Amanti in Segreto. The Colora...

By AriannaEna

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È stata una notte impossibile da dimenticare. Non importa che fosse sotto l'effetto dell'alcool, Meredith... More

Prologo
01 Meredith. Sono un'incontentabile bugiarda.
02 Logan. Come far venir fuori il peggio di me.
03 Meredith. Riuscire ad imbarazzarmi non è facile.
04 Logan. Che gran bastardo.
05 Meredith. Ma per chi mi hai presa?
06 Meredith. Non lo ammetterei mai, ma potrei urlare di gioia.
07 Logan. Tu sei proprio scemo.
08 Meredith. Brividi...Brividi ovunque.
09 Logan. Dio li fà e poi li... accoppa.
10 Meredith. Facciamo un bel giro sul viale dei ricordi.
11 Logan. È un gioco che possiamo fare in due.
12 Meredith. Preghiamo la divinità dei bugiardi.
13 Logan. Essere menomato a vita è il minimo che possa capitarmi.
14 Meredith. Sono una sciocca, non dovrebbe sorprenderti.
15 Logan. Prendere certe lezioni di vita è davvero penoso.
16 Meredith. Seguire i miei consigli non sarebbe un male.
17 Logan. Giusto per rivoluzionarmi l'esistenza.
18 Meredith. Frammenti.
19 Meredith. Un codardo è più coraggioso di me.
21 Meredith. Ma se ti do fuoco, finisco in prigione?
22 Logan. Mi trasformo in un tubetto di colla a presa rapida.
23 Meredith. Inevitabile.
24 Meredith. I demoni del passato.
25 Logan. Riunione.
26 Meredith. Natale in famiglia.
27 Logan. Meredith 1 Ryan 0
28 Meredith. Tra sogno e realtà.
29 Logan. Cuore contro cuore.
30 Meredith. La felicità di un attimo.
31 Meredith. Mina vagante.
32 Logan. I tuoi occhi.
33 Meredith. Ancora speranza.
34 Logan. Ciò che non so di me.
35 Meredith. Quando ami davvero.
36 Logan. Tattica.
37 Meredith. E adesso sono cazzi.
38 Logan. Temevo mi ammazzasse.
39 Meredith. Confronto.
EPILOGO.
Canzoni
Se avete amato Meredith e Logan.
Sanders Brother's Series
Sanders Brothers Series #2

20 Logan. I bastoni di legno sanno essere molto convincenti.

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By AriannaEna




20 Logan.
I bastoni di legno sanno essere molto convincenti.




Mio padre, e mi fa ancora strano pensare a Ben come al mio genitore, ha capito che qualcosa mi frulla per la testa.

È già venerdì e il giorno del Ringraziamento è stato davvero strano.

Sono arrivato ieri mattina e Ben è venuto a prendermi.

Ammetto che, sebbene ci siamo sentiti al telefono quasi tutti i giorno, mi è mancato e non riesco a capire come sia possibile.

Sono bastati pochi giorni per creare un legame affettivo come non l'ho mai avuto con i genitori con cui sono cresciuto.

È proprio vero che, tra persone affini, ci si intende.

Abbiamo passato una bella giornata, anche se il tacchino era di quelli surgelati, semplicemente da scongelare.

Abbiamo parlato di tutto e di nulla, passando semplicemente del tempo assieme e, in serata, abbiamo guardato la partita con una birra in mano.

Purtroppo il mio pensiero continuava a correre a Meredith e a tutto quello che è successo nelle ultime settimane.

Originariamente non avevo intenzione di dirle nulla, erano solo miei pensieri, ma la situazione mi è sfuggita di mano.

Tutta colpa sua, ovviamente.

Il contrasto evidente tra, il modo in cui si comporta quando è con gli altri, e come si comporta con me, mi è sembrato ancora più evidente con lei stretta tra le mie braccia, in una posizione davvero troppo intima per due persone che vanno solo a letto insieme.

