Catch My Breath

By skeIetonflower

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USA, 2034. Dopo una catastrofe nucleare di dimensioni apocalittiche, la popolazione si è dimezzata notevolmen... More

Prologo
And then there was white.
Turn your back to me.
Kiss my ass.
Drink up, baby.
You can run away with me.
Are you with me?
No crimes.
City of ashes.
The sound of silence.
The day we tried to live.
Whisper of a thrill.
Lambda Point.
Protect me from what I want.
Disasterology.
Catch my breath.

Let's cheer to this.

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By skeIetonflower

Nella villa dei Way fervono i preparativi. Sembra quasi che stia per nascere un bimbo, o che stia per tornare un parente caro dopo anni.

E invece è perché Gerard se ne va.

Se ne va. Per sempre.

La signora Way è letteralmente euforica. Si aggira per casa dispensando ordini alle cameriere e controllando che tutto sia pronto per la festa di stasera. Donald se ne frega come al solito, passando la maggior parte del tempo nel suo studio, ma stamattina l'ho visto congratularsi in silenzio con suo figlio e stringergli freddamente la mano.

Mikey è sotto shock.

Lo raggiungo nella sua camera, qualche ora prima che comincino ad arrivare gli invitati, e lo vedo rannicchiato sul letto con le ginocchia strette al petto. Ha indosso soltanto i boxer, mentre lo smoking e la camicia bianca con il papillon che indosserà stasera sono gettati sulla poltrona.

-Ehi.

-Ehi.

Mi siedo accanto a lui. Non solleva la testa.

-Mi dispiace per Jamia – dice piano, e so che gli dispiace davvero. La conosceva anche lui, e avevano anche parlato un paio di volte.

Chiudo gli occhi, ingoiando ancora il dolore. Mi costringo a non pensarci e a sorvolare sull'argomento, come ho fatto anche ieri.

-Mi dispiace per Gerard.

-Starà bene.

-No, non credo.

-Non lo credo nemmeno io, ma fingo che sia così.

Rimaniamo in silenzio a lungo, lui con gli occhi bassi e io a guardare la parete di fronte a me, chiedendomi cosa ne sarà di me dopo che Gerard sarà andato via.

-Noi scapperemo lo stesso – dico all'improvviso, e sono sorpreso dalla determinazione della mia voce. Guardo Mikey, gli afferro la spalla e lo costringo ad alzare la testa.

-Scapperemo lo stesso. Con o senza di lui. Lo sai anche tu che non possiamo rimanere qui.

-Io non so un bel niente. So soltanto che mio padre mi cercherà, mi troverà e mi farà a pezzi. Ecco quello che so.

-Non...

-E so anche che nessuno di noi due avrà il coraggio di scappare senza Gerard.

E anche questo è vero.

Non possiamo lasciarlo indietro. È lui che ci ha fatto conoscere Kristin e gli altri, è lui che ci ha portato laggiù, è lui che ci ha aperto tutto un mondo nuovo nascosto sotto i nostri piedi, ed è lui che adesso sta per andarsene, ed è lui che davvero vogliamo abbandonare con i Vigilanti?

No.

Ha ragione. Non ne avremo il coraggio.

-Ci deve essere un modo....

-Non abbiamo più tempo, Frank. Gerard parte domani all'alba. Stasera c'è la festa. Non abbiamo più tempo – e sento la rassegnazione nella sua voce.

Merda.

Non può, non deve finire così.

Non posso credere che Gerard si sia arreso. Non posso credere che ora sia nella sua stanza, a fare le valigie, triste e rassegnato. Non è da lui. Non è affatto da lui.

C'è qualcosa che non quadra. Qualcosa che non vuole dirmi, qualcosa che deve succedere.

O forse sto soltanto delirando, ed è davvero finita.

In ogni caso, Jamia è morta. Gerard sta per andarsene. Mikey è depresso e non vuole uscire dalla sua stanza.

E io sono solo. Solo come mai lo sono stato in vita mia.

Busso alla porta della camera di Gerard, e sento la sua voce scocciata gridare –Avanti!

Quando entro, lo trovo proprio nella stessa posizione che avevo immaginato. Piegato su una valigia aperta, a infilarci dentro alla rinfusa tutti i suoi vestiti. Indossa già lo smoking e ha i capelli pettinati all'indietro con del gel.

