#ODIetAMO

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Sofia e Lorenzo, stessa scuola ma caratteri troppo diversi, riescono a mantenere le distanze tra loro, finché... More

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FINE!

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By CatsLikeFish

       

Mi vestii di fretta quel giorno.

Indossai un paio di jeans, una canottiera bianca e le mie Converse rosse. Impiegai meno di mezz'ora a prepararmi e, come tutte le mattine, spazzolai i lunghi capelli scuri e inforcai i miei occhiali spessi.

Sì stavo andando a scuola, ma solo per leggere i voti di fine anno sul tabellone.

Quando giunsi al cancello del liceo scientifico Albertini, tra le tante chiome che popolavano il cortile, riconobbi subito la testa color miele di Alice.

«Sofia, dai vieni!», mi chiamò lei.

Parcheggiai la bicicletta contro le ringhiere di ferro, beandomi per qualche attimo del leggero venticello che alleviò la fatica d'aver pedalato sotto al cocente sole di mezzogiorno.

«Ciao Ali! Hai già preparato la valigia?».

Io e Alice ci lanciammo le braccia al collo come due amiche che si ritrovavano dopo un'eternità, quando in realtà eravamo state lontane solo quattro giorni. Inseparabili sin dalle scuole elementari, vivevamo in simbiosi e ci raccontavamo tutto, anche le cose più insignificanti. Trascorrevamo le giornate a scambiarci continui messaggi vocali su WhatsApp, incuranti delle lamentele dei nostri genitori.

«Mia madre me l'ha ripetuto fino alla nausea!», fece lei gettandosi i lunghi capelli biondi alle spalle. «Posso venire solo se ho la sufficienza in tutte le materie!».

Le rivolsi un sorriso speranzoso, volando con la mente al nostro campeggio estivo.

Quest'anno avevamo organizzato la nostra prima vera vacanze da sole, un viaggio che stavamo preparando da mesi, ma sul quale i nostri genitori avevano avuto l'ultima parola. Erano stati irremovibili: pagella perfetta o niente vacanza. Perfetta nel mio caso, ovvio, nel caso di Alice... quantomeno passabile.

«Beh, andiamo a scoprilo no?», proposi guardandola boccheggiare per la calura che incombeva sulle nostre fronti imperlate.

Ci addentrammo in quello che era il nostro liceo scientifico, un istituto vecchio, umido, nonché bisognoso di una bella intonacata alla pareti.

Sentii l'agitazione impossessarsi della mia migliore amica, quando mi prese sotto braccio e strinse la pelle del mio braccio con forza.

«Sta tranquilla, Ali», provai a calmarla, mentre giungemmo nella palestra della scuola.

Era lì che stavano affissi i tabelloni con i voti di fine anno, ed era proprio lì che si concentrava la maggior parte dell'ansia e dell'incertezza di tutti gli studenti. Di tutti tranne me, perché io ero tranquilla. I miei voti erano impeccabili. Cosa sarebbe andato storto?

«Ferrari! Venuta curiosare i voti degli altri, eh?».

La voce canzonatoria del mio amico Mattia mi riportò alla mente le interminabili chiacchierate che facevamo durante l'ora di religione.

Indossava una canottiera da basket sopra ad un paio di pantaloncini sportivi.

La sua testa di capelli corvini era sempre spettinata, e lo fu anche quando si sporse più in alto di tutti per cercare il suo nome.

Mattia Bicchi.

Mi cadde l'occhio sulla sua sfilza di voti e non potei fare a meno di notare che non erano affatto male. Poi scesi alla F e feci scorrere il dito lungo la mia fila.

Sofia Ferrari.

8 - 8 - 8 - 9 - 9 - 8 - 9 - 8 - 9 - 8 - 8 - 8

«Oddioooooo!!!! Si parte domaniiiii!!».

Alice urlò dalla gioia quando vide i suoi voti, poi mi abbracciò forte.

C'erano alcuni sette e molti sei, così iniziammo a saltellare e senza farlo apposta andai a sbattere contro qualcosa di solido e irremovibile.

«Cazzo, vuoi stare attenta?!».

Mi voltai e quello spilungone di Lorenzo Gherbini mi stava guardando con il suo fare strafottente e poco amichevole.

«Scusa!», esclamai sorridendo, ancora in preda alla gioia.

«Scusami il cazzo!», replicò lui, poi si passò una mano tra i folti capelli castani.

«Guarda che questo è il tabellone della 3A, quello di quarta è più avanti!». Lo corressi nel tentativo di mostrarmi gentile, ma quell'energumeno era intento ad attaccarmi con un'espressione indispettita che deformò i suoi occhi verdi.

«Te l'ho chiesto forse?».

Mi morsicai la lingua per non rispondere alla provocazione, mentre Alice mormorò alle mie spalle un «Lascialo perdere Sofi».

Quando il ragazzo smise di prestarmi attenzione e si voltò verso il tabellone della sua classe, non solo pensai a quanto fosse stato maleducato nei miei confronti, ma mi accorsi anche che quelle erano spalle troppo larghe per un ragazzo di diciotto anni.

