Il Tesoro del Mare

By SandraWillock

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Primavera, 1716. Dopo due anni trascorsi a Londra, separata dalla sua famiglia per terminare gli studi, Eveli... More

PROLOGO
CAPITOLO I
CAPITOLO II
CAPITOLO III
CAPITOLO IV
CAPITOLO V
CAPITOLO VI
CAPITOLO VII
CAPITOLO IX
CAPITOLO X
CAPITOLO XI
Dal diario di Delise Shelley
CAPITOLO XII
CAPITOLO XIII
CAPITOLO XIV
PUBBLICAZIONE CASA EDITRICE
Cover reveal
Uscita Il tesoro del mare!
Personaggi creati con l'AI

CAPITOLO VIII

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By SandraWillock

Quando fummo dinanzi ai miei alloggi, gli uomini bussarono con insistenza. Socchiusi gli occhi, completamente inondata di terrore. Mi fischiavano le orecchie. Era questo ciò che le persone provavano al punto di morte? Impotenza, confusione, incertezza, trepidazione...

Udii una voce femminile, smorzata e lontana. La mia mente stava ancora divagando; non riuscivo a mantenere l'attenzione su ciò che accadeva attorno a me. Mi costrinsi a concentrarmi, a capire, a essere presente nella realtà e ad allontanare la paura che mi annebbiava la vista.

«L'abbiamo trovata, signora.»

«Perché è completamente fradicia?»

«L'abbiamo lavata. Puzzava come una fogna, forse anche di più.»

«Fatela entrare. È meglio che me ne occupi io da ora in avanti. Voi branco di scalmanati non fate altro che peggiorare le cose.»

«Facciamo del nostro meglio, signora.»

«E non chiamarmi signora! Lo sai che non mi piace!»

Era da settimane che non udivo una voce femminile, ma solo quelle rauche e raschiose di tabacco dei marinai.

Uno dei due uomini mi spinse all'interno della cabina. Camminai con fatica, le mie ginocchia erano cedevoli e il vestito appesantito dall'acqua non agevolava certo la situazione.

Notai che le cose nel mio alloggio erano state spostate. Il tavolo era stato messo da parte e le sedie accantonate. Sul primo c'erano una decina di codici, manuali e mappe nautiche sparse l'una sopra l'altra, senza troppo riguardo.

«Andatevene, ora», ordinò la donna. «E chiudete la porta quando uscite. Ah, e già che ci siete, dite ad Quinn che appena avrò finito con lei dovrà venire ad asciugare il pavimento qui; questa ragazza sta facendo un vero disastro con questo abito bagnato.»

Scomparvero dietro l'uscio e si chiusero la porta alle spalle, lasciandoci sole. Sollevai lo sguardo sulla donna e la osservai di sottecchi. La prima cosa che mi colpì di lei fu il suo abbigliamento. Indossava abiti maschili, giacca, camicia, pantaloni di tela e degli stivali in pelle che le arrivavano fino alle ginocchia. Non avevo mai visto una donna vestita in quel modo e in un primo momento lo trovai bizzarro. Aveva gli zigomi alti e i lineamenti marcati, che le davano un aspetto quasi androgino. I suoi occhi azzurri mi studiavano con fare attento e incuriosito, allo stesso modo come si studiava un dipinto.

«Vi devo delle scuse», cominciò. «I miei uomini assumono un comportamento alquanto grezzo con le donne, solitamente.»

«Perché non mi gettate in mare e la facciamo finita?» dissi, coraggiosamente. Mi meravigliai delle mie stesse parole. Non ero solita ad agire con tale impeto.

Lei mi fissò. «Non sarebbe certo cosa saggia donarvi al mare così avventatamente.»

«Se devo essere uno sfogo carnale per delle bestie... così sia. Avanti, che aspettate? Tutto ciò che desidero è seguire il mio equipaggio nella morte.»

Non mi importava niente del dolore, dell'umiliazione che provavo per essere in quello stato, per essere stata lavata come un animale da quei bruti. In quel momento sentivo soltanto una grande rabbia verso quelle persone, una rabbia che mi diede il coraggio necessario per parlarle in quel modo.

«Temo che abbiate frainteso enormemente. Non ho intenzione né di farvi stuprare né di uccidervi.»

«E allora loro dove sono!? C'erano venti uomini su questa nave!»

«Abbiamo fatto scambio, per così dire, con l'altra nave. La nave che avevamo prima è rimasta gravemente danneggiata dopo un arrembaggio andato male. Avevamo un disperato bisogno di una nave nuova. Una più robusta, più grande e, possibilmente, con la stiva ben fornita di cibo. Eravamo in una situazione abbastanza critica, oserei dire. Ed è stato il caso a portarci sulla Galatea. Appena l'abbiamo vista in lontananza abbiamo deciso di appropriarcene. Una nave magnifica, lo devo ammettere; non ne ho mai posseduta una così bella.»