In quel momento, però, invece che chiedermi per quale motivo le permetto di starmi così vicino o del perché lei si sente così a suo agio con me, tanto da abbassare le difese e levarsi la maschera, mi sono chiesto per quale motivo lo fa; Che cosa la spinge a nascondere a tutti la sua vera personalità, quando è così interessante ed accattivante?

Non sono riuscito a frenarmi e ho dovuto chiederglielo.

Non immaginavo che avrebbe reagito a quel modo e, all'inizio non sono riuscito a capire che cosa le passasse per la testa.

Quando si è arrabbiata, arrivando a scappare da me e chiudersi in bagno, allora ho capito che la fa soffrire la situazione e che io sono una specie di valvola di sfogo.

Mi sta bene, dopotutto, in un certo modo, lei è lo stesso per me.

Avrei potuto lasciare stare, ma le parole di Ben, quelle che mi ha detto davanti ad un caffè, prima che io partissi per tornare a Denver, mi sono risuonate in mente, spingendomi a raggiungerla e spingerla a riflettere, perché il suo ragionamento fa acqua da tutte le parti.

Era chiusa in bagno e, quando è uscita, si è avventata su di me come una furia.

La sua sofferenza era palpabile e, se fino a pochi secondi prima ero arrabbiato, ciò mi ha intenerito, fino a cancellare qualsiasi traccia di insofferenza.

Non so bene come spiegare il suo comportamento. Sembrava arrabbiata con me, ma era evidente che invece ce l'aveva con se stessa per qualche motivo.

Il suo pianto disperato ha fatto nascere qualcosa di nuovo dentro di me, una specie di istinto di protezione, perché vederla piangere in quel modo disperato mi ha fatto male.

Se prima volevo solo vederci chiaro e aiutarla a non commettere lo stesso errore di mio padre, in quel momento ho solo provato il desiderio di vederla felice e sorridente come ogni volta che siamo assieme.

Non mi sono soffermato a pesare al perché mi sentissi in quel modo nei suoi confronti, ero troppo occupato a consolarla e a farle dimenticare tutto con una bella scopata dopo.

Non mi aspettavo che sparisse però e ammetto che, per una settimana, o giù di lì, ho tenuto il muso. Ero scontroso, arrabbiato si può dire, e chiunque mi si è avvicinato se n'è accorto.

Ho mandato al diavolo un cliente, che per fortuna l'ha presa a ridere, e anche Adrian, che è arrivato nel momento sbagliato per chiedermi se mi andasse di andare in giro per locali con lui e Dave.

Obbiettivo? Rimorchiare. Ed io ero tutto, tranne che dell'umore adatto per uscire. Inoltre, scopare con un'altra, praticamente per ripicca, mi è sembrato squallido esattamente il secondo successivo al pensiero di farlo.

Ho continuato a pensarci per giorni, fino a quando, una mattina, mi sono svegliato ed era tutto chiaro.

Il motivo per cui se n'era andata, il suo comportamento.

Tutto ha iniziato ad avere un senso, sebbene contorto.

La rabbia ha iniziato a sbollire, tanto che ho deciso di tendere una specie di ramoscello d'ulivo, sebbene fossi piuttosto certo che non fosse la rabbia ad impedirle di scrivermi, bensì l'imbarazzo.

Il modo in cui ha reagito alle mie parole, la sua furia, le lacrime e il dolore, sono sentimenti che non avrebbe mai voluto mostrarmi, credo che non avrebbe mai voluto mostrarli a nessuno. Erano emozioni che si teneva dentro, gelosamente e attentamente chiusi in una cassaforte avvolta da scuse e "buoni propositi".

Io, come del C-4 ben posizionato, ho fatto saltare la porta, liberando tutti i sentimenti e le paure che per tanto tempo aveva soffocato.

