Election [I libro, Rose Evolu...

By Esterk21

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Primo libro della Rose Evolution Saga 2# nel contest Miglior Libri 2016 Sponsor Links & WIAIta "L... More

Diritti d'autore - Election
Revisione Conclusa!
Capitolo I (R)
Capitolo II (R)
Capitolo III (R)
Capitolo IV (R)
Capitolo V (R)
Capitolo VI (R)
Capitolo VII (R)
Capitolo VIII (R)
Capitolo IX (R)
Capitolo X (R)
Capitolo XI (R)
Capitolo XII (R)
Capitolo XIII (R)
Capitolo XIV (R)
Capitolo XV (R)
Capitolo XVI (R)
Capitolo XVII (R)
Capitolo XVIII (R)
Capitolo XIX (R)
Capitolo XX (R)
Capitolo XXI (R)
Capitolo XXII (R)
Capitolo XXIII (R)
Capitolo XXIV (R)
Capitolo XXV (R)
Capitolo - XXVI (R)
Capitolo XXVII (R)
Capitolo XXIX (R)
Capitolo XXX (R)
Capitolo XXXI (R)
Capitolo XXXII (R)
Epilogo | Capitolo XXXIII (R)
Isola di Phērœs
Base Militare Alpha
Special!
LinkS
Genuine Goals

Capitolo XXVIII (R)

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By Esterk21

«Ehvena» mi chiamò qualcuno dal mondo reale. «Ehvena, svegliati».

Il viso della mia Assistente si fece più nitido, mentre, con cautela, mi mettevo a sedere. Dopo il rinfresco ero tornata in stanza, le scosse mi avevano letteralmente aggredita e, per tutta la notte, avevo ascoltato gli sproloqui della voce.

«Uhm...» mugugnai cercando di aprire gli occhi. A differenza delle altre volte percepivo un fitto ronzio, sembrava mi stesse attaccando uno sciame di insetti; i muscoli del collo erano contratti come se stessi ancora ricevendo le scosse.

«Ehvena, hai solo mezz'ora per prepararti». La sua voce arrivò ovattata, ma riuscii a distinguere l'agitazione in essa imperniata. Spalancai gli occhi, imponendomi di uscire da quell'innaturale intontimento. La fredda luce della stanza sfarfallava sopra i mobili grigi, persino Asia sembrava tinta degli stessi colori.

«Che succede?» chiesi massaggiandomi il collo. Il bozzo che nascondeva il trasmettitore era più gonfio del normale. Da quando si era trasferita nella stanza accanto non era mai venuta a svegliarmi, questo mi diede l'allarme: era quel giorno, il giorno della prova.

Il pensiero mi fluttuò in testa per qualche istante, era dal giorno in cui mi ero svegliata in quella stanza che aspettavo l'arrivo dell'ultima prova obbligatoria. Non ero sollevata neppure la metà di quanto mi ero immaginata, semmai iniziai ad agitarmi.

Annuì riluttante. «La prova, inizierà tra un'ora».

La divisa ripiegata era sul bordo del letto, completamente nera. Mi alzai all'istante, iniziando i preparativi. «Sai di cosa si tratta?» domandai nel mentre. Sapevo che Asia non era mai stata in grado di rispondere a quella domanda perché delle prove lei ne sapeva quanto me, ma a ogni prova avevo lo stesso, impellente bisogno di conversare per disfarmi dell'agitazione. Una cosa la sapevo per certa: era l'ultima fatica. E di certo doveva essere la peggiore.

«Hanno detto di presentarsi all'hangar Lauro per il trasporto sulla Piattaforma Omicron, non so altro» si scusò. «Devi indossare i vestiti che mi hanno consegnato e portare con te solo il tesserino».

«E la colazione? Che ore sono?» domandai, ascoltando il brontolio del mio stomaco. L'agitazione si mescolava alla fame in una nuova sinfonia

«Le tre meno un quarto» disse. «Del mattino. Mi spiace, ci hanno ordinato di non farvi fare colazione».

La guardai sbalordita. Niente colazione e ci avevano svegliati molto prima dell'alba nonostante le scosse del giorno prima... «Che devono fare così presto!?» mi lamentai.

Continuai a farlo, sbuffando e trascinandomi da un lato all'altro della stanza con aria svogliata. Avevo male al collo e i muscoli della schiena e delle braccia erano indolenziti, bastò cambiarmi d'abito per sfinirmi. Il completo, una macchia completamente nera , era composto da dei pantaloni comodi con due capienti tasche per lato, una maglietta a mezza manica e una giacca con un rivestimento lucido e liscio all'esterno, mentre all'interno era foderato con un tessuto impermeabile. Allo specchio sembrava fosse due taglie più grande, invece dipendeva dalle tasche interne un po' ingombranti. Già dall'abbigliamento la prospettiva della prova confermava le mie paure peggiori.

Una volta pronta infilai il tesserino in una delle tasche – ce n'erano talmente tante da aver l'imbarazzo della scelta – e provai ad uscire. Asia mi chiese di aspettare qualche altro minuto, aveva qualcosa d'importante da dirmi. Dalla sua espressione decisa, doveva essere l'addio che tanto aveva rimandato.

«Ehvena, so che l'Elezione non è stata per te la migliore delle esperienze, ma volevo che sapessi, prima dell'inizio della prova, che sono orgogliosa di essere stata la tua Assistente».

Non mi permise di dire nulla. Mi abbracciò con la foga della migliore delle amiche, e la tenerezza di una madre che per mesi aveva badato a me.

«Pensa solo a non farti male» aggiunse con voce incrinata. Nascoste dagli occhiali, delle lacrimuccie le rigarono il volto. Non avrei mai pensato di vederla piangere per me. Se la paura non mi avesse gelato i condotti lacrimali, avrei pianto un po', per me stessa più che altro, prima di dirigermi all'hangar Lauro. Di più se avessi saputo prima cosa stava accadendo fuori.