«Il mio equipaggio riuscirà a raggiungere la costa, seppure con una nave malridotta?» insistetti ancora.

«Certamente. Abbiamo lasciato loro il minimo dispensabile per sopravvivere fino alle coste dell'America. Il resto delle provviste le abbiamo prese noi. Siamo completamente carichi.»

Sentii la rabbia crescere dentro di me. Come osava? Come osava assumere quell'espressione compiaciuta dinanzi a me? Si sentiva fiera di quel che aveva fatto, lo potevo vedere chiaramente.

«Vedete, sono rimasta molto sorpresa che i vostri uomini fossero così ben preparati al combattimento. Non si trovano spesso marinai che sono anche capaci di impugnare un'arma. Ho chiesto pure loro se volessero unirsi alla nostra ciurma, ma hanno rifiutato tutti. Dal primo all'ultimo. Uomini onorevoli», ridacchiò. «Ma nonostante tutte le loro capacità, la vittoria è stata nostra e abbiamo preso la nave.»

«Dunque, sono tutti vivi?»

Lei sospirò. «Non tutti. Durante l'assalto sette uomini del vostro equipaggio sono deceduti.»

Rabbrividii, sconvolta da quella tremenda notizia. Sperai con tutto il cuore che Phillips fosse sopravvissuto. Chi di loro era morto? Chi era morto in quel modo barbaro e crudele? Mi vennero le lacrime agli occhi nel pensare che sette vite umane si erano spezzate per mano della donna che stava dinanzi a me. Immaginai i loro corpi freddi giacere nei fondali marini.

Deglutii più volte. «E ora che ne farete di me?»

«A giudicare degli abiti e degli oggetti che ho trovato in questa cabina, ho dedotto fin da subito che c'era anche una donna a bordo di questa nave. Una passeggera, anzi... l'unica passeggera. Noleggiare una nave per le Americhe e un intero equipaggio così ben preparato mi è parso assai costoso. Dovete essere di una famiglia molto ricca. I vostri uomini hanno sostenuto che foste morta di tisi una settimana fa, e invece eccovi qui... viva e vegeta davanti a me. In principio avevo creduto alle loro parole, ma poi, una volta letto il vostro diario, ho capito che mi hanno mentito.» Si illuminò in un sorriso perlaceo. «Nel vostro diario scrivete sempre la data, Eveline Adler. L'ultima annotazione è stata fatta due giorni fa.»

Avevo i vuoti allo stomaco, e non a causa della fame. L'idea che quella donna avesse letto il mio diario mi fece sentire terribilmente violata. Lì dentro ci avevo messo numerose riflessioni, riflessioni che non avrebbero dovuto essere lette da nessuno, eccetto me.

«Ho pensato quindi che vi avessero nascosta da qualche parte, perciò ho mandato i miei uomini a perlustrare la nave, e vi hanno trovata. Credo proprio che io abbia preso due piccioni con una fava. Non è così che si dice? E il fatto divertente è che non l'ho neanche voluto. Quale fortuna sfacciata, mh?»

«Non riesco a comprendere», sentenziai, burbera. Non sopportavo quegli occhi famelici su di me.

«Ho letto la vostra posta, le lettere che avete così ben conservato nel vostro scrigno. So che la vostra famiglia sta aspettando il vostro arrivo a Charlestown con molto ardore, soprattutto vostra sorella, Mary. Ah, ma permettetemi di presentarmi. Mi sembra assai disonesto che io vi conosca così tanto e voi ignorate persino il mio nome. Sono conosciuta come Arenis, ma voi chiamatemi Capitano.»

«Non mi interessa.»

«Scortese da parte vostra, non trovate?» I suoi occhi si illuminarono d'ironia. «Be', a questo punto, possiamo pure passare alle cose serie. Prima di tutto devo ringraziarvi, quell'oro è una vera fortuna.»

Il suo tono era allegro, colmo di simpatia, come se le avessi appena fatto un favore, come se fossi d'accordo con tutto questo.

«Non avete il diritto... Non potete...»

«Certo che posso», mi interruppe. La sua espressione era cambiata. Mi squadrò, minaccevole, con le labbra tese. Non voleva sentire contraddizioni. Poi, quando si accertò che non avevo alcuna intenzione di continuare a protestare, rilassò il volto e continuò a parlare, come se niente fosse. «Mi sono guadagnata una nave, dell'oro e voi: la figlia istruita di un ricco mercante. Ora ditemi, quanto credete che sia disposto a pagare, vostro padre, per il riscatto? Io credo molto. Davvero molto. E chiederò un prezzo così alto da assicurare a me e ai miei uomini una vita degna di essere vissuta.»

