REVENGE

By DomeeWriter

175 38 35

(Volume 3 di RESISTANT) Dopo anni Skye si ritrova di nuovo al punto di partenza: Dover. Il luogo in cui è cre... More

Dedica
1. Casa
2. Dimissioni
3. Il Piano
4. Miglia
5. Un lungo viaggio
6. Confini
7. Battersi per amore
8. Il suo centro di gravità
10. Rimedi naturali
11. Destinazione inferno
12. Il vuoto rispose
13. La realtà
14. La fortezza
15. Il Dominatore
16. Le Origini
17. Finn
18. Ci Si Può Curare Da Soli
19. Ormai è Tardi
20. Resilienza
21. Una strana squadra
22. Enigmi

9. La forma della paura

6 1 2
By DomeeWriter

Scalpitava nel vuoto e il mondo le sembrava lontano e incredibilmente vicino allo stesso tempo. Trovò strano non avere più la terra sotto ai piedi com'era sempre stata abituata.
Le nuvole invece, assieme a tutta l'aria circostante, sfrecciarono intorno a lei lasciandola senza fiato nei polmoni, essi si svuotarono mentre agitava inutilmente le braccia lungo le correnti per creare attrito, come se avesse potuto imparare a volare proprio in quel preciso momento.

Spesso da piccola aveva sognato di avere delle grandi ali che potevano librarsi in volo e attraversare ogni cielo. La parte peggiore di quei sogni però, era risvegliarsi al mattino nel suo letto senza le sue ali. In quel momento Skye prese coscienza che ad attenderla non vi era soltanto un brusco risveglio, ma la morte stessa. Ogni pensiero razionale rifece capolinea nella sua mente quando vide la terra sottostante farsi troppo vicina e lo schianto essere quasi inevitabile.

Nonostante spesso era sprovveduta, fu lieta quando il suo istinto di sopravvivenza prese il sopravvento e mosse frettolosa le mani per azionare la maniglia di salvataggio come George le aveva istruito. Al principio mosse convulsamente la leva, tirandola più e più volte in una frazione di secondo. Questo non bastò ad avviare il suo paracadute e Skye continuò miseramente a precipitare.

Ma prima che potesse essere troppo tardi per lei, qualcosa la strattonò bruscamente all'indietro tirando tutto il suo corpo nella direzione opposta. D'un tratto non stava più precipitando perché la velocità in picchiata diminuì. Alzò il capo verso l'ombra che aveva appena coperto il sole minuscolo e debole dal tramonto. Dietro aveva una vela arancione che si gonfiava nel cielo e ondeggiava seguendo la corrente del vento.

Quello era il suo paracadute.

I suoi piedi toccarono il pavimento in pietra di quella che non aveva per niente l'aria di essere Nuova Capitale, non ebbe il tempo di cacciare tutta l'adrenalina che le scorreva ancora nelle vene che una grossa mano afferrò il suo braccio magro.

«Perché sei stata cosi lenta?! Credo che ci abbiano visto!» cigolò agitato il suo amico, che nel frattempo si era tolto lo zaino e la stava trascinando via dal posto in cui era appena atterrata inaspettatamente sana e salva.
Provò a togliersi anche lei quelle cinghie troppo pesanti da dosso.
Guardandosi stranita intorno non ebbe l'impressione di riconoscere la strada in cui erano finiti, né riuscì a trattenere il gridolino di spavento che fuoriuscì dalla sua bocca quando risuonò uno schianto non troppo distante dalla loro posizione.
«Era il nostro elicottero» spiegò l'uomo seguendo la traiettoria del mezzo che era appena precipitato a terra. Riuscì a liberarla paracadute afflosciato a terra in un accumulo di tessuto che Skye osservò con attenzione. Le era  strano ammettere che solo qualche strato di stoffa arancione era bastato per salvarla da morte certa.

La spronò ad avviarsi facendole un gesto di mani frettoloso, di fronte avevano tre diverse vie, tutte percorribili. Dovevano solo scegliere quale intraprendere.

«Dove pensi che sia il Palazzo o qualsiasi indizio stai cercando?» George alzò corrugò la fronte quando la vide incespicare a vuoto nei suoi stessi passi. Le passò una mano davanti al viso come per destarla e attirare la sua attenzione. Skye batté più volte le palpebre prima di riacquistare la padronanza di tutti i suoi sensi. Non aveva avuto neanche il tempo di rendersi conto che se si era appena tuffata nel vuoto da un elicottero in volo. Né a quanto poteva gioire di essere ancora in vita.
Nonostante questo, Skye pensò che quello che più la turbava era la realtà circostante, le incuteva timore in un modo che ancora non riusciva a spiegarsi. Era come se una parte di lei, un istinto carnale, riconoscesse esattamente quel posto.

