Forbidden Love

By CarloLanna

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COMPLETA E IN REVISIONE Michael è un ragazzo che sogna di diventare un giornalista di spettacolo. Solitario... More

Capitolo 1: Michael
Capitolo 2: Occhi di Ghiaccio
Capitolo 3: "Qual è la tua foto preferita?"
Capitolo 4: Dalla parte di Adam
Capitolo 5: Torta al cioccolato
Capitolo 6: "Perchè continui ad esitare?"
Capitolo 7: Dalla parte di Chris
Capitolo 8: Thank God it's Friday
Capitolo 9: "Incontrerò Stephen Amell"
Capitolo 10: Baci a Central Park
Capitolo 11: "Io ti aspetterò"
Capitolo 12: Just Kiss
Capitolo 13: Paradise Hotel
Capitolo 14: La cosa giusta da fare
Capitolo 15: From Copenaghen with love (Parte 1)
Capitolo 16: Fuga da Cannes
Capitolo 17: From Copenaghen with love (Parte 2)
Capitolo 18: La vita segreta di Andrew
Capitolo 19: Calma Apparente
Capitolo 20: Attrazione Impossibile
Capitolo 21:"Say you'll remember me..."
Capitolo 22: Le paure di Andrew
Capitolo 23: Un sogno chiamato 'Vogue' (parte 1)
Capitolo 24: Un sogno chiamato 'Vogue' (parte 2)
Capitolo 25: La lunga notte
Capitolo 25.5: Quel che accadde a Michael
Capitolo 26: Sunday Morning
Capitolo 27: Batticuore, bugie e... scazzottate
Capitolo 29: Conversazioni scomode
Capitolo 30: Party con sorpresa
Capitolo 31: Dalla parte di Josh
Capitolo 32: Gli spettri del passato
Capitolo 33: Dove ti porta il cuore
Capitolo 34: Quel che resta di Chris
Capitolo 35: Il 'Massacro' del mesiversario
Capitolo 36: Un silenzio assordante
Capitolo 37: Baci che si rubano
Capitolo 38: Tragica Fatalità
Capitolo 39: Incancellabile
Capitolo 40: A cuore aperto
Capitolo 41: "Cosa ne sarà di noi?"
Capitolo 42: Il (secondo) primo appuntamento
Capitolo 43: Vita e Morte
Capitolo 44: L'ombra del dubbio
Capitolo 45: Crisi sentimentale
Capitolo 46: "Vuoi rischiare con me?"
Capitolo 47: L'amore e il lavoro
Capitolo 48: Croce sul cuore
Capitolo 49: "Sei stato tu!"
Capitolo 50: La scelta di Michael
Ringraziamenti e altro ancora

Capitolo 28: "Dimmi la Verità"

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By CarloLanna




            

Andrew non aveva la benché minima idea cosa volesse dire 'lavorare in redazione'. Fin da quando ha fatto i primi passi nel mondo del giornalismo moderno, il giovane ha sempre lavorato da casa, seduto comodamente sul suo divano preferito, circondato da una calma apparente e con il solo rumore dei tasti a fargli da amico immaginario. Lavorare in un ufficio, invece, era tutto diverso. Non solo ci si poteva distrarre facilmente, la redazione di Vogue sembrava un porto di mare, ma Andrew si sentiva costantemente osservato, come se tutti, anche le stagiste del settore moda, lo guardassero con uno sguardo torvo ed indagatore.

Più volte infatti è andato nel panico durante la giornata, più volte è dovuto correre in bagno per sciacquarsi la faccia e recuperare le forze, più volte ha commesso errori nelle varie news che Alex gli affidato, più volte ha riscritto l'articolo su cui stava lavorando perché indeciso se il contenuto fosse in linea con le indicazioni editoriali, non riusciva ad essere sereno, non riusciva a vivere come avrebbe dovuto quella grande opportunità lavorativa. Si sentiva un inetto. Era il più giovane fra i vari reporter che c'erano in redazione, tutti sgobbavano sulle loro tastiere, sempre alla ricerca di una news prima degli altri, sempre con il telefono in mano, sempre a controllare la casella di posta, tutti erano dei ferventi articolisti, tutti furchè Andrew.

