure assunse un significato e Kim poté individuare lo scheletro, ligneo e marcio, di un paio di grandi vascelli, la chiglia di una enorme nave a vapore e chissà quanti resti di altri navi, più simili a ossa ormai rese grigie dall'espettorato delle fumarole circostanti, erano sparsi per tutta la spiaggia di roccia vulcanica.

Improvvisamente era divenuto chiaro a tutti che fine sarebbe toccata alla nave da crociera: in fondo non era più tanto difficile immaginarlo.

"Siamo cibo d'asporto, cazzo" udì Kim, probabilmente dalla bocca di Kerli. Non si era accorta che coloro che erano rientrati dalla porta prima che i serpenti marini raccontassero la storia di Siva si erano fatti attorno a loro, tornando sul ponte esterno. Si guardò attorno e notò che lo sguardo di ognuno era puntato sulla schiena della non più tanto anziana – facendo rapidi calcoli, arrivò con orrore a capire che di anni ne doveva avere una cinquantina – donna indiana. Kim si chiese se anche loro avessero assistito a quel viaggio incredibile e doloroso di cui era stata testimone e la risposta le fu data dal viso di Jo, quando le rivolse un'occhiata: era rigato di lacrime, pallido e sconvolto. Ricambiò lo sguardo di Kim e lei non poté esimersi dallo stringersi al suo fianco, per consolarla e consolarsi.

"Io lo sapevo" bisbigliò Isidro, attirando l'attenzione delle due ragazze. Il suo viso era accartocciato in un'espressione di una sofferenza inaspettatamente feroce. Non disse altro, ma si mosse rapidamente. Lasciò il fianco dei suoi compagni e prima a passi veloci poi in una vera corsetta, arrivò al fianco di Sivashangari, si gettò in ginocchio e le circondò le spalle con un braccio. Le loro teste si fecero vicine e Kim distolse lo sguardo, trovando intollerabile partecipare a quel momento.

"Era lui" mormorò Jo, a bassa voce. "Il ragazzo filippino. Quello della prima crociera".

Kim annuì, anche lei aveva pensato la stessa cosa. Aveva già immaginato che Sid e Siva si conoscessero da molto tempo, ma non avrebbe mai creduto che la loro storia avesse avuto un'origine così terribile.

Sid sapeva di Meera, ne era certa. Chissà quante volte aveva parlato di lei a quel suo unico amico più grande, probabilmente già ammogliato e anche lui con figli. L'unica persona che avesse mai saputo del suo più grande amore. Kim non poteva esserne sicura, ma aveva la consapevolezza che da quel giorno fatale nel convento, quello in cui Siva aveva scoperto di non essere più madre per decisione di altri, la donna avesse smesso di parlare della sua bambina. Nessuna persona, nessun conoscente, nessun amico arrivato in seguito aveva saputo la verità. Solo Sid ne era sempre stato cosciente, ma anche lui aveva sepolto il segreto in una tomba di silenzio, per suo rispetto.

Ora, però, il segreto era stato condiviso. Ogni pezzo tornava al suo posto, nel grande puzzle che Kim aveva tentato di costruire fin da quando la nave si era trovata affondata nella nebbia. Aveva sistemato il pezzo sbagliato, tentando di comporre la figura dell'Albatros: On era solo una conseguenza, non la causa. La causa era davanti a loro e piangeva tutto il suo dolore con il viso affondato nelle mani, mentre il suo vecchio amico tentava di consolarla.

Kim provò a immaginare il dolore che aveva colto Sivashangari quando anche On, la sua seconda figlia, le era stata portata via. Ricordò le sue parole, quello che aveva detto della morte. Le tornò in mente la figura dell'uomo crocefisso di cui Siva aveva avuto così tanta paura nella chiesa delle Mary. Ogni cosa, ogni singola cosa, era collegata.

"Cosa facciamo ora?" domandò a Jo. "Perché i serpenti marini ci hanno mostrato tutto questo? È un modo per dirci che dobbiamo cercare Meera oppure...".

"Ci hanno mostrato solo perché ora dobbiamo morire" la interruppe Delia. Kim si voltò e la trovò a un paio di passi di distanza da loro, le braccia incrociate sul seno e un'espressione granitica. A quanto pare anche lei era stata spettatrice della tragedia di Siva, eppure sul suo volto non c'era alcun particolare sentimento. Rex, invece, doveva aver versato una quota considerevole di lacrime perché, con l'aiuto di Anaïs, stava cercando dei fazzoletti d'emergenza.

