SE TI PRENDO SARAI MIA // Vin...

By SilvanaUber

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Cosa faresti se domani mattina, svegliandoti, ti rendessi conto di essere stata catapultata nel 1612? È il ca... More

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LA MORTE DI ALEC
NESSUNA MISURA DEL TEMPO
EPILOGO.... DUE MESI DOPO
RINGRAZIAMENTI
SEI MIA PER DIRITTO
VOGLIO CHE TU SIA MIA

NOSTRA SIGNORA

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By SilvanaUber

Il fetore di sangue era talmente forte da farmi lacrimare gli occhi. Pelle lacerata e imbrattata di sangue segnava un percorso di morte nell'area in cui le bombe erano esplose, lasciando distruzione dietro il loro passaggio. L'erba bruciata era stata calpestata dagli zoccoli dei cavalli ed ora restava piegata verso il terreno, tinta dal rosso del sangue di ogni vittima e dal nero dello zolfo, quasi si vergognasse di riergersi verso il sole. Alcune ciocche di pelo vennero sollevate dal vento, volando attraverso la fila di cavalieri superstiti che si trascinavano stanchi ma vittoriosi verso Alec.

Dal fondo della piccola collina che aveva assistito alla battaglia, lo osservai ergersi in tutta la sua gloriosa magnificenza: la spada alzata in segno di vittoria e lo scudo a terra, accanto ai propri stivali. L'armatura riflettè gli ultimi raggi di sole, spettatori di un evento che la storia avrebbe ricordato come la più tragica e veloce battaglia mai avvenuta nella Scozia del Nord del XVII secolo. Fissava i suoi uomini, serio e grave, accogliendo senza battere ciglio le pacche di incoraggiamento sulle spalle di chi gli passava accanto. I corpi mutilati del clan avversario giacevano sul terreno, inghiottiti nelle buche che le bombe avevano scavato nel campo, pezzi di armatura ancora fumanti costellavano l'erba come piccoli fiori appena sbocciati.

Feci un passo avanti solo quando gli occhi di Alec si posarono su di me. Osservandoli mi accorsi che la gloria che mostrava era solo apparente. A differenza dei suoi uomini, in lui non c'era traccia di orgoglio per ciò che avevamo architettato ma solo un'immensa tristezza. La celava perchè era il Signore di ogni persona presente, perchè doveva annunciare la vittoria con superbia e dignità, ma io la scorsi comunque perchè l'ombra che rubava la lucentezza nel suo sguardo era la stessa che sapevo di avere nel mio.

Alec inclinò il capo, una forma di muto rispetto nei miei confronti dopo di ché tornò a rivolgersi ai suoi uomini, pronunciando parole che il vento non riuscì a trasportare fino a me. Capii tuttavia ciò che aveva detto poiché quando le sue labbra si fermarono, stringendosi in una dura linea orgogliosa, tutti i suoi uomini diedero le spalle al tramonto, rivolgendo il volto verso i piedi della collina e sfoderando le spade.

Corrugai la fronte, incuriosita, senza ben sapere cosa aspettarmi, dondolandomi sui piedi.

E fu a quel punto che tutti quanti loro, contemporaneamente, posarono orizzondalmente le proprie spade sui palmi delle mani e si inginocchiarono allo stesso modo in cui qualche ora prima il cavaliere dalla lunga barba rossa si era prostato in segno di rispetto ai miei piedi. Sulle prime pensai che fosse una loto usanza per festeggiare e ringraziare Dio della vittoria, ma dovetti ricredermi quando il loro grido, uniforme e valoroso, attraversò l'intera vallata, accompagnato dal canto stridulo di alcuni corvi che si sollevarono in volo verso la luce ambrata del sole.

"Nostra Signora!".

Spalancai gli occhi, senza fiato, sentendo il panico strisciare infido come una serpe all'interno del mio cervello, minando la sicurezza che nonostante tutto fingevo di mostrare restando immobile, quasi indifferente, col mento orgogliosamente alzato e gli occhi fissi in avanti. Il momento solenne non mi rendeva orgogliosa nè mi gettava nello sconforto per tutti gli uomini che avevo ucciso. Semplicemente mi coinvolgeva a forza, urlando insieme ai cavalieri, e riscrivendo inesorabile il destino delle nostre vite, condannando il futuro ad una totale disfatta e segnando per sempre la mia presenza nel 1600. Il mio nome sarebbe stato riportato nei libri di storia, almeno che Alec non si fosse preso ogni responsabilità, dichiarando al mondo intero di essere l'ideatore della "polvere nera". Ma nei cuori di quegli uomini, il ricordo di me sarebbe rimasto a lungo, pronto a manifestarsi ad ogni più piccolo avvenimento importante, tramandato per decenni e decenni. Il corso della storia era irrimediabilmente cambiato, scritto col sangue dei perdenti e da me manovrato.