Dalla Torre del Villaggio aveva visto spesso la città rasa al suolo per via della guerra. Le macerie di vecchie mura che una volta erano state delle case abitate, le erano comunque sembrate lontane dalla sua quotidianità. In quel momento capì cosa si provava a perdere la propria casa. La propria città. Quelle mura erano state davvero casa sua.
Aveva quindi smesso di essere una straniera che combatteva per fare la cosa giusta. Ormai era una Regina a cui avevano appena sottratto il suo regno da sotto al naso.

Provava una strana sensazione nel non riconoscere del tutto i passaggi che aveva percorso tante volte a cavallo o a bordo di qualche carrozza. Si guardò intorno in cerca di qualcosa che le ricordasse dove si trovavano precisamente anche se il declino della giornata e la notte che si approssimava non le furono d'aiuto. Intorno a loro c'erano solo vecchie case crollate e il fumo, accompagnato dalla puzza, di qualcosa che bruciava. Probabilmente l'elicottero.

Tutto era irriconoscibile eccetto l'insegna di una piccola farmacia che giaceva a terra.
Avanzò verso la sua direzione, alzando infine il mento come se potesse ancora vedere la vetrina da cui si era staccata. La stessa a cui aveva sparato mesi prima, quando era stata alla ricerca di una cura per il Re in fin di vita.

«Skye, non abbiamo più tempo» informò George alle sue spalle, continuava a lanciarsi occhiate furtive intorno. Ed era vero, in quella città non c'erano soltanto loro. I rumori distanti che ronzavano a intermittenza sapeva appartenessero alle radioline tipiche dei soldati.
Rispose «Un attimo...so dove siamo» alzò lo sguardo nella direzione opposta, ovvero in alto a sinistra dove sapeva esserci la collina che sorgeva e che incombeva su tutta la città sottostante. Anche se in quel momento appariva diversa, sapeva che lì c'era il castello.

Iniziò a scalare la salita familiare che conduceva ad esso, i passi di George la raggiunsero senza esitazioni. «Cosi! Brava ragazza!» anche se quello era il momento meno opportuno, avere qualcuno che la incitasse, l'aiutò a non perdere il controllo e crogiolarsi nella sua disperazione.

Com'era riuscito Saleem a superare il fatto che ogni cosa che gli era appartenuta era stata distrutta? come poteva accettare che le vie che aveva percorso tante volte erano state ridotte a dei cumuli di cenere?

Quando entrambi arrivarono sulla cima della collina, avevano ancora il respiro corto ed era passata all'incirca più di un'ora. Le era difficile pensare che lei era stata la stessa ad aver attraversato il deserto con il Villaggio. Era totalmente fuori forma.
Oltrepassò il cancello in ferro battuto che una volta controllava tutti gli accessi al Palazzo. Quasi credeva di poter rincontrare le guardie anonime che lo sorvegliavano. Non si sorprese di vederlo rotto in mille pezzi e sparso per quel che rimaneva dei giardini. Attinse a tutto il suo coraggio per alzare gli occhi verso quel che rimaneva lo scheletro del castello. Koraline e George non le avevano mentito al riguardo, del Palazzo non rimaneva quasi più niente.

Dove prima c'era stato un cancello sfarzoso, dei giardini reali, stalle e logge ben curate, ora si estendeva solo il vuoto più totale.

Sperava che si sbagliasse e che quello non era il posto giusto. Guardò il punto dove una volta c'era stato l'ingresso che portava alla grande sala. Niente.

Avrebbe desiderato urlare la sua ira ai quattro venti, invece si limitò a mordersi un labbro finché non sentì il rumore ferroso del sangue scivolarle sulla lingua. «Almeno hanno avuto la decenza di portare via i corpi» appurò l'amico, camminando sulle macerie con uno sguardo spento.

Non poté evitare ai suoi occhi di indagare e cercare il punto esatto dove era morto Finn. Vuoto. Dove prima crescevano i cespugli dei giardini reali, colmi di quaglie e pavoni eleganti non c'era niente.
In quei giorni non era riuscita ad ammettere ad alta voce che Finn era morto, nonostante George meritasse di saperlo.

«Allora, cosa stai cercando qui? non dirmi un'insegna con scritto: siamo stati rapiti e ora siamo rinchiusi in via bla bla» anche se non l'avrebbe ammesso, Skye apprezzava l'umorismo di quel uomo, sebbene le circostanze non lo richiedessero. Era come avere un attimo di tregua e azzittire la morte che passeggiava lì con tutti loro, pronta a prendersi l'ennesima esile vittima.
Purtroppo neanche lei sapeva cosa stava cercando esattamente in quel posto. Semplicemente si sentiva di dover raggiungere quel posto, forse per vedere con i suoi stessi occhi che era tutto finito.
La corte, i balli, il labirinto, il Palazzo erano solo ricordi lontani.
Osservò tutta l'aria circostante finché non finì sul bosco laterale. Lì sapeva che forse c'era qualcosa, o meglio qualcuno, che l'avrebbe potuta aiutare.

Più o meno.

«Dobbiamo andare» indicò il sentiero che aveva percorso mesi prima a cavallo con Yuri. George annuì distratto prima di scattare all'indietro seguendo alcuni schiamazzi.
«E dobbiamo anche sbrigarci» aggiunse, incamminandosi verso quella stessa direzione.
Skye lo seguì finché qualcosa di luccicante che giaceva a terra non attirò la sua più completa attenzione. Camminò verso di l'oggetto nonostante lo scalpiccio di passi dietro si stavano avvicinando pericolosamente a lei. Allungò una mano tremante per afferrare l'oggetto e portarlo davanti al suo viso, come se averlo ad un palmo dal naso le avesse potuto dare la conferma che sperava di non ottenere.

Sentì un brivido risalirle lungo la schiena.

«Lì! c'è qualcuno!» squittì una voce non molto lontana. Strinse con entrambe le mani l'oggetto  che aveva appena recuperato e si voltò di scatto verso il piccolo gruppo di soldati che l'avevano avvistata.

«Skye!» mormorò un'altra voce nella speranza di farsi sentire unicamente da lei.
«Diamine Skye!» tuonò ancora George e quando vide che non ebbe nessuna reazione, la spronò. Era rimasta in tralice quando una pallottola le sfrecciò accanto, ficcandosi nel intonaco ceduto poco lontano dalla sua spalla.
Un altro sparo.

E subito dopo una pioggia di proiettili caddero come meteoriti verso i due. Per quel che le parve la seconda volta, la mano di George si strinse intorno al suo avambraccio, strattonandola verso di sé. «Non ora e non qui. Ora dobbiamo solo andarcene. Cammina e muovi quei fottuti piedi» la istruì, trascinandola ancora frastornata verso il sentiero del bosco che gli aveva indicato un attimo prima. Seppur era spazientito dal suo comportamento, George non la lasciò mai sola. Come se avessero potuto uscirne vivi soltanto insieme. Immaginò fosse quello il vero significato di una squadra unita.

«Riacquista la lucidità. Ho bisogno che tu sia vigile altrimenti siamo davvero spacciati» nonostante udiva perfettamente quelle parole, Skye non riuscì a fare altro che concentrarsi sull'acciaio freddo chiuso nel suo palmo. Bruciava contro la sua pelle, non come fuoco bensì come la brina in pieno inverno che sovrastava tutte le valli di Dover. Il contatto con quel oggetto le ricordò proprio quel freddo pungente che assomigliava ad un ustione, lo strato di ghiaccio sembrava essersi posato perfino su di lei.
«Mi dici dove dobbiamo andare?» la voce del soldato era sempre più allarmata mentre provavano a sfuggire al gruppo di soldati che avevano ormai alle calcagna.

«Skye!» ruggì stizzito quando deviando fra la boscaglia. Radunò ancora una volta tutte le sue energie e sussurrò un «Seguimi!» poco autoritario. Lo guidò nell'unico punto che sperò fosse rimasto incolume.
«Dobbiamo trovare un modo per seminarli» alzò il tono affinché George riuscisse a sentirla mentre era intento a seguirla fra la boscaglia. L'amico lanciò un'occhiata dietro alle sue spalle.«Sarebbe grandioso, ma non credo che ci riusciremmo tanto facilmente» ammise con affanno.

La fortuna ruotò in loro favore, perché la notte calò del tutto, e più si addentravano nella ricca vegetazione che anticipava la primavera di poche settimane, e più avevano la possibilità di riuscire a seminarli.
«Stammi vicino» ordinò, continuando ad usare il buio della notte per nascondersi fra il fogliame ricco. La primavera lì era praticamente già esplosa ed era ritornato il caldo opprimente che Skye ricordava molto bene.
I soldati dietro di loro decelerarono, girando su se stessi e riducendo gli occhi in due fessure per perlustrare ogni perimetro.
George le indicò un gruppetto di foglie secche da evitare per non rischiare di creare rumore. Indietreggiarono furtivamente verso il buio calato, tenendo fissi gli occhi sui nemici a qualche metro di distanza.
«Riesci ad arrampicarti?» domandò sottovoce, face un cenno verso i tronchi snelli e alti intorno. Skye scosse il capo, se fossero riusciti a salire i tronchi sarebbero stati un facile bersaglio una volta sui rami. E dubitava che sarebbero riusciti a salire su quelle cortecce senza emettere nessun suono. «Dobbiamo trovare un altro modo» bisbigliò nel buio fitto. Continuò a fare dei piccoli passi all'indietro per aumentare sempre di più la distanza dagli altri uomini. Riuscirono ad essere abbastanza lontani da sentire soltanto il ronzio intermittente di una radiolina rotta e i loro sussurri sottili portati quasi via dal lieve venticello caldo.

«Separiamoci» qualcuno di loro suggeriva. «Chiamalo e chiedi direttamente a lui come reagire» farfugliava qualcun altro. Lei e George furono costretti ad abbassarsi velocemente sulla schiena quando una torcia venne indirizzata verso la loro posizione.

«Lentamente» l'ammonì il soldato al suo fianco quando Skye sbatté contro un tronco rigido alle sue spalle. Annuì reggendosi il braccio appena urtato e riguardò nella loro direzione per accettarsi che nessuno l'avesse sentita.

Dei tonfi pesanti si sentirono arrivare verso ovest, le foglie secche si spezzarono sotto agli stivali di chiunque li stava raggiungendo. «Per fortuna mio signore è arrivato! Abbiamo visto due fuggiaschi dirigersi da questa parte, si nascondono nel bosco» fece rapporto una voce femminile. «Mhm» dal piccolo verso emesso, Skye non riusciva a riconoscere a chi potesse appartenere quel grugnito.
«Li cercheremo tutta la notte se serve» si offrì volontario un piccolo gruppo di tre uomini, tutti avevano una corporatura mingherlina e non le davano l'aria di essere scaltri e feroci.
La donna invece, sventolò la chioma bionda all'aria e continuò a puntare la torcia in vari punti.

«Lo senti?» la voce di George era a malapena udibile a lei che era al suo fianco. Deviò lo sguardo da quella scena ed osservò confusa il compagno di squadra. Lui si limitò ad indicarle con un gesto veloce del capo le loro spalle. Voltandosi in quella direzione si rese conto anche lei effettivamente di alcuni rumori.
Ma...non erano semplici ronzii come quello della radiolina rotta che portava un soldato. Sembravano essere...versi. Piuttosto strani ma non del tutto nuovi.

«È un gregge?» provò ad indovinare e l'amico acconsentì elettrizzato. «Credo sia proprio un gregge!» concordò prima di mostrarle un sorriso lampante, come se avesse appena avuto una rivelazione.
Era ancora confusa quando sentì la voce di chi era appena giunto da ovest.
«Chi pensate siano?» non ci fu bisogno di indirizzare la domanda a qualcuno in particolare perché in molti si affrettarono a rispondere. «Sappiamo solo che erano una donna ed un uomo» non biasimava la punta di paura che percepiva nel tono dei soldati.
«Ed erano vestiti...in un modo strano» aggiunse un altro pensieroso. «Sembrano conoscere bene il posto» prese parola la donna bionda. «E sono piuttosto scaltri» aggiunse piatta.
Si abbassarono di nuovo verso terra quando il fascio di luce della torcia puntò verso di loro. George, abbassato contro i cespugli incolti, continuò imperterrito a camminare lentamente verso il gregge che entrambi videro.

Quando la luce passò oltre, lei lo imitò strisciando verso gli animali.
«L'uomo era rasato e la donna aveva delle armi. Ma non le ha usate. Conosceva il posto e...sembrava abile» elencò ancora la donna.
«Inoltre signore, abbiamo trovato un elicottero schiantato» informò. «Eravamo lì quando abbiamo capito che chi aveva guidato quell'elicottero era vivo! Abbiamo trovato i paracaduti a terra» aggiunse frettoloso un ragazzo, con voce stridula e squillante.

Chi rifugiato del popolo poteva avere delle armi e un elicottero?

«Venendo qui ho visto una cosa che mancava nei giardini del Palazzo» rispose dolciastro il loro comandante. Caduta direttamente nella sua trappola, Skye si toccò la tasca dove aveva conservato l'anello di Yuri che aveva trovato fra le macerie.
Era stato lui a lasciarlo appositamente lì?
Come un pesce aveva abboccato alla sua esca.

Sentì i meccanismi nella testa dell'uomo che chiamavano signore ruotare. Lentamente i tasselli di un enorme puzzle stavano tornando a combaciare.
Per questo Skye non si fermò quando sentì quella voce sollevarsi dal bosco ed urlare:
«Non scappare, piccola peste, sappiamo entrambi che ti troverò».

Aveva sperato che per riconoscerla sarebbe bastato molto di più.
Invece perfino in quel momento era come se per capire chi fosse lì gli bastava fiutare come un segugio l'aria.

«Sono stato magnanimo con te. Ti ho dato la possibilità di metterti in salvo» nessuno intorno a loro osò emettere suoni, sebbene il loro comandante sembrava un pazzo che parlava rivolto al vuoto.

Lei e Geroge scesero giù lungo un piccolo dirupo e attraversarono a schiena bassa il prato finché non arrivarono in mezzo al gregge. Alcune capre, che pascolavano tranquille, iniziarono a belare e muoversi agitate per la loro presenza.
Capì che avevano sicuramente attirato l'attenzione di tutti.

Si misero a gattoni, provando ad attraversare quella radura per spingersi più a nord, schivando gli zoccoli e cercando di camuffarsi il più possibile con gli animali. Alcune bestiole li scansavano spaventate e altre invece li ignorarono deliberatamente, continuarono a brulicare vicino alle loro facce spiaccicate a terra.

«Sei stata tu a ritornare!» la voce di Maicol proveniva dall'altra parte del dirupo come un tuono onnipotente.

«Ed ora che farai? ti limiterai a scappare?!» si beffò di lei davanti a tutti i presenti. Pensò che ogni briciola di lei non avrebbe voluto fuggire via. Infondo era arrivata fin lì anche per affrontarlo. Ma sapeva che in quel momento, avrebbe senza dubbio perso, di nuovo.
Il suo obiettivo era salvare Icaro e tutti i suoi amici. Una volta essersi assicurata la loro protezione, avrebbe cercato Maicol per reclamare una volta per tutte la sua vendetta.
George al suo fianco la guardò con occhi sgranati mentre lei continuava a scappare ignorando i brividi lungo il suo corpo.
«Sai bene che ovunque andrai, da ora in poi, non sarà mai troppo lontana da me» quella frase le diede il retrogusto amaro di una promessa appena dichiarata.
Entrambi si fermarono di botto quando si resero conto che avevano raggiunto la penultima fila di capre. Di fronte a loro avevano un altro pezzo di terra libera prima della continuazione del bosco. Se fossero usciti dal gregge dubitava che sarebbero passati inosservati, anche se era notte fonda avevano comunque al seguito uomini armati pronti a scovarli.
«Non ci resta che correre fin dall'altra parte» suggerì il suo amico, in risposta scosse frenetica il capo. «No? e quale altra alternativa abbiamo? dubito che se quello ci prende ci dia un caloroso benvenuto composto da tè o pasticcini» biascicò lanciando un'occhiata verso i soldati che avevano iniziato a cercarli in mezzo al gregge.
Osò alzare gli occhi verso il fratellastro di Yuri. Trovò Maicol fermo ancora oltre il dirupo. Se ne restava a braccia conserte, guardando dall'alto tutta la scena. Ostentava un sorriso felino sulle labbra.

La luce accecante della torcia passò in rassegna la mantella di lana degli animali e mancava molto poco affinché raggiungesse le loro sagome. «Ora!» tuonò George alzandosi, lei lo seguì correndo come se fosse stata l'ultima volta.
Di fronte avevano la loro unica salvezza, bastava attraversare indisturbati la restante radura scoperta.

«Eccola lì!» esalò uno dei soldati e anche se non lo stava guardando, era certa di avere un dito puntato contro. 
«Signori e signore, vi presento Skye Lee!» cerimoniò invigorito Maicol, al col tempo estremamente divertito. Ignorò il formicolio dietro alla nuca e continuò a muovere frenetica le gambe per separarsi dalla radura.