Inutile dire che è bellissimo come al solito.

-Ciao.

Mi saluta con un cenno, e continua a piegare roba e a metterla in valigia con una sorta di foga che non riesco bene a capire.

Cerco di guardarlo negli occhi, ma lui evita il mio sguardo e tiene la testa bassa proprio come suo fratello.

E poi capisco. È furioso.

Lo vedo dai suoi movimenti bruschi, dalla mandibola che gli trema, dalla fretta con cui continua a fare ciò che sta facendo, senza fermarsi un attimo.

Ad un certo punto aggroviglia tutti i vestiti e chiude la valigia di colpo, lanciando un urlo frustrato e arrabbiato.

Lo raggiungo e lo afferro per i polsi, stando bene attento a toccare solo il tessuto della giacca. –Ehi ehi ehi – mormoro – calma.

Lui scuote la testa, continuando a non guardarmi. –Sono calmo.

-No, non è vero.

Sospiro, e mi azzardo ad afferrargli le spalle, costringendolo ad incrociare il mio sguardo. Immediatamente l'aria tra di noi cambia. È come... non lo so. Fino a un secondo fa c'era soltanto la sua rabbia, adesso la tensione si può tagliare a fette.

Lo guardo. –Calmati. Per favore. Non può finire così, lo sai. Dobbiamo trovare un modo per contattare Kristin e gli altri, e dirgli che non si può più rimandare.

-Non cambieranno i piani soltanto per noi – ribatte, distogliendo ancora gli occhi.

-Guardami.

Con mia grande sorpresa, obbedisce.

-Non ti lasceremo andare. Io e Mikey. Lo impediremo.

Scoppia a ridere. –E come avreste intenzione di farlo?

-Un modo si trova.

Non ride più. Mi guarda intensamente, e mi sembra quasi di affogare in quegli occhi. Continuo a chiedermi come faccia una persona ad essere così bella. Continuo a chiedermi come faccia una persona ad essere così forte e così fragile al tempo stesso.

-Non voglio tornare da loro, Frank. – dice - Per favore. Non voglio tornarci.

Vorrei tanto abbracciarlo. Qui, in questo preciso istante. Vorrei sfiorarlo, toccarlo, dirgli che va bene così, che non permetterò che accada, che piuttosto vado con lui, che non lo lascio andare via da solo.

Ma posso solo fargli un sorriso triste. –Non ci tornerai. Te lo prometto.

E nei suoi occhi posso leggere la fiducia. Pura, semplice fiducia. Si fida di me. Ci crede.

Appena lascio la sua stanza, mi dirigo verso il capanno degli attrezzi.



C'è gente ovunque. Non esiste più un angolo della villa che non sia occupato dagli invitati. Arrivano come sciami e si confondono tra la folla, mangiando stuzzichini e chiacchierando tra di loro o andando a congratularsi con la famiglia Way.

Il salone principale ha un paio di tavoli da buffet addossati contro la parete e un lampadario di cristallo che pende dal soffitto a volta. È un ambiente gigantesco, eppure è completamente pieno di persone.

Mi faccio largo tra la gente a fatica, sgomitando e scusandomi ad ogni passo, sperando che qualche cameriere non mi noti e non mi cacci via, dato che non dovrei essere qui.

Ma è quasi il momento.

E io devo trovare Mikey e Gerard. Li cerco con gli occhi, analizzando ogni viso ad uno ad uno, ma l'unica che riesco ad avvistare è la signora Way, vicino al tavolo da buffet, mentre si ingozza di pasticcini e chiacchiera con altre donne dell'alta società.

All'improvviso tutti cominciano a battere le mani, rivolti verso la grande scalinata dall'altro lato della sala. Mi giro anche io, e vedo l'Eletto in cima alle scale con i suoi due figli al suo fianco.

Dannazione.

Donald sorride appena, solleva una mano per placare gli applausi, fa un cenno di saluto alla folla, mentre Mikey ha l'aria di uno che sta per vomitare. È bianco come un cencio, cerca di allargarsi continuamente il colletto stretto della camicia e muove gli occhi da una parte all'altra della sala, impacciato.

Gerard è impassibile come al solito, quasi stoico, e non guarda nemmeno giù. Semplicemente ha la testa leggermente inclinata verso destra, gli occhi fissi su un qualcosa che soltanto lui riesce a vedere, proprio come la prima volta che l'ho visto in quella foto di famiglia.