Profondamente turbata, pensai ai miei genitori, allo spavento che avrebbero avuto non appena scoperto che ero stata rapita dai pirati. Non era giusto che quelle persone portassero via tutto il patrimonio di mio padre; un patrimonio che aveva così duramente costruito per tutta la sua vita.

Arenis, accortasi del mio stato d'animo, mi fissò, quasi con compassione, come se fossi una bambina che aveva appena scoperto le crudeltà del mondo. «Stiamo facendo rotta a Charlestown e, quando arriveremo, contatteremo la vostra famiglia per far sapere loro che siete stata sequestrata.»

«E se non dovessero pagare il riscatto?» chiesi, rigidamente. Sentivo le palpitazioni crescere dentro di me, compresi che avevo paura della risposta.

«Allora non ci sarà più alcun motivo di tenervi a bordo di questa nave.»

Era come immaginavo. Sperai che i miei genitori avessero il buon senso di sborsare tutto il danaro che quei bastardi avrebbero richiesto per me. Non volevo finire affogata in mare. Era ciò che accadeva di solito nei racconti che avevo il piacere di leggere. Lunghe aste poste sul bordo della nave, mani legate dietro la schiena e pirati spaventosi con in mano sciabole e pugnali, pronti a uccidere lo sventurato di turno se non saltava in mare.

«Mi ucciderete?» sussurrai, con la voce spezzata dall'improvvisa pressione che mi attanagliò le viscere.

«Per ora potete starvene tranquilla. Non vi farò del male. Solitamente le famiglie del sequestrato si aspettano di ricevere indietro la persona cara senza il minimo graffio, altrimenti insistono a pagare di meno.»

Non ero per niente convinta di ciò che diceva. Sapevo che non dovevo fidarmi. Quella donna era tanto bella quanto pericolosa, me lo sentivo. Arenis si diresse verso una dispensa. Tirò fuori un bicchiere e lo riempì d'acqua. Soltanto in quel momento mi resi conto di quanto fossi assetata. La visione dell'acqua mi fece distrarre dai miei pensieri. Appena capii che quel bicchiere d'acqua era destinato a me, lo afferrai immediatamente e me lo portai alle labbra con foga.

«Piano», suggerì lei, non appena notò che mi scolavo l'acqua tutta d'un fiato. «Non vi fa bene bere così in fretta.»

La ignorai. L'acqua finì fin troppo presto.

«Ancora?» chiese Arenis, con un sorriso. Riprese il bicchiere e lo riempì. «Ordinerò al cuoco di prepararvi un pasto leggero. Mangerete qui con me. Sembrate assai denutrita. Da quanto non mangiate?»

«Che ve ne importa?»

«Via, via, che modi. Rispondetemi, avanti. È evidente che siete stata male.»

«Potrei riavere indietro le mie lettere?» chiesi, senza assecondarla. In quella situazione, sentivo un disperato bisogno di rileggere le parole di mia madre e di mia sorella. Quelle lettere rappresentavano ciò che più mi avvicinava a loro. La scrittura minuta di mia madre e quella sfarzosa di Mary erano come un'impronta di loro stesse, spiattellata sulla carta da lettere. Le sentivo distanti più che mai in quel momento.

«No», rispose Arenis, vendicandosi della mia renitenza. «Poiché ritengo che dobbiate avere una permanenza assai lieta sulla mia nave, alloggerete nella cabina del Primo Ufficiale. Il signor Dinnington non farà alcuna obbiezione a cedervela, siccome abituato a dormire sottocoperta con il resto della ciurma. Certo, la cabina in questione non è spaziosa e lussuosa quanto questa, ma vi prego di accontentarvi. Vi consegnerò i vostri vestiti; non sono certo così depravata da privare ad una donna i propri abiti! Ebbene, per quanto riguarda il resto dell'equipaggio, non dovete temere. Finché lo vorrò non vi faranno niente. Evitate di provocarli, ecco tutto. Non vedono una donna da mesi.»

«Voi siete una donna», osservai, confusa.

Lei scoppiò a ridere. «Oh, ci hanno già provato ed è meglio che non vi dica che fine hanno fatto costoro. Non vorrei certo mettermi in cattiva luce! Dunque, ora vi invito caldamente ad uscire. Troverete il signor Dinnington sul ponte di comando. Ditegli di scortarvi nell'alloggio.»

«Non ve la farò passare liscia, lo sapete? Avete assaltato la mia nave, avete ucciso sette uomini del mio equipaggio, avete rubato il patrimonio della mia famiglia e mi avete sequestrata... Una volta a Charlestown vi denuncerò tutti. Vi farò impiccare per tutto quello che avete fatto!»

Arenis sorrise, amabilmente. 

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