Catch the fire

By Fiorescato

49.6K 2.7K 363

Evan e Trey sono amici di infanzia. Hanno due caratteri opposti, nessun sogno comune. Sono due poli opposti d... More

Cap. 1 Evan
Cap. 2 Trey
Cap. 3 Evan
Cap. 4 Trey
Cap. 5 Evan
Cap. 6 Trey
Cap. 7 Evan
Cap. 8 Trey
Cap. 9 Evan
Cap. 11 Evan
Cap. 12 Trey
Cap. 13 Evan
Cap. 14 Trey
Cap. 15 Evan
Cap. 16 Trey
Cap. 17 Evan
Cap. 18 Trey
Cap. 19 Evan
Cap. 20 Trey
Cap. 21 Evan
Epilogo - Trey & Evan

Cap. 10 Trey

2.1K 126 17
By Fiorescato



Se avesse detto di no come faceva ogni volta...

Se avesse ignorato Aaron come era solito fare con ogni cosa...

Se...

Se...

Milioni, macché miliardi, di possibili ''SE'' che lo avrebbero tenuto lontano dalla situazione nella quale si trovava adesso.

Perché Evan non poteva mentire. No! Evan era troppo onesto per non dire le cose che pensava, o meglio provava, in questo caso.

Anche i mafiosi dei migliori film erano omertosi, ma Evan? No, lui no! Evan doveva essere onesto con tutti e Trey ancora si chiedeva se lo facesse perché sperava in un biglietto per i cancelli celesti o, semplicemente, perché tra il cervello e la lingua non aveva alcun tipo di filtro.

Al momento non gli interessava, l'unica cosa che davvero gli premeva era andarsene da quella casa e scappare dalle parole che pesavano su di lui come macigni.

Era cosciente che con il suo «Mi dispiace» Evan avrebbe potuto pulircisi il culo, ma la sua testa non era riuscita a partorire altro.

Lo squillo del cellulare lo ridestò da quelle considerazioni senza via di uscita e lo fece ripiombare in quella stanza piena di ricordi...senza Evan.

Quando se n'era andato?

Un'occhiata ad Aaron suggerì di non fare una domanda che gli sarebbe valsa un ''vaffanculo lanciato''. Meglio sorvolare.

Afferrò il telefono e rispose senza farsi troppi problemi. Era già successo in passato perché tra di loro non esistevano segreti (Avrebbe dovuto discutere con il suo migliore amico circa i limiti di quest'ultima parola).

«Evan...» La voce roca e bassa portò con sé un sospetto sgradito che si sforzò di scacciare.

«No, non sono Evan...» allontanò il display e quello che vide fugò ogni possibile bugia avesse deciso di raccontarsi. «Jared...» Non credeva che un nome potesse essere pronunciato più freddamente, ma l'interlocutore parve non accorgersene.

«Immagino che Evan non sia disponibile al momento...»

Basta? Nessuna accusa velata? Nessuna domanda? Nessuna indignazione per una voce maschile sconosciuta che risponde al telefono dell'uomo che speri di portarti a letto?

Trey era ignorante in materia di relazioni, ma era certo non avrebbe avuto un tale aplomb in una situazione simile.

Il diavoletto sulla sua spalla sussurrò di approfittarne. Quando gli sarebbe ricapitata l'occasione di instillare un ragionevole dubbio nella mente dello pseudo scopamico di Evan?

Ma l'amicizia e il senso di protezione che da sempre nutriva per il suo migliore amico, ebbero la meglio.

«Se dovessi mai farlo soffrire la tortura diventerebbe il mio sport preferito. Imprimiti a fuoco questa promessa nella mente...Jared»

A passi pesanti si allontanò dalla stanza sussurrando quelle parole a mezza bocca cosicché nessun altro le sentisse.

«E tu saresti?»

«Non è importante chi sono io, quello che conta è che tu abbia capito perfettamente quello che ti ho appena detto. Evan non merita di soffrire né di essere preso in giro»

«Non voglio prenderlo in giro...» Il tono di voce serio e deciso avrebbe potuto convincerlo se Trey non fosse stato così scettico in proposito. Nessuno era onesto, tranne Evan, e tutti mentivano per ottenere quello che volevano. Jared voleva Evan e di conseguenza avrebbe fatto tutto il possibile per arrivare all'obbiettivo. Fine della storia.

