Catch My Breath

By skeIetonflower

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USA, 2034. Dopo una catastrofe nucleare di dimensioni apocalittiche, la popolazione si è dimezzata notevolmen... More

Prologo
And then there was white.
Turn your back to me.
Kiss my ass.
Drink up, baby.
You can run away with me.
Are you with me?
No crimes.
Let's cheer to this.
City of ashes.
The sound of silence.
The day we tried to live.
Whisper of a thrill.
Lambda Point.
Protect me from what I want.
Catch my breath.

Disasterology.

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By skeIetonflower


Torno a prenderti.

Una frase, nella testa, la sua frase, che si ripete incessantemente, ancora e ancora, fino a farmi impazzire. Continuo a guardarmi intorno e a fissare i volti delle persone attorno a me come se fossero involucri vuoti, senza vita, insignificanti, perché l'unica cosa che conta qui, adesso, in questo preciso istante, è avere Gerard accanto a me, sano e salvo.

E non ce l'ho.

È come se una gomma stesse cancellando lentamente ogni dettaglio dell'ambiente attorno a me, dagli alberi all'erba al ruscello ai volti alle persone.
Puff. Sparito tutto.
C'è bianco e lo sanno tutti che io odio il bianco.
Oh, lo odio così tanto, perché si ostinano a farmi vedere il bianco?
Il bianco è freddo, crudo, accecante, cattivo.
Il bianco è morte.
Il bianco è la sensazione di desolazione dentro di me alle parole "Ho ordinato io la ritirata".
Il bianco è Gerard chissà dove, lontano da me.
Il bianco è che voglio accasciarmi al suolo e far tacere tutto fino a quando lui non ritornerà da me.
Perché lo ha detto che ritornava, lo ha detto dannazione lo ha detto, e io lo so che Gerard mantiene le promesse, lo so e basta.

-All'appello mancano anche Lindsey e Frances. – annuncia Vic tornando verso di noi dopo aver contato i presenti.

Chiudo gli occhi, ricacciando indietro il senso di panico che mi sta crescendo in gola. Minaccia di uscire tutto in una volta e io non posso non posso non posso lasciarglielo fare.

Devo mantenere la calma.

Gerard è vivo. È qui, da qualche parte. Così come Lynz e Frances. Sono vivi. Stanno bene. Torneranno presto.

-Dannazione – impreca Ray, passandosi una mano sulla fronte imperlata di sudore e sangue.

-Frank – Kristin mi posa una mano sulla spalla, stringendo forte. Mi guarda negli occhi. Sorride appena, un sorriso forzato e poco rassicurante, ma apprezzo comunque il gesto. –Va tutto bene, Frank. Staranno bene.

-Dobbiamo tornare al Lambda. – dice Matt. Ha una gamba ferita e si sostiene contro il tronco di un albero per mantenere l'equilibrio. È uno di quelli conciati peggio, e mi rendo conto che molti qui hanno bisogno di cure immediate.

Non possono aspettare oltre.

No, oh no. Io devo rimanere qui. Io devo aspettare che Gerard torni a prendermi.

-Ray... - comincio, ma lui mi blocca subito, sollevando una mano. –Frank, devo badare al resto dei miei uomini. Possiamo aver vinto, ma siamo stati comunque decimati, e la maggior parte di noi è ferita. Dobbiamo tornare a casa.

-Inoltre potrebbero esserci altre pattuglie di Vigilanti nelle vicinanze – aggiunge Vic.

Scuoto la testa. –Io rimango qui.

-Se rimane lui rimango anch'io – mi fa eco Kristin.

Ray guarda prima me, poi lei, poi di nuovo me, e infine sospira. –Voi due siete pazzi.

-Non possiamo lasciarvi qui – interviene Shannon, avvicinandosi.

-Non se ne parla, infatti. Verrete con noi. Non accetto discussioni. – Ray si volta verso il resto del gruppo, e ad un suo cenno del capo, tutti si preparano ad andarsene.
-Non hai capito - lo interrompo, fissandolo con decisione. -Io rimango.
Vic sospira, Ray mi lancia un'occhiata impassibile. -Certo, come no.
Fa un cenno a Matt dietro di me, e prima che possa rendermene conto mi sento sollevare e la terra si capovolge improvvisamente.
Matt mi carica in spalla, dandomi pacche sulla schiena e ridacchiando di gusto. -Oddio, sei un fuscello!
Comincio a sbraitare e a tirargli pugni sulle spalle, intimandogli di mettermi giù, ma lui sembra di ferro e irremovibile, e non posso far altro che accettare la situazione.
Ray reprime un sorriso, poi si unisce a Shannon e Jared, in testa al gruppo già pronto per la partenza. -Sarà meglio andare, prima che faccia buio.