Per questo il ragazzo più e più volte è stato sovrastato dall'ansia e da un senso di oppressione. Si sentiva un inetto, si sentiva fuori posto, forse essere giornalista non era il suo destino. Inoltre ciò che lo faceva andare in bestia, nel vero senso del termine, era vedere Michael tutto preso dal suo lavoro, dalle sue ricerche, dal sorriso sardonico che aveva stampato in viso, come se l'attività redazionale di Vogue fosse scritta nel suo corredo genetico. "Ma anche io ho superato il colloquio" si ripeteva Andrew nel tentativo di farsi forza. Ma le continue correzioni da parte di Alex, gli sguardi vagamente compassionevoli di Michael, lo irritavano ancora di più.

La giornata fu uno strazio, un completo disastro, resa ancora più orribile dalla telefonata di Justin. Andare in centrale di polizia, cercare di mantenere la calma ed evitare che il suo segreto venisse allo scoperto, sarebbe stata l'impresa definitiva. La voce di Justin gli rimbombava nella mente, il tono dolce e carismatico con cui gli faceva battere il cuore, si era trasformato in un suono crudo, secco, quasi nervoso. Tutti gli scenari possibili ed immaginabili si aprivano nella fantasia di Andrew ed, ognuno di questi, era l'uno più disarmate dell'altro. Forse la polizia ha scoperto il cadavere di Enrik "E Justin vuole essere lui a rivelarmi l'accaduto" pensò fra sé e sé, oppure è successo dell'altro: "C'è un indiziato, un sospettato? Oppure ho commesso un passo falso?"

La fronte di Andrew era madida di sudore, nonostante in ufficio l'aria condizionata segnava ben 18 gradi. Era preoccupato, preoccupato che avrebbe perso la sua libertà, preoccupato che avrebbe perso l'abbraccio di Justin, preoccupato del fatto che, alla fin fine, nessuno avrebbe mai capito perché è stato costretto ad uccidere Enrik, uccidere suo fratello, uccidere quell'omofobo che in nessun modo riusciva a capire che non c'era nulla di male nell'essere gay. Il cuore batteva all'impazzata, non riusciva a scrivere parole sensate nell'ultimo articolo a cui stava lavorando, Andrew continuava a guardarsi intorno impanicato, con lo sguardo furtivo e, costantemente, cercava di impedire che le lacrime gli cadessero sul viso. Tutta la sua vita stava andando in frantumi.

Il telefono vicino al PC squillò improvvisamente. "Andrew, scusami. Potresti venire in attimo in ufficio?" era Alex che lo reclamava.

Andrew incrociò per un attimo lo sguardo di Michael, mentre si alzò dalla sedia. "Ma cosa vuoi? Perché mi fai l'occhiolino, è inutile che fai il carino con me" disse fra i meandri della sua mente mentre si recava nell'ufficio di Alex.

"Chiudi la porta" disse il capo servizio "Siediti" intimò

"E' successo qualcosa?" domandò Andrew furtivamente.

Alex lo guardava dall'alto in basso, con uno sguardo di sfida, con un'aria di superiorità. Si guardò per un attimo ad un piccolo specchio situato vicino lo schermo del pc e disse "Cosa ti prende? Hai il viso infossato, la fronte bagnata di sudore, le news su hai lavorato sono approssimative e piene di refusi. E poi: ma hai letto in questo week-end la guida del CMS"?

"Veramente questo fine settimana ho scopato con il mio ragazzo in ogni angolo della casa" pensò Andrew. "Si, ci sto lavorando" affermò alla fine

"Ci stai lavorando? Ma che risposta è questa. Qui siamo a Vogue non al giornale scolastico. Già ti sto facendo un favore facendoti restare un'ora dopo il lavoro per far spratichire, e tu ti comporti in questo modo?" quasi urlò

"Scusami, Alex. È tutto nuovo per me" confessò con una voce roca

"Si, ok che sei uno stagista, sei qui anche per imparare, però nonostante tutto ... "  ed Alex per un attimo si fermò guardando in direzione della scrivania di Michael "... il tuo collega si è messo in gioco al 100 per cento. Mi ha stupito" disse mentre si accarezzava i capelli ricci e bruni.

Andrew strinse le mascelle, serrò i pugni sulla sedia "Ancora lui, ancora Michel. Ma che ha quel ragazzo che io non ho?" si domandò "Mi dispiace, Alex. Cercherò di migliorare"

"Devi farlo. Qui per i piantagrane e gli ansiosi non c'è posto. Ti scrivo un paio di cose via mail. Torna alla postazione".

