Game of Chaos (Game of Gods S...

By cucchiaia

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Spin-off di Game of Gods & Game of Titans, #4 da leggere. Nove fratelli e sorelle, con nomi di Dèi greci, ch... More

Intro + Info 🍒
1 (A) - Forse non avrei dovuto dare fuoco alla bara di mio zio
2 (H) - Le parole
3 (A) - Un martedí sera esplosivo
4 (H) - Le virgole
5 (A) - Vengo costretto a parlare dei miei sentimenti anche se non li ho
6 (A&H) - Il viaggio di Odisseo
7 (A) - Alla fine di tutto si scopre che sono un mammone
8 (A) - Mio nonno è un assassino
9 (H) - I punti di sospensione
10 (A&H) - Gli avverbi
11 (A) - Festeggio il mio non-compleanno
12 (A) - Quasi stermino metà famiglia durante i giochi di Achille
13 (A) - Purtroppo, adoro il drama
14 (H) - Dietro le quinte
15 (A&H) - I punti di domanda
16 (H&A) - Mostro il mio serpente a Hell (purtroppo non nel modo in cui pensate)
17 (A) - Faccio bagnare Hazel
18 (A&H) - Estoy condenado a no olvidarte nunca más
19 (H&A) - Visito la casa di Liam: il circo
20 (H) - Sotto le luci del palco
21 (A&H) - Il predicato verbale
22 (A&H) - Le parentesi
23 (H&A) - Rimorchio grazie alla matematica
24 (A) - Vengo costretto a una riunione di famiglia mai richiesta
25 (A&H) - Ho aspettato di vederti per 6 ore e 15 minuti
25.5 - La canzone di Iperione
26 (H) - Fine dello spettacolo
27 (A&H) - Il mondo visto dall'alto
28 (H&A) - Entro, spacco (un bicchiere), esco
29 (A) - Quasi perdo la testa per colpa di Medusa
30 (A&H) - Ho quasi ucciso i miei nonni
31 (A) - Nella mia storia non sei il cattivo
32 (A) - Panta Vrehi
34 - L'epilogo
Epilogo - Dove piove sempre

33 (H) - Dio della discordia

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By cucchiaia


fyrgebræc (inglese arcaico):
il suono scoppiettante e affilato generato da un fuoco acceso; "fire break".


— I lost my faith
I'm losing my religion every day
Time hasn't been kind to me,
I pray when I look inside the mirror
and see someone I love



🔥🦊
H E L L


Seduta sul letto, con lo sguardo puntato verso il comodino, osservo i numeri della sveglia digitale avanzare, di minuto in minuto.

Dov'è Ares?

Era con me fino a mezz'ora fa. L'ho lasciato giù, in soggiorno, perché sapevo che c'era Apollo ad aspettarlo e fargli compagnia.

Dove diavolo è finito?

Provo a chiamarlo per la decima volta. Invece che squillare a vuoto come prima, scatta la segreteria telefonica. «Ciao, qui è Ares. Se sei una mia ex che vuole parlare di sentimenti, riattacca. Altrimenti, lascia un messaggio non appena senti partire Toxic di Brit. Ciao.» Insieme al segnale acustico, cominciano le note inconfondibili della canzone di Britney Spears.

Riesce a strapparmi un sorriso. Dio, quel ragazzo riuscirebbe a farmi ridere anche se avessi una pistola puntata alla tempia.

Un colpo contro la porta mi fa sobbalzare. Il cellulare mi scivola di mano e cade a terra, con un tonfo. Non mi chino a raccoglierlo. Capisco subito che non può essere lui, perché non busserebbe.

Con il cuore in gola, raggiungo la porta e abbasso la maniglia. Mi scappa un rantolo quando inquadro la persona davanti a me.

La prima cosa che vedo è il viso di Ares, ma bastano pochi istanti per realizzare che non è davvero lui. È qualcuno che indossa una maschera modellata apposta per imitare i suoi lineamenti.

Lo sconosciuto fa un cenno con la testa, invitandomi a uscire.

Le luci calde del corridoio mi fanno socchiudere gli occhi, e quando mi abituo alla nuova fonte di luce, l'immobilità attorno a me è quasi inquietante.

Il corridoio è deserto, fatta eccezione per Apollo e Thymos. Il primo se ne sta in piedi, con la fronte aggrottata e le dita che si grattano il mento, forse più per un tic nervoso che per un bisogno vero e proprio.

«Apollo?»

I suoi occhi saettano nei miei e, in qualche modo, ci arrivo da sola alla conclusione.

«Dove lo hanno portato?»

Lo sguardo di Apollo, involontariamente, si posa sul muro davanti a sé, come a indicarmi la strada. Il mio corpo si muove senza riflettere, ma non faccio in tempo a compiere più di due falcate.

Due mani si avvolgono attorno ai miei fianchi e mi sollevano da terra, mentre la mia schiena sbatte contro l'addome di Apollo. Mi tiene bloccata contro di sé, e si abbassa fino a quando non sento la sua bocca vicinissima all'orecchio.

«No, Hazel.»
«No?» ripeto.

«La fatica deve cominciare. Che lo vogliamo o meno, Ares giocherà. Non serve a nulla ostacolarla o mettersi in mezzo. Tu non conti niente per loro, lo sai. Se crei problemi, ti ammazzeranno senza alcun rimorso.»

Sto per protestare, quando Apollo compie una rotazione di cento ottanta gradi e mi costringe a fronteggiare l'altra estremità del corridoio, dove si trovano le scale. Lì, ci sono due uomini, credo, in completo. Uomini con il volto di Ares.

Strizzo gli occhi con forza. E man mano che li metto a fuoco, mi rendo conto che sono solo delle maschere, di nuovo. Incredibilmente realistiche.