«Tu non meriti Evan e nemmeno che io sprechi il mio tempo con te...»

«E chi lo meriterebbe, sentiamo...»

Quella era una domanda insidiosa, ma prima che potesse elaborare una risposta il suo stupido istinto prese il sopravvento e le labbra formularono un'unica parola: «Io»

Fanculo!

Marciò verso Evan più incazzato con se stesso di quando non ricordasse, e gli sbattè il cellulare sul palmo della mano.

«Hai lasciato il cellulare. E' Jared...»

Quel nome sembrava lava liquida sulla lingua ed era certo che Evan se ne fosse accorto.

Con una smorfia si allontanò e prese posto sotto al porticato vicino ad una grande giara di terracotta dove erano piantanti dei ranuncoli gialli.

Alexandra adorava quei dannatissimi fiori.

I primi tempi, quando abitava ancora dallo zio, ma passava più tempo a casa Jhonsonn, quei puntini gialli adornavano ogni angolo della casa facendolo starnutire ed arricciare il naso.

Non aveva mai fatto parola con nessun di quel fastidio, eppure un bel giorno erano scomparsi.

Senza una parola, senza bisogno di spiegare Alexandra li aveva fatti sparire trasferendo la sua passione all'esterno delle mura domestiche.

Trey si era chiesto spesso se la mamma di Evan applicasse quel principio ad ogni altra cosa nella vita. Si limitava ad osservare ponendo rimedio laddove poteva; non accusava, non scusava, non giocava con i sentimenti altrui ed era più simile al suo migliore amico di quando si fosse mai reso conto prima d'ora.

Un sospiro sofferto lasciò le sue labbra perdendosi nel tramonto serale.

Alexandra e Bryan avevano aperto le porte di casa loro ad un adolescente colmo di sofferenza senza fare una sola domanda.

Trey sapeva che i genitori di Evan avevano parlato con suo zio Kyle, ma non aveva mai chiesto cosa si fossero detti.

Seduto sotto il porticato continuava a ripetere nella sua testa la conversazione che non avrebbe mai avuto occasione di fare con i suoi genitori.

«Papà, non volevo che le cose andassero così tra di noi. Forse non sono il figlio che desideravate, ma vi voglio bene. Non posso cambiare, non voglio nemmeno farlo, ma non sono disposto a perdervi per quello che è il mio essere»

Suo padre lo avrebbe guardato per un lungo istante senza dire una parola, avrebbe scambiato un'occhiata con sua madre e poi entrambi avrebbero spalancato le braccia per accoglierlo nuovamente in seno alla famiglia.

Una mano sulla spalla lo aveva strappato a quei sogni ad occhi aperti riportandolo ad un presente che odiava.

In quel mondo Trey era un orfano e questo non sarebbe stato nulla, milioni di ragazzini perdevano i genitori molto prima di quanto non fosse successo a lui, ma quanti di loro dovevano convivere con parole di odio e rifiuto?

Quanti di loro durante la notte sentivano la voce del loro padre che diceva allo zio: « Prendilo tu, io non ce lo voglio in casa mia. Portalo via Kyle, porta via questo mostro o Annie ne morirà»

Come si poteva sopravvivere ad un peso del genere? Come si poteva pensare di non essere sbagliati quando i tuoi stessi genitori odiavano quello che eri? Trey non lo sapeva.

Gli occhi grigi umidi e pieni di tristezza avevano incrociato quelli azzurri e teneri di Alex che con la mano protesa verso di lui aveva semplicemente detto: «Andiamo a casa.»

Da quel giorno la villetta a schiera con i ranuncoli gialli era diventata CASA. Quelle mura erano un posto dove Trey si sentiva completamente accettato; lì non doveva fingere, nessuno lo giudicava e Bryan riusciva anche a scherzare sulla sua bisessualità.

«Ehy Trey guarda questa ragazza?» Le sopracciglia cespugliose si erano alzate e le dita avevano scorso veloci le pagine della rivista fino a trovare quello che cercava. «Forse preferisci lui...»

Negli occhi verdi era passato un lampo divertito e le labbra sorridenti avevano mormorato: «Comodo però. Così si ha l'imbarazzo della scelta...»

Scosse la testa a quei ricordi dolciamari e scese dal portico diretto alla moto.