Pioveva, a dirotto dal rumore che le gocce facevano infrangendosi contro la porta basculante. Non dava l'impressione di voler smettere, spaventando me e chiunque altro entrasse oltre l'immaginabile. Da una fessura alta poco meno di un uomo, potevo vedere le piccole gocce cadere fitte, lasciando pochissima visuale nella coltre di oscurità che ancora inghiottiva l'esterno. Una pozza si infiltrava all'intero e si espandeva a dismisura.; il rumore riempiva la stanza e sovrastava le voci dei concorrenti.

«Ci fanno uscire con quella pioggia?» chiesi ad Asia esterrefatta.

«Si, non hanno voluto sentir ragioni. Noi Assistenti ci siamo opposti fermamente, non che sia servito a qualcosa.» Scosse il capo, chiaramente delusa dagli organizzatori.

Ormai avevo fatto l'abitudine al loro modo di testarci, ma come potevano farci svolgere la prova con quella pioggia? Non che un po' di acqua fosse un problema, almeno non quella a cui lo Stato ci aveva abituati: lieve, fine, che cadeva indisturbata dal cielo, una ventata umida trasportata dal vento. Quella invece, era un genere di pioggia che preannunciava la stagione d'intemperia e che metteva in azione la cupola protettiva.

Un tuono inatteso ci fece sussultare. Un boato simile allo scoppio del motore di uno Scriblet, che riverberava tra i nostri volti spaventati. Con la cupola capitava di poterli sentire in lontananza, ma quel giorno il loro fragore assunse un tono ancora più cupo.

«Non è mai successo. Non hanno mai tenuto prove un temporale, mai. La Quinta Prova è quella con cui si sbizzarriscono di più, non danno alcun vincolo, solo delle piccole indicazioni. Ma questo è.... assurdo. Totalmente assurdo» rincarò Asia.

«Non lasceranno che qualcuno si ferisca» dissi, per poi pentirmene subito. «Che qualcuno muoia, almeno» mi corressi. Ero piuttosto positiva riguardo a quello che sarebbe accaduto, infondo durante l'Elezione non c'erano mai state tragiche morti dovute alle prove. Di dolore che ne avevano inflitto parecchio, ma la mia vita di qualcuno non era mai stata messa in discussione.

«Ehvena, non dirlo neppure per scherzo!» s'infuriò.

William e Nora ci raggiunsero prima che Asia iniziasse una lunga e interminabile spiegazione sul perché non saremmo mai morti durante la Quinta Prova. Le salutammo poco prima di salire sugli Scriblet, con la quale raggiungemmo la Piattaforma Omicron. Non era cambiata dall'ultima visita, come i brutti ricordi ad essa legati. Per quel che ne sapevamo, poteva trattarsi di un'altra carneficina di scosse, in onore della Prima Prova.

Ad attenderci c'era il Comandante Benedikt, insieme alla truppa completa dei suoi Latori. Oscar era posizionato tra i cadetti in addestramento, vista l'immobilità richiesta ci sorrise velatamente. I Rappresentanti e lo scienziato Ochkers erano a capo dell'intimidatoria commissione. Non aspettammo molto prima di iniziare, uno ad uno, a chiedere spiegazioni.

«Candidati» ci richiamò la Rappresentante Engineer. «Sappiamo che le attuali condizioni meteorologiche vi turbano, ma non è qualcosa da dover temere. I Candidati devono essere preparati a svolgere le prove in qualunque condizione, questa in particolar modo sarà determinante per il futuro di coloro che desiderano accedere alla seconda fase. Consideratelo come un privilegio». Schiamazzi sciamarono in ogni angolo della piattaforma, costringendo la Rappresentante a una pausa forzata. Nessuno stava gradendo il suo discorso, e lei non gradiva le interruzioni.

Nonostante la scontentezza dei partecipanti, Engineer recuperò rapidamente parola. «Ciò che state per affrontare oggi non è un semplice test ma una commemorazione svolta in ogni Era Elettorale in memoria della nascita dell'Elezione. In quest'ultima prova valuteremo non solo le vostre abilità di sopravvivenza, scaltrezza e resistenza, anche le capacità di comando ed fedeltà verranno rivelate. Perché ci vuole coraggio e grande padronanza a comandare, almeno quanto ce ne vuole per seguire qualcuno nelle sue imprese. Oggi sarete divisi in quindici gruppi composti da soli tre candidati. Uno, e uno solo, sarà il Comandante della squadra, gli altri due diventeranno i suoi soldati».

«Cosa?» mormorai verso William, mentre i quarantadue concorrenti rimasti davano sfogo al loro dissenso.

«Non hanno mai fatto prove di gruppo» mi fece notare.

«Calmatevi!» gridò il Comandante Benedikt. Tanto bastò a zittirci. «Portate rispetto per i vostri Rappresentanti!» aggiunse poi, come rafforzativo.

«Coloro che verranno chiamati ora, avranno il ruolo di Comandanti del loro gruppo. La lista è stata stilata da noi Rappresentanti, le persone a cui è stato affidato questo ruolo non sono in alcun modo favorite. Dopo avervi osservati per questi lunghi cinque mesi e avervi testato ben quattro volte, sappiamo quanto valete individualmente e vi abbiamo messi nella condizione di mostrarci le qualità non ancora ben definite. Il solo trovarvi in questa stanza, difronte a noi vi rende degni dell'Elezione e vi fa onore, dunque non dubitate delle vostre abilità» concluse sorridendo. Non era un sorriso caldo, incoraggiante, tuttalpiù mi mise a disagio. Avrebbe dovuto lasciare spazio a Tremblay, che tra i due se la cavava molto meglio nel rassicurare le persone. Il Rappresentante però, aveva ancora addosso quell'aria cupa e irriconoscibile di quando aveva dato il ben servito a un'intera classifica.

La Rappresentante si voltò verso il Comandante Benedikt, l'incaricato dell'ingrato compito. Aveva un ché di poetico a dire la verità, sentirgli pronunciare i nostri nomi esattamente come dopo la Prima Prova.

«Le persone che chiamerò dovranno fare un passo avanti mostrando il loro tesserino» disse. Scorse leggermente la lista prima di iniziare. «Karter Collins».