Dietro di loro, invece, individuo i cugini di Ares. Il primo viso che incontro è quello di Hades. Nonostante la tensione dell'ignoto, trova la forza di rivolgermi un sorriso rassicurante.

Come a darmi una prova definitiva, Thymos ruota appena il busto per farmi vedere che gli hanno legato i polsi.

Uno degli sconosciuti ci fa cenno di avvicinarci e sistemarci lungo il muro sinistro. Mentre i due restano di guardia, lo stesso che ha bussato alla mia porta comincia a fare lo stesso con le altre camere degli ospiti. In pochi secondi, ci ritroviamo tutti in corridoio.

Nessuno fa domande. Nemmeno Liam, che è l'unico a non indossare dei vestiti normali ma un pigiama giallo, con disegnata la faccia di Spongebob sulla maglia. Sta saltellando mentre infila una scarpa da ginnastica, a fatica. 

Come Thymos, veniamo bloccati per i polsi pure noi e costretti a camminare in coppia, seguendo una fila ordinata. Ribellarsi non ha alcun senso, come mi ha detto Apollo. Il settimo gioco deve iniziare, che lo vogliamo o no.

Mentre avanziamo fuori dalla villa, sento la voce di Dionysus alle mie spalle che chiede a Hera: «Dovevano per forza mettersi addosso una maschera con la faccia da cazzo di nostro fratello?»

«Tappati quella merda di fogna, Nys», lo minaccia Zeus, poco indietro.

«È inquietante», aggiunge in un borbottio che capto a fatica.

Procediamo per il cortile della villa, fino ai cancelli spalancati. Lì, ci attende una schiera di uomini con il viso di Ares. Sono tutti armati, dal primo all'ultimo. E, alle loro spalle, sono parcheggiati due furgoncini.

Al centro, uno sembra spiccare rispetto agli altri. Fa un passo avanti. «Signori, benvenuti alla settima fatica di Ares.»

Dionysus mi passa accanto in un lampo. «Chi sei, testa di cazzo?»

«Nys!» lo richiamano Hera, Zeus e Posy all'unisono.

Uno degli scagnozzi di Urano lo afferra per il colletto del completo che indossa, e lo blocca prima che possa avvicinarsi troppo. «Sappi che non ti uccido perché so che sei solo un ubriacone incapace di comportarsi. Ma non mettermi troppo alla prova.»

L'uomo che ci ha salutati non si scompone, aspetta che il compagno finisca la minaccia, e riprende. «Ci attende un viaggio di circa tre ore. Prenderemo un traghetto per tornare sulla terraferma, e da lì ci sposteremo via auto. Confidiamo nella vostra collaborazione e buona condotta. Giunti a questo punto, è inutile ribellarsi. Lo capite bene, vero?»

Apollo e Hades, a capo fila, annuiscono con fare solenne. Nonostante siano davanti, mi accorgo che il braccio destro di Hades è piegato all'indietro e sta stringendo la mano di Haven, vicina ad Athena.

«Possiamo sapere, almeno, dove siamo diretti?» chiede Hades.

«E io posso avere dei vestiti normali?» si intromette Liam, con la mano alzata.

Uno degli uomini si volta a guardarlo, senza dire niente, e fa scorrere lo sguardo lungo il suo corpo coperto dal pigiama. Basta questo a Liam per indietreggiare fino a nascondersi dietro Zeus.

«La nostra destinazione è il monte Eta.»

Monte Eta?

Non ho idea di cosa sia, se devo essere sincera. A giudicare dalle reazioni dei Lively, però, qualcosa non va. Zeus impreca come un dannato, riversando una volgarità dopo l'altra. Hades e Apollo si girano per scambiare un'occhiata con Athena, e dai loro visi traspare persino più ansia di quanta ne sto provando io.

Cosa significa?

Mentre ci accingiamo a raggiungere l'ingresso dell'isola, sul mare, sono costretta a mordermi l'interno guancia con tutta la forza che ho per stare zitta e non riempire Posy, alla mia destra, di domande.

Solo quando siamo sistemati sul traghetto, e mi ritrovo fra Haven e Athena, bisbiglio: «Perché quelle reazioni al Monte Eta?»

Athena sospira. «Il monte Eta è una montagna situata nella parte meridionale della Tessaglia. È a circa tre ore d'auto da Atene. Tra di esso e il mare si apre un passaggio strettissimo, che rappresenta l'unico accesso alla Grecia centrale, dal nord. Viene chiamato passo delle Termopili. Mai sentito?»

Assolutamente no. La geografia non è mai stata il mio forte e il 98% delle cose che ho studiato mi sono uscite di testa da tempo.

Ma, per non sembrare scema, rispondo: «Sì, certo.»

«Il monte Eta, secondo il mito, è il luogo in cui Eracle è "morto"», spiega Haven. «Eracle o Ercole, ecco.»

Incrocio di sfuggita un paio di occhi grigi. Hades, Hermes e Apollo stanno assistendo alla conversazione. Gli altri, invece, guardano verso il mare e sembrano persi nei loro pensieri.

«Spiegatemi meglio, per favore, prima che mi senta male», le imploro.

«Il mito narra che Eracle morì per l'inganno in cui cadde la sposa Deianira. Ella gli inviò in dono una veste intrisa del sangue del centauro Nesso, che secondo quest'ultimo avrebbe fatto da talismano d'amore. Una volta indossata, però, iniziò a corrodere le carni dell'eroe. Eracle, in fin di vita, ordinò che gli venisse preparata una pira sul monte Eta; lasciarsi consumare dal fuoco sarebbe stato meno doloroso e più veloce. Nonostante la sua morte terrena, Zeus lo salvò e lo accolse tra gli immortali dell'Olimpo. Dopo le sue 12 fatiche, aveva espiato le sue colpe e si era guadagnato la vita eterna», conclude Athena.