Tempo di andare, di lasciar andare i ricordi, ma non le persone.

«Ehy bell'uomo! Hai finito di crescere?»

Alex era in piedi accanto alla moto verde con un ampio sorriso sul volto. Il corpo snello, i capelli come quelli di Evan, ma con una sfumatura più chiara e gli occhi azzurri, Alexandra non avrebbe mai dimostrato gli anni che invece aveva.

Chinò il suo metro e novanta in avanti per permetterle di avvolgere le braccia intorno al collo stringendole a sua volta la vita con delicatezza.

«Fate i bravi ragazzi. E tu...» Quegli occhi troppo sagaci incrociarono i suoi mentre un sospiro lasciava le labbra rosa «Abbi cura di Evan, per favore...»

Doveva dirle che al momento non stava facendo un bel lavoro? Che aveva incasinato tutto quanto con il suo modo di essere? No, non era il caso.

«Lascia andare mia moglie, gigante!» Ridendo lasciò andare la presa e si voltò verso Bryan ricevendo pacche sulle spalle ed un breve abbraccio.

«Fate attenzione...» Entrambi si voltarono verso di lui con un sorriso comprensivo. Conoscevano la sua storia, non c'era bisogno di aggiungere altro.

Trey non temeva per la propria vita, non lo aveva mai fatto, ma per gli altri...Quello era un discorso diverso.

Prese posto sulla moto ed afferrò il casco incrociando brevemente gli occhi azzurri di Evan. Non c'erano stati saluti tra di loro, perché nessuno dei due avrebbe saputo cosa dire. Trey lo capiva, ma questo non significava che facesse meno male. Dopo un'ultima occhiata ed un'altra ancora più breve con Aaron diede gas accodandosi alla Camaro.

Evan amava quella macchina, era il suo piccolo gioiellino e lo trattava come un cucciolo bisognoso di cure.

Pochi metri e si ritrovarono al semaforo che avrebbe diviso le loro strade. Osservò l'auto svoltare provando una sensazione pesante alla bocca dello stomaco.

Evan non aveva detto quando sarebbe tornato e Trey non gli aveva detto che non era stato accettato nell'esercito. Lo stava lasciando partire con la certezza che, presto o tardi, lui se ne sarebbe andato all'estero, magari per una missione.

Non era giusto.

Nell'attimo in cui quel pensiero sedimentò la decisione fu semplice. Non lo poteva fare. Doveva dirgli almeno quello.

Aprì il gas, piegò e il tempo si fermò all'improvviso.

La Camaro davanti a lui stava per essere speronata da un'altra auto che non aveva rispettato il semaforo.

Tutte le preghiere e la velocità del mondo non avrebbero potuto impedire l'impatto e Trey si ritrovò impotente ad assistere al peggior spettacolo della sua vita.

Quell'immagine era la realizzazione di tutte le sue peggiori paure.

Il rumore delle lamiere e quello dell'impatto penetrarono dentro di lui gelandogli il sangue.

Frenò bruscamente e scese senza preoccuparsi di come e se Aaron fosse riuscito a tenerla in piedi.

Non gli interessava, niente era importante in quel momento se non sapere come stava Evan.

Corse verso la Camaro ignorando il conducente dell'altra auto riverso sul volante.

Quel bastardo poteva morire per quanto lo riguardava.

Le lamiere contorte dell'auto somigliavano a pugnali conficcati in una ferita aperta, ma non poteva farsi spaventare.

''Sta bene. Deve essere così, perché nessuno può infierire la stessa pena due volte, vero? E' vero Dio che non lo faresti mai?''

Quella domanda silenziosa non avrebbe ottenuto risposta, ma non era vitale. Quello che lo era davvero era vedere Evan, toccarlo, sentirlo respirare.

Arrivato sul lato del conducente osservò la scena provando un brivido lungo la schiena. La testa del suo migliore amico era china sul volante, mentre il busto era completamente schiacciato contro la portiera, come se vi fosse stato rimbalzato contro.

Inspirò bruscamente ed afferrò la maniglia tirandola con tutta la forza della disperazione che avvertiva.

Privo del supporto il corpo di Evan scivolò di lato e Trey lo afferrò percependo un lieve gemito.

«Grazie Dio...»