Il primo a farsi avanti fu lui, la mano tesa che mostrava la tessera da candidato. Attualmente era il primo classificato tra i Positivi, aveva senso dargli la possibilità di svolgere il ruolo del capo. Probabilmente dovevano essere tutti dei Positivi, io e gli altri dei Qualificati eravamo diventati una sorta di nuovo Quarto Gruppo e il nostro ruolo all'interno della prova doveva essere dei più ingrati.

«Maximilian Howard» proseguì Benedikt, smentendo la mia teoria. Maximilian si trovava tra gli Effettivi, quinto posto. Speravo che William venisse chiamato, così da stare nel suo gruppo, ma se così non fosse stato anche finire con Maximilian andava bene. L'importante era stare alla larga da Brunuas e gli altri candidati pericolosi. Il loro quartetto si era riunito a qualche nuca di distanza da me e William. Brunuas e Iruwa stavano parlando, lanciando occhiate losche verso Karter; Esral lo intravedevo appena ma non sembrava interessato al gioco di sguardi. La fasciatura era sparita, forse già da giorni.

Tra tutti loro avevano dato più problemi, ma di altri candidati agguerriti e pericolosi la stanza ne era ricolma. Decidere chi mi avrebbe colpita di soppiatto alla nuca era difficile.

«Ehvena Johns» proferì il Comandante. Ci volle una gomitata di William per farmene rendere conto. «Ehvena Johns» ripeté.

Presa alla sprovvista, scovai il tesserino nella profonda tasca in cui l'avevo abbandonato, avvicinandomi agli altri nominati con aria palesemente frastornata. Repressi l'istinto di chiedergli se non avesse commesso un errore. Io, Ehvena Johns, Comandante di un gruppo durante la Quinta Prova? Era un suicidio. Un modo sicuro per eliminare tre persone.

Magari è una tattica della Rappresentante.

Benedikt continuò la lettura, chiamando un ragazzo di nome Vajar Kapoor, con un ghigno malevolo a stirarli il volto. A seguire fu il turno di Opal, Gillees Magorya, Nera Bellemare, Daricia Baso, Adele Lebelons... Continuò finché tutti i posti da leader non furono occupati, poi passò alla seguente spiegazione.

«Seguendo l'ordine in cui siete stati chiamati, dovrete scegliere i due membri che comporranno la vostra squadra tra i candidati rimasti. Questi diventeranno i vostri soldati, e come tali avranno dei doveri nei vostri confronti. Esattamente come voi Comandati li avrete verso di loro. Questo...» Ci mostrò un foglio ripiegato diligentemente. «... sarà il manuale d'istruzione. All'interno troverete il regolamento, strategie di supporto e le modalità di eliminazione. I vostri tesserini saranno la chiave che vi permetterà di restare in gioco, con la quale avrete diritto di accesso nei ritrovi segnati sulla cartina che vi consegneremo. Una per gruppo. Abbiate cura delle attrezzature che vi verranno consegnate, non ci saranno sostituzioni dopo l'inizio della prova».

Uno dei suoi Latori ci fece una dimostrazione pratica, tirando fuori da uno zainetto quella che doveva essere la nostra attrezzatura: provviste, corda, acqua, dei teli impermeabili e un solo palmare per gruppo. Sembrava lo zaino di chi stava partendo per un lungo viaggio.

«Il vostro obbiettivo sarà quello di passare per tutti i ritrovi segnalati sulla mappa, timbrando i tesserini di ogni membro del gruppo per convalidare l'accesso. Niente timbro, niente riconoscimento. Il palmare, oltre alla cartina, controlla lo stato dei vostri tesserini, i termini di accordo tra i membri e le eliminazioni interne. Per quelle esterne ai membri del gruppo, ogni tesserino possiede un tasto di spegnimento alla base, tenetelo premuto per eliminare un concorrente. I soldati possono cambiare all'interno dei gruppi, i Comandanti no. Se il Comandate viene eliminato il gruppo lo sarà con esso, a meno che non vi estraniate prima» continuò Benedikt, lasciandoci di parola in parola sempre più confusi e sbigottiti. «Per informazioni approfondite, leggete la guida».

«Verrete valutati per le vostre azioni individuali e per gli obbiettivi raggiunti dal vostro gruppo» riprese parola la Rappresentante. Era tornata al suo ruolo di carceriera. «La prova verrà svolta nella foresta ibrida, con un limite di cinque giorni. La partenza e il punto di arrivo sono segnati sulla mappa, insieme a voi per la foresta ci saranno pattuglie di soldati e Latori che vi controlleranno. Ma cosa più importante, gli Osservatori e i Responsabili, come noi Rappresentanti, non vi toglieremo mai gli occhi di dosso. Tutto è permesso durante la prova, ma non è detto che questa libertà vi permetterà di superare la Quinta Prova».

Non potevo fare a meno di guardarla con astio. Dopo l'enigma, la scalata mortale e le armi, stavamo per essere spediti da soli nella foresta ibrida, dove tutto era consentito. Asia aveva detto che nella Quinta Prova gli organizzatori non si davano vincoli, ma anche una prova del genere era troppo per l'Elezione. Ci saremmo scontrati a vicenda, invece di seguire quel ridicolo percorso. Iniziai seriamente a temere per la mia incolumità, molto più di quanto non avessi fatto per le altre prove.

Secondo la mia Assistente a nessuno poteva capitare qualcosa di spiacevole durante l'Elezione. In realtà tutta l'Elezione era fatta di tanti eventi spiacevoli, pensati e studiati per essere tali. Con me al comando del gruppo io, e chi avrebbe avuto la pessima idea di seguirmi, eravamo spacciati. Con me avrei voluto avere William, ma non ero più così egoista da decidere di mandarlo a fondo con troppa leggerezza.

Strinsi tra i pugni il tesserino, provando a farmi venire qualche idea.

D'un tratto mi tornò in mente le ultime e uniche parole della voce parole della voce, sussurrate la notte prima. "Scegli l'utile, anche se ti è nemico. Tienilo vicino anche se può ferirti".

Ancora una volta il suo consiglio diventava tale solo se inserito nel giusto contesto, sempre una notte in anticipo rispetto all'Elezione.