Fatico a mettere due parole coerenti una dietro l'altra. La mia mente immagina Ares, legato a una pira, che viene divorato dalle fiamme, senza che né io né gli altri possiamo fare qualcosa per salvarlo.

«Qualcosa mi dice che, quando arriveremo al Monte Eta, troveremo Ares legato a una pira come un cotechino», borbotta Hermes.

«Finirebbe com'è iniziato tutto, no? Con il fuoco», commenta Haven.

Non può finire così. E non può finire e basta.

«Troveremo un modo, Hell, non preoccuparti.» Apollo mi rivolge l'accenno di un sorriso stanco.

Devo avere un'espressione terrorizzata, perché Hermes allunga la mano verso di me e incastra le sue dita con le mie. «È solo un mito, Hell, non una premonizione. Stai tranquilla.»

Ha ragione, eppure questo non mi fa stare meglio.

Thymos, rimasto in silenzio per tutto il tempo, tiene lo sguardo fisso verso gli spruzzi del mare oltre la barca. «La morte si prende sempre le persone migliori. Quel poppante del tuo ragazzo, in qualche modo, se la caverà. Ne sono certo. Non può lasciarmi con quel gatto.»

Il suo intento era rassicurarmi, eppure gli occhi mi si inumidiscono, perché traspare la sincera preoccupazione che sta provando un uomo distaccato come lui.

«Certo», esclama Liam, d'improvviso interessato alla conversazione. «E poi, ragazzi, la morte è così brutta? La morte è davvero la fine di tutto? No, la morte è rinascita. Non muori davvero se le persone mantengono vivo il tuo ricordo. Sono certo che...»

Basta che Hades si volti nella sua direzione, con un'occhiata truce, per farlo ammutolire.







Mancano due ore all'alba quando approdiamo alla base del Monte Eta. L'aria è fresca, e l'umidità mi si appiccica alla pelle scoperta delle braccia.

Il cuore mi batte così forte che sembra lottare per risalirmi in gola. Vorrei correre per raggiungere prima Ares, e al tempo stesso vorrei rallentare per ritardare il momento in cui inizierà il gioco.

Per fortuna, non dobbiamo scalare la montagna, ma ci fermiamo in uno spiazzo erboso, intervallato da alberi imponenti dalle chiome folte. È così buio che faccio fatica a mettere a fuoco le figure che, oltre a noi, si trovano qui stanotte; fino a quando l'unica fonte di luce invade il mio campo visivo.

Una fiaccola accesa. Una fiamma brilla nella notte, e illumina Urano Lively, che la regge all'estremità. Il primo che vedo, e il primo che parla. «Benvenuti.»

Gea sta a pochi passi, dietro di lui, con le braccia incrociate al petto.

Urano allarga il braccio libero, alla sua destra, e li vedo. Le vedo. Due pire fatte di legno, una accanto all'altra, e separate da almeno cinque metri di distanza. Ad esse sono legate due persone. Esteticamente, le conosco entrambe. Ma, nella realtà, sono innamorata solo di una delle due.

Ares ed Eris sono identici. Entrambi issati a una pira di legno, con i capelli rasati e una veste bianca che li copre dal collo ai piedi. Non sbucano nemmeno le punte delle dita. Non che queste potrebbero aiutarci a individuarli, ma ricordo chiaramente della voglia sul polso di Eris. Quella macchia di pelle che sembrava avere la forma di una ciliegia, notata quando l'ho conosciuto per la prima volta al bar dell'hotel in Messico.

Il mio sguardo si ferma sull'Ares a destra, e i suoi occhi si lasciano catturare all'istante. Non dice nulla, non emette un fiato, non schiude nemmeno le labbra per provarci. Una comunicazione silenziosa che mi lascia la speranza che possa essere lui.

Ma poi, a sinistra, l'altro Ares si agita per attirare la mia attenzione. «Hell!»

E nelle sue iridi nere c'è la disperazione più buia. Si dimena, nonostante sia legato, e ansima per lo sforzo.

«Piantala di fare queste sceneggiate», lo rimprovera quello a destra, ancora impassibile. «Non è così che li convincerai di essere il vero Ares. Io non mi mostrerei mai disperato. È patetico.»

L'Ares di sinistra gli riversa contro una serie di volgarità che, se non ci trovassimo in una situazione simile, mi farebbe ridere.

«Prego, accomodatevi», Urano ricattura la nostra attenzione e ci fa notare che, al lato dello spiazzo, si trova un banchetto in legno con delle sedute.

Ne conto velocemente 13. Due di queste sono già occupate da Rea e Teia.

Mentre la prima ha l'espressione impassibile, l'altra tradisce la stessa preoccupazione che si riflette in me. Con la differenza che gli occhi marroni di Teia scintillano di collera.

Prendiamo posto in silenzio, e io mi ritrovo in prima fila, seduta tra Haven e Hermes. Due uomini con la faccia di Ares si mettono ai lati, con i fucili stretti al petto. Ma non sono qui per tenere d'occhio noi, che siamo disarmati e legati. Sono qui per controllare Thymos, che non ha un posto a sedere, ma sta fuori, in piedi.

Mi guardo attorno, alla ricerca di altri uomini con maschere inquietanti in faccia. Davanti a me, a svariati metri, mi sembra di vederne tre. Urano si muove di qualche passo, e la fiaccola li illumina, svelando al loro fianco anche Thanatos e Circe.

«Perché siamo seduti qui, noi?» domanda Haven, senza timore.

Urano sorride. «Non è chiaro? Ogni processo ha la giuria di cittadini, scelta casualmente. Sono stato più clemente del sistema giudiziario americano, però, e la giuria di Ares sarete voi. Ma tranquilli, non serve ringraziarmi.»

«Il gioco non dovrebbe essere per lui?» continua Hades.

Mi basta un'occhiata verso Apollo. Lui ha già capito.

«Il gioco è per Ares, infatti. Deve convincervi di essere quello vero.» Ridacchia, voltandosi verso i due gemelli. «Ammesso che voi vogliate salvare quello vero e problematico, che vi mette sempre nei casini.»

I miei occhi scattano da una pira all'altra, incapaci di fermarsi per più tempo su uno di loro due. Quando mi convinco di aver individuato il vero Ares, l'altro attira la mia attenzione e mi fa ricredere.

«Il gioco è semplicissimo», riprende Urano, mentre si incammina verso le due pire. «Sceglierete voi chi morirà. Vi basterà un voto unanime e noi daremo fuoco all'impostore. L'altro si salverà. Avete il 50% di possibilità di fare la scelta giusta.»

«Lurido pezzo di merda dalle palle raggrinzite», strilla Teia, scattando in piedi. «Se ti prendo ti scuoio vivo fino a quando...»

Rea, accanto a lei, sospira. «Siediti e stai zitta. Non servirà a nulla minacciarlo.»

«Mamma, ha ragione. Stai ferma», grida l'Ares a sinistra.

L'Ares a destra non è d'accordo. «No, io la appoggio. Continua a insultarlo, mamma.»

«Smettila di fingerti me, coglione.»
«Smettila tu di fingerti me, testa di cazzo.»

Poseidon, alle mie spalle, domanda: «Avete una minima idea di chi possa essere quello vero? Per ora sembrano irritanti in maniera equa.»

Quello a sinistra.
No, quello a destra.

«Tutto qui, il gioco?» sbotta Hades, facendo ammutolire i due gemelli. «Non abbiamo nemmeno diritto a una domanda? Un aiuto? Un indizio? Niente di niente?»

Urano scuote piano la testa. «Certo che non è tutto qui, Hades. Avete cinque minuti per fargli le domande che volete, ma devono essere domande a cui si può rispondere solo con "sì" o "no". Scaduti i cinque minuti, darete un voto unanime. Vince la maggioranza.»

«E se non volessimo scegliere?» indaga Apollo.

«Ucciderò entrambi», conclude Urano con una scrollata di spalle. «Semplice.»

Domande da "sì" o "no".

Ma io so che non ce n'è bisogno. Ricordo con chiarezza un dettaglio che non ho mai condiviso con nessuno, nella speranza che le spie di Urano non ne venissero mai a conoscenza, rivelandolo anche al titano. Non l'ho mai detto nemmeno ad Ares. Ora è il momento giusto.

«I polsi!» grido. «Non serve nient'altro. Eris ha una voglia sul polso, al contrario di Ares. Ci basta controllare quello, nessuna domanda.»

Ora sento gli occhi di tutti puntati su di me. Apollo si sporge oltre Haven. Ha i lunghi capelli legati in una codina bassa e morbida, dalla quale fuoriescono due ciuffi, che gli ricadono davanti al viso bellissimo. «Sei sicura?»

Annuisco, senza staccare gli occhi di dosso da Urano. L'ho appena messo a disagio, perché la sua postura è più rigida e l'aria di chi crede di avere il controllo sta pian piano svanendo. I suoi tratti si inaspriscono. Non lo sapeva, ovvio.

«Non vedrete proprio nulla», taglia corto. «Non dovete riconoscerlo per l'estetica. Il gioco funziona diversamente.»

Merda.
Boccheggio, alla ricerca di qualcosa da dire, e in cuor mio spero che Apollo e Haven trovino un'altra scappatoia.

Era l'unica cosa su cui potessimo fare affidamento. L'unica.

«Possiamo fare delle domande molto private e vedere chi risponde in modo corretto», propone Teia. «Dubito che Eris non sia informato sui dettagli della vita di Ares. Lo avranno preparato, ma prima o poi troveremo la domanda a cui non sa dare una risposta.»

«Abbiamo solo cinque minuti, mamma», le fa presente Zeus.

Urano, con un cenno della mano libera, fa avvicinare uno dei tre uomini dall'altro lato dello spiazzo. Questo estrae una pistola dalla divisa e si posiziona tra le due pire. «Ricordatevi le regole, gemellini. Se date una risposta diversa da sì e no, vi faccio sparare seduta stante.»

Questa famiglia ha dei gravi problemi. E io sarei dovuta scappare molto tempo fa.

Poseidon non attende un secondo. Scatta in piedi, una folata di vento gli scosta i ciuffi di capelli celesti. «Il tuo gusto preferito di caramelle è la ciliegia?»

Zeus si schiaffa una mano in fronte, emettendo un lamento. «Bella domanda di merda, Posy.»

«Sì», rispondono i due gemelli, in contemporanea.

No, non era la domanda corretta. Ma i miei ricordi sono vividi, da sempre. E ho impresso il primo incontro con Eris, in Messico. Lì, sono riuscita a riconoscerlo sia dalla voglia sulla pelle che da un altro dettaglio. Non sapeva che il mio nomignolo fosse Genietto, e io non gliel'ho mai rivelato.

«Il nomignolo che mi dà Ares è Piccola Volpe?»

Non so se lo dicano in contemporanea, come poco fa, ma mi sembra comunque di sentire un unico suono: «No.»

«Un minuto è già passato, ragazzi», ci informa la voce allegra di Thanatos. «Avete portato i marshmallow da arrostire sul corpo in fiamme di Aressino

«Vorrei infilzarlo con uno spiedo, come si fa con i maiali, infilandoglielo su per il culo», commenta Thymos.

L'Ares a destra lascia andare il capo all'indietro, emettendo un grugnito carico di sofferenza. «Hell, lo sai che sono io quello vero. Mettiamo fine a tutto questo. So che tu mi conosci meglio di chiunque altro. Convincili, ti prego.»

I suoi occhi tornano su di me, in una morsa così intima che per un attimo cedo.

«Hell», mi richiama Ares, a sinistra. «Se mi conosci davvero, sai che non lo direi mai. La persona che più mi conosce è mia madre.»

«Brutale», commenta Liam a bassa voce.

«No, ha ragione», lo difendo, in un lampo di razionalità. Per quanto abbiamo condiviso io e Ares, è Teia l'unica che può conosce ogni anfratto oscuro della sua anima. Al tempo stesso, però, so che potrei riuscirci anche io.

Ma perché includere Teia, allora? Rischia di rovinare il piano di Urano. C'è qualcosa che non vuole dirci, una fregatura che incombe su di noi.

«Non hai capito un cazzo di quello che intendevo», lo apostrofa l'Ares a destra. «Conoscere un figlio e conoscere la persona di cui sei innamorato sono due cose diverse. Due livelli intimi, ma in modi diversi. Se tu sei un idiota che...»

«Ah», esclama Urano, «è così divertente che vorrei essermi portato una sedia e un bel calice di vino per godermi lo spettacolo.»

«Hai la patente?» urla Liam, cogliendo tutti di sorpresa.

I due Ares hanno la stessa identica espressione, e quasi rido dal nervosismo.

Destra. «Sì.»
Sinistra. «No.»

Hades si gira verso Liam. «Cosa pensi di aver risolto, ora? Nemmeno noi sappiamo se quell'idiota ha la patente.»

«A giudicare da come guida, quello di sinistra che ha detto no potrebbe essere il vero Ares», borbotta Thymos.

«Mamma», chiama l'Ares a destra, la voce tremolante. «Sono io. Posso recitarti a memoria la frase che papà ha lasciato nelle note del mio telefono, prima di morire. Sono io, maledizione!»

«Mamma!» imita l'altro. «Non credere a una singola parola che esce dalla sua bocca. Sa tutto di me. Quanti minuti restano? Quattro? Tre? Sono abbastanza. Trovate la domanda giusta. O fidatevi di me. Fatelo, ora

Un campanello d'allarme risuona nella mia testa; lo metto a tacere.

Teia fa vagare lo sguardo tra i due, le labbra si muovono ma non esce alcun suono. Alla fine, esala un sospiro e chiude gli occhi. «Io... Non so che domanda fare. Non ne ho idea. So solo che ho già perso mio marito e una nipote che avrei voluto conoscere meglio. So solo che ho dedicato la mia vita a tentare di salvarvi, tutti quanti, un giorno. E ora rischio di perdere un figlio, di fallire di nuovo. Non so cosa fare. Non so cosa dire. Non so come uscirne. Voglio solo mio figlio, sano e salvo, tra le mie braccia. Voglio un lieto fine, per tutti. Voglio...»

Un singhiozzo la scuote, così violento da farla tremare come una foglia. Hera, lì accanto, adagia la testa contro la spalla della madre, impossibilitata ad abbracciarla.

È una scena così straziante che viene da piangere anche a me.

«Mancano due minuti. Finitela con i pianti, siete tutti patetici», ci rimbecca Urano.

«La mia famiglia non è ancora riuscita a riconoscermi, è incredibile», prosegue l'Ares di sinistra. «Siete le uniche persone al mondo che amo e che proteggerei, e avete ancora dubbi?»

«Io non direi mai queste cagate sentimentali. Continui ad affossarti da solo.»

Il mio cervello sta per andare in corto circuito. Quando uno dei due dice la cosa giusta, l'altro arriva con un'altra corretta, e non capisco più chi sta imitando chi alla perfezione.

Ormai è chiaro che non è questione di domande. Non servono a nulla le loro risposte. Non servono i sì e i no. Sta tutto nel modo in cui utilizzano le parole. Ognuno di noi ha un suo modo di parlare e di usare la sua lingua madre, e io che amo così tanto le parole dovrei averlo riconosciuto per prima. Siamo tutti uguali, al mondo, ma ci distinguiamo per il modo in cui comunichiamo.

Devo solo cogliere il momento esatto. Quel frammento di verità. Ma ho bisogno di più tempo. Non bastano due minuti.

Mi volto, disperata, e cerco gli sguardi di Haven e Apollo. So che sono i più scaltri, ma anche loro sembrano in difficoltà quanto noi.

Gli occhi che ricambiano la mia attenzione, però, sono quelli azzurri di Hermes. Basta uno scambio veloce, e lui capisce.

«Basta, basta con questo gioco!» grida Hermes, sorprendendo tutti. «Perché lo fai? Solo tu lo vuoi morto, in questa famiglia. Sostieni che è un problema per tutti, un peso di cui dobbiamo liberarci, uno stronzo senza speranza...»

«Non ha mai usato queste esatte parole, ma grazie, Herm», commenta l'Ares a sinistra.

«Già. Ti sei fatto un esamino di coscienza, tu? Che hai ucciso il tuo primo amore?» si aggiunge quello a destra.

Trasalisco non appena sento quelle parole. Gli occhi di Hermes si posano su di me, forse l'unica persona qui che non era a conoscenza del segreto, e ritornano subito su Urano.

«Sei l'unico che lo vuole morto. Noi no. Perché?» insiste Herm, ignorando l'accusa.

«Perché ha profanato la memoria di mio figlio, Crono.»

«No, non è solo quello», si intromette Thymos.

«Ha mancato di rispetto all'unico figlio leale che avev...» riprova Urano, ora più tentennante.

«Perché?» insiste Hermes, con una durezza che non gli avevo mai visto.

È sempre stato il Lively solare e allegro. Quello che gira per i corridoi di Yale con un enorme sorriso stampato in faccia e l'aria amichevole. Il ragazzo con la battuta sempre pronta, al limite dell'inopportuno.

Ma ora, sembra quasi più pericoloso degli altri. La mascella rigida, gli occhi assottigliati in due fessure che lasciano a malapena intravedere l'azzurro oceano delle iridi, e il vento che gli scompiglia i riccioli biondi. Lui, che è luce anche nelle tenebre, sembra un tutt'uno con la notte. La notte gli si posa addosso, spalleggiandolo e avvertendo tutti i presenti che, sotto sotto, ha tanta oscurità che non bisogna mettere alla prova.

«Perché?» ripete, Hermes, scandendo lentamente.

Urano estrae un pacchetto di sigarette e se ne accende una, con l'ausilio di un'unica mano. Fa qualche tiro prima di iniziare a parlare. «Ares ha ferito, almeno una volta, tutte le persone qui presenti. Possiamo negarlo? No. Ma si è macchiato di un crimine ancora peggiore.»

Nessuno reagisce.

Io, dentro di me, prego che Urano non si accorga di star andando oltre il limite di tempo che ci aveva dato.

«Ares ha creato Pandora», conclude.

«Cos'è Pandora?» chiede Liam, subito.

«Pandora?» gli fa eco l'Ares a sinistra.
«Che cazzo è Pandora?» continua quello a destra.

Urano, con la fiaccola ancora accesa, si muove davanti ai gemelli e arriva al nostro cospetto, come un avvocato che deve convincere la giuria della colpa del suo opponente. Getta il mozzicone a metà, tra l'erba.

«Pandora è un posto. Pandora è un oggetto. Pandora sono delle persone. Pandora è un sistema di sicurezza. Pandora è un'idea. Pandora è la salvezza della famiglia. Pandora è un segreto. Pandora è la vostra gabbia.»

Aleggia il silenzio per qualche secondo, interrotto proprio da chi mi aspettavo che avrebbe reagito per primo.

«Grazie per la descrizione assolutamente inutile, nonno», lo sbeffeggia Hermes.

«Possibile che in questa famiglia nessuno parli chiaramente? Siete esasperanti, insopportabili», si aggiunge Thymos.

La fiamma sopra la fiaccola oscilla in balìa del vento, e Urano si perde a osservarla per qualche secondo. «Eppure, Thymos, tu dovresti saperlo. Pandora è quello che la CIA cerca da anni, o sbaglio? Il posto in cui sono custoditi tutti i segreti dei Lively e tutte le prove dei nostri crimini.»

Trattengo il fiato. Allora significa che...

«Ares ha creato l'idea di Pandora, per aiutarci a nascondere ogni reato che abbiamo commesso. Poi, qualcuno la ha realizzata. E questa... idea... è stata condivisa tra quattro persone.»

«Non capisco. Io non ho fatto nulla. Cosa diamine significa?» grida l'Ares a destra. Quello a sinistra, invece, è pietrificato da quello che sembra orrore puro.

«L'hai ideata a tredici anni. Eri davvero un maledettissimo ragazzino prodigio, almeno per quanto riguarda i numeri e tutto ciò che gli ruota attorno. Per il resto, sei un patetico demente con due neuroni bruciati.»

«Impossibile», ribatte Teia. «A tredici anni lui...»

«Perché, durante la sesta fatica, gli abbiamo chiesto solo giorno e mese della sua nascita, Teia?» si intromette Gea, prendendo parola per la prima volta. «Perché nessuno di voi sa che Ares è, in realtà, più grande di tre anni. L'incidente con sua madre è avvenuto qualche mese dopo averci aiutati con Pandora.»

È assurdo. Ho un milione di domande in testa, e quando mi volto per cercare aiuto negli altri, mi accorgo che non sono messi meglio di me. Nessuno, però, sembra trovare la forza di avanzare i propri dubbi.

Urano rilascia un lungo sospiro. «D'accordo. Partiamo dal principio, che dite? Ares è un piccolo genio della matematica. I suoi insegnanti, a scuola, se ne accorgono subito. Alle elementari passa inosservato, ma alle medie di certo no. Quando Ares è alle medie, dovrebbe già frequentare il liceo, ma l'anagrafe segna un'altra età. Uno dei suoi maestri se ne accorge. Quel bambino è troppo avanti rispetto agli altri, e risolve problemi che metterebbero in difficoltà molti adulti. La voce arriva a Crono, che stava ancora cercando di completare il suo Olimpo. Mi seguite, fino a qui?» ci chiede, come si farebbe con dei bambini.

Qualcuno annuisce. Io tengo gli occhi fissi sui due Ares. Solo uno di loro ricambia, l'altro guarda Urano.

«Crono ha chiesto di Ares, con la speranza di poterlo adottare dopo averlo messo alla prova con il labirinto. Si è accorto, però, che la sua intelligenza era ristretta a un unico campo», continua Gea. «Da qui, l'idea di sfruttarne ciò che potevamo e poi lasciarlo in pace.»

«A quei tempi, la CIA aveva da poco iniziato a indagare sul nostro conto. Stavamo attirando l'attenzione, e sarebbe bastato il più piccolo passo falso per incastrarci. Ci serviva qualcosa per proteggerci. Ci servivano un buon informatico, qualcuno che se la cavasse con la progettazione e con buone doti di hackeraggio. Ma ci serviva anche una mente. Testa e braccio. Ares era la testa, Thanatos il braccio.»

Thanatos, qualche metro indietro, solleva il braccio per aria e lo sventola con fierezza. «Eccomi, Signori.»

«Non lo abbiamo fatto in modo diretto», precisa Urano. «Il quesito è stato posto ad Ares come se fosse un problema di matematica banale. Gli abbiamo detto che ci serviva un modo per nascondere delle informazioni private, pericolose, che non dovevano finire nelle mani della polizia e dei più potenti. Non sapeva che fossero per i Lively, non sapeva che fosse Pandora, non ha mai visto né il mio volto né quello di Crono. Abbiamo agito in modo indiretto, perché non volevamo rischiare che potesse ricordarsi di noi.»

«Perché avrebbe fatto una cosa contro la legge? Perché proteggere dei criminali?» domanda Thymos.

Urano si volta a guardare i due gemelli, dandoci le spalle in modo tale da potersi concentrare sul vero Ares e nascondercelo.

«Perché la giustizia lo aveva abbandonato. Viveva in un appartamento sporco e squallido, con il frigo vuoto e due vestiti nell'armadio. Non aveva la luce in camera. Sua madre era perennemente collassata da qualche parte, fatta come una stronza, e non si curava di lui. Per quanto chiedesse aiuto, anche a scuola, nessuno lo aiutava. La giustizia non aiuta tutti. Abbandona più persone di quelle che salva. E Ares lo sapeva. Se ci avesse aiutati a farla franca, avrebbe avuto un minimo di vendetta.»

Mi viene da vomitare. Hanno manipolato un ragazzino maltrattato e lo hanno sfruttato per i loro scopi. Senza nemmeno aiutarlo, però. Sfruttato e abbandonato a una madre che non si curava di lui.

Più cose scopro su Ares, più sento che non perdonerò mai chi gli ha procurato tutto questo dolore. Forse non è nemmeno un antieroe, lui. Forse, a modo suo, è davvero l'eroe.

«Ares ha creato l'idea, e Thanatos la ha sviluppata. Il problema, però, restava che un segreto condiviso da cinque persone non può restare un segreto», riprende Urano. «Due persone possono mantenere un segreto se una di loro è morta. E cinque? Ne dovrebbero morire almeno quattro.»

«Aspetta...» Haven ferma il racconto. «Thymos ha trovato una foto che ritraeva la madre biologica di Ares con Crono. C'entra con questa faccenda?»

Urano fa spallucce. «Solo i morti mantengono i segreti. Ho offerto una somma di denaro alla madre, perché uccidesse Ares. Sarebbe dovuto accadere in casa, lontano da occhi indiscreti, e noi ci saremmo occupati di occultare il cadavere. Purtroppo, quella drogata senza cervello lo ha trattato così male che si è ribellato lui per primo. E, nel tentativo di difendersi, l'ho ha quasi ucciso in una spiaggia pubblica. Attirata l'attenzione delle autorità, abbiamo rotto l'accordo e sperato che Ares avesse riportato qualche trauma a livello cerebrale.»

Mi giunge chiaro il mormorio affranto di Teia. «Il mio povero bambino.»

«Io non ricordo nulla... almeno credo... insomma...» biascica uno dei gemelli, sulla pira.

Non c'è tempo, però, per fermarci sull'aspetto sentimentale.

Apollo, che sembra essere il più bravo a mettere da parte le emozioni, si fa avanti con la domanda più importante. «Chi sono i cinque?»

Urano ci guarda a turno, soffermandosi anche su di me. «Ares, Thanatos, Crono, Gea, Hermes.»

Il nome di Hermes viene ripetuto anche da Hades, a qualche seduta da me, ma con incredulità. Ora, tutti lo fissano, ma lui è immobile e il suo pomo d'Adamo si abbassa due volte, a vuoto.

«Non è possibile. Io non so nessun segreto», si difende Hermes, dopo qualche istante di esitazione. «Non ho mai sentito parlare di Pandora prima di oggi.»

Urano scuote il capo. «Voi non sapete il segreto. Voi ne siete parte. Ares ne conosce metà, Thanatos l'altra.»

Qualcosa non torna. Se, fin dall'inizio, sapeva che i membri di Pandora sarebbero dovuti morire tutti quanti, tranne uno almeno, allora...

«Tu non fai parte dei cinque, perché se così fosse stato, avresti dovuto morire, vero?» Haven mi precede.

Urano fa un cenno alle sue spalle. «Thanatos? Per cortesia, fai un applauso a Haven, che io ho la fiaccola in mano. Se lo merita.»

Thanatos obbedisce, e gli si aggiunge Circe. Jennifer. Juniper. Qualunque sia il nome che preferisce.

«Il mio piano era lasciare in vita solo Crono, l'unico figlio degno di essere chiamato tale e di portare il mio cognome. Ho dovuto sacrificare mia moglie, rendendola parte del segreto, perché avevo bisogno di tenerne sempre d'occhio uno dei cinque. Ma poi nostro figlio è lentamente impazzito, e nonostante mi sia dispiaciuta la sua morte, ho capito che era meglio così. Ares mi ha fatto un grande regalo bruciando la sua bara: mi ha dato uno stupido pretesto per punirlo e tentare di ucciderlo con una delle fatiche. Non ci sono riuscito, ancora, ma confido che questa settima sia quella giusta.»

«Sei un pazzo psicopatico di merda!» lo aggredisce Teia. «Mio figlio non morirà!»

Urano fa per rispondere, ma io lo anticipo e mi alzo in piedi, attraversata da un pensiero fulmineo, come se avessi ricevuto la scossa.

Devo bluffare se voglio un'altra risposta importante. Spero solo di avere un briciolo della bravura di Haven Cohen.

«Io so chi è il vero Ares, tra i due», affermo con sicurezza.

Hermes finge un colpo di tosse, per mascherarci dentro una frase: «Spero che non sia un bluff, Hell, perché nessuno di noi ne ha la minima idea.»

Lo ignoro. «Perché fare tutto questo? Sapevi che, uno di noi, lo avrebbe riconosciuto. E che lo avrebbe salvato, dunque. Perché? Ares non morirà mai, in questa fatica. Pandora non verrà distrutta come desideri tu.»

«Un altro applauso?» chiede Thanatos, pronto a battere le mani anche per me.

Urano lo ferma. «Ho voluto rischiare. In cuor mio, speravo che non lo trovaste. Ma mi sono preparato anche all'eventualità opposta. Mettiamola così: Pandora è l'unica cosa che ha tenuto voi prigionieri di Crono e del mio Impero. Se Ares non l'avesse ideata, vi sareste potuti liberare di questa famiglia. Io sarei in tribunale già da tempo. E, se lo uccidete, non ne traete alcun vantaggio. Perciò, vi propongo un accordo.»

«Non ce ne frega un cazzo», taglia corto Hades. «Hell, dicci chi è quello vero. Finiamola qui.»

«Se voi mi aiutate a distruggere Pandora, uccidendo Ares, io vi lascerò liberi. Non avrete più alcun obbligo nei confronti di questa famiglia. Hades, Apollo, Hera, Poseidon, persino Rea e Teia. Potrete prendervi i soldi che volete e non dovrete mai più metter piede sull'Olimpo. Chiaro, no? In cambio, nessuno troverà i miei segreti e sarò salvo anche io. Mi pare uno scambio equo.»

Spalanco la bocca. Un colpo leggero sul fianco mi ricorda che sono ancora in piedi, e lentamente ritorno giù, sprofondando contro la sedia. Il cuore mi martella nel petto alla sola idea di vedere Ares morire, stanotte.

«Non ha senso», la voce roca di Apollo squarcia il silenzio. «Hai detto anche tu che devono morire tutti i membri di Pandora. C'è anche Hermes, tra loro. Non ci conviene. Non è uno scambio...»

Urano alza di più la fiaccola e, con il braccio libero, fa un cenno all'uomo che è ancora fermo tra le due pire. Quest'ultimo toglie la sicura dalla pistola e la punta su Gea.

«Posso dimostrarvi le mie buone intenzioni. Dei cinque membri di Pandora, acconsento a lasciarne almeno uno vivo. Ucciderò mia moglie e Thanatos, oltre ad Ares, e Hermes sarà salvo. Che dite?»

«Diciamo che nessuno è disposto a crederti e che dovresti farti chiudere in una cella insonorizzata, con una camicia di forza addosso», grida l'Ares a destra.

«Sono d'accordo con la mia imitazione tarocca.»

«No!» protesta Thymos, il viso rosso d'ira e i lineamenti duri. «Io voglio trovare Pandora. Ho giurato a me stesso che avrei vendicato tutti i bambini che avete ucciso. Lo devo a Daisy e al figlio che teneva in grembo!»

Urano sbuffa. «Quella ragazzina era una troietta. Sicuro di star vendicando un figlio che probabilmente non era manco tuo?»

Thymos scatta in avanti, rapido come un fulmine, senza ragionare sulle sue azioni. Uno dei due scagnozzi lo placca all'istante e lo spedisce a terra con un calcio nello stomaco.

«Stai fermo, bestiaccia.»

Urano ride e ritorna a noi, come se nulla fosse.

«Non mi credete?» riprende, dispiaciuto. Fa schioccare la lingua contro il palato, e si porta le dita alle labbra, mandando un bacio a Gea. «Mi dispiace, cara. La famiglia prima di tutto. Ricordi? Perdonami.»

Accade in un battito di ciglia. Lo sparo mi fa sobbalzare sulla sedia. Il corpo di Gea si accascia a terra, fra l'erba, con un tonfo sordo. Non ha protestato, non ha provato a scappare, a difendersi. Non ha avuto il minimo spasmo facciale. Si è lasciata uccidere.

Ora, però, Thanatos si muove nervosamente sul posto. Circe è impallidita, e cerca di arretrare per confondersi nell'oscurità, lontana dalla zona di luce che crea Urano con la fiaccola.

«Urano, non puoi farmi questo. Non erano questi gli accordi. Mi hai detto che sarei rimasto io l'unico vivo!»

Non c'è traccia di disperazione, non credo sia il tipo che implora per la vita. Ma è furente. Gli tremano le braccia e il petto si alza e abbassa con frequenza irregolare.

«Oh, Thanatos, davvero ci hai creduto? È per questo che non sei mai stato degno di entrare a far parte della famiglia.»

«Urano

Il primo colpo lo manca.

Il secondo va a segno, ma sulla gamba. Thanatos scivola a terra, e comincia a strisciare alla ricerca di un riparo. Dalla sua bocca esce una serie di imprecazioni, ma neanche una supplica.

L'uomo di Urano lo raggiunge e gli si para davanti. Conto fino a cinque. E, poi, almeno tre spari che gli perforano il cranio. Non c'è dubbio che sia morto. Così. In un battito di ciglia. Condannato con la stessa semplicità con la quale respireresti.

«Posso dire che non potrebbe dispiacermi meno, per quel ratto odioso?» mormora Dionysus, noncurante.

Urano sorride, osservando i cadaveri di due persone a cui aveva promesso la salvezza. «Allora, abbiamo un accordo? Chi è il vero Ares?» Fa un passo verso le pire, e allunga la fiaccola incandescente.

«No!» urliamo in contemporanea io, Teia, Hera e Haven.

L'espressione sul viso di Urano si distorce in una smorfia carica di odio. Per la prima volta da quando lo conosco, mi spaventa a morte. Non l'ho mai trovato rassicurante, ma adesso... Adesso comincio a temere che potrebbe accadere il peggio.

«Ho detto di aver capito chi è quello vero... ma...» balbetto.

«Può essere così facile? E se non ci ascoltasse?» conclude i miei timori, Haven.

«C'è sempre un piano B.»

La frase proviene dalla mia sinistra, Thymos. Quando mi volto, lui sta fissando un punto davanti a sé.

Ha davvero un piano B?

«Scegliete ora, o faccio morire entrambi!» minaccia Urano. «Scegliete, destra o sinistra, e...»

Il suo tono cambia drasticamente. Scoppia a ridere, all'improvviso, e non riesce a terminare la frase. Ride come un disperato, davanti a noi, e il suono riecheggia in tutto lo spiazzo del Monte Eta.

«Che cazzