The Power Of Pain (#wattys201...

By HeyBimba

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La vita di Elsa Owen è un vortice di agonia, pensieri confusi e ricordi sofferenti. È inghiottita dal dolore... More

Un solo secondo
Non oggi
Perdo un battito
Più di semplici parole
Siamo ciò che siamo

Trattengo il fiato conservando il mio ultimo respiro

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By HeyBimba

«È ferafente fono feffo fanino.» Cercò di parlare, ma se avesse aperto di un altro po' la bocca, sono sicura che pezzetti di carne e patatine sarebbero schizzati fuori, finendo dappertutto, sporcando anche il tavolo in cui eravamo seduti.

«Non si mangia con la bocca piena!» Lo riprese mia madre.
Anche se faceva sempre da "guasta-feste", so che in realtà amava quando papà si comportava in maniera buffa. Aveva sempre gli occhi a cuoricino quando lo aveva accanto. Sempre.

«Mi sfufi, fignofina!» Disse, ancora più incomprensibile di prima, sputando un pezzetto di pane che prima era nella sua bocca, sulla mia faccia. Mi misi a ridere, mentre mia madre ruotava gli occhi al cielo con un sorriso divertito sul volto e mio padre muoveva il panino come fosse una bandiera bianca, annunciando la sua resa. Bandiera che muoveva con troppa enfasi, dato che colpì un uomo seduto in un tavolo vicino al nostro.

«MI SFUFIII!» Urlò mio padre alzandosi ed andando verso il povero sfortunato che si beccò un panino dritto in testa.

Io e mia mamma ridemmo per quella scena, ma smettemmo subito quando "l'uomo", si voltò verso mio padre.

Si voltò lentamente e quando lo fece, notammo i suoi occhi completamente neri, le rughe che gli coprivano tutto il viso e le labbra unite in una linea sottile...si alzò dalla sedia di scatto facendo sobbalzare me e mia madre e nello stesso momento in cui si avvicinò con passi lenti a mio padre, io incominciai a perdere il respiro...lo trattenni, come se buttando fuori l'aria avessi complicato la situazione.

L'uomo si fermò a mezzo metro circa da lui, che preso dalla paura, non riuscì a mandare giù il boccone.

Tutto, ad un tratto...sembrò fermarsi.

Dai vestiti formali dell'uomo, uscì un liquido nero che colò giù dalla giacca, finendo sulle sue scarpe già nere e il pavimento bianco. Il liquido continuava ad espandersi, finendo sulle scarpe grigio-scuro di mio padre che alzava i piedi, probabilmente, chiedendosi cosa fosse quella strana sostanza. Quest'ultima, come se ad un tratto prendesse vita, iniziò a sollevarsi da terra, circondando il corpo minuto di mio padre.
L'uomo nel frattempo stava lì ed era come se non ci fosse, realmente... Osservava tranquillo ed indifferente quel maledetto liquido stritolare il corpo di mio padre...come un'anima vuota.

Anch'io però stavo lì, incapace di muovermi, incapace di mettere a fuoco i mille pensieri che stavano affollando la mia mente confusa, incapace di bloccare le lacrime che mi offuscavano la vista, volevo vedere...perché sapevo che sarebbe stata l'ultima volta che avrei visto, l'uomo che insieme a mia madre mi ha donato la vita, l'uomo che ogni giorno mi donava enormi quantità d'amore e lo stesso uomo, che mi insegnava come vivere al meglio le mie giornate... Ero incapace di esprimere in qualunque modo il dolore, che stavo provando in quel momento...volevo urlare! Volevo urlare dal dolore, ma solo Dio sentiva le mie urla disperate, quella sera. Stava in silenzio e in ascolto di ogni sfumatura di cui era formato il mio dolore.

Quella sera, io e Lui, avevamo un segreto da mantenere.

Sentivo i suoi, però. Sentivo i continui e strazianti versi procurati dall'eccessiva sofferenza, che emetteva mio padre. Poi le grida...
Le orecchie sanguinavano mentre il cuore piangeva...

"No! Ti prego...basta..." mi stranì al suono della mia voce così sofferente e supplichevole. Ma non mi importava.