Andrew a fatica tornò vicino la scrivania con una rabbia che gli ribolliva nelle vene. Voleva urlare, inveire contro Michael ed Alex, strattonarli entrambi, invece doveva stare al suo posto e sperare che il primo giorno di lavoro terminasse al più presto possibile.

****

In pausa pranzo era rimasto incollato alla scrivania. Andrew non aveva voglia di socializzare con nessuno lì in redazione, voleva solo mangiare il suo tramezzino in santa pace. Ha declinato anche l'invito da parte di Michael, era palese che non avrebbe accettato il suo invito a scendere al pian terreno per gustarsi un caffè insieme alle ragazze del settore moda.

"Continua a toccarsi quei suoi dannatissimi capelli. Ma perché vuole essere gentile a tutti i costi?" ripeteva Andrew fra sè e sè. Era l'invidia a parlare, ne era consapevole, o forse solamente perché era agitato per l'incontro che di li a poche ore avrebbe avuto alla centrale della polizia. Controllava assiduamente il cellulare nella speranza di leggere un messaggio da parte di Justin, leggeva in maniera spasmodica le pagine dell'Harlem Chronicles, sperava di trovare una notizia che lo riguardasse, invece tutto taceva. I dubbi continuavano ad affollare la sua mente, Andrew cercava ancora di trovare una spiegazione a tutto questo, raggiungendo un nulla di fatto. Forse Justin aveva scoperto tutto, aveva messo in ordine i pezzi del puzzle, e questa sensazione faceva correre all'impazzata il cuore di Andrew.

Questo significava niente più lavoro, niente più libertà, niente più amore. Ma una cosa era certa, il ragazzo avrebbe tentato il tutto e per tutto, avrebbe cercato di salvare il salvabile ma Justin doveva sapere la verità, avrebbe capito (forse) perché ha compiuto quel gesto, per amore avrebbe evitato che Andrew finisse in prigione, o forse no? Andrew pregava solo di potersi togliere questo immenso peso dal cuore. Le 7 sera, per ora, erano ancora lontane.

*****

Il cado afoso stava lasciando spazio ad una brezza fresca e leggera nel mentre che Andrew usciva dagli uffici di Vogue. La redazione era semi deserta, tutti erano già andati a casa "Compreso quell'antipatico di Michael" pensò.

Come da accordi in fase di colloquio, Andrew si era trattenuto un'ora più del dovuto, per seguire un corso super-intensivo sul CMS, la piattaforma che veniva usata dal magazine per inserire gli articoli. La stanza delle riunioni si era trasformata in una sorta di aula studio nella quale, Andrew insieme ad alcune ragazze del settore moda, erano tutti chini sui loro PC a prendere appunti. Il ragazzo ha cercato di lasciare fuori la porta della sala tutte le sue paure e le incertezze, perché voleva a tutti i costi mettersi in gioco, dare il meglio di sé e dare uno schiaffo morale ad Alex "Anche io sono un buon giornalista, lo sai?" si ripeteva ossessivamente da quasi 24 ore "Ti farò vedere di che pasta sono fatto". Sembrava quasi che la paura aveva lasciato spazio alla rabbia e al nervosismo, come se Andrew avesse trovato una nuova forza per combattere ed uscire dal pantano in cui stava annaspando pericolosamente.

La mente gli pulsava ancora e, mentre era fuori l'edificio della Fifth Avenue, l'istinto gli diceva di fuggire, di prendere il primo treno e sparire dalla circolazione. Aveva paura di affrontare Justin, di affrontare il suo segreto, ma se sarebbe fuggito sarebbe risultato colpevole. E lui non era colpevole, quello che ha fatto era solo legittima difesa. Enrik si era meritato di morire.

Vide di fronte a se un'automobile nera, un'utilitaria nuova di zecca, allo sportello del guidatore c'era una donna appoggia che leggeva un giornale, quello gratuito che si trova in metro. I capelli biondi erano raccolti in un foulard di seta, era vestita con un tailleur nero, e le dita tamburellavano rumorosamente. Incrociò per un attimo lo sguardo di Andrew e disse "Lei è il signor Andrew?"

Il giovane fece un cenno con la testa.

"Sono il sergente Maggie Stoller, il detective Justin mi ha riferito che devo condurla in centrale" affermò ed aprì lo sportello dell'automobile. Il viaggio fu lento, tortuoso e silenzioso. Con il traffico fu quasi un'impresa impossibile arrivare al distretto di Harlem ad un orario consono. Andrew era tranquillo, stranamente, era consapevole a quello che andava incontro, se costretto, avrebbe rivelato tutto, ora non si importava delle conseguenze. Avrebbe fatto di tutto pur di non perdere Justin. Lo desiderava, forse lo amava anche, si sentiva legato a quel sexy detective e se il sentimento fosse stato reciproco, anche lui avrebbe capito.