Spinta dalla curiosità, allungai il collo oltre alla sua camicia a righe per scorgere il suo nome nella colonna dedicata alla 4A.

Lorenzo Gherbini.

Il vuoto nelle caselline. Solo una scritta.

NON AMMESSO.

"Ben gli sta!", pensai trattenendo un risolino di vittoria.

«Perché ridi?». chiese Alice.

«Quell'idiota è stato bocciato», dissi indicando il nome di Lorenzo.

«Porca di quella troia!».

Scossi il capo e così fece la mia amica, quando lo sentimmo imprecare.

Chi era Lorenzo Gherbini? Beh, lo conoscevo a malapena. Di certo io e lui non eravamo in confidenza perché ben mi guardavo dall'avvicinarmi ad un tipo del genere. Mi era capitato di notare la sua presenza durante le assemblee di istituto, era un ragazzo molto alto e sportivo, per questo motivo non passava mai inosservato. Era impossibile non far caso al suo atteggiamento tronfio e spavaldo. Anche se in realtà tutti lo conoscevano principalmente per la sua fama da rubacuori.

Le maggior parte delle ragazze del liceo lo trovava un gran figo, alcune gli sbavavano dietro da anni, mentre altre giuravano che avrebbero pagato pur di poter infilare il naso nell'incavo del suo collo e scoprire che profumo avesse.

Ma queste erano solo leggende, la realtà era che molte studentesse della mia scuola avevano visto ben più del suo collo affusolato.

«Ma com'è possibile???!».

La reazione di Gherbini fu plateale, allargò le braccia colpendomi involontariamente sulla spalla.

«Ma com'è cazzo è possibile???!», si domandò nuovamente, senza accorgersi d'avermi assestato una manata.

«Cosa, che il tuo unico nove in religione non t'abbia tirato su la media?» lo provocai, lasciandomi andare ad una reazione istintiva.

I suoi compagni di classe scoppiarono ridere per la mia uscita sarcastica e questo causò un altro scambio di battute non gradito.

«Veramente l'unico nove che avevo era in educazione fisica...», Lorenzo allargò le spalle, «...e ti lascio immaginare anche il perché».

Il ghigno malizioso che apparve sul suo viso fece scappare me e Alice a gambe levate, tant'è che girammo i tacchi immediatamente.

«Costumi, vestitini e infradito! Non voglio nient'altro per un mese intero!».

Quando arrivammo al cancello d'uscita, io e la mia amica scoppiammo a ridere e quella fu una risata liberatoria: le vacanze estive stavano per cominciare per davvero, avremmo finalmente accantonato la scuola per tre lunghi mesi.

«Ma alla fine Matti lo lasciano venire o no?», chiesi gettando un'occhiata alle scalinate solcate da studenti schiamazzanti. Vidi il nostro amico Mattia fermarsi a parlare con alcuni suoi compagni di basket, mentre alle sue spalle non potei fare a meno di notare il viso di Lorenzo Gherbini, segnato da una smorfia abbacchiata.

«Sì, ma prima deve dare una mano ai suoi col negozio...», replicò Alice.

Lorenzo ci passò davanti insieme ad un suo amico. Lo vidi lanciarmi una brutta occhiataccia, probabilmente a causa del fatto che avevo osato affrontarlo davanti ai suoi compagni di classe. 

"Il classico idiota", pensai osservando come cambiò espressione quando si accorse della presenza mia e di Alice. Teneva la fronte corrugata e le sopracciglia aggrottate di proposito, come se ciò bastasse a conferirgli un'aria da bello e tenebroso. "E pensa anche di fare il duro!".

La cosa mi fece sorridere. E la sua maleducazione ovviamente non tardò.

«Che cazzo hai sempre da ridere tu?».

"N... Niente", sarebbe stata la mia risposta, in qualsiasi altro momento dell'anno, poiché intimidita da Lorenzo. Ma ora che la scuola era finita, il rischio di dovermi imbattere in lui nei corridoi non sussisteva più. Così decisi di rispondergli a tono.

«Hei, impara le buone maniere! Io rido quanto mi pare!». Feci roteare rapidamente il polso, raccogliendo con la mano la mia chioma castana in una crocchia spettinata.

Con mia sorpresa però, Lorenzo deviò dalla sua traiettoria e mi si presentò davanti in tutta la sua altezza.

«Te la faccio passare io la voglia di ridere...».

Il suo amico lo afferrò dal braccio trascinandolo via all'instante.

«Ma che ti prende Gherbini?! Stai minacciando una ragazza?!».

«Mi sta troppo sul cazzo quella. Se mi parla ancora, è guerra», lo sentii biascicare in lontananza.

In quel momento non diedi peso alle sue parole, forse perché ero presa dall'entusiasmo delle vacanze imminenti, ma molto probabilmente avrei dovuto farlo. Se lo avessi fatto, almeno sarei stata preparata all'inferno in cui Lorenzo mi cacciò quell'estate.

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