Quel mostro l'avrebbe ucciso. Lo so...come so che sarei morta con lui.

"No...no! NO!" Urlai, ma lui non si girò a guardarmi, non mi ascoltava, ignorava le mie urla disperate mentre io assorbivo dentro di me, quelle di mio padre.

"SMETTILA! TI PREGO, BASTA!" Urlai con tutto il fiato in gola.
Perché ignora la mia esistenza?
Perché gode nel procurarmi sofferenza?
Sto perdendo la speranza...

«Elsa, dio mio, svegliati!»

Una pressione al petto mi stringe la gola, privando aria essenziale per i miei fragili polmoni...

«Elsa? Svegliati!»

Ossigeno. Non lo trovo...

Sento qualcuno scuotermi forte dalle spalle...ma non riesco ad aprire gli occhi per capire chi sia.

«Tesoro, svegliati. Svegliati!».

Trattenni il fiato, conservando il mio ultimo respiro...

«Elsa, SVEGLIATI!».

Apro gli occhi di scatto, mettendomi subito seduta, ho il fiatone e la mia pelle è ricoperta di sudore.

«Oddio tesoro, menomale...».

Vedo gli occhi di mia madre guardarmi preoccupata.
Mi stringe a sé e per alcuni secondi restiamo in questa posizione. «Ho avuto così tanta paura...» Sussurra, vicino al mio orecchio. Continua a tenermi stretta, probabilmente perché teme che possa rompermi da un momento all'altro, ed io...io sono come paralizzata. Non ricambio l'abbraccio. È come se tutti i muscoli mi avessero abbandonata, eccetto, il cuore. Quello lo sento. È ricoperto di ferite e batte velocissimo.

Sapesse quanta paura ho avuto io...

-

Adele comincia a cantare: "Hello", una delle miei canzoni preferite, nonché sveglia personale.

Mia mamma scioglie l'abbraccio e mi guarda confusa, quando nota che tolgo il pigiama per indossare dei jeans, una maglietta semplice e le Nike bianche.

«Devo andare a scuola» dico, con fare ovvio.

Lei mi guarda spalancando gli occhi ed aprendo la bocca incredula. Si alza ed inizia a gesticolare. «Ma non puoi, non oggi, almeno!»

Sbuffo ruotando gli occhi al cielo. «Mamma, ascoltami. Io oggi ci andrò, per il semplice fatto che non posso perdere il primo giorno di scuola. E comunque...non dovresti essere a lavoro da circa...» mi volto verso l'orgoglio appeso alla parete della mia camera, «...mezz'ora?» le chiedo.

«IN CHE SENSO MEZZ'ORA?!» Fissa l'orologio, sperando che le stesse mentendo.

«Ti conviene sbrig...» neanche finisco, che si catapulta fuori dalla mia camera.

-

«Ely!» Esclama Carly, venendomi incontro per salutarmi. Buttarsi a sacco di patate su di me, facendoci cadere entrambe, è il suo modo di: "salutare affettuosamente una persona".

«AIUT!» È quello che riesco a dire, con lei addosso, appesa come un koala.

«Ma che fai?! Dovevi prendermi!» Sbuffa seccata, mentre tenta di alzarsi da sopra il mio corpicino esile.

«Ah, pure! Cerchi di uccidermi e devo anche non farti cadere?»

Sorride in modo inquietante. «Esatto! E poi, i miei istinti omicidi verso di te, sono dimostrazioni di affetto!»

Scuoto la testa divertita mentre mi aiuta ad alzarmi dal pavimento sporco. Né io né lei, amiamo stare al centro dell'attenzione, anzi, lo odiamo, così entriamo a scuola.
Lei va in classe a prendere i posti per entrambe, dato che ci sediamo sempre insieme e io vado alle macchinette, per farmi due caffè, data la nottata in bianco.

Preso il primo, aspetto che il secondo sia pronto. Quando lo è lo prendo, o meglio, faccio per prenderlo perché pochi istanti prima che ci riesca, qualcuno più veloce di me lo afferra per primo.

Guardo il ragazzo che si è impossessato del mio caffè.

È molto più alto di me, dovrebbe essere un metro e settantacinque, ha un'aria trasandata, la maglietta strappata e jeans sporchi di quelli che credo siano brillantini argentati, ha della polverina d'oro tra i capelli lunghi e neri, con un ciuffo che gli ricade sul viso, ha delle leggere occhiaie sotto gli occhi color ghiaccio e...noto un taglio sul sopracciglio.
Man mano che lo osservo, però, ho come la sensazione che non sia solo un taglio, ma bensì una...cicatrice?

«Che dolce, hai preso il caffè anche per me? Non dovevi...» ne beve un sorso.

Una domanda: quali problemi affliggono le persone?!

«Ma, io...» cerco di parlare, ma le parole si bloccano in gola mentre si ripetono in testa. Stupida timidezza!

Mi guarda e sorride divertito. Solo adesso vedo lo smiley.

«Tu, moretta, hai davvero un ottimo gusto in fatto di caffè, devo farti i miei complimenti!» Agita la mano mentre fa un inchino. «Oops, che maleducato! Tu mi prendi il caffè e io non ho neanche la decenza si presentarmi, roba da pazzi!»

Secondo me l'unico pazzo qui, è lui!

Nota il mio sguardo confuso e mi porge la mano. «Sono Sabìn.»

La stringo.

«È un piacere conoscerti, moretta.»

La sua mano è morbida e robusta. Strige la mia nella sua, facendomi provare una sensazione strana. Spesso il contatto fisico mi innervosisce, soprattutto, con persone che non conosco, ma con lui...mi sento a mio agio.

Sabìn butta il bicchiere, ancora pieno di caffè e poggia l'altra mano sulle nostre già strette... Mi tranquillizza e mi fa sentire come se due sconosciuti di fronte a una macchinetta del caffè a bloccare la fila...fosse la cosa giusta da fare. Per alcuni secondi restiamo in questa posizione...a guardarci, a mischiare il suo celeste ghiacciato con il mio verde smeraldo.

Penso, che probabilmente, anche lui volesse sapere il mio nome.

«E-Elsa...» bisbiglio, timida.

«Elsa...» scandisce, lentamente...
Ho l'impressione di aver visto qualcosa cambiare nei suoi occhi, ma è stato solo per un istante, perché si ricompone dubito dopo. «...non vergognarti, hai un bellissimo nome...» Allarga il sorriso, che non ha mai lasciato il suo volto.

Ricambio il sorriso con uno timido, abbassando lo sguardo.

Perché ogni volta che qualcuno mi fa un complimento, devo sembrare sempre così patetica e idiota?
La cosa positiva è che, non ne ricevo molti...anzi, non ne ricevo affatto e questo è positivo. Sul serio, è positivo! Perché così, non solo risparmierei figure del cavolo che mi perseguiteranno per il resto della mia vita ma, cosa migliore, il mio tempo non verrebbe continuamente utilizzato per ripensare al complimento o a qualsiasi cosa di carino che mi venga detto.

Lui a quel punto scioglie la stretta delle nostre mani, ancora unite, per mettere un dito sotto il mio mento per incitarmi ad alzare lo sguardo, facendo incontrare i nostri occhi ancora una volta.

Mi rivolge un sorriso dolce.

«Sei ancora più bella quando sorridi.»

La sua sincerità e l'intensità del suo sguardo mi fanno arrossire all'istante. Elsa, hai un ottima padronanza delle tue emozioni, complimenti!

«Come mai non hai dormito sta notte?» Chiede con nonchalance, tutto ad un tratto, facendomi tornare con i piedi per terra.

Come fa a sapere che non ho dormito? Si vede così tanto? Oddio, avrò un aspetto pietoso...stamattina, a causa della troppa fretta, non ho badato a come fossi conciata.

«Si, ho dormito, ma non molto...» rispondo vaga, anche se in effetti, è la verità. Poso lo sguardo sulle sue occhiaie. Non sono molto visibili, ma lo sono abbastanza per intuire che non siano solo di una notte... «E tu? Perché non hai dormito?» Aggiungo.
Mi sorprendo. Di solito non sono così spavalda nel parlare con qualcuno, soprattutto, se è un ragazzo. Ma è lui...so che è lui a farmi sentire così.
E mi piace...