La fitta di panico mi fece barcollare e dovetti portarmi una mano al cuore. Lo sentii battere con forza contro il palmo, minacciava quasi di esplodere, eppure pian piano cominciò a rallentare, tornando regolare nel momento in cui l'imponente destriero di Alec si fermò al mio fianco.

"Ho ucciso quasi cento uomini", sussurrai a fiato corto.

Osservai uno dei tanti volti privi di ogni più piccola fiammella di vita e mi morsi il labbro per non scoppiare a piangere. Il giovane cavaliere era morto con gli occhi e la bocca spalancati, urlando per la paura o per il dolore. Una pozza di sangue gli ricopriva parte del naso tumefatto e squartato fino all'osso, gocciolando lenta lungo una guancia senza peli. L'assenza di rughe attorno agli occhi mi diceva che non doveva avere più di vent'anni.

"Saranno sepolti?", chiesi, accucciandomi per abbassare le palpebre sugli occhi di quel giovane cadavere.

"I traditori non meritano una sepoltura". Mi rispose sdegnato. "Verranno gettati nella fossa comune".

"Gli uomini la meritano", mormorai tra me e me.

"E tu reputi uomini coloro che lottano contro Dio?".

"Sarà scavata una fossa per ognuno di loro", dissi mentre mi sollevai lentamente, continuando a dare le spalle ad Alec. Poi alzai il tono in modo che tutti i presenti potessero sentirmi. "Che nessuno dorma o riposi finché non saranno scavate tante buche quanti sono i morti".

"Nadine...", Alec tentò di richiamare la mia attenzione, afferrandomi per un polso.

Lo strattonai, liberandomi con facilità.

"Sono la Signora di questo castello e di queste terre", ripresi, imprecando, quando nessuno di loro si mosse. "Ognuno di voi ormai è a conoscenza di quanto sia abile a salvare una vita. Ma oggi vi ho dimostrato anche di quanto sia facile per me toglierla. E se vi sta a cuore la vostra mi seguirete sopra ogni altra cosa e sopra chiunque altro. Sono la vostra Signora. Da adesso in poi la mia parola sarà legge".

"Nostra Signora!", urlarono in coro, portando una mano al cuore.

Dietro di me sentii l'esclamazione soffocata di Alec ma nessuna parola giunse dalle sue labbra per sminuire il mio discorso. Mi voltai, alzando le braccia per permettergli di sollevarmi sul suo destriero.

"Bel discorso. Degno di te", si complimentò, serio, partendo al trotto.

"Pensavo che fossi arrabbiato".

Scosse la testa, fissando la strada davanti a sé che si diramava nel bosco che separava il villaggio dal castello. La sua barba mi sfregava la tempia e il suo respiro si trasformava in una piccola nuvoletta di vapore davanti alla mia bocca.

"Non potrei esserlo. Non dopo che hai dimostrato di meritare il rispetto di un intero esercito".

Il destriero spiccò un salto in avanti, affondando le zampe posteriori nell'acqua gelida di un torrente e riprese il trotto.

"C'è una cosa importante che hai insegnato a noi uomini, oggi", disse dopo un pò.

"La polvere nera", annuii.

"No. Hai insegnato molto più di questo. Ci hai insegnato che l'unione fa la forza". Tirò le redini e il cavallo rallentò immediatamente. "Mia signora", mormorò contro la mia tempia, "ho criticato e deriso il secolo da cui provieni, ma in una cosa devo ricredermi".

Mi voltai, scontrandomi coi suoi occhi pieni di affetto e orgoglio.

"Non ha importanza la causa né la natura della battaglia, ma se uomini e donne lotteranno insieme, non potranno mai temere il peso della sconfitta".

Le sue labbra si posarono sulle mie in un bacio veloce e casto, e un secondo dopo il destriero si impennò, scattando in avanti e costringendo la mia schiena contro il torace di Alec. Il battito dei nostri cuori si mescolò, segnando l'inizio del nostro destino, e accelerando alla vista di morte e distruzione che rendeva spettrale il villaggio di fronte a noi.