Ad un tratto l'auto si fermò, il sergente Stoller fece scendere Andrew e lo fece accomodare nell'ufficio di Justin. Il distretto era affollato, proprio come si vedeva nei film, ed in quel momento Andrew si sentì un criminale, un essere abbietto, un uomo finito. Justin era seduto alla scrivania, intento a scrivere un documento al PC e quasi non si accorse della presenza del giovane.

"Ciao" sussurrò Andrew

Justin lo guardò con sguardo mesto, arrabbiato, quasi furioso "Alla buon ora" disse poggiando gli occhiali da vista sulle scartoffie che aveva di fronte a sè.

"Mi ha fatto preoccupare la tua telefonata di stamattina. È successo qualcosa?" Andrew aveva il respiro mozzato.

"Non ti avrei fatto venire qui, all'insaputa del mio capo, fra l'altro" e si alzò dalla scrivania prendendo un fascicolo ed accomodandosi vicino ad Andrew "Sto cercando di vederci chiaro, non voglio farti passare un guaio, ma devo capire, devo capire cos'hai combinato"

"Non ho combinato nulla" disse Andrew deglutendo

"Io non credo" affermò Justin. Aprì il fascicolo e mostrò al giovane alcune foto, erano le foto del cadavere di Enrik.

"Questo è tuo fratello, o almeno quello che ne resta" ed indicò il taglio sotto al collo. "il suo corpo è stato trovato questa mattina di fronte al Burker King ... il nostro Burger King. Ricordi?" e Justin guardò fissò il viso di Andrew "Non avrei dovuto chiamarti, sarei dovuto passare a casa ma ... " e prese il cellulare "Questo sei tu che acquisti una maglietta dalla H&M a New York centro"

"E questo cosa c'entra" Andrew stava per soffocare.

"A primo impatto nulla, ma come mai hai usato la carta di credito di tuo fratello?"

"No, ho usato la mia" mentì Andrew

"Abbiamo fatto dei controlli. È la sua" asserì

"Non so forse a casa ci siamo scambiate le borse ... non saprei"

"Stai mentendo e non stai mostrando un minimo di compassione. Cazzo, Andrew. Ti ho mostrato la foto del cadavere di tuo fratello"

" Justin... io" balbettò

Il detective chiuse la porta del suo ufficio "Sono qui per aiutarti. Ho rallentato le indagini per cercare di vederci chiaro in tutta questa situazione. Dimmi la verità. Cosa nascondi?"

Andrew voleva parlare, voleva raccontare tutto a Justin ma non aveva forza di aprire bocca. Il cuore batteva all'impazzata, era agitato, nervoso e preoccupato. Fece per andarsene ma Justin lo bloccò per un braccio.

"Tu non te ne vai da questa stanza finchè non mi racconti le cose come stanno" asserì.

"Non ho nulla da raccontare, lasciami!" disse Andrew mentre cominciò a piangere.

Justin lo strattonò per un braccio e, con veemenza, bloccò il giovane vicino al muro. Gli prese il viso fra le mani e cercò di asciugare le lacrime che ormai scendevano copiose sul viso di Andrew.

"Ti imploro. Dimmi la verità" e Justin sfiorò le labbra di Andrew "Sono dalla tua parte ma smettila di recitare"

"Non ci riesco. Ti prego, lasciami andare. Voglio tornare a casa" disse Andrew ormai singhiozzando

"Hai ucciso tu Enrik?" disse a bruciapelo "Lo so che l'omicidio non è avvenuto al parco quindi hai anche spostato il cadavere" affermò "E'così, vero?"

"Si" riuscì a dire Andrew e poi si lasciò scivolare al suolo, seduto in un mare di lacrime. Justin era come immobile, senza forze, attonito della verità appena scoperta.

"Cosa ne farai di me?  Mi arresterai?" domandò Andrew.

"Vai fuori, ti prego. Ora non posso averti al mio fianco. Ho bisogno di pensare" affermò Justin

"Ma, io.. "

"Vai fuori, ho detto"

Andrew sommessamente si alzò, guardò Justin per l'ultima volta, poi chiuse la porta dietro di sé.

Continua...

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