Non si rese nemmeno conto di aver pronunciato quelle parole troppo preoccupato di accorgersi che quel suono proveniva da se stesso e non da Evan.

Sollevò la mano tastando il viso ed il collo, mentre si lasciava andare sull'asfalto tirandosi il corpo inerme in grembo.

«Giuro su Dio che se non apri gli occhi ti spacco il culo, Evan...Devi svegliarti perché ho bisogno di dirti che avevi ragione...Che non parto più e che forse ho fatto una cazzata a lasciare l'università...Apri gli occhi, piccolo...»

La voce si ruppe su quel nomignolo che non aveva mai usato prima d'ora.

Evan era un metro e ottanta, non esattamente quello che si sarebbe potuto accostare ad un termine del genere, eppure in quel momento, immobile sulle sue gambe con il viso pallido, una ferita sulla fronte e le labbra esangui, non gli era mai sembrato più appropriato.

«Svegliati, cazzo! Non mi puoi mollare cosi, hai capito? Lo hai giurato...»

Un leggero gemito interruppe le sue chiacchiere spingendolo a sgranare gli occhi e trattenere il fiato.

Doveva essere lui.

Doveva essere sveglio.

Con il fiato inceppato in gola attese un cenno, qualunque esso fosse, che gli dimostrasse che Evan era presente e finalmente lo ottenne. Gli occhi azzurri si aprirono lentamente, velati di dolore e confusione ed il fiato, che aveva trattenuto fino a quel momento, lasciò i suoi polmoni.

«Grazie...»

Serrò lo palpebre e cercò di imbrigliare le emozioni che lo stavano sommergendo. Passato e presente si fusero in un'unica immagine facendolo tremare, mentre la paura defluiva dal suo corpo e scivolava sull'asfalto bollente.

«Cosa è successo?»

Dilatò le narici al suono di quella voce che aveva temuto di non poter più sentire e, con lentezza, riaprì gli occhi cercando quelli del suo migliore amico.

«Un'auto ti è venuta addosso...» La voce roca lo avrebbe messo in imbarazzo in un altro momento, ma era certo che Evan non l'avrebbe percepita, troppo stordito dall'incidente.

«I miei genitori? E il tizio dell'altra auto? Stanno tutti bene?»

Dolce e premuroso Evan che finiva sempre per preoccuparsi per gli altri prima che di se stesso. Con un groppo in gola si limitò ad annuire e stringere la presa intorno al corpo dell'altro uomo.

«Avrei potuto perderti in questo momento...»

Sembrava la che la sua mente si fosse inceppata in un attimo preciso e non fosse in grado di uscirne.

Nonostante potesse vedere Evan, stringerlo e parlare con lui, non riusciva a capacitarsi che quell'incubo fosse davvero finito.

Nessuno avrebbe bussato alla sua porta quella sera per dargli una notizia terribile. Non sarebbe successo un'altra volta.

Sollevò le braccia strette intorno al corpo del suo miglior amico e chinò la testa nascondendo il viso contro il suo collo.

«Non posso sopportarlo un'altra volta, Evan. Non può succedere...»

Non importava che l'asfalto bruciasse, che il sole del tramonto scaldasse le loro spalle e che, probabilmente Aaron stesse osservando la scena. Non gli importava di nulla tranne dell'uomo che stringeva tra le braccia e del suo respiro leggero che gli accarezzava la pelle.

«Sto bene Trey, sono solo un po' ammaccato, ma tu dovresti saperlo, no? Non ci siamo forse scambiati le parti?»

La risata appena nata si interruppe immediatamente spingendolo a sollevare la testa di scatto per osservare la sua espressione.

«Hai male da qualche parte? Dobbiamo andare in ospedale, chiamare un'ambulanza, un medico, qualcuno...» Parlò spostando lo sguardo in cerca di Aaron o di qualunque altro aiuto possibile. Evan poteva avere qualcosa di rotto, delle emorragie e non poteva perderlo perché non si era preso cura di lui nella maniera corretta.

«Trey...»

Gli occhi grigi individuarono la figura di Aaron accanto all'altra auto. L'amico stava controllando il conducente in cerca di ferite, ma l'unica cosa che premeva a Trey era che chiamasse aiuto.

«Devo avvertire Aaron...»

«Trey...Trey!»

Il tono secco ed il palmo della mano posati sulla guancia riuscirono a catturare la sua attenzione.