Raggiungiamo il Lambda Point prima del previsto. Il sole é appena tramontato dietro i palazzi diroccati della città deserta, e il cielo si è tinto di uno strano rosa intenso, un rosa che fa quasi male agli occhi.
Nonostante la mia visuale includa soltanto l'asfalto sotto di noi e le gambe di Matt, posso comunque origliare i discorsi degli altri che mi circondano.
Ci sono alcuni che si lamentano delle ferite e della fame, altri che anelano un sorso d'acqua e altri ancora un letto caldo e la propria moglie accanto a sé. Nel complesso, percepisco un'atmosfera di stanchezza e soddisfazione miste insieme, e mi rendo conto che non è stata una totale sconfitta. Abbiamo perso degli uomini, siamo rimasti feriti, ma abbiamo annientato i Vigilanti e abbiamo impedito loro che si avvicinassero ulteriormente al nostro territorio.
Nostro.
Che questo enorme grattacielo stia per diventare la mia casa? Che queste persone stiano per diventare la mia famiglia, nonostante io conosca appena un quarto di loro?
Penso a Gerard, e penso che vorrei tanto parlarne con lui. Vorrei sentire cosa ne pensa lui, vorrei conoscere il suo parere e le sue considerazioni su ciascuna di queste persone.
Ma io e Gerard siamo due estranei ormai, e a quanto ne so, ora potrebbe anche essere già morto.
Deglutisco, ingoiando il groppo amaro che si è formato in gola. Non posso pensarci. Non ora.
Matt mi mette giù davanti alle porte del Lambda. Ad aspettarci ci sono tantissime donne e bambini e anziani che corrono incontro ai propri parenti e amici. Noto che quasi la metà di loro rimane lì impalata, immobile, a guardarsi disperata intorno e a chiedersi dove sia il proprio marito, il proprio padre, il proprio figlio.
Chiudo gli occhi di fronte alle loro espressioni stranite, evitando i loro sguardi e scostando chiunque mi si pari davanti. Raggiungo le porte dell'ascensore assieme a Ray, Kristin, Vic, Shannon e Jared, gli unici che non avevano nessuno ad aspettarli lì fuori.
-Andate a riposarvi - ci esorta Ray, mentre l'ascensore comincia a salire. -Stasera, dopo cena, ci riuniremo tutti nella mensa per discutere dell'attacco e per festeggiare.
-Festeggiare cosa, esattamente? - commenta acidamente Jared, con le braccia incrociate e gli occhi rivolti altrove.
-Il nostro ritorno, ovviamente -ribatte Vic.
-Dovreste soltanto piangere i vostri morti. Non c'è nulla da festeggiare, qui.
Ray apre la bocca per rispondergli, ma proprio in quell'istante le porte si spalancano sul pianerottolo del quarantatreesimo piano.
E nonostante tutto, sono completamente d'accordo con Jared.
Raggiungo la mia camera, sentendo il bisogno di rimanere un attimo da solo per raccogliere i miei pensieri.
Mi siedo sulla branda, con le mani strette ad afferrare le ginocchia e lo sguardo fisso sul muro davanti a me.
Sento un forte senso di panico dilagare velocemente dentro di me, divorandomi le ossa e prosciugandomi le vene, ma mi costringo a resistere.
Va tutto bene. Gerard tornerà. Devo solo avere pazienza. Si sistemerà tutto.
Penso che se Gerard morisse potrei lasciare questo posto e andarmene altrove. Sono qui soltanto grazie a lui, e a Kristin, ma lei ha già perso la sua metà e ha tutti i suoi amici qui ad aiutarla.
Io non ho nessuno. Non ho più nessuno al mondo.
Mi sovviene improvvisamente in testa il viso di mia madre, pacato e sereno, gli occhi lucidi di pianto ma la bocca atteggiata al suo solito sorriso comprensivo. Le sorrido anche io di rimando, stringendole la mano rugosa tra le mie, ma poi il ricordo svanisce, e davanti a me c'è di nuovo il bianco delle pareti.
Penso che non mi é mai mancata come avrebbe dovuto mancarmi, semplicemente perché dalla sua morte la mia vita è stata troppo piena, troppo movimentata, troppo intensa, per poter rivolgere il mio pensiero ai morti. Eppure ora vorrei davvero tornare a casa nostra, in Città, a prepararle la cena quando tornava dal lavoro e ad aiutarla a sciacquare i piatti mentre canticchiavamo un motivetto della mia infanzia.
Chiudo gli occhi, ingoiando la nostalgia.
D'accordo.
Si sistemerà tutto.

Quando raggiungo la mensa, gli altri sono già tutti seduti attorno ai tavoli, e la cena è già iniziata da un pezzo. Mi siedo accanto a Kristin e lei mi passa un piatto colmo di cibo, nonostante sappia benissimo che non lo toccherò affatto.
Noto che al centro della sala, nell'area vuota e rialzata da cui di solito Ray tiene i suoi discorsi, è stato sistemato un piccolo palco in legno, e sopra ci sono alcuni strumenti musicali. Vedo una batteria, una chitarra, un microfono.
-Musica? - chiedo confuso a Ray, seduto di fronte a me.
Lui annuisce, compiaciuto. -In queste occasioni siamo soliti preparare degli intrattenimenti per la gente del Lambda.
-È per non lasciar loro pensare ai caduti. Per diffondere speranza. - aggiunge Matt.
-Non voglio che vedano la giornata di oggi come una sconfitta - conclude Ray.
Proprio in quel momento, sul palco salgono Vic, Shannon, e un altro tipo di cui non conosco il nome.
-È stata una fortuna che loro sapessero ancora come si suoni - commenta Matt. -Vic aveva una band prima dell'Incidente. Era molto giovane, ed erano solo agli inizi, ma a quanto pare avevano davvero talento.
-Lui e Kellin...
Vic, sul palco, si avvicina al microfono e si schiarisce la voce. Ha gli occhi fissi su un punto dritto davanti a sé, ma non sta guardando nulla e nessuno in particolare. Fa un piccolo sorriso, ma sembra triste. Mette a tracolla la chitarra, imitando l'altro ragazzo accanto a lui, e poi si volta un attimo per fare un cenno a Shannon, che fa un paio di tocchi con le bacchette, dando il tempo. E poi cominciano a suonare.
-I laid down, I drank the poison then I passed the fuck out...
Rimango completamente sbalordito dalla voce di Vic, e dall'abilità con cui stanno suonando. Non credevo che qualcuno potesse ancora saper utilizzare degli strumenti musicali in questo modo. Non credevo nemmeno che questa gente avesse il tempo per fare qualcos'altro, oltre a sopravvivere.
E invece, nonostante una giornata passata su un campo a sparare ad altri uomini e a cercare di non morire ammazzati, quei tre sono lassù e si stanno anche divertendo, così come la gente che li sta ascoltando e batte i piedi a tempo.
-I have a million different kinds of fun...
Mi ricordo delle ultime parole di Matt. -Kellin? - chiedo, aspettando delle spiegazioni. Mi sembra di ricordare vagamente questo nome.
-Kellin e Vic erano inseparabili, a quanto pare. Sono cresciuti insieme, hanno vissuto insieme e hanno suonato insieme, nonostante stessero prendendo due strade differenti con due band differenti. Io credo che tra loro ci fosse qualcosa, tra l'altro Vic non ha mai cercato di smentirlo, quindi rimango della mia idea.
-Che cosa è successo poi?
-È successo che dopo l'Incidente non si sono più rivisti. I genitori di entrambi sono morti, ma mentre Vic è stato portato in Città in fretta e furia dai suoi zii, Kellin invece è rimasto all'Esterno, assieme al resto della gente sopravvissuta.
-Vic ha tentato per anni di fuggire dalla città e tornare da Kellin - interviene Kristin. -L'ho conosciuto molti mesi fa, ma lui già aveva come unico intento quello di scappare e di raggiungere la comunità sopravvissuta all'Esterno. Purtroppo, quando ce l'ha fatta, era ormai troppo tardi.
Ray annuisce, e il suo sguardo si rabbuia per alcuni istanti. -Kellin è morto di cancro ai polmoni quattro mesi fa.
-Can we create something beautiful, and destroy it? Nobody knows I dream about it, this is my imagination...
E ora lo sento. Il dolore, la rabbia nella sua voce mentre pizzica velocemente le corde della chitarra e canta quei versi con gli occhi fissi sempre su quel punto, sempre su quel punto lontano e immaginario e chissà, forse con gli occhi fissi sul ricordo ancora limpido di un volto nella sua mente.
-Quando è arrivato, abbiamo aspettato a comunicargli la notizia. Cercava Kellin in lungo e in largo, sosteneva che si fosse nascosto da qualche parte per fargli uno dei suoi stupidi, stupidissimi scherzi, che sarebbe spuntato fuori da un momento all'altro e che gli avrebbe detto che gli era mancato. Che avrebbero cantato la loro canzone preferita insieme, come ai vecchi tempi.