"Dobbiamo irrompere nella cabina del capitano" esclamò Esteban, che era tornato sul ponte esterno e sembrava parecchio agitato. "Dobbiamo fermare questa stronza prima che arrivi là!".

"E come facciamo?" chiese Natalia, con voce stanca e arresa. Era accosciata al fianco di Kerli, con un viso stravolto dalla stanchezza. Forse, dietro quell'apparenza caustica, si nascondeva una persona fin troppo sensibile. "Pensi che i bambini possano permettercelo?".

"Non ci sono altri demoni. Quelli che c'erano sono morti" la rimbrottò il ballerino.

"Chi ti dice che a nuoto non ne stiano arrivando altri?" lo attaccò Kerli, per una volta d'accordo in parte con la sua nemica argentina. "Come pensi che siano arrivati fino a qui? Volando?".

Kim notò che una vena sulla fronte di Esteban aveva iniziato a pulsare pericolosamente, ma si disinteressò della cosa nel momento in cui notò un movimento sulla sua destra. Diede una sbirciata e vide il signor Fischer avvicinarsi a Delia. Riuscì a scorgere il cenno con cui la richiamò a sé, ma quando tentò di origliare la loro conversazione, scoprì con fastidio che parlavano a voce davvero troppo bassa. Kim cercò allora il signor Cornelis, ma lo vide distante dagli altri, in piedi, lo sguardo spento e perso lontano, verso l'oceano nero e quell'isola il cui odore iniziava a farsi captare nell'aria, in momenti alterni, quando il leggerissimo vento oceanico tirava verso di loro. Puzzava di zolfo, di metano, di gas velenosi. Faceva venire la nausea e girare la testa.

"Vado a prenderla" disse all'improvviso Jo, lasciando la mano della sua amica. Kim tornò a concentrarsi su di lei, ma Jozefien si era già avviata a grandi passi verso Siva e Sid. Fece per correrle dietro, ma non appena appoggiò il piede, la gamba ferita urlò e lei fu costretta a essere più cauta, zoppicando vistosamente. Arrivò che Jo era già all'opera, mentre aiutava Sid a rimettere in piedi Siva. La donna piangeva in modo così disperato, a singhiozzi serrati e acuti, che anche la gola di Kim si chiuse dalla tristezza, nonostante la preoccupazione per l'isola in avvicinamento.

"Andiamo, Siva" mormorò dolcemente Jo, abbracciandola e carezzandole i capelli come se ci fosse stata un'inversione di età improvvisa. "Ora devi essere forte. Dobbiamo pensare a On, te lo ricordi? Dobbiamo trovarla e farle sputare quella benedetta caramella".

"È colpa mia" soffiò Siva, senza neanche tentare di liberarsi della presa della ragazza, molto più alta. "Ho condannato tutti. Voi tutti".

"Sei una scusa" replicò Jo, con una fermezza che fece trasecolare Kim. "Solo una scusa. La colpa è di quelli che ti hanno fatto questo. La colpa non è mai delle vittime. Era una scusa che non fossi buona a fare la mamma perché dovevi lavorare lontano per mantenerti. È una scusa che tu ora sia l'Albatros. Non ci sarebbe mai stato un Albatros se non ti avessero fatto tutto questo. Però ora basta. Basta essere la scusa degli altri. Dobbiamo fermare la nave e trovare On".

"È troppo tardi" ribatté la donna, anche se si convinse a rimanere in piedi da sola. Sid le circondò le spalle non appena Jo smise di sostenerla e disse: "Non è mai troppo tardi. Siamo arrivati vivi fino a ora. Possiamo ancora farcela".

"Beh, dobbiamo farcela" chiarì Jo e sorrise. Kim guardò quel sorriso, che era sincero, e si chiese come potesse riuscirci. Certo, anche lei voleva vivere, ma le sembrava impossibile che sarebbero davvero riusciti a fermare la nave. Forse avrebbero dovuto cominciare a pensare alla possibilità di abbandonare la Emerald al suo destino, sonnambuli compresi. Se volevano sopravvivere, almeno loro, questa era l'unica chance, ora che la nebbia si era diradata.

Davanti a quel sorriso, Kim si sentì una bestia per averlo pensato. Avrebbe significato abbandonare qualcosa come cinquemila anime in pasto ai demoni dei vapori, per non parlare della frazione di minorenni che sarebbe andata a ingrossare le fila dei bambini zombie. Jozefien, con quel sorriso, non lo avrebbe di certo permesso. E Kim non avrebbe mai desiderato essere da meno.