«Cosa?»

«Sto bene. Mi fa' male la testa, ma il resto del mio corpo sta bene...»

Premette le labbra tra di loro contrariato, ma senza la possibilità di ribattere. Conosceva Evan abbastanza bene da sapere che gli avrebbe sbattuto in faccia il suo comportamento nella stessa situazione.

«Puoi alzarti?»

«Se mi lasci andare posso provarci...» Un sopracciglio si era sollevato verso l'alto e le labbra avevano assunto la tipica espressione divertita che Trey associava alle loro prese in giro.

Con riluttanza lo lasciò andare osservandolo da vicino, così da poterlo aiutare in caso di bisogno immediato.

Si alzò con lui torcendo le labbra nell'attimo in cui lo vide ondeggiare leggermente e protese le braccia per reggerlo.

«Ce la faccio, Trey...»

Un sorriso, uno di quelli genuini che non vedeva da diverso tempo, disegnò le labbra di Evan e lo fece rabbrividire.

«Cazzo, mi sei mancato...»

Non voleva dirlo. Non avrebbe nemmeno dovuto dirlo, ma le sue emozioni in quel momento erano un vero e proprio casino.

Registrò la meraviglia che passò negli occhi di Evan, ma, prima che la situazione si potesse fare imbarazzante, Aaron fece la sua comparsa iniziando a parlare.

Grazie, Signore.

Di nuovo.

«Sto bene davvero. Devo avvisare i miei genitori...»

''Stanno arrivando. Sono tornati indietro e hanno avvisato i soccorsi e la polizia. Tu eri con Trey e per loro era sufficiente...''

Aaron si limitò a scrollare le spalle come se quelle parole non avessero un peso, ma lui ne percepiva tutta la responsabilità.

Alex e Bryan si fidavano e lui cosa aveva fatto?

Cosa cazzo stava facendo?

«Evan, stai bene?»

Una nuvola di capelli rossi gli passò accanto un attimo prima che la madre ed il padre di Evan si stringessero attorno a lui, controllando le ferite e facendo domande.

Tutto nella norma insomma.

«Perché non hai ascoltato Trey?»

«Esatto perché non mi hai ascoltato?»

Prendere in giro Evan quando Alex gli faceva il processo era sempre divertente.

«Guarda come ti sei conciato e dobbiamo andare alla messa di Natale! Sanguini e stai macchiando la camicia. Bryan! Porta dell'acqua ossigenata»

«No, ma' dai, sto bene e poi quella brucia...»

«Se non stai zitto finirò per lavartici la lingua con quella. Eppure Trey ti aveva avvertito...»

«Io lo avevo fatto in effetti...»

L'occhiataccia di Evan non gli aveva impedito di scoppiare a ridere di gusto.

«Parete di edera: 1 – Evan Jhonsonn: 0»

Quel ricordo saltato fuori dal nulla riuscì a strappargli un altro sorriso, prima che Alex iniziasse a distribuire ordini.

«Tu..» Indicò Aaron con la punta dell'indice «Porta a casa la moto...»

Trey aprì la bocca, ma bastò una semplice occhiata per spingerlo a richiuderla e farlo annuire come un pupazzo a molla.

Non biasimava Aaron per lo sguardo spaventato e sconvolto che aveva in quel momento. Non affidava volentieri la sua bambina a nessuno, ma adesso Evan aveva la priorità su tutto il resto.

«Mi fido, ma trattala bene...» La minaccia, nemmeno troppo velata arrivò a destinazione ed Aaron si allontanò dopo aver alzato il pollice ed essersi fatto promettere di essere tenuto informato.

«Tu...» Il dito girò in direzione di Evan. «I paramedici ti visiteranno e poi andrai a casa...»

Qualsiasi discussione fu messa a tacere dalla voce decisa di Bryan che interruppe la moglie – Era l'unico a poterselo permettere-

«Ci occupiamo noi della macchina e di tutto il resto. Non voglio discussioni...»

«E tu...» Ecco arrivato il fatidico momento in cui toccava a lui «Andrai a casa con lui e resterai lì almeno fino a quando uno di noi due non tornerà. Sono stata chiara?»

Cosa poteva dire davanti ad un ordine materno dettato dalla preoccupazione e dalla paura?