«Ora le squadre» annunciò il Comandante, avvicinandosi a Karter. Il ragazzo si prese qualche istante per riflettere, prima di scegliere Alexa e la seconda classificata, Beyza Derim. Il fatto che avesse scelto due tra le donne più capaci, aveva reso il suo gruppo più che temibile.

Al turno di Maximilian iniziai a convincermi che non reclutare Shawn fosse la scelta peggiore. Era l'ultima persona che avrei voluto vedere in quei giorni così difficili ad attendermi, ma avevo bisogno di qualcuno capace. Lui e William, per quanto poco d'accordo potessero andare, erano la mia scelta più sensata. Sperai che Maximilian non lo prendesse prima di me. La sua discesa in classifica lo aveva reso, almeno agli occhi di Karter, meno interessante. Volevo fidarmi della voce e fare quell'azzardo.

«Quiana Meir» disse Maximilian, come prima cosa. Ne rimasi sorpresa, quella ragazza non era esattamente un asso da sfoderare nel momento del bisogno ma qualcuno doveva pur prenderla in custodia. Fuori dalla competizione i due sembravano andare d'accordo, aveva senso. «E William Born» aggiunse.

Mi scoccò un'occhiata, quasi a volersi scusare per avermelo sottratto. Quando il Comandante Benedikt venne da me per sapere chi volessi nel mio gruppo, non sapevo più cosa rispondergli. Pensai a chi mi era utile e nemico, scovando oltre Shawn solo un'altra persona: Esral. Ma chiamarlo equivaleva a stringersi il cappio al collo.

«Shawn O'belion e...» Deglutii a fatica, a corto di alternative. Avevo già lavorato con lui durante gli allenamenti della Terza Prova, e i tutti i pro si fermavano lì. Alla fine, già pentita, lo chiamai. «Esral Rivas».

Era un bene che dessimo loro le spalle, potevo risparmiarmi le espressioni scontente di quei due.

Il resto fu un accaparramento all'ultimo sangue, finché non ci fu più niente da scegliere. Vennero creati dei gruppi davvero squilibrati: i migliori e i peggiori divisi su due fronti. Il trio formato da Gillees e i gemelli Kozlowski, Irvan e Ireina, come quello di Karter, non andavano presi alla leggera. Il più problematico in assoluto, a mio avviso, restava il gruppo in c'era Brunuas; quel ragazzo era l'incarnazione della meschinità. Non doveva essere contento della mia decisione, sicuramente sperava di averlo nel suo stesso gruppo, e anche io non facevo i salti di gioia per averlo scelto. Per aver scelto entrambi. Tutto sommato pensai che la scelta di Maximilian fosse un bene, almeno se il mio gruppo fosse andato a fondo a causa mia mi sarei portata dietro solo persone che meritavano di affogare. Poteva anche essere un'ottima copertura con la Rappresentante nel caso di un clamoroso fallimento. Inoltre, vedere Shawn perdere l'Elezione, buttare all'aria gli ultimi cinque mesi di lavoro, non avrebbe avuto prezzo.

Ci consegnarono gli zaini, molto più leggeri di quel che immaginassi. Le razioni di cibo bastavano per appena un giorno, il resto avremmo dovuto custodirlo gelosamente. Benedikt affidò a tutti i Comandanti i rispettivi palmari, distribuì le guide e ordinò di attendere in silenzio. A breve avremmo imboccato a gruppi l'ascensore di sbarco della piattaforma, radunandoci nella zona di inizio.

Non appena i Rappresentanti si allontanarono William mi raggiunse per parlare, Maximilian e Quiana alle sue spalle.

«Scusa» disse Maximilian, pur non essendo affatto dispiaciuto. «Sapevo che lo avresti chiamato tu, così ho giocato d'anticipo».

«Non importa» mi affrettai a rispondere. William non fece i salti di gioia per come risposi, ma non si prese la briga di scherzarci sopra. Stava pensando ad altro.

Dopo avermi guardata fin quasi a consumarmi, si decise a parlare. «Perché proprio loro due?»

«Così posso tenerli d'occhio e impedirgli di metterci i bastoni tra le ruote. Se io perdo loro vengono con me, e vi sbarazzate di due grossi problemi. Lo sai come la penso, Will» sussurrai. Oltre Maximilian e Quiana, i membri del mio gruppo se ne stavano immobili come statue di sale. Non una parola, non un cenno in mia direzione. Stavano ignorano l'uno la presenza dell'altro, ignorando anche me.

«Non so se complimentarmi per la tua idea geniale o semplicemente darti della stupida». Provò a nascondere il suo timore con un po' dei buffonaggine, scompigliandomi i capelli accuratamente legati, senza davvero riuscirci. Forse quella di tenerli al guinzaglio era davvero un'idea geniale, ma non era mia. Avevo deciso di fidarmi ancora della voce, sperando di non dovermene pentire.

«Sta attento» dissi.

«Sei tu quella che deve fare attenzione» replicò, abbracciandomi. La sua stretta era diversa, questa volta non voleva davvero lasciarmi andare. Aveva l'aria di essere un addio, e non a causa dell'arrivo dell'ultima prova obbligatoria: una volta dato il via, saremmo stati messi gli uni contro gli altri. Per quanto Maximilian fosse un bravo ragazzo, non aveva intenzione di perdere. Nessuno voleva farlo, soprattutto i due soldati che avevo scelto di portarmi dietro. Nessuno eccetto me. Io speravo solo di andarmene con la fedina penale intatta.

Da sopra le robuste spalle di William vidi Pel-Di-Carota rassicurare Quiana. Le mani gentilmente adagiate sulle spalle della ragazza, mentre questa abbassava il volto spaventata. Era troppo egoistico da parte mia chiedermi, mentre William faceva del suo meglio per infondermi coraggio, perché Shawn non mi avesse mai trattata in quel modo da quando ci eravamo rivisiti e perché preferisse montare un teatrino solo per dirmi addio. Eppure non potei farne a meno.

Scivolai via dalla stretta di William solo per non vedere più quei due. «Cerca di non guardare giù durante la discesa» lo schernii.

«Non ho paura dell'altezza, ma di precipitare in volo» chiarì con falsa stizza. «Proprio la funzione di quell'aggeggio...»