Ammetto che, se ci rifletto, ora mi sento un po' in colpa, perché non avevo nessun diritto di interferire, ma mi ha dato profondamente fastidio vedere il suo comportamento contrastante e sapere che, una volta tornata nella sua stanza, quel sorriso sarebbe svanito.

"Allora me lo dici che cosa ti rende così pensieroso? Sono due giorni che hai la testa fra le nuvole e sono cinque minuti che aspetto che mi risponda!"

Mi riscuoto dai miei pensieri e mi giro verso Ben, seduto in poltrona, come sempre.

Sebbene la gamba sia ormai guarita, quando c'è brutto tempo, quindi per buona parte dell'inverno, gli da fastidio.

Lui scherza, dicendo che sono i reumatismi della vecchiaia, ma so che sono le viti a fargli male.

"Non è niente di importante."

"Sciocchezze, ragazzo. Qualcosa di non importante non occuperebbe i tuoi pensieri in quel modo."

Ha ragione e il suo modo un po' burbero di dire le cose fa apparire la frase ancora più incisiva.

Da quello che ho capito, prima del divorzio non era così cupo, immusonito diciamo. Prima era un uomo allegro, solare, sempre pronto allo scherzo, ma credo che sua moglie, lasciandolo, si sia portato via quella parte di lui.

Non sorride molto, è vero, ma si percepisce quando è contento.

"Diciamo che mi sono impicciato di una faccenda che non mi riguardava e lei , giustamente, si è arrabbiata. Abbiamo mezzo discusso, fatto pace e poi non ci siamo più visti o sentiti, dopo che se n'è andata senza salutare. È che non capisco che cosa le passi per la testa."

Faccio una pausa, cercando sul suo volto segni di fastidio, ma trovandovi solo curiosità, decido di continuare. Non ho nessuno con cui sfogarmi.

"Ha una madre che le vuole bene, un fratello maggiore che l'adora e che, se sapesse che ci vediamo, mi spaccherebbe le gambe senza pensarci un attimo, eppure lei è convinta di essere fonte di preoccupazione e non capisco perché ne è convinta. So che da bambina è stata male e per questo, chi le vuole bene, tende ad essere iperprotettivo, ma i bambini si ammalano, stanno male e la colpa non è mai loro."

Mio padre si passa una mano tra i capelli e poi si accarezza la mascella, coperta di ispida barba, con fare pensieroso.

"Sembra una ragazza piuttosto complicata. Perché t'interessa così tanto, scusa?"

La domanda da un milione di dollari.

"Avessi la risposta, per ogni volta che me lo sono chiesto, sarei milionario. Non ne ho la più pallida idea, so solo che non mi piace vederla triste e, ogni volta che ci incontriamo, da giù di morale, si rallegra."

Lui scoppia a ridere come non l'ho mai sentito fare. Va avanti troppo a lungo e ho come l'impressione che stia ridendo di me e questo non mi piace, mi fa sentire stupido.

"Non c'è niente da ridere!" Sono contrariato, quasi offeso, perché non è bello che mi prenda in giro. Io sono serio.

Lui mi guarda, cercando a fatica di tornare a fare il serio.

"Invece c'è molto da ridere, sciocco. Dio, mi ricordi me alla tua età. Anche io ero sciocco e poco sveglio, ma tu, ragazzo mio, sei proprio ottuso."

Lo guardo male e incrocio le braccia sul petto. Sono leggermente permaloso.

"Non fare quella faccia offesa. Sei solo giovane e alla tua età è normale non riuscire ad andare più in la del proprio naso."

Stringo gli occhi a fessure, facendolo scoppiare di nuovo a ridere.

"Non sono un ragazzino idiota!"

Lui tace immediatamente, mettendosi a sedere dritto sulla poltrona e fissandomi con sguardo serio.

"Sei un ragazzo, non ancora uomo del tutto, ed è ovvio che non capisci che, a questa ragazza, ci tieni più di quanto ti immagini!"