Si limitò ad annuire e si tenne ai margini mentre l'ambulanza accostò e un paramedico visitò Evan decretando, alla fine, una leggera commozione cerebrale e niente di più.

«Può andare a casa, ma dovete controllare che non si addormenti almeno per un paio di ore ancora. Durante la notte poi dovreste svegliarlo in modo da controllare che sia vigile...»

«E' tutto chiaro, Trey?» Gli occhi inquisitori dei genitori di Evan lo inchiodarono al marciapiede spingendolo ad annuire nuovamente.

La paura doveva avergli bloccato le corde vocali, perché non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo.

«Sali dietro, vi diamo un passaggio fino a casa...»

La vecchia casa di Evan.

La casa della loro giovinezza, quella che lo aveva abbracciato e che lo aveva visto crescere.

Deglutì il groppo che sentiva in gola e prese posto accanto al suo amico senza sapere cosa dire.

«Non sei obbligato a restare...»

«Nessuno ha detto che sono obbligato a fare qualcosa, Evan...»

«Mia madre non ti ha lasciato molta scelta, Trey...»

Quelle poche parole riuscirono a strappargli una risata sommessa appena prima che l'ambulanza si fermasse davanti alla villetta.

«Andiamo a casa e vediamo di tenerti sveglio...»

Non aveva idea di cosa avrebbe fatto per far sì che non si addormentasse, ma qualcosa gli sarebbe venuto in mente.

Forse non parlavano da un po', forse al momento non si capivano, ma era certo che gli argomenti non sarebbero mancati.

Erano amici da una vita, come poteva essere diversamente?

Salirono le scale del porticato in silenzio e nella stessa maniera varcarono la soglia entrando nel salotto quasi vuoto.

Era strano pensare a quelle mura deserte.

«Non ti fa' strano pensarci? Pensare che tra poco qui non ci sarà più niente?»

Bravo Evan! Era sempre stato bravo a tirarlo fuori dalle situazioni imbarazzanti e questa era solo l'ennesima dimostrazione.

«Forse un po'...» Scrollò le spalle guardandosi in giro, ricordando ogni oggetto senza però ritrovarlo «Ma questo non significa che le cose cambino, giusto? E' solo una casa, le persone che la compongono, sono loro che fanno la differenza...»

«Già...Così dicono. Sai dicono anche che alcune cose non cambiano nella vita, ma non è sempre vero...»

No, quella era una discussione che non si sentiva di fare, ma non aveva la più pallida idea di come arginarla.

«Stai tranquillo Trey non voglio parlare di quello che è successo prima o nei giorni scorsi. Sono felice per te e per le scelte che hai fatto...»

«Sei un bastardo bugiardo! Di cosa saresti contento Evan? Del fatto che io parta per l'Afganistan? E' questo che ti fa' felice?»

Percorse i pochi metri che lo separavano da lui e lo afferrò per gli avambracci obbligandolo a reclinare la testa per guardarlo in faccia.

«Di cosa sei felice? Che io non sia stato accettato? Che la mia sordità mi abbia penalizzato? O forse quello che ti fa' davvero contento è il fatto che io sia quasi morto di paura? Potevo perderti lo sai?»

Strinse la presa e lo scosse come una bambolina cosciente del fatto che le sue emozioni sembravano aver rotto gli argini.

Tutto quello che aveva provato, la paura che era certo fosse strisciata sull'asfalto, il passato, i ricordi, stava vomitando tutto in quel preciso istante.

«Cosa cazzo è che ti fa' tanto felice Evan?»

«Ma che cazzo stai facendo? Calmati Trey»

La presa era troppo stretta perché Evan potesse riuscire a divincolarsi, ma ogni tentativo non faceva altro che far affondare le dita più in profondità nella pelle.

«Calmarmi? Lo sai cosa ho provato? Sai cosa vuol dire vedere la persona alla quale tieni più di chiunque altro a pochi passi dalla morte? Lo sai cosa vuole dire?»

«Sono stato io a raccoglierti dalla strada pochi giorni fa', te lo ricordi? Quindi non venirmi a chiedere se so cosa si prova»

«Tu non sai un cazzo, Evan! Non lo sai quanta paura ho avuto...» Fissò quegli occhi azzurri lasciando trasparire tutti i sentimenti provati e lo trascinò contro di sé stringendolo al petto.