«Il trasportatore non precipita. Semmai scivola delicatamente verso terra».

Storse il naso al mio "delicatamente". Per fortuna la Piattaforma Omicron non era stata costruita per volare ad eccessiva altitudine. Prendere il trasportatore era un po' come scendere dalla cima di una montagna senza doversi stancare. Una cabina discesa dal cielo, così lo ce lo aveva descritta Oscar un giorno.

Quando Benedikt tornò, ci fece recuperare i membri del gruppo e pazientemente scendemmo verso il punto di inizio in compagnia dei militari di ronda. Come accennato, anche loro dovevano restare nella foresta ibrida con noi per tutta la durata della prova, intervenendo solo in caso estremi. Benedikt negò il presentarsi di questi "casi", ma né lui, né i Rappresentanti, avevano parlato di divieti riguardo all'uso della violenza fisica. In sostanza, potevamo tutti prenderci a calci pur di vincere la prova; se la situazione si faceva troppo pericolosa, allora i militari potevano intervenire.

Stare con il mio gruppo era un po' come stare da sola. Avrei vagato per cinque giorni nella foresta ibrida sperando che nessuno mi pestasse a sangue.

Mentre attendevo il nostro turno per la discesa in compagnia delle statue di sale, decisi di leggermi la guida di quella stupida prova. Già dalla prima pagina annusai il puzzo delle clausole dell'Elezione. Chiunque avesse scritto il Codice Elettorale, doveva aver realizzato anche quella guida. Nonostante il gergo, difficile da interpretare a quell'ora del giorno, scovai un mucchio di cose interessanti. C'erano anche un sacco di spiegazione sui ritrovi, ovvero dei bunker sotterranei post GG, controllati dai militari. Erano zone completamente neutrali, una volta entrati non erano ammesse discussioni tra candidati. La parte più importante riguardava la possibilità del Comandante in carica di aggiungere membri al gruppo, oltre che espellerli o eliminarli. Mi bastava un click per decidere della loro prova.

Iniziai a rilassarmi, con una posizione così privilegiata potevo anche riuscire a tenerli in pugno. Nessuno dei due voleva perdere la prova e quello poteva essere un ottimo punto su cui far pressione.

Lessi finché non arrivò il nostro turno per la discesa. Per ogni due gruppi di candidati c'erano almeno quattro di militari. Giurerei di aver visto Oscar tra le tante teste rapate.

Ci infilammo sull'ascensore, una sorta di piccola scatola oscurata che veniva calata dalla Piattaforma Omicron in linea retta. Era appena più stridente di un normale ascensore, ma penso fosse dovuto alla pioggia. Quando il lampeggiante nella cabina divenne rosso, segno che stavamo per toccare terra, chiusi il giubbotto fino all'ultimo bottone, nascondendo nelle tasche interne il prezioso palmare. Issai sulle spalle lo zaino e fissai la mia squadra sgangherata: Shawn era ancora impegnato nella lettura della guida, mentre Esral fissava assorto un angolo vuoto della scatola. Avrei dato qualunque cosa per sapere cosa frullasse nelle loro malvagie menti.

Quando la discesa si arrestò e le porte si aprirono, i primi a scivolare nel mezzo dell'acquazzone furono i militari. Ci condussero verso uno stabile circondato dalla natura ibrida, unico punto al riparo dalla pioggia scrosciante. Lungo il breve tratto di camminata dovetti tenere ben saldo il cappuccio del giubbotto, sempre pronto a sfuggire grazie alle forti folate di vento raggelati; l'acquazzone troppo fitto per vederci qualcosa. Non era il tempo adatto per svolgere una prova all'aperto, perciò il tempismi degli organizzatori era così mirato.

L'interno era caldo e accogliente per essere un luogo da dover salutare quasi subito. Gli altri candidati si erano già divisi in gruppi per consultare guide e mappe. I volti rivolti al proprio compagni e le orecchie tese verso gli altri. Quell'atmosfera tesa e competitiva rianimò i miei due soldati, che prima di accorgermene stavano già complottando tra di loro.

«Passeremo verso il bunker più vicino» asserì Shawn, quasi fosse lui il Comandante della squadra.

«Come?» gli feci eco.

«Forse non lo avrai notato, ma la pioggia punta verso di noi. Viaggiare contro vento non ci aiuterà. La cosa più logica è rifugiarci nel primo bunker per ragionare con calma su come raggiungere il successivo» mi sgridò. Non era neanche iniziata che Shawn già minava alla mia autorità di capo.

«Non decidi tu» ribattei. «E nemmeno tu. Il Comandate sono io, e io soltanto dico cosa fare». Non sapevo da dove venisse fuori tutta quella sicurezza, ma fece la sua bella figura. «Dato che il vostro destino riguardo la prova sarà legato al mio per i prossimi cinque giorni, dovremmo trovare un punto d'incontro. Io non ho intenzione di finire al macello per colpa vostra, quindi ci terremo lontani il più possibile dagli altri candidati. Chiaro?»

I due rimasero in silenzio, forse curiosi di sapere della mia idea, oppure solamente sconvolti dal fatto che mi stessi imponendo come un vero capo. In entrambi i casi mi bastava che ascoltassero. Tirai fuori il palmare, avvicinandomi e sussurrando per non farmi sentire dagli altri gruppi. «L'idea di Shawn è logica, e proprio per questo l'adotteranno la maggior parte dei concorrenti. La pioggia è tanta e tutti vorranno un riparo, il primo bunker sarà inavvicinabile. Credo sia meglio dirigerci lontano, verso quello meno affollato».

Per un attimo calò il silenzio, poi Esral annuì. «Il numero due non dista molto dal primo, potremo sempre tornare indietro per timbrare anche quello quando gli altri saranno usciti. Dal primo al terzo è tutta linea retta» constatò, indicando i vari percorsi sulla mappa.

Shawn ebbe un momentaneo spaesamento. Era divertito dalla mia idea sensata, come dall'appoggio di Esral, e irritato dalla mia posizione di capo. Stava per voltarmi le spalle senza rispondere. «Ehi!» lo afferrai per un braccio, costringendolo a girarsi. «Lo so che questa situazione non ti piace. Che a nessuno di voi due piace. Ma sapete entrambi che non vi ho scelti a caso».

