#ODIetAMO

By CatsLikeFish

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Sofia e Lorenzo, stessa scuola ma caratteri troppo diversi, riescono a mantenere le distanze tra loro, finché... More

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FINE!

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By CatsLikeFish


In quello scomodo letto a castello continuai a pensare a Lorenzo Gherbini. O meglio, alle sue parole. Mi chiesi che cosa volesse dire con quella frase insensata. Era forse una minaccia?
Alla fine mi convinsi che era solo un cretino, quindi lasciai perdere e crollai in un sonno profondo.

Il giorno seguente Alice dormì fino a tardi, dato che, a differenza della sottoscritta, lei si era divertita per davvero la sera precedente ed era rientrata alle quattro del mattino.
Decisi quindi di prepararmi in rigoroso silenzio per non svegliarla e di avviarmi alla spiaggia tutta sola. Notai con piacere che non c'era molta gente, ma solo qualche famiglia ed alcuni bambini intenti a creare dei castelli di sabbia che avevano in realtà l'aspetto di montagne di arena senza alcuna forma precisa. Mi posizionai sull'asciugamano e con gli auricolari nell'orecchio, mi stesi a prendere il sole.
La selezione musicale del mio telefono non variava molto: Justin Bieber si alternava ai One Direction, passava per Taylor Swift per poi tornare di nuovo a Justin Bieber.
"Avrei dovuto fare una playlist più ricca!", mi dissi, mentre cuocevo sotto ai raggi di una giornata afosa e senza nuvole. Mi sentivo particolarmente stanca e poco riposata quella mattina: il mio sonno non era stato dei migliori, dato che il letto non era il mio e che il materasso del lettino a castello non era proprio dei più comodi. Così, senza neanche rendermene conto, mi appisolai sotto al sole.
Dopo circa un'oretta i pianti di un bambino mi svegliarono, salvandomi da un'insolazione assicurata. La pelle delle spalle tirava per il sole e quando mi toccai le guance, mi accorsi che bruciacchiavano appena. "La protezione solare, Sofia. La protezione solare". Mi tirai su a sedere, frugando nello zaino in cerca della crema. Lo ispezionai a lungo, ma non la trovai.

«Cerchi questa, Ferrari?».

Sbuffai sonoramente nel sentire la voce di Lorenzo Gherbini.
Quel suono odioso arrivava da molto vicino, quindi mi voltai e lo sorpresi accanto al mio asciugamano. Stava in piedi e non solo mi guardava divertito, ma in mano aveva anche la mia crema solare. "Guardalo, se la sta ghignando come una specie di microcefalo in via d'estinzione!" mi dissi.

«Ridammi la crema!», esclamai a gran voce.

Lui rise con il suo modo di fare insopportabile e gli occhi verdi gli si assottigliarono, ricordando due strisce di smeraldo.

«Allora, Gherbini?».

Allungai la mano, aspettando che si chinasse per restituirmi la crema, ma Lorenzo mi guardò con fare presuntuoso, prima di spostare le labbra in un sorrisetto laterale.
Mi diede letteralmente sui nervi, quindi mi alzai in piedi e provai a fronteggiarlo.
Di sicuro non mi sarei fatta intimidire da una sottospecie di decerebrato che se ne stava lì tutto tronfio a prendermi in giro.

«Avanti, finiscila di fare l'idiota», lo invitai a smetterla, mentre mi cadde l'occhio sugli addominali che si stagliavano sotto alla pelle lievemente dorata. Mi parvero così tesi, che per un attimo credetti che stesse trattenendo il fiato.
Scossi il capo velocemente, pentita dei miei pensieri inopportuni.

«Oh, ma guarda un po'... Qualcuno vuole questa?».

Lorenzo sventolò la crema sulla mia testa e io mi resi ridicola quando provai ad afferrarla, ma ovviamente non ci riuscii neanche mettendomi in punta di piedi.

«È la mia crema».

«Ora è mia», disse divertito per il nostro giochino infantile.

Lorenzo poteva essere alto e con le spalle che ricordavano quelle di un adulto, ma il suo tono di voce era proprio quello di un bambino dispettoso.
Mi voltò le spalle e tornò dai suoi amici, si stese su una sdraio poi si posizionò il tubetto della crema tra le cosce, infine mi richiamò: «Ehi, Ferrari!».

Sollevai lo sguardo al cielo perché avevo già capito il suo gioco.

«Ora vieni a prenderla!».

Ridacchiò insieme a quei caproni dei suoi amici, ma io feci un respiro profondo e decisi di non dare peso alle sue vessazioni.
"Niente crema, va bene", mi dissi tornando al mio asciugamano.
La mia decisione però duro poco, perché quando mi guardai nella telecamera del cellulare, notai che in viso ero già rossa come un gambero.
"E ora che cosa faccio? Vado al negozietto del camping a comprare una crema nuova? No, sarebbe come dargliela vinta...e io non voglio assolutamente".
Con la coda dell'occhio vidi che gli altri ragazzi si erano alzati dalle sdraio per buttarsi in acqua, mentre l'idiota era rimasto incollato alla sua, così ne approfittai e gli andai di fronte.