Le sue parole, che dovrebbero essere così sagge, mi sembrano scontate. Io so di tenere a Meredith. È una brava ragazza, simpatica, determinata e alquanto impertinente. Inoltre è la sorella di Ryan. Come potrei non tenerci?

"Questo è ovvio!"

"Sciocco. Vai oltre. Che cosa significa lei per te?"

In un altro momento, essere chiamato sciocco mi avrebbe fatto andare fuori di testa, perché troppo vicino agli insulti che ricevevo da bambino, ma è evidente che per Benjamin sono come degli "insulti" bonari. Non c'è cattiveria e inoltre, la sua domanda, sebbene molto simile a quella che mi sono posto per due settimane, mi fa vedere le cose sotto una luce un po' diversa.

Chi è, esattamente, Meredith per me? Che ruolo ha nella mia vita?

Doveva essere l'avventura di una notte, una ragazza da non rivedere più se non di tanto in tanto. Le nostre vite erano molto diverse quando ci siamo rivisti dopo tanto tempo.

Poi è diventata una recidiva, una giovane donna a cui non riuscivo a dire di no, come stregato da un incantesimo.

Fin lì eravamo ancora solo due persone che semplicemente godevano della rispettiva compagnia.

Quando è cambiato tutto?

Prima o dopo che le ho chiesto di continuare ad andare a letto assieme?

Forse la famosa mattina dove abbiamo quasi rischiato di essere scoperti, perché quella domenica l'abbiamo passata assieme, chiacchierando di cose futili, ridendo e scherzando, felici di averla scampata ancora una volta.

Oppure quando mi ha chiamato perché la andassi a prendere il giorno di Halloween.

Oppure la mattina dopo, quando le ho parlato di Ben e l'ho vista emozionarsi per me.

Oppure, semplicemente, tutte queste cose assieme, hanno creato qualcosa che non capisco.

Ora Meredith, nella mia vita, non ha un ruolo preciso. Andiamo a letto assieme, a meno che non cambi idea, probabilmente siamo amici e , come io mi preoccupo per lei, so che lei si preoccupa per me, come ha dimostrato la sua insistenza perché venissi a Tucson.

"Non lo so!"

Ammetto a voce alta e l'espressione di mio padre si addolcisce, mentre un sorriso soddisfatto gli increspa le labbra. Perché sembra sempre sapere tutto lui?

"Questa è la cosa più onesta che hai detto da quando abbiamo iniziato a parlare di lei. Tu che ruolo hai nella sua?"

Questa è una altra domanda insidiosa che, per qualche motivo, non mi sono mai posto.

So che gli piaccio, che adora il mio corpo e che, esattamente come io non so resistere a lei, lei non riesce a farlo con me, ma mi sento come una parentesi provvisoria della sua vita.

Lei ha fatto dei progetti, che non hanno nulla a che vedere con me e, quando non stiamo assieme, la sua vita, esattamente come la mia, va avanti normalmente.

Io mi ritrovo a pensarla più spesso di quanto dovrei, mentre sono sicuro che per lei non sia lo stesso. Ogni volta che ci siamo incontrati, fuori dal "programmato", mi è sempre sembrata fredda, composta. Un'altra Meredith.

No, di questo sono sicuro.

"Io non ho nessun posto nella sua vita. Lei ha fatto dei programmi che non mi includono. È sempre stato così!"

Dirlo a voce alta mi fa sembrare questa cosa ancora più fastidiosa di quanto non risultasse nei miei pensieri.

"Oh, quindi questa è una cosa che non ti piace. Che tipo di progetti?"

Arriccio il naso, perché non mi piace pensarci e non ho nemmeno le idee molto chiare. È stata piuttosto vaga.

"Ha accennato a qualcosa come trovarsi un bravo ragazzo che la tenga fuori dai guai, che possa rassicurare la sua famiglia in modo che non si preoccupi, quindi qualcosa di completamente diverso da me."