«Mi hai sorpreso oggi, Vèna. Due buone idee nello stesso giorno, peccato che una sia anche tremendamente stupida» disse. «Spero tu non le abbia esaurite tutte».

Stavo per rispondergli a tono, quando decisi di lasciar perdere. Voleva solo provocarmi e io non ne avevo più il tempo. Mi imposi di ignorarlo da qui allo scadere della prova, dove sicuramente avrebbe dato il suo meglio per farmi pentire di averlo scelto.

«Impara il percorso a memoria, ci farai da navigatore» gli ordinai.

«Come desidera Comandate Johns, sono a suoi ordini!» Si fece beffe di me salutandomi nella posa dei Latori: mano al petto, schiena rigida e pugno in aria.

«Smettila di fare così» mormorai a denti stretti. Non volevo che nessuno ci vedesse litigare, il nostro gruppo era già in cima alla lista per il disfacimento. «Sai di poterlo fare senza gradi sforzi eppure continui a darmi contro. Non è per fare un favore a me che devi farlo ma a te stesso, almeno se vuoi arrivare in tempi brevi al bunker».

Iniziai a sorprendermi di me stessa, stavo tirando fuori una grinta che non sapevo di avere. Era impressionate cosa si poteva combinare con la paura pressante di venir braccata da un gruppo di concorrenti soggiogati dalla carica in palio. Un gruppo di ben quarantaquattro Paterson appostati in una foresta conosciuta, nel mezzo di un temporale.

«Sì, ho un ottimo senso dell'orientamento» spiegò ad Esral con falsa modestia. Riusciva a pavoneggiarsi in qualunque momento.

«Non m'importa chi lo fa, basta che non ci perdiamo» asserì lui.

«Esral». Sistemato Shawn mi rivolsi a lui. «Vorrei che tu tenessi d'occhio il percorso. Non so cosa o chi incontreremo, fino ad ora sembra tutto troppo facile».

Annuì, lasciando che per un istante pensassi di avercela fatta. Era irreale che uno dei due non avesse ancora avanzato richieste per quell'alleanza. «Ma solo a due condizioni: la prima è che resterai sempre nel mezzo, tra me e Shawn. Sarai il bersaglio degli altri gruppi per i prossimi giorni, e visto che la mia permanenza in gara dipende da quello che succede al tuo tesserino non ho intenzione di perderlo di vista».

Della mia incolumità non gli importava, gli bastava che il tesserino fosse al sicuro. Sceglierli era stato un bene, grazie alla loro voglia di vincere mi avrebbero tenuta al sicuro fin tanto che rimanevo il loro Comandate. «Va bene. La seconda?»

«Se ci attaccano tu ti allontani e ci lasci lavorare».

Scossi il capo, categorica. «Neanche io ho intenzione di perdervi mai di vista» dichiarai. Con lui le tecniche che usavo con Shawn non funzionavano. La mia determinazione non lo scalfiva minimamente, mentre invece Shawn ne era stato colto alla sprovvista. Era due persone troppo diverse e ingestibili, sapevo che la sceneggiata del Comandante non poteva durare a lungo.

«Almeno cerca di non intralciarmi» disse lui alla fine, lasciando Shawn fuori dal discorso. Era preoccupante, quei due potevano anche decidere di allearsi alle mie spalle e sbarazzarsi di me. Il regolamento diceva chiaramente che ai soldati era consentito passare da un gruppo ad un altro.

Decisi di non rispondere, non mi veniva in mente niente di adatto da dirgli. La voce mi aveva detto di prenderli nel gruppo, ma non come comportarmi con loro. Era folle come sperassi di ricevere altri aiuti durante il corso della prova, le mie speranze erano riposte in una voce incorporea che poteva anche avermi portata dritta nella tana del lupo.

Ero davvero disperata e la mia situazione all'interno della competizione era troppo precaria perché mi potessi permettere un lusso come la fiducia.

«Concorrenti, è ora!» vociò uno dei militari. Ora che lo notavo, erano tutti muniti di armi stordenti.

Prima di uscire, Shawn diede un'altra occhiata alla mappa. Provò a tenersi il palmare, ma me lo feci ridare seduta stante. Non era qualcosa che un soldato poteva tenersi, men che meno se questo faceva di nome Shawn O'belion. Ci lasciarono sotto la pioggia finché una sirena, simile a quella della Quarta Prova, non tuonò sovrastando il fragore del temporale, costringendoci a partire verso il fitto della foresta ibrida. Mentre la maggior parte si diresse verso il primo bunker, noi corremmo nella direzione opposta. Erano tutti così presi dall'obbiettivo dei bunker che, per quello che riuscii a vedere, nessuna rissa scoppiò. Se la stavano conservando per quando l'ingresso del bunker sarebbe stato pieno.

Alle nostre spalle i soldati iniziavano a sparpagliarsi per la foresta. In mezzo a quella pioggia era difficile distinguerli dai concorrenti.

Corremmo per un lungo tratto, seguendo Shawn senza fare domande. Non mi fidavo di lui, ma le sua abilità erano indiscutibili. Per questo non volevo lasciargli il palmare, ne avrebbe capito subito le funzioni e avrei detto addio al mio vantaggio. Quando Shawn si fermò aspettammo pazientemente che lavorasse.

«Sai da che parte dobbiamo andare?» chiese Esral scettico.

Certo che lo sa, pensai. Non si era fermato perché non riusciva ad orientarsi, ma per tirare fuori dallo zaino la sua torcia. Ci aveva fatti alzare così presto che il sole non era ancora sorto, oltre alla pioggia dovevamo badare anche al buio.

Senza pensarci tirai fuori anche la mia, aspettai finché anche Esral non decise di fare altrettanto. Con quelle luci potevamo vedere chiaramente com'era fatta la foresta ibrida: alberi dalle immense fronde che si amalgamavano al cielo ancora scuro, le cui radici si inabissavano nel terreno fangoso.