"Torniamo di sotto" decretò Jozefien, dando un'occhiata all'oceano. I serpenti si erano dileguati, ma Kim non dubitava che fossero rimasti nelle vicinanze. La presenza di Siva li teneva legati a quella nave.

Piano piano tornarono dagli altri. Jo questa volta aiutò la sua amica.

"Mi dispiace per prima" ammise. "Mi ero dimenticata della tua gamba".

"Non importa" ribatté Kim, pur essendo segretamente contenta delle scuse. "Non fa poi così male".

"Isidro! Isidro!".

Esteban giunse da loro correndo, mentre erano a metà del percorso. Era sudato, arrabbiato e nervoso.

"Dobbiamo fare qualcosa. Al più presto. Dobbiamo prendere in mano la cabina di pilotaggio. Ma gli altri non sono convinti".

"Forse perché non è la via giusta, Esteban" rispose il filippino. "Abbiamo già visto cosa potrebbe succedere".

"Ma non abbiamo altra scelta!".

"Possiamo valutare altre opzioni".

"Cioè quali? Eh?".

"Forse il signor Fischer conosce un modo per bloccare i motori dai ponti bassi".

"No, è impossibile. I motori possono essere spenti solo dalla cabina del comandante, ne abbiamo già parlato. Dobbiamo prenderla d'assedio e fermarla. È l'unico modo".

Sid rimase in silenzio per quasi un minuto, pur continuando a camminare. Nessuno rispose al ragazzo cubano, che scalpitava al loro fianco. Quando finalmente la risposta si decise ad arrivare, non era quella che sicuramente si aspettava.

"E poi cosa facciamo, Esteban?" gli domandò calmo il signor Rabago.

"Beh, poi troviamo un modo per dirottarla verso l'Europa".

"E pensi che i bambini e i demoni ce lo permetteranno?".

"Beh" rispose Esteban, a denti stretti per la rabbia e la frustrazione di aver ottenuto l'ennesima risposta negativa. "Combatteremo".

"Ragazzo mio" rispose con gentilezza Sid, una vena di tenerezza nella voce, come se stesse parlando con un nipotino testardo, "Siamo una manciata di umani che tentano di sopravvivere contro terribili forze soprannaturali. Credi davvero che...".

"Io non credo niente!" sbottò il ballerino. "Io sto tentando di fare qualcosa! Perché voglio sopravvivere, cazzo! Voi state qui a discutere e a chiacchierare, ma state solo perdendo tempo! L'unico modo è combattere!".

"L'unico modo" si intromise all'improvviso Siva, alzando occhi truci ma ben vivi su Esteban, "È non farsi ammazzare. E tu, con la tua stupida sicurezza, è proprio ammazzato che finirai".

"Non basta bloccare la nave".

Kim alzò lo sguardo e non si stupì di incrociare di nuovo gli occhi chiari della combattiva croata. Delia aveva il vizio di comparire quando meno ce lo si sarebbe aspettato, sempre con quell'espressione indifferente e i modi spicci. Questa volta non aveva mani intrecciate sul seno, ma nella mano sinistra aveva un lungo coltello da cucina. Per un secondo Kim temette che avesse intenzione di ucciderli tutti quanti, ma Delia era molto calma e respirava lentamente, come se si stesse preparando mentalmente a qualcosa. Esteban si voltò verso di lei, notò il coltellaccio e aggrottò la fronte.

"A cosa serve quello?" domandò.

"Non basta bloccare la nave" ripeté la donna. "Siamo a una cinquantina di miglia dall'isola e stiamo viaggiando a circa cinque nodi. Ci stiamo avvicinando. Prima eravamo pure più lontani, ma i demoni non hanno avuto problemi a venire a prenderci. Lo faranno di nuovo, questa volta in massa. Dobbiamo contrattaccare".

Aveva catturato l'attenzione di tutti con quello strano discorso. Kim la guardò molto più attentamente di prima e si domandò se non avesse deciso di mettersi il coltello tra i denti, nuotare fino all'isola e sgozzare i demoni. Era esilarante come immagine, ma questo generò solo un moto di orrore nella ragazza.

"Come?" domandò Sid, guardingo.

Delia accennò un sorriso. Era la prima volta che Kim la vedeva mettere in mostra i denti e sperò che la cosa non si ripetesse. Delia era una di quelle persone incapaci di sorridere normalmente: il suo era stato un digrignar di denti, come un cane da combattimento.

"Giocando al loro stesso gioco". 

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