«Non sai quanto ho pregato che non succedesse...» Chinò il viso sussurrando al suo orecchio «Non può esistere un mondo dove tu non ci sei...»

Tremò violentemente aggrappandosi al corpo del suo migliore amico e ruotò il viso sfiorando con il naso la pelle calda e profumata del collo.

«Non voglio nemmeno pensarci, perché non riuscirei a viverci...»

Socchiuse le labbra e le posò sulla vena pulsante, mentre il corpo stretto al suo si irrigidiva.

«Trey...Che cosa stai facendo?»

«Ho sempre fatto un sacco di cazzate nella mia vita...»

Sollevò il viso ed incrociò i suoi occhi sperando che cogliesse la determinazione e la passione che lui stesso sentiva bruciare dentro di sé.

Per anni aveva considerato Evan offlimits. Era uno di quei sogni erotici che puoi accarezzare da lontano, ma che non puoi permetterti di avere. Ma adesso le cose erano cambiate.

La vita non faceva sconti a nessuno. Non esisteva il concetto di 'già successo'. Ognuno era vulnerabile e quello che prima davi per scontato avrebbe potuto scomparire con un battito di ciglia. Loro ne erano la prova tangibile.

Sfiorò con il pollice i contorni di quel viso che conosceva così bene e si umettò le labbra con la punta della lingua.

«Ma per la prima volta sento che sto facendo la cosa giusta. Sento che questo è giusto, Evan. Adesso. Noi due...»

Spostò gli occhi sulle labbra socchiuse e, prima che potessero anche solo formulare una frase, le sigillò con le proprie.

Aveva baciato centinaia di persone, ma questo bacio fu diverso.

Il contatto delicato inviò una lunga scia di colore lungo la schiena e Trey era certo di poterla vedere dietro le palpebre chiuse. Il rosso e l'arancio si mescolavano perfettamente lasciando ai margini un striscia di giallo acceso, quelle erano le tinte che aveva sempre associato ad Evan e le uniche che potevano venirgli in mente.

Spinse la punta della lingua chiedendo il permesso di entrare e percepì distintamente le parole soffocate di Evan: «Trey cosa stai facendo?»

Sollevò il viso spingendo il corpo contro il suo, così che l'altro potesse percepire la durezza della sua erezione dietro la patta dei jeans.

Non era una scopata per pietà, non era nemmeno un ripiego o lo sfogo di un'emozione. Era qualcosa di più che non avrebbe saputo definire a parole.

Voleva Evan. Lo aveva sempre voluto, ma adesso sentiva dentro di sé una disperazione diversa, come se il tempo tra di loro stesse per scadere.

«Prendo quello che ho sempre voluto, ma che mi sono sempre negato...»

Gli occhi azzurri sgranati erano una risposta sufficiente per lui. Non voleva sentire altro che non fosse il corpo di Evan contro il suo.

Sigillò nuovamente le labbra, questa volta con meno delicatezza, e lasciò che la passione prendesse il sopravvento.

Le mani si mossero lungo la schiena fino ad affondare nelle natiche sode strizzandole e premendo quel corpo solido contro il suo.

La reazione di Evan e l'erezione che sentiva premere contro la coscia era tutto quello che gli serviva. Le parole erano un problema per Trey, lo erano sempre state. Esprimere quello che sentiva o desiderava lo aveva sempre messo in agitazione; il tono di voce, uno sguardo, un'erezione, in questo caso, erano molto più chiare.

Gemette dentro quella bocca calda e spostò le mani afferrando l'orlo della maglietta che ricopriva la pelle calda alla quale agognava. Voleva Evan subito.

Con il fiato corto si staccò da lui e strattonò il tessuto fino a farlo passare sopra la testa.

«Trey...»

«Basta parlare. Sono così stanco di parlare...»

Con la voce bassa e roca si inginocchiò senza staccare gli occhi dai suoi e armeggiò con il bottone dei jeans fino a farlo scattare.

«Non sei stufo anche tu Evan?»

Trascinò jeans e boxer verso il basso rivelando il sesso turgido e lucido.

«Ho altri progetti per la tua bocca...»