«Sinistra, poi una leggera svolta a destra e possiamo proseguire dritti fino al bunker» spiegò lui, la voce leggermente ansimante per la corsa. «Dalla mappa i bunker possono sembrare vicini, invece sono molto distanti. Timbrarli tutti in soli cinque giorni sarà difficile» aggiunse. Nonostante ciò che aveva appena detto, stava mostrando un sorriso da parte a parte. Era esaltato all'idea di dover affrontare quella difficoltà. Esral, invece, era pronto a superare qualunque ostacolo avremmo incontrato. Solo io, la solita Ehvena Johns che desiderava essere in tutt'altro posto, con chiunque eccetto i membri di quel gruppo, temevo per ciò che la foresta ibrida aveva in serbo.

«Johns» mi chiamò Esral. «Mettiti in formazione. Qualcuno potrebbe aver avuto la tua stessa idea».

Detestavo ricevere ordini da quei due ma non fecero che darmene per tutto il tempo. Shawn mi diceva dove andare, Esral dove stare, e se contestavo ricordando loro che ero io il Comandante del gruppo mi accontentavano con false scuse per poi tornare a fare i loro comodi. Il discorso fatto prima della partenza se l'erano già dimenticato. Lasciai con rammarico che le cose continuassero così, imponendomi di recuperare il controllo una volta sorto il sole.

Camminare divenne sempre più difficile. Il terreno era composto in maggioranza da fango appiccicoso e pozzanghere di acqua piovana che ci rallentavano. Gli alberi emettevano odiosi ronzii meccanici, e vicino alle loro radici il terreno era instabile.

«Da qui proseguiremo diritti per una sessantina di metri, dopo di che, dovremmo tenerci alla destra del fiume per poter arrivare al bunker» spiegò Shawn, indicando il sentiero. C'erano solo alberi piantati ovunque, ce lo saremmo dovuti immaginare il percorso. Dalla mappa alla realtà c'era davvero un'enorme differenza, se non se ne fosse occupato Shawn ci avremmo messo il doppio. Prima di proseguire mi consegnò il palmare, che da quando eravamo partiti aveva consultato una sola volta. Ormai aveva capito che non glielo avrei mai lasciato tenere.

«Perché, c'è un fiume da qualche parte?» fece notare Esral. Sulla cartina non c'era segnato nulla di simile, solo alberi digitalizzati, ettari di terreno fangoso e i bunker numerati. Dieci, per l'esattezza, sparpagliati nel folto della foresta ibrida. Non ricordavo di aver letto o sentito nulla riguardo a quei rifugi sotterranei nei miei diciannove anni di vita, tanto meno di un fiume.

«È un fiume sotterraneo che alimenta la foresta, una miscela di acqua e D.A.N.N.I.»

«Di cosa?» chiesi. Ci eravamo fermati di nuovo, nel mezzo dell'acquazzone e nel pieno di una prova, e nonostante la situazione Shawn non riuscì a non gustarsi la mia ignoranza.

«D.A.N.N.I. è una acronimo, sta per Depurativo Artificiale Neutralizzante per Natura Ibrida». Non si risparmiò quella nota saccente che sapeva sempre come mandarmi in bestia.

«Depurativo Neutralizzante?» chiese inaspettatamente Esral, riprendendo la marcia.

«La natura ibrida è in parte organica e in parte meccanica. E nonostante non sia interamente una macchina, come queste, nella percentuale artificiale, presenta dei difetti. Gli alberi sono stati ibridati per poter produrre più ossigeno e porre rimedio al disastro post Grande Guerra, hanno un ciclo vitale autonomo e il loro sostentamento arriva direttamente da circuiti interni. Non necessitano di alcuna cura» iniziò a spiegare. Ascoltarlo con la pioggia scrosciante in sottofondo era difficile, il più delle volte ne sovrastava la voce. Sentirlo parlare non era questa gran cosa, ma ci teneva occupati durante il lungo tragitto verso il bunker. In un certo senso alleggeriva la fatica.

«Per rilasciare il grosso quantitativo di ossigeno che serve a compensare la mancanza di natura dell'isola, devono prima assorbire la stessa quantità di luce e anidride carbonica. Spesso è troppa da sopportare e si crea una tossina che porta all'avvelenamento della parte organica. Il D.A.N.N.I. fa da antitossina».

«Quindi ogni settimana danno un'annaffiata a questi così?» scherzai.

«Ah» esalò lui, contrariato. «Non è qualcosa che puoi fare una volta alla settimana, Vèna. Le piante producono sempre ossigeno e deve essere altrettanto per l'antitossina. C'è una cisterna sotterranea nel cuore della foresta e un impianto di irrigazione che mantiene costantemente attivo il flusso di D.A.N.N.I. Ora piove e non si nota, ma persino nelle giornate più calde il terreno intorno alle radici resterà sempre umido».

Di quel che disse ascoltai ben poco, riuscii solo a guardarlo in cagnesco per come mi aveva chiamata. Glielo avevo detto di smetterla, eppure non sembrava aver capito.

«È per questo che in quelle zone è così liquido» domandò Esral.

«Il fiume di cui parlo è l'asse centrale d'irrigazione che taglia a metà la foresta» terminò.

«Come fai a sapere dov'è se nella cartina non è presente?» constatò ancora Esral. Stava davvero molto attento a quello che Shawn diceva.

«Una volta mi è capitato di leggere un libro che parlava proprio della foresta, c'era anche una cartina. E poi basta prendere la mappa e tagliarla esattamente a metà per trovarlo».

Era troppo buio per esserne sicura, ma mi parve di aver scorto un scorto un'ombra attraversare il volto di Esral.

• • • • •

Una mezz'oretta dopo il vento e la pioggia si stabilizzano. Quel che rimase del temporale fu un delicato velo di goccioline. Le giacche impermeabili avevano fatto il loro lavoro, tenendo asciutto sia noi che i tesserini, nel mio caso anche il palmare. Lo zaino era in ottime condizione, non si poteva dire lo stesso per gli scarponi incrostati di fango. Secondo Shawn il fiume doveva essere vicino, eppure continuavamo a camminare senza trovarlo. A tagliarci la strada trovammo una coppia di alberi ibridi sradicati dal suolo, i circuiti in bella vista e scintille che fioccavano a contatto con le gocce di pioggia.

«Il vento?» tirai a indovinare.

«Non era tanto potente da smuoverlo» rispose Shawn.

Ci girammo intorno, stando a debita distanza. I cavi bioluminescenti pendevano dal tronco cavo scoccavano pericolose scintille.

«Guardate». Esral puntò la torcia oltre una coppia di alberi, dove strane pozze fangose e grumi nel terreno si alternavano. Non era a quelle che si riferiva, ma alle orme ben impresse sul terreno meno acquoso. «Qualcuno è passato di qui, prima di noi».

«Li avremo incrociati» dissi. Un sorta di panico crebbe in me, speravo di arrivare al bunker senza incontrare nessuno di ostile. «Sono sicura che nessuno dei concorrenti ci ha seguiti, potrebbero anche essere i militari».

«Devono aver tagliato per un'altra strada ed essere passati in testa. Vanno in quella direzione» continuò Esral. «Avremmo già dovuto incrociare il tuo fiume» continuò vagamente spazientito.

«Se intendi dire che ho sbagliato io allora risparmiati la figuraccia, il fiume è lì. Di chiunque siano quelle orme potrebbero anche arrivare da un'altra parte. Forse un gruppo di concorrenti a deviato da questa parte dopo essere partito verso il primo bunker. La metà si sarà già persa» ribatté Pel-Di-Carota. «Non dobbiamo per forza camminare vicino al fiume, basta tenerlo sulla sinistra e proseguire dritti».

Mentre i due discutevano io consultavo la mappa. Senza la nostra posizione io non capivo dove ci trovavamo. «Perché i Responsabili non hanno inserito un segnalatore» sbuffai, porgendolo a Shawn. Era l'unico di noi tre a capire veramente come leggere la cartina senza farci perdere.

«Così rendono tutto più interessante» rispose, sempre più divertito dalle difficoltà.

«Perché, non lo è già abbastanza?» rincarai. Avevamo camminato per due ore senza accorgercene, un altro paio e avremmo avuto la luce del giorno. Solo in quel breve tratto avevamo trovato alberi sradicati con cavi letali e orme di concorrenti sbucate dal nulla. Poteva succedere di tutti fino all'arrivo dell'ultimo giorno.

«Per loro non è mai abbastanza». Fu Esral a parlare, mettendomi i brividi. Mi tornò in mente la Seconda Prova, quella in cui era stato una delle cavie. La Quinta Prova poteva diventare molto peggio di così. Dovevamo solo scoprire tutti le trappole. «Per questo ci hai scelti».

Erano entrambi abbastanza intelligenti da aver capito subito perché tra tutti avessi chiamato loro. Anche se William era stato preso, c'erano moltissimi altri candidati. «E voi non avete avuto nulla di ridire riguardo la mia scelta».

«Per quel che mi riguarda, sei l'ultima persona che avrei voluto come Comandate» disse Esral in sincerità. «E lui è l'ultima persona che avrei voluto come compagno».

Pel-Di-Carota si fece beffe di lui. «Così mi ferisci».

«Ma, parlando dell'Elezione, siete tra i migliori. Tu non per prestazioni, intendiamoci» concluse rivolgendosi nuovamente a me.

Erano entrambi insopportabili, ma Esral aveva ragione. Me l'ero sempre cavata sul filo del rasoio e per le ragioni sbagliate. Le mie prestazioni nelle prove non erano degne di lode, però sapevo come sopravvivere. Persino dopo la Quarta Prova, quando con la mia pessima prestazione mi sarei potuta guadagna la libertà, il desiderio di non farmi male mi aveva portata a restare per quell'ultima orrenda fatica nei boschi.

«Lo prenderò come un complimento». Passai in testa al gruppo, illuminando la strada. «Ricordati quello che hai detto quanto vorrai contraddire il tuo Comandante». Forse avevo calcato un po' la mano, ma per la prima volta da quando Esral era apparso tra i Positivi, iniziavo a vederlo come una persona e non un ragazzo spietato che avrebbe fatto di tutto per vendicarsi del torto subito nella Seconda Prova. Era diverso da Brunuas e i suoi compagni.

«Dovrei ricordarmi di essermi accontentato di questo gruppo?»

Mi passò avanti, seguendo le orme che la sua torcia. Forse il mio cambio di pensiero su di lui era affrettato.

Avanzammo ancora, in silenzio, allontanandoci dalle impronte trovate sul suolo. Shawn era tornato a farci da navigatore, io camminavo dietro di lui con Esral alle calcagna che setacciava il perimetro della foresta con la torcia. Apparentemente sembrava che il nostro gruppo potesse funzionare, bastava che ognuno avesse un compito. Il mio era quello di non farmi prendere alla sprovvista dai miei due soldati, come ogni buon Comandante doveva saper fare.

Senza pioggia a rallentarci era più semplice avanzare, e anche sentire se qualche gruppo era nelle vicinanze. Per essere una foresta c'era un silenzio tombale, neppure un animale si aggirava da quelle parti. Ma questo aveva una spiegazione: gli animali erano custoditi nelle riserve, alla larga dalla natura ibrida e il D.A.N.N.I. Lo avrei gradito, però, qualche cinguettio a tenermi compagnia.

«Lo sentite?». Shawn si fermò ancora, guardandosi attorno con aria sospetta. Tesi l'orecchio per capire a cosa si riferisse. Un rumore c'era, prolungato e lamentevole, un specie di "to".

«È la voce di un concorrente» chiarì Esral. «Andiamocene prima di incontrarli».

I due si stavano allontanando, noncuranti della voce supplichevole, ma io avevo capito cosa stava gridando. Aiuto, diceva. Prima di riuscire a pensare qualcosa di razionale, stavo già correndole dietro.

«Vèna, no!» gridò Shawn alle mie spalle.

Corsi tra gli alberi, la scia luminosa della torcia che saettava sul terreno mentre seguivo la voce sofferente. Maschile.

Speravo non si trattasse di William.

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