L'Eletto finalmente parla, e tutti gli invitati si zittiscono all'istante.

-Benvenuti, miei cari amici. Sono felice che siate accorsi in tanti, appena appresa la notizia. Stasera si celebra un avvenimento importante. Stasera si celebra il ritorno del mio primogenito nel mondo degli adulti.

Altro applauso.

-Ci sono voluti anni, c'è voluta una rigida disciplina e c'è voluta la lontananza da casa, ma finalmente, dopo tanti sacrifici, eccolo qui. Eccolo. Guardatelo. È un uomo. Ed è pronto per entrare a far parte dell'ordine più importante di questa città, è pronto per essere uno di quelli che ci proteggerà sempre, fino alla fine dei propri giorni, da tutte le minacce che riceveremo nel corso degli anni. Mio figlio, Gerard Way, è pronto per diventare un Vigilante.

La sala esplode in un applauso fragoroso e vedo Gerard guardarli ad uno ad uno, ogni persona presente, con aria disgustata e sprezzante e, sotto sotto, anche con una piccola nota di angoscia.

Si sta facendo tardi. Dobbiamo andarcene.

Devo assolutamente raggiungere Gerard e Mikey.

Proprio in quest'istante, l'Eletto comincia a scendere le scale, seguito dai figli. Non appena lo vedo confondersi tra la folla e separarsi da loro, mi faccio largo sgomitando e li raggiungo, prendendoli da parte.

-Frank! – esclama Mikey, sorpreso. –Non dovresti essere qui...

Gerard mi guarda in silenzio, aspettando una spiegazione. Noto il suo sguardo apatico, rassegnato, e vorrei tanto prendergli il viso tra le mani e dirgli che va tutto bene, che ce ne andremo presto.

-Ascoltate – comincio, ma dietro di me sento la voce di Donald chiamare Gerard a gran voce. Impreco tra i denti, e i due fratelli sono costretti a raggiungere il padre, lasciandomi lì da solo.

Devo avvisarli, devo assolutamente avvisarli, o verranno colti alla sprovvista e rovineranno tutto.

Mi volto e vedo una figura familiare passare inosservata tra la gente, in lontananza. Mi guardo intorno, ma è già sparita. Sono abbastanza sicuro che non fosse uno degli invitati.

Sono abbastanza sicuro che fosse Kristin.

È il momento.

Mi muovo verso il fondo della sala, arrivando al bancone del buffet. Mi appoggio contro il muro, dando un'occhiata generale alla sala e cercando di capire dove diavolo siano finiti Mikey e Gerard. Se Kristin è qui, vuol dire che abbiamo pochissimo tempo per scappare.

-Frank.

Di fronte a me c'è Gerard, con una mano appoggiata al tavolo e l'altra che regge un pasticcino ormai sciolto.

-Gerard, ascoltami....

-No, ascoltami tu.

Aggrotto la fronte, sorpreso.

Lui sorride. –Non potevo mica andarmene così, no? Mi conosci abbastanza ormai, e tutto questo è così noioso....

Sbianco totalmente. –Gerard, cosa vuoi....

Lui guarda la sua mano poggiata al tavolo, io seguo il suo sguardo.

Fa leva su di essa.

E sale sul tavolo del buffet.

In questo preciso istante capisco che non riusciremo mai a scappare di qui.

La gente intorno a noi si immobilizza e lancia versi di stupore, fino a quando tutta la sala ha gli occhi puntati su di lui.

So per certo che da qualche parte in mezzo alla folla ci sono la signora Way sull'orlo di un infarto e Donald che inizia a sudare freddo.

-Non ho avuto l'occasione di salutarvi personalmente – comincia Gerard, camminando spudoratamente sui piatti di pasticcini e stuzzichini che occupano il tavolo. Lo guardo scioccato mentre schiaccia qualsiasi cibo si trova sul suo cammino facendo su e giù sul lungo bancone.

Sento la voce di Donald alle mie spalle avvicinarsi sempre di più. Sta chiamando suo figlio, gli urla di scendere, sento le grida della madre e le esclamazioni indignate degli invitati.

Oh, Gerard.

Era ovvio. Era davvero ovvio che dovessi combinarne qualcuna delle tue prima di andartene per sempre.

E non posso fare a meno di sorridere.