«Dai, è stato divertente. Ora ridammela».

Lorenzo stava spaparanzato come un imbecille con la mia crema tra le gambe. Quando mi vide mise immediatamente le mani dietro alla nuca e indicò il cavallo dei suoi pantaloni con lo sguardo.

«Avanti, prendila con le tue manine. Sono sicuro che puoi farcela, Ferrari».

Feci cenno di no con il capo.

"Proviamo con le buone, magari la smette".

«Puoi darmela tu, per favore?».

Inarcò un sopracciglio. Notai che dopo due giorni di mare, i suoi capelli e le sue sopracciglia stavano iniziando ad imbiondirsi.

«No, tesoro. Perché non la prendi tu?», domandò con un finto tono cordiale che mi mandò il sangue al cervello.

«Non ho intenzione di toccarti», dissi rigida.

«Perché non vuoi toccarmi Ferrari?» Lui fece un ghigno divertito, io incrociai le braccia al petto.

"Perché? Ma che domanda è?"

Misi su un'espressione disgustata davanti al suo modo di fare sfacciato.
Ma siccome Lorenzo chiuse gli occhi, tornandosene beatamente a prendere il sole, io mi intestardii.
"Al diavolo!"
Mi decisi a farlo. Volevo prendermi quella dannata crema, così allungai la mano verso il tubetto che stava tra le sue gambe, ma Lorenzo fu svelto: mi afferrò il polso e premette il palmo della mia mano contro il suo costume.

«Sicura di non volermi toccare?».

Mi imbarazzai quando avvertii qualcosa crescere sotto alla mano, quindi la tolsi inorridita.

«Fai schifo, Gherbini!».

Finalmente afferrai la crema.
Mi diede fastidio il contatto con la confezione, perché quando la presi in mano, sentii che era calda, dato che l'aveva tenuta tra le gambe quel cretino.
Arrossi, ma ero così paonazza per via del sole, che neanche fu visibile la differenza.

«Stronzo! Ti diverti a fare tanto il deficiente, vero?».

Mi presi l'asciugamano e me ne andai lontana da un Lorenzo che era troppo impegnato a ridere di me per potermi rispondere.

«Sofia ma che cazzo è successo alla tua faccia?! Non potevi metterti un po' di crema?».

Alice arrivò in spiaggia verso mezzogiorno.

«Lascia perdere, ti prego!» la implorai, nascondendomi sotto l'ombra di un pino marittimo.

«Ieri sei tornata in bungalow da sola?», chiese sistemandosi accanto a me.

«Sì».

Mentii perché non avevo voglia di parlare di quell'idiota di Gherbini.

«Che brava ricordarti la strada! Io di sicuro mi sarei persa, fortuna che Jack aveva un ottimo senso dell'orientamento...oltre ad una lingua molto...»

«Ali!», la rimproverai affettuosamente, così lei scoppiò a ridere.

Quando andammo a tuffarci in mare, notai che Alice che moriva dalla voglia di raccontarmi della sua serata quindi le feci qualche domanda.

«Con Jack quindi che è successo?»

«Mi ha baciata, Sofi».

«Oh, wow!».

Non fui brava a fingere un'espressione entusiasta. Non è che non fossi contenta per lei, ma la mia di serata era stata un disastro...senza contare che avevo dormito malissimo e che quella mattina, tra la scottatura e le vessazioni di Lorenzo Gherbini, non era proprio cominciata nel migliore dei modi per me. Insomma... Fino a quel momento la vacanza si era rivelata un vero fiasco.

«Davvero Sofia, non ti posso guardare in questo stato! Sei un peperone!».

Alzai gli occhi al cielo, prima di rifugiarmi all'ombra di un pino per tutto il pomeriggio.

🌸

Alle sei e mezza io ed Alice avevamo appuntamento con Nash e Jack, come sempre al solito bar.
Quando arrivammo però, invece che trovare i ragazzi americani, c'erano Lorenzo e la sua combriccola farcita di ragazze che non avevo mai visto prima.
Stavano giocando a biliardo e Lorenzo si godeva le attenzioni di una brunetta di bassa statura, mentre la spilungona bionda che era con lui in pineta la sera prima, li stava guardando in cagnesco.
"Che imbecille". Notai che le sue spalle erano sempre più abbronzate, a differenza delle mie.

«Praticamente ci sono Federico, Lorenzo e Alberto della nostra scuola...», fece Alice, quando si accorse del gruppetto.

«Gli altri, o meglio le altre, non le ho mai viste. Devono essere delle turiste tedesche, o forse russe...Sto Gherbini attira le ragazze come api sul miele», constatò Alice.

«Chissene frega», borbottai io.