-Ha reagito ancora peggio di quanto ci aspettassimo. - continua Matt, scuotendo tristemente la testa. -Sinceramente, non so davvero come faccia ad essere lassù, oggi. Come faccia a mantenere una parvenza di sorriso ogni giorno.
-If you come over tonight, we can travel through time, we can sleep on the ceiling and creep under black lights...
Il mio sguardo si sposta su Shannon, tutto sudato e intento ad armeggiare con le bacchette, e mi chiedo dove sia Jared. Mi guardo intorno, sorvolando su tutta la gente presente nella sala e avvisto una figura col cappuccio sulla soglia dell'ingresso. Dopo poco, si volta ed esce dalla mensa, sparendo nella penombra.
Mi alzo improvvisamente, deciso a seguirlo. Non so nemmeno perché lo stia facendo, ma l'atmosfera in questa sala mi mette ansia, e gli occhi di Vic mi mettono ansia, e non sapere dove sia Gerard mi distrugge completamente, perciò devo assolutamente trovarmi qualcosa da fare.
-If every living thing dies alone what am I doing here?
-Torno subito - dico agli altri, prima di attraversare la sala e seguire Jared all'esterno.
-If every living thing dies alone what am I doing here? Fuck it!
La voce di Vic e il graffio delle chitarre mi seguono sul pianerottolo. Mi guardo intorno. Jared deve essere sceso per le scale, perché a quanto pare l'ascensore è libero.
La canzone esplode e Vic comincia a urlare in modo strano, ma ormai la sua voce é lontana perché mi sto già avventurando giù per le scale, deciso a raggiungere Jared.
-If it's the end of the world! If it's the end of the world, we should spend the rest of it in love!
Lo trovo seduto alle scale del trentesimo piano, a fissare il vuoto.
-Ehi.
Solleva la testa, degnandomi appena di uno sguardo.
-Ehi - grugnisce.
-Tutto bene?
-Voglio andarmene.
-E allora vattene.
Scuote la testa, sorridendo amaramente. -Non posso. Non posso lasciare Shannon. Non ora. Non di nuovo.
-Eppure ti senti a disagio qui. - constato, ripensando ai suoi atteggiamenti da quando siamo al Lambda Point.
Annuisce. -C'è troppa gente. Mi sento soffocare. Mi sento come se tutti si aspettassero qualcosa da me, una spiegazione, una giustificazione, qualcosa. Io non ho nulla da dare a nessuno.
-Una giustificazione per cosa?
-Per quello che ho fatto, prima che Ray mi cacciasse.
Lo guardo in silenzio, scrutando la tristezza nei suoi occhi. -È stata davvero colpa tua?
-Non lo so. Io... Non lo so. Alexandra era... era così volubile, e incostante. Come potevo non innamorarmi di lei? Tutti la adoravano, tutti la odiavano, eppure non c'era una sola persona che non fosse irrimediabilmente attratta da lei, in positivo o in negativo. Ray disapprovò dall'inizio. Non gli piacevo, non gli ero mai piaciuto. Non mi presentavo agli allenamenti, facevo di testa mia, disubbidivo agli ordini durante gli attacchi. Non voleva che sua figlia frequentasse un tipo come me, eppure lei continuò a farlo, di nascosto.
Jared fa una lunga pausa, stringendo i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. So che raccontarmi tutto ciò gli sta facendo del male, ma non posso fare a meno di essere incuriosito dalla sua storia.
-Alex non mi disse mai che mi amava. Lei non era il tipo che dimostrava certi sentimenti. Forse non mi aveva mai amato. Forse le servivo soltanto come mezzo per poter sgattaiolare fuori dal Lambda. O forse semplicemente non sapeva come dimostrarmelo. In ogni caso, io non vedevo nessun'altra. Ero completamente fuori. Avevo completamente perso la testa, e questo fu l'inizio della fine.
Chiude gli occhi, poggiando la testa sul gradino più in alto dietro di lui. -Eravamo poco lontano dal Lambda. Era notte fonda, se ci avessero scoperti mi avrebbero fatto fuori senza pensarci due volte. Soprattutto perché ero con la figlia del capo. Soprattutto perché la stavo baciando. Eravamo sdraiati sull'erba e lei era sopra di me, ma tutto ciò che riuscivo a vedere era il suo corpo, e le sue curve, e la sua espressione mentre le sfioravo la guancia.