Questo mi spinge a chiedermi che cosa ci faccia vicino a me allora.

Sono solo un capriccio? Uno sfizio da togliersi prima di iniziare la sua idilliaca e stupidissima vita perfetta?

"Ti da fastidio, eh?"

Lo dice con supponenza, come se fosse a questo punto che voleva portarmi fin dall'inizio.

"È una cosa stupida. Ovvio che mi dia fastidio!"

Lui ridacchia, riappoggiandosi comodamente allo schienale della poltrona.

"No, ti da fastidio perché sei convinto che non andresti mai bene per il ruolo che lei ha in mente!"

Scuoto la testa, tanto forte da farmi male al collo.

"Non è per quello. È una cosa stupida da fare. Non puoi programmare il tuo futuro a tavolino ed essere convinto che sarai felice. La sola idea l'ha fatta scoppiare a piangere. Inoltre non ne sono solo convinto, ne sono certo."

"Perché?"

La sua domanda mi stupisce. Lui, più di chiunque altro, dovrebbe sapere il perché. Gliene ho parlato.

"Te l'ho già detto."

Lui scuote la testa, fulminandomi con un occhiata gelida.

"Io non posso cambiare. Se anche volessi provarci, sarebbe impossibile. Io sono questo. Sono tuo figlio, è vero, ma rimarrò comunque il bastardo di Paula. Questa è la triste verità."

Lui si alza in piedi, minacciandomi con il bastone.

Il pensiero di quel nodoso pezzo di legno contro la mia testa fa male e spero decida di non usarlo davvero come arma.

"Non lo ripetere mai più, Logan. Tua madre ha sbagliato, ma non sei assolutamente un bastardo. Se avessi saputo della tua esistenza, avrei fatto di tutto per portarti via da lei, quindi tu hai un padre e qualcuno da poter chiamare famiglia. Non è mai troppo tardi, il fatto che tu sia qui lo dimostra."

Fa una lunga pausa e sento la rabbia che animava la sua voce fluire via.

"Inoltre nessuno ti sta dicendo che devi cambiare. Tu vai benissimo così come sei. Hai costruito molto dal nulla e dovresti andarne fiero. Inoltre, noi uomini non cambiamo, mai; Men che meno per una donna. Scopriamo solo di essere più complicati di quello che pensavamo."

Poggia la mia mano sulla testa e mi scompiglia i capelli come se fossi un bambino, facendo sgorgare dentro di me un incredibile sensazione di calore.

"Sei un bravo ragazzo, Logan. Non lasciare che il modo in cui sei cresciuto ti privi della possibilità di qualcosa di bello. Non fare il mio stesso errore."

Non capisco dove voglia arrivare con questo discorso, ma so che, se anche continuassi a pensarci, non lo capirei.

Il mio silenzio gli basta, perché lo sento allontanarsi in cucina e mi lascia da solo con i miei pensieri.

Per fortuna il telefono sceglie proprio quel momento per suonare e mi affretto a prenderlo, sperando che mi distragga dalla valanga di cose che mi sento dentro e che non capisco.

Mi dispiace!

Automaticamente sento un enorme sorriso farsi strada sul mio viso.

Di sicuro queste due paroline non rendono più facile arrivare ad una conclusione, ma mi hanno di sicuro ridato il buonumore.

Lo leggo ancora una volta, soffermandomi sul nome del mittente, come se la miniatura della sua foto non fosse abbastanza.

Io, questa ragazza, proprio non la capisco.








Eccoci quì con un nuovo capitolo e spero che vi sia piaciuto, perché entrare nella testa di Logan non è per nulla facile. Spero davvero di cuore che vi sia piaciuto e spero che vogliate lasciarmi qualche commento. Vi aspetto domani sera o al massimo sabato entro l'ora di pranzo per il capitolo successivo. Kiss kiss.

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