Renuar e gli uomini che lo avevano accompagnato erano ancora intenti a domare le fiamme, nascosti nello spesso strato di fumo che dai tetti di alcune case si innalzava nel cielo nero, confondendosi nella notte. La luna argentea rivelò il nostro arrivo e un'orda di uomini e donne feriti ci venne incontro. Nonostante la paura e il dolore, scorsi una dignità sorprendente sui volti di quella gente che umile, ci accolse inchinandosi.

Tre bambini mi danzavano attorno, trotterellando spauriti e con gli occhi spiritati, sollevando i faccini sporchi di fuliggine per osservarmi e tirando i lembi della mia gonna. In mezzo a loro attraversai le case in legno e paglia, seguendo il sentiero infangato che conduceva alla fattoria in cui era stato appaltato un centro di guarigione. La levatrice, per quanto le sue conoscenze mediche fossero limitate, si affaccendava tra i feriti, prestando più che altro conforto e donando parole di incoraggiamento.

"Signora", l'avvicinò Alec. "Vi affido mia moglie. Seguitela in ogni sua direttiva".

Mi guardai attorno, spaesata, registrando velocemente i dettagli presenti nell'ampia fattoria: i feriti erano adagiati a terra o su alcuni pagliericci, le capre camminavano libere tra di loro, annusando le chiazze di sangue sulla paglia. Il tanfo di cavallo e bruciato era così forte che mi venne un conato.

"Portate dell'acqua e del sapone", ordinai ad alcuni uomini fermi sulla soglia, incerti su quel che era meglio fare. "Che nessuno tocchi i feriti senza essersi lavato le mani".

"Fate ciò che lei vi ha detto", sentenziò Alec, accorgendosi che nessuno di loro mi dava retta. Quindi si inchinò verso di me, inghiottendo la mia ombra tra la sua. "Come posso aiutarti, mia Signora?".

Avvicinai le labbra al suo orecchio in modo che nessuno potesse intercettare le mie parole. "E' già stata inventato il cortisone?".

Lui scosse la testa. La fronte corrugata. "Non credo di sapere di cosa tu stia parlando".

Gemetti, frustrata. "Taglia tante patate".

"Come?".

"Ho bisogno che più patate possibili vengano tagliate a fette".

La sua fronte si increspò un pò di più. "La tua passione per le patate ha il potere di saltar fuori nei momenti più impensabili".

Nascosi il mio sorriso con la mano. "Il succo delle patate contiene la solanina, un alcaloide gligosidico a forte contenuto basico che contiene carboidrati. La solanina ha la capacità di impedire la formazione di bolle a seguito delle ustioni".

"Sei consapevole di star parlando una lingua incomprensibile?".

"Alleviano il dolore di questa gente ustionata", riassumetti.

A quel punto la pelle della fronte di Alec si distese e uno sguardo giocoso mi scaldò fin dentro le ossa. "Visto? Non era poi così difficile farti capire. Resta il fatto che non ti sarà facile far credere a queste donne di poter guarire i loro mariti con una patata".

"Zotiche ignoranti", boffonchiai.

"Non dimenticare che voi del futuro avete solo migliorato ciò che noi del passato abbiamo creato", ribattè.

Touché.

"Signori", urlò una donna. L'abito era strappato sulla schiena e sul davanti della gonna. Alcune macchie di sangue lo rendevano grottesco.

"Che succede?", tuonò Alec, avvicinandosi a lei.

La donna si accasciò ai suoi piedi, baciandogli la punta dello stivale. "La maggior parte dei bambini! La maggior parte."

"Che state blaterando donna?".

"Non ci sono più, Signore. La maggior parte sono scomparsi".

"Il diavolo! E' stato il diavolo", si alzarono le urla.

Intercettai lo sguardo di Alec e con un cenno del capo gli chiesi di avvicinarsi.

"Alec, dobbiamo fare qualcosa".

Le lacrime delle donne erano strazianti, indescrivibili nel loro atroce dolore.

"Manderò degli uomini", mi rassicurò, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Sai che non è opera del diavolo, vero?".

"Non puoi scartarlo".

"Andiamo, Alec", sbottai, allargando le braccia e lasciandole poi ricadere lungo i fianchi. "Non soccombere a certe ipocrite dicerie e infondate credenze. Non vi è nulla di ultra terreno in quello che sta capitando".

"Degli uomini senza colori ce li hanno portati via per bruciare le loro anime nelle fiamme dell'inferno!", sbraitò un contadino, sollevando la falce sopra la testa e stizzando le proteste generali.

"A quanto pare sembrerebbe che necessitiamo della presenza della Chiesa".

"E che cosa farà la Chiesa? Manderà dei preti a lanciare le ostie in testa a questi rapitori?".