«Ehi! Ti stanno per venire, Sofi? Dimmelo che ti passo gli assorbenti interni!».

Alice mi fece ridere, perché sottolineò buffamente il fatto che fossi particolarmente scorbutica quel giorno.

«Jack e Nash tarderanno un pochino. Andiamo fuori in terrazza?» propose la mia amica, con gli occhi incollati al telefono.

"Pur di non stare in presenza di quell'essere me ne andrei anche in Patagonia!"

Biascicai un «Va bene», quando mi accorsi che Alice estrasse dalla borsa un pacchetto di sigarette.

«Hai ricominciato a fumare, Ali?». La mia domanda lasciò trapelare un leggero accenno di preoccupazione.

«Ma no. Solo ora...dai, poi smetto» fece lei, non appena si accorse della mia reazione.

La seguii controvoglia e restammo ad aspettare i ragazzi americani, appoggiate alla ringhiera della terrazza del bar.

«Hola Ferrari!».

Mi arrivò una pacca sulla schiena ustionata e il colpo fu talmente forte, che mi fece letteralmente urlare.

«Uh, sentila come urla...», ridacchiò Lorenzo mordendosi il labbro inferiore.

«Brutto stronzo!».

Lo spintonai -o almeno ci provai- ma con la sua stazza, lui non si mosse di un millimetro.

«Certo che potevi metterla una crema, tesoro», disse con un finto sorriso angelico.

Digrignai i denti, trattenendo la rabbia a fatica, fortuna che arrivarono Nash e Jack e dovetti ritornare calma.
Con mia sorpresa, però, Lorenzo non se ne andò, ma rimase a fissare me e Nash, divertito.

«Vi ho sentiti fare qualche lezione di italiano, ieri...».

Poi si rivolse a Nash.

«Sai cosa ti insegnerà la signorina? La definizione letterale di "s-u-o-r-a"».

Fece lo spelling e ghignò come se avesse appena detto la cosa più divertente del mondo. Nash lo guardò senza capire un accidente.

«Che significa?», mi chiese Nash confuso.

Sbuffai innervosita, non seppi se era per la domanda di Nash o la battuta di Lorenzo, che intanto era già tornato dai suoi amici.

«Significa che lui è un idiota, non è evidente?».

Nash non capì del tutto la mia risposta, ma sorrise comunque.
Respirai infastidita il fumo che arrivava dalle sigarette di Alice e Jack e quando mi voltai notai che i due erano intenti a bisbigliare tra loro. Stavano col viso l'uno vicino all'altro e mentre parlavano e Alice sorrideva continuamente.

«Sofi, io e Jack stasera vorremmo andare a cena in un ristorantino di pesce...», mi confessò ad un certo punto la mia amica, prendendomi in disparte.

«Beh, sai che non mangio la carne, ma il pesce mi piace».

«Ehm...Cioè, solo io e lui, Sofi. Sarebbe.... un appuntamento».

"Friendzonata dalla mia migliore amica! Ottimo." Non aveva senso, ma lo pensai in quel momento.

«Uh, okay», mormorai leggermente amareggiata.

Ero contenta che Alice avesse trovato un ragazzo che le piaceva, ma non trovavo giusto che mi mollasse così, dopo solo una giorno di vacanza.

«Ovviamente se a te va bene, eh», fece poi.

Sorrise con fare innocente e io la perdonai subito.

«Ma certo che mi va bene...», conclusi abbracciandola.

Se non ero io a divertirmi, perlomeno c'era Alice che lo stava facendo per me.
Quella sera rimasi in camera avvolta da otto strati di dopo sole, eppure il bruciore non accennava a passare. Frugai in valigia, cercando tra libri che mi ero portata appresso, quello che avevo voglia di leggere in quel momento. Ad un certo punto sentii bussare alla porta e il mio primo pensiero fu: "Alice è già di ritorno? Strano...", così andai ad aprire, senza pensare al fatto che fossi praticamente in mutande.

«Ah però, Ferrari».

Alzai gli occhi al cielo stellato, quando sulla soglia sorpresi Lorenzo vestito in maniera impeccabile.
Portava una camicia scura e dei pantaloni bianchi aderenti.
"Ma non ha caldo vestito così?", mi chiesi non appena lo vidi.
Ci guardammo per qualche istante, lui stranamente non mi rivolse quel suo classico ghigno odioso, quindi mi decisi a parlare.

«Tu? Qui? Davvero?».

Lorenzo mosse due passi nella mia direzione, obbligandomi a indietreggiare fino ad entrare nel bungalow.
Fui infastidita dal suo modo di fare, così come lo fui dal suo buon profumo. Era così forte che iniziò a spargersi nell'ambiente.

«Davvero, Sofia.», rispose Lorenzo. Mi guardò con un'aria stranamente seria.

E io capii che stavolta voleva davvero qualcosa da me.

💖💖💖💖💖💖

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