Ride leggermente e alza le mani in segno di resa. «Beccato!» Avvicina il suo viso al mio. «Ma la vera domanda è: perché non hai ancora dormito?» Sussurra, facendomi l'occhiolino.

La campanella, che annuncia l'entrata degli studenti nelle rispettive aule, suona e Sabìn sbuffa.

Porge la mano verso di me. «Dammi il tuo telefono.»

Avrei dovuto pensare: "Cosa?! Io non do mica il mio telefono a uno sconosciuto!"...ma le cose sono ben diverse... Avete presente quando guardate una persona o ci parlate, anche per poco tempo, e vi trasmette delle sensazioni positive? Ecco. Lui è in grado di trasmettermi questo.

Anche qualcos'altro...

...qualcosa in cui mi sarei incasinata, in cui non sarei stata più la stessa...

Gli porgo il telefono.

Lui prende anche il suo e digita qualcosa su entrambi.

«Ecco.» Me lo restituisce. «Adesso che siamo amici intimi è giusto che ognuno abbia i rispettivi numeri di telefono.»

«...amici intimi?» Chiedo confusa.

«Si, esatto. Ah, dimenticavo...lavoro in una compagnia teatrale e sabato o...non sto ricordando esattamente il giorno...» dice, mentre sbatte ripetutamente la mano sulla fronte, sforzandosi di ricordare.

Ma di che cavolo sta parlando? Non vorrei che abbia assunto qualche sostanza e di conseguenza, mi abbia scambiata per qualcun'altra...

«...vabbè non è importante! Quindi, in poche parole, dovrai venire ad ogni mio spettacolo. E se non lo farai, ci rimarrò male. Molto. Male. Quindi? Ci sarai?» Chiede speranzoso con le mani unite a preghiera e lo sguardo da cucciolo bastonato.

Non posso dirgli di no!

«Penso di...s-si...» dico incerta...come faccio a sapere se potrò andarci se non so: né il giorno, né l'orario e né il luogo di dove si trova il teatro?

«Perfetto, allora riservo un posticino carino solo per te, moretta!» Fa un sospiro di sollievo per poi aggiungere: «Adesso sai tutto quello che c'è da sapere su di me, quindi sì, siamo amici intimi!» Mi fa un altro occhiolino.

«Adesso vado a dormire un po' in classe. Ci si vede, moretta.» Mi dà un bacio in guancia e si volta, camminando, probabilmente verso la sua aula.

Beh, al primo giorno di scuola si può permettere di dor... Oddio! Devo entrare in classe!

Corro per i corridoi. Salgo fino al terzo piano ed entro.

«Ah, signorina Owen, faccia pure con i suoi comodi! Non sa che...». Smetto quasi immediatamente di ascoltarlo. Sono sempre stata un alunna ubbidiente, studiosa, attenta e rispettosa delle regole, ma, se il tuo insegnante ha la luna storta...se la prenderà con chiunque... come ogni altra persona sulla terra con un pessimo umore. Devo dire, che ricevere una ramanzina di venti minuti su tutto il regolamento scolastico è un ottimo modo per iniziare l'anno, e poi, essere rimproverata il primo giorno di scuola è il colmo, giuro.
La cosa positiva è che sono al quinto anno, quindi, non dovrò vedere più le stesse facce, che vedo da chiunque anni consecutivi.

«Ma che è successo? Mi stavo preoccupando!» Sussurra Carly, sporgendosi verso di me, in modo che il prof non senta.

«Eh? No, niente...» Mento.
Anche se in effetti, me lo chiedo anch'io...

Cos'è successo?
Chi era quel ragazzo?
Va in questa scuola?
Perché in tutti e cinque gli anni non l'ho mai incontrato prima?

Una domanda, più di tutte le altre, non può far a meno di ripetersi spontanea, insomma, c'erano un sacco di ragazzi e ragazze che avevano preso il caffè.
Allora...

Perché ha parlato proprio con me?

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