La voce gli si spezza su queste ultime parole, e lo sento fare un respiro profondo prima di riprendere a parlare. -Furono silenziosi. Così silenziosi che non me ne accorsi fino a quando non vidi spuntare la punta del coltello dal suo petto.
Deglutisco. -Vigilanti?
-Sopravvissuti. Erano in cinque. Tu non... non sai che fine abbia fatto il resto della gente degli Stati Uniti. Non esistono soltanto il Lambda e la Città. Esistono altri insediamenti più piccoli, esistono anche soltanto gruppi di nomadi che si spostano da un paesino abbandonato all'altro, cercando cibo e medicine.
-Medicine?
-Sono malati. Sono tutti malati, chi più chi meno. Sono gli scarti dello scarto. Sono persone che continuano infettarsi l'una con l'altra, incuranti di quale malattia abbiano e di quanto tempo ci metterà prima di ucciderli. Le radiazioni scaturite dopo l'Incidente sono ancora presenti nell'aria, in piccole quantità certo, ma non smettono di contaminare i nostri geni e di farci del male, giorno dopo giorno. Questi uomini non hanno nemmeno una vita. Si trascinano avanti, sopravvivono razziando e cacciando, e a volte anche ammazzandosi tra loro. Sono animali. Bestie.
-È terribile...
-È una merda - taglia corto Jared, riaprendo gli occhi. -Ti auguro di non incontrarli mai.
-Sono loro che... - deglutisco ancora, cercando le parole adatte. Indico le macchie sul suo volto, semi nascoste dal cappuccio -...che ti hanno fatto questo?
Annuisce piano. -Li uccisi ovviamente. Ad uno ad uno, con le mie mani. Alexandra era a terra, perdeva sangue, aveva gli occhi chiusi e il respiro affannoso, la pelle cadaverica. Mi lanciai su quello che reggeva il coltello e gli strappai la giugulare a morsi, togliendoli il coltello dalle mani. Uccisi gli altri due senza pensarci due volte e iniziai a fare a pugni col quarto e il quinto. Uno era mutilato, l'altro aveva queste strane macchie e queste pustole disgustose su tutto il corpo, così numerose anche sul volto che ormai non si riusciva neanche a guardarlo negli occhi. Respirava a fatica, e stavo quasi decidendo di scappare, quando quello mutilato mi tolse il coltello di mano e mi immobilizzò, buttandomi a terra e salendomi addosso. Mi ricordo che sorridevano. Il tizio pieno di pustole rideva, rideva davvero, mentre si avvicinava. Mi toccò dappertutto, su tutto il corpo, senza risparmiarsi nemmeno un centimetro.
Ero disgustato, schifato, immobile, gli occhi rivolti verso il corpo di Alex a pochi metri da me. Ridevano ancora, quando se ne andarono. Mi rialzai soltanto qualche minuto dopo, barcollando. Mi era spuntata una macchia sull'avambraccio destro, ma non ci feci caso.
Jared si ferma, sfiorandosi il braccio e sospirando. -Lei morì tra le mie braccia, mentre la riportavo a casa. Entrai nel Lambda che dormivano ancora tutti. Raggiunsi la camera di Ray, bussai alla sua porta, deposi Alexandra sulla soglia.
Scuote la testa, immerso nei ricordi. -Il volto di Ray, il suo volto, Frank, me lo ricordo come se ce l'avessi ancora davanti agli occhi. Non credo di aver mai visto un'espressione del genere in tutta la mia vita, e non credo che mai la rivedrò. Era come se la sua pelle stesse urlando, dato che la sua bocca non riusciva a proferire parola. Sentivo le urla provenire dai suoi pori, i suoi occhi lanciare grida di disperazione e dolore, il suo naso espirare respiri di agonia. Mi sentivo... mi sentivo come se mi avessero prosciugato di tutta la vita presente nel mio corpo. Io in realtà ero lì, morto accanto al cadavere di Alex, ero morto nello stesso istante in cui lei mi era caduta addosso, soffocando un gemito di dolore, con il coltello conficcato nel petto. Ray pronunciò una sola parola, che non fu neanche una parola, fu più un rantolo, lo stridio di una forchetta contro un piatto, il soffio di un gatto agonizzante, il gemito di un padre che aveva ormai perso sua figlia per sempre. "Vattene", disse, e gli obbedii. - Mi guarda, sorridendo amaramente. -A volte mi sembra quasi di risentirla. A volte, qualsiasi cosa io stia facendo, sento ancora la sua voce nelle orecchie, con quel suo tono arguto e sarcastico che spesso nemmeno lei stessa riusciva a comprendere. Era una strana ragazza, eppure era la persona più bella che io avessi mai incontrato. In tutti i sensi, Frank, in tutti i sensi.
-Capisco la sensazione, fidati.
Jared si alza improvvisamente in piedi, fissandomi dall'alto. -Non voglio che tu abbia pietà di me per questa storia. Te l'ho raccontata perché volevo farlo, ma non voglio che tu cambi atteggiamento nei miei confronti.
-Non lo farei mai - ribatto -Io ti rispetto, e so che genere di uomo sei. Non provo pietà per te.
Annuisce, non del tutto convinto.
D'un tratto, sentiamo una sirena provenire dai piani inferiori, e una voce all'altoparlante che grida: -Sono tornati!
Il cuore mi fa un salto nel petto, e potrei quasi sentire il sangue che comincia a pompare velocemente nelle mie vene, impetuoso.
Gerard.
Gerard.
Gerard, cazzo, Gerard.
Mi lancio verso le porte dell'ascensore, mollando Jared senza pensarci due volte. L'ascensore comincia a scendere ma è troppo lento troppo lento troppo lento e io sento di star morendo dentro, sento che non ce la farò, sento che potrei collassare da un momento all'altro, proprio quando sto per rivedere Gerard.
Sempre che sia tutto intero.
Le porte si aprono ed io mi precipito nella reception. Mi faccio largo tra la gente che sta iniziando ad affollare la sala, diretta verso l'ingresso del grattacielo.
-Fate largo! Fate largo, per favore, ci sono dei feriti.
La voce di Ray.
Riesco ad aprirmi una strada a gomitate e spintoni, arrivando in prima fila.
C'è Ray che sta portando Frances a spalla. É pallida, sanguinante, e ha un braccio fasciato.
C'è Lynz, e mi sembra esanime. É accanto alla sua ragazza, le sta accarezzando i capelli, le sussurra cose all'orecchio. C'è Vic con lo sguardo preoccupato, e c'è Kristin, che si dà fare per aiutare Ray.
C'è Gerard.
C'è Gerard, e sta sorridendo, e io non ci posso davvero credere.
Si guarda intorno con aria soddisfatta, come se fosse un supereroe tornato vittorioso dalla sua super missione per salvare delle persone. Ha del sangue sul volto, i capelli impiastricciati, l'aria stanca, ma sta davvero sorridendo e oh, quanto ho avuto paura.
Ho avuto così tanta paura che adesso sono incazzato nero.
Prima che possa rendermene conto, mi avvicino a grandi passi. Mentre annullo la distanza tra noi, lui finalmente sposta lo sguardo su di me e smette di sorridere immediatamente.
Torno a prenderti.
Ma vaffanculo.
La forza che ho messo nel pugno che gli ho appena tirato sul naso, sorprende anche me.
Guardo la mia mano, sbalordito. Non riesco a capire se il sangue sulle mie nocche sia il mio o il suo, o un miscuglio di entrambi.
Guardo Gerard.
Gli sta davvero sanguinando il naso. Si porta una mano al volto, asciugandosi il sangue con una manica. La sua espressione è ancora più scioccata della mia.
Silenzio assoluto.
Non sento nessuno respirare. Non sto respirando nemmeno io. Non sta respirando nemmeno lui.
Oh, merda.
-Credo che tu mi abbia appena rotto il setto nasale - mormora, continuando a fissarmi stupito.
-Poco male - sussurro, sostenendo il suo sguardo.
E in questo istante, in questo preciso istante in cui lui lascia cadere le braccia lungo i fianchi e si lecca piano la bocca, prima il labbro superiore, e poi quello inferiore, pulendo via il sangue, ho davvero una voglia assurda e assolutamente inopportuna di baciarlo.
Non so cosa dire. Non so cosa fare. Faccio un passo indietro, lentamente. La gente ci sta fissando. Cazzo, voglio seppellirmi.
E, nonostante tutto, il volto di Gerard si apre per l'ennesima volta in un sorriso compiaciuto.

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