Leccò le proprie labbra e protese il viso in avanti leccando le palle per poi risalire lungo la vena pulsante dell'asta. Un gemito accarezzò le sue orecchie spingendolo a sorridere; un sorriso di sfida mentre gli occhi grigi incrociavano quelli azzurri e le labbra si chiudevano intorno alla punta.

Incavò le guance e succhiò con forza mugugnando per quel sapore salato e pungente che, da quel momento, avrebbe sempre associato ad Evan.

Non aveva mai amato fare pompini, ma era certo che avrebbe potuto passare la vita con il cazzo di Evan stretto tra le labbra.

Il corpo rigido davanti a lui finalmente si rilassò, le mani dalle dita lunghe si sollevarono intrecciandosi nei capelli e Trey si lasciò andare del tutto.

Mosse la testa avanti e indietro, vorticò la lingua intorno alla punta premendo sul piccolo buchino sensibile per poi tornare ad ingoialo fino alla base e sollevò la mano stringendola intorno ai testicoli duri.

Il corpo di Evan tremò spingendolo a gemere e staccarsi con un piccolo schiocco.

«Non voglio che tu venga adesso. Voglio che tu lo faccia con me dentro di te...»

Lo sforzo per mantenere il controllo era qualcosa che non aveva mai provato prima, ma per Evan lo avrebbe fatto.

Si alzò in piedi e lo spinse indietro fino al divano dove lo fece sdraiare.

Era consapevole del fatto che Evan non aveva ancora detto una parola, ma non era certo se quello fosse o meno il suo modo di fare.

Forse non amava parlare durante il sesso. In fondo quando ancora scopavano in coppia non ricordava di averlo mai sentito dire qualcosa, anche se il fatto che l'altra fosse una donna poteva fungere da deterrente.

Scansò quei pensieri e divaricò le gambe fino ad esporre la piccola apertura grinzosa ai proprio occhi.

Un gemito carico di aspettativa lasciò le sue labbra e, prima che potesse impedirselo, fece una cosa che non aveva mai fatto prima di allora: chinò il viso e passò la lingua su quella piccola rosellina.

Nel suo corpo esplosero una serie infinita di fuochi d'artificio e, incapace di trattenersi, premette la lingua contro di lui penetrandolo più e più volte.

In un secondo momento avrebbe potuto farsi un sacco di domande in merito al suo comportamento, ma in quell'istante voleva solo sentire Evan, il suo sapore, il piacere e tutto quello che non si era mai concesso.

I gemiti che sfiorarono le sue orecchie non fecero altro che spingerlo ancora più a fondo, più veloce fino al momento in cui il dolore alle palle non gli impedì di continuare.

Con un movimento rapido estrasse un preservativo e si tolse i jeans calciandoli dall'altra parte della stanza.

«Li togli?»

Troppo appannato dalla passione non percepì davvero la domanda né tanto meno la punta di shock presente nella voce di Evan. L'unica cosa che voleva era sentirlo stringersi intorno al suo uccello.

«Hai qualcosa in contrario?»

Afferrò la base dell'uccello ricoperto di lattice e lo portò davanti a quel piccolo ingresso stuzzicandolo e accarezzandolo avanti e indietro.

Quando gli occhi di Evan si rovesciarono e i fianchi spinsero in cerca di un contatto maggiore affondò con un unico colpo dentro di lui.

I muscoli lo stritolarono bloccandogli il fiato nei polmoni e il calore...Cristo! Quel calore avrebbe potuto bruciarlo vivo.

Mai nella vita aveva ritenuto qualcosa così giusto come quell'attimo perfetto insieme al suo migliore amico.

Evan era vivo, stava bene ed era esattamente dove avrebbe dovuto sempre essere: insieme a Trey.

Continue Reading

You'll Also Like

5.8K 168 11
Nicole ha 17 anni e da un momento all'altro si ritrova a trasferirsi in Spagna, a Barcellona. Nuovi amici, nuova scuola, nuovi amori... cosa succeder...
133K 3.9K 88
@charles_leclerc ha iniziato a seguirti
31.7K 1.5K 47
Chissà perchè la vita attrae sempre ciò che all'apparenza sembra così lontano. Due mondi opposti. Due vite opposte. Due nazionalità opposte. Due inte...
84.1K 2.7K 62
Katherine, bella, forte, impavida, ma con un dolore dentro se stessa che la segue costantemente. E' la ragazza nuova, lei che odia i cambiamenti, lei...