-Siete davvero stupendi – continua Gerard, fermandosi al centro del tavolo. –Davvero, davvero, davvero stupendi. Guardatevi. Una cinquantina di imbecilli gelatinati e baldracche in menopausa – Si china un attimo a riempirsi un bicchiere d'acqua. Lo solleva in aria, sorridendo. –Brindo a voi, miei cari amici! E sì, brindo con un bicchiere d'acqua ma dovete perdonarmi, il vino è ovviamente stato proibito sotto gentile ordine di quel coglione di mio padre.

-Gerard, scendi subito di lì! – urla Donald, e vedo la sua testa farsi largo in mezzo alla gente. –Dannazione Gerard, scendi subito o le cose si metteranno molto male, per te.

Lui scoppia a ridere, e quando suo padre arriva vicino al tavolo, fermandosi sotto di lui, ride ancora di più, ride a squarciagola, ride fino a svuotarsi i polmoni.

-Ciao papà – mormora sottovoce, ridacchiando.

E poi gli svuota il bicchiere d'acqua sulla testa.

Improvvisamente mi ritrovo Mikey e Kristin accanto. Non so come possano essere insieme, ma non è il momento di pensarci adesso. Mi fanno un cenno muto, e capisco che non c'è davvero più tempo.

Nel frattempo, tutta la sala è completamente immobile. Sono tutti scioccati dal gesto che ha appena compiuto Gerard, e tutti temono l'espressione furiosa che si sta disegnando sul volto bagnato dell'Eletto.

La signora Way gli corre accanto, afferrando un tovagliolo e cercando di asciugargli la faccia, ma lui l'allontana con un gesto brusco.

-Gerard, te lo ripeto per l'ultima volta. Scendi da lì. – dice, trattenendo a stento la rabbia.

Il maggiore dei Way smette di ridere e annuisce, contrito. –Mi dispiace, padre. Mi dispiace davvero.

Poi si volta.

E si abbassa i pantaloni.

Il gesto lascia a bocca aperta anche me. E sì che avevo già sentito da Jamia questa storia, ma vederglielo fare dal vivo è a dir poco....

Aiuto.

Le persone distolgono lo sguardo, disgustate.

-Chiamate i Vigilanti! – urla qualcuno.

Gerard ha ancora il sedere in bella mostra, con le due chiappe pallide che sorridono agli invitati, e non appena ricomincia a ridere, mi rendo conto che sto ridendo anche io.

Ad alta voce.

Donald si volta, e mi vede.

Il suo sguardo passa dal confuso, al perplesso, al sorpreso allo sconvolto all'incazzato nel giro di un paio di secondi.

Okay. Ora o mai più.

Mi lancio contro il tavolo da buffet, saltandoci sopra e finendo addosso a Gerard. Lui smette di ridere e mi guarda perplesso, ma mette le mani attorno alla mia vita per sorreggermi.

Tutto il mondo si ferma. Ci siamo solo io e lui, i nostri volti a poca distanza l'uno dall'altro.

Ripenso a quando eravamo nel rifugio, e lui mi spinse contro il muro e mi chiese se sapevo cosa significasse baciare qualcuno.

Gli sorrido.

E poso le mie labbra sulle sue.

All'inizio è un bacio veloce, frettoloso, senza emozione, ma poi sento la morbidezza delle sue labbra e le sento aprirsi contro le mie, e allora le apro anche io e lui mi infila la lingua in bocca e oh, cristo, sto esplodendo, sto davvero davvero davvero andando a fuoco.

I nostri Sensori iniziano a suonare, mandando veloci bip che rimbombano in tutto il salone, ma non potrebbe importarmene di meno, al momento. Dopotutto, se non riusciremo a scappare, non riusciremo nemmeno a sopravvivere a tutto questo, quindi tanto vale godersela.

Poso la mano sulla nuca di Gerard e lui infila le sue mani nei miei capelli, tirando forte e stringendosi ancora di più contro il mio corpo. Sento qualcosa di duro premere contro il mio bacino e non voglio assolutamente sapere cos'è, mi basta solo respirare all'interno della sua bocca e sentirmi cadere a pezzi ad ogni istante che passa.

Ci stacchiamo dopo quello che mi è sembrato a malapena un millesimo di secondo. Lo guardo quasi deluso, ma lui afferra la mia mano e allora capisco che ci sarà tempo dopo, per tutto questo.

La folla è in delirio. C'è chi ancora ci indica con il ribrezzo negli occhi, c'è chi urla e chi cerca di uscire dal salone e c'è Donald Way che sta accogliendo una decina di Vigilanti all'interno della stanza.

Corriamo. Corriamo lungo il tavolo e quando arriviamo sul bordo saltiamo alla cieca, cadendo in mezzo agli invitati e rialzandoci subito senza mai permettere che le nostre mani si stacchino.

Mikey e Kristin sono davanti a noi e corrono anche loro, dirigendosi verso le scale. Evidentemente è l'unico modo che abbiamo per scappare, perché immagino che l'uscita principale della villa sia già stata bloccata dai Vigilanti.

Saliamo la scalinata saltando gradini e inciampando un paio di volte, e quando finalmente siamo in cima, io e Kristin ci lasciamo guidare da Mikey e Gerard, che corrono subito verso il corridoio, spalancando una delle porte a sinistra.

È la camera di Mikey. Quando Gerard corre alla finestra, spalancandola e guardando giù, capisco subito perché hanno scelto questa stanza.

È l'unica che si affaccia su un roveto di siepi, ed è l'unica da cui poter saltare senza spezzarci l'osso del collo.

O almeno senza riportare danni permanenti.

I nostri Sensori continuano a suonare, rivelando la nostra presenza ai Vigilanti che sicuramente staranno salendo le scale.

Ci guardiamo a vicenda. Kristin è sicura di sé, Mikey è leggermente spaventato, Gerard ha l'adrenalina che ormai gli scorre al posto del sangue.

Io....

Io sono felice.

Ce ne stiamo andando. Ce ne stiamo davvero andando.

Sorrido, e Gerard ricambia, e capisco che ha capito.

Lui è il primo a salire sul cornicione della finestra. Guarda giù per un istante, e senza esitare un secondo di più, si lancia nel vuoto.

Mi sento mancare l'aria. Mi sporgo dalla finestra e lo vedo che è atterrato sul serio sulle siepi, e che sta cercando di liberarsi dalle foglie e rimettersi in piedi.

Kristin fa un cenno a Mikey, ed è il suo turno. Il minore cerca di imitare il maggiore, ma lo vedo esitare un secondo di più.

Ci guarda.

Kristin gli sorride, spingendolo a saltare.

E lui salta.

Lei è la prossima, e la vedo sparire nel vuoto ancora prima che possa accorgermene.

Sospiro. Metto un piede sul cornicione, imitando i miei amici, ma improvvisamente sento la porta spalancarsi dietro di me e dei passi riversarsi all'interno della stanza.

Mi volto.

Ci sono due Vigilanti.

-Spara! – grida uno dei due, e accade tutto così in fretta che nemmeno me ne rendo conto.

Io mi butto di sotto, il proiettile mi colpisce sulla gamba.

E poi sento il dolore. Dolore, dolore ovunque, mi entra nelle vene e nelle ossa e nei muscoli e non riesco più a muovermi, sono paralizzato, sento la gamba che urla e il mio cervello che urla e la mia schiena che urla, perché nel frattempo sono precipitato al suolo e grazie alla mia stupenda fortuna la mia schiena non ha colpito le siepi, no, ha colpito direttamente il terreno.

Chiudo gli occhi, cercando di respirare regolarmente. Ci sono centinaia di spilli che mi trapassano la gamba, rendendomi difficile pensare razionalmente, e c'è la mia schiena attraversata da fitte assurde di dolore, e non riesco a muovermi.

Sento qualcuno afferrarmi per le braccia. Sento la voce di Kristin che urla: -E' Frank! L'hanno colpito! -, sento dei passi attorno a me e mi sento trascinare via, via, via, fino a quando tutto ciò che vedo è il cielo nero sopra di me.



Non è colpa mia, lo giuro. È il mio inconscio che ci gode ogni volta che Frank si fa male, e in ogni mia fanfiction deve sempre succedere, Frank deve sempre soffrire, in un modo o nell'altro, quindi sorratemi e spero non mi uccidiate dopo questa.

Sorry per il ritardo e sorry ancora se a volte non rispondo alle vostre recensioni, o rispondo dopo secoli, sono una persona orribile, i know

Prometto di aggiornare il prima possibile (scuola permettendo, ew)

A presto!

M.


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