«Falsa Regina di questo regno!» aggiunse prima di ridere dal profondo dello stomaco seguito da tutto il suo piccolo esercito. Sebbene la loro parve una risata appena accennata, come se lo stessero facendo solo per pura educazione.

Colpita e affondata.

Al suono di quelle parole, si voltò di scatto verso l'uomo, gli occhi sgranati cercarono quelli goduriosi del suo nemico.

Conosceva la verità.

Rallentò, indugiando forse troppo su quello che aveva appena urlato ai quattro venti.
La protezione che Icaro le aveva concesso mentendo a tutto il regno fingendo che lei fosse la loro Regina, era svanita.

Distrutta.

Trasse un respiro mozzato e senza che George glielo ripetesse, iniziò di nuovo la sua corsa e svanì dalla sua vista.

Quando raggiunsero il bosco fiondandosi subito in esso, realizzò che nessun soldato aveva avuto ordine di sparare.
George al suo fianco sembrò aver pensato la stessa medesima cosa quando la guardò ansimando dalla corsa. Borbottò rauco un «Credo che siamo proprio nei guai».

Avevano appena conquistato del tempo prezioso che intendeva non sprecare. Fu lei ad afferrare la mano dell'amico e a trascinarlo ancora nei meandri del bosco immerso nella notte. Beccandosi in piena faccia rami secchi, spine e foglie.
Corsero finché non ebbero più aria nei polmoni e sentissero ogni centimetro delle gambe bruciare come fuoco ardente, e anche quando accadde quello, continuarono a farlo.

Quasi pianse dalla commozione quando interruppero il sentiero del bosco e, uscendo da esso, percorsero il piccolo sentiero che li condusse ai piedi di una vecchia casa che sembrava abbandonata a se stessa da millenni. Skye non ebbe esitazioni nel bussare ripetutamente alla porta pericolante.

Batté forte i palmi su di essa, e quando non vide nessuno accorrere per aprirla, decise di non perdere la sua ultima speranza ed insistere.
Gridò «Sono io! Skye! La Regina» sebbene voleva che la sua voce risultasse ferma e decisa, uscì come quella di un'oca strozzata e si spense totalmente sulle ultime due parole.

Sentirono poco dopo il chiavistello aprirsi con un suono secco, prese e tirò subito la mano dell'amico, entrando dentro a quel buio che le parve familiare.
Chiuse con un tonfo la porta alle loro spalle.

«Siete soli?» gracchiò una voce che fece saltare George dallo spavento.
«Accidenti, chi è là?» tuonò l'amico e Skye gli premette una mano sulla bocca per azzittirlo. «Zitto o ci sentiranno» sussurrò aguzzando le orecchie per percepire i rumori all'esterno.

«Devi abbassare la voce» lo avvertì e fece un passo verso la sagoma più scura delle tenebre che li attendeva al centro della catapecchia.

Il pavimento cigolò sotto al suo peso e quasi temette che crollasse, per sua fortuna non lo fece.
Poco dopo una fiamma accese il buio e lo stoppino di una candela prese fuoco, illuminando scarsamente il tutto.
Osservando le ombre scure che marcavano in modo inquietante i tratti somatici e le rughe dell'anziana, George nascose l'istinto di indietreggiare ancora. «Okay, perché ora non mi dici chi è questa vecchia megera?» Skye gli pestò un piede e indicò la donna.
«Quella lì» fece scorrere il dito su e giù lungo la figura ingobbita e la vecchia sorrise spaventosamente. «È la nonna di Yuri»

Continue Reading

You'll Also Like

118K 4.2K 42
Due anime completamente diverse tra mille alti e bassi nella propria vita. Che succederebbe se si incontrassero? Allison e Cameron sono fatti per sta...
201K 10.7K 27
Dopo quella sera Kelly e Josh non si sono più visti. Lei è corsa fuori di casa è salita nella macchina di Evan e ha guidato, guidato, guidato fino al...
1K 109 62
Skye e Saleem sono due persone che agiscono diversamente l'uno dall'altro e mai e poi mai si sarebbero aspettati di finire nella stessa squadra. Sopr...
9.8K 648 21
Vi è mai capitato di vivere una situazione talmente coinvolgente, per poi rendervi conto,soltanto a posteriori, che tutto ciò che credevate reale era...