Lo sguardo di Alec mi inchiodò. "Non bestemmiare, donna".

Quindi si aggiustò il mantello sopra la spalla nascosta dallo spesso acciaio dell'armatura e si declinò con un cenno del capo.

"Alec", gli corsi dietro.

Ma lui non mi dava ascolto. Parlottava con i suoi uomini, organizzando una spedizione e ordinando che un messaggero venisse inviato alla Santa Sede. Mi ritrovai a battere i pugni sulla sua schiena.

"Non ora, Nadine", mi rispose tranquillo.

Fu quella tranquillità che mi fece esplodere. "Te lo sto ordinando, cavaliere!".

Solo a quel punto si voltò, muovendosi con una lentezza minacciosa che incusse timore ai suoi stessi uomini.

"Come avete detto, moglie?", sibilò.

Sollevai il mento, senza lasciarmi intimidire. "Sono la vostra Signora e vi ordino di ascoltarmi".

Vedi chiaramente il suo pomo d'adamo muoversi su e giù e per un attimo temetti davvero di aver presuntuosamente ingigantito il rispetto e la fiducia che fino ad ora mi aveva mostrato.

"Andate, e fate quanto vi ho ordinato", disse ai suoi uomini, senza togliermi gli occhi di dosso.

"La vostra audacia vi si ritorcerà contro", mi imbeccò. Il tono era nuovamente distaccato e formale, segno che la rabbia che stava provando non gli sarebbe passata in fretta.

Avevo ormai capito cosa significasse per lui darmi del "voi" e ogni volta che lo faceva andava a finire che mi ritrovavo stesa sopra le sue ginocchia. Cominciai a tremare.

"Mi si ritorcerà contro solo se tu non sarai abbastanza intelligente da meditare sulle mie parole. Ho dalla mia quattrocento anni, non dimenticarlo".

"E questo, suppongo, vi rende migliore e più intelligente di me".

"Non ho detto questo. Ma sono a conoscenza di cose che in questo secolo non sono state ancora scoperte, cose a cui la gente da peso ma che in realtà non esistono".

"State rinnegando il diavolo?", abbassò il tono per non farsi sentire da un cavaliere che accanto a noi stava aiutando un ferito a stendersi.

"Rinnego tutto ciò che la mia mano non può toccare e i miei occhi non possono vedere".

"Allora preparatevi a rinnegare anche il mio amore, perchè non potrò mai mostrarvelo né farvelo toccare".

"Ma non capisci?". Sbattei un piede a terra.

"Siete voi, donna, a non capire che mi state facendo perdere tempo. Tempo che devo dedicare a quelle madri che non hanno bisogno delle vostre idee ma dell'intervento della Chiesa e in seguito di noi uomini".

"Vuoi restare fermo finché la chiesa non darà il suo verdetto... e accusi me di farti perdere tempo?".

"Sì!", tuonò, guadagnandosi le occhiate di alcune persone. Quando parlò la sua bocca si accostò al mio orecchio, attenta a non far udire le sue parole. "Se rinnegate il diavolo o Dio davanti a qualcuno, verrete decapitata per eresia. Questa gente è cattolica ed è stata assalita dai protestanti. Come pensate potranno darvi la loro fiducia se vi dimostrerete uguale di vedute ai nostri clan nemici? Potrete dare ordini, potrete urlarli, ma nessuno li eseguirà". Sollevò un sopracciglio, aggiungendo. "Ed io nemmeno".

"Non si fidano di me ma credono che quei rapitori siano il diavolo", ironizzai, in un ultimo disperato tentativo di farlo ragionare.

"Non ti deve interessare ciò che credono", moderò il tono, calmandosi. "Il tuo unico compito è appoggiare il tuo popolo e consentimi di dirti che, nonostante a favore tuo ci siano quattrocento anni, su questo hai ancora molte cose da apprendere".

Mi morsi il labbro, offesa. Tuttavia aveva ragione. Andare contro alle credenze di quella gente li avrebbe allontanati, e avrebbe messo me sulla ghigliottina. Il Dio di quell'epoca era una cosa tremendamente seria.

"E diavolo sia!", mi arresi. "Interrogherò le persone che li hanno visti e ti riporterò quello che ho scoperto".

Alec annuì, rilassando le spalle.

"Non ha importanza ciò che credi", ribadì, facendo un cenno con la mano a Renuar per chiedergli di aspettarlo. "In fin dei conti, c'è forse differenza tra il diavolo e un uomo che strappa via il figlio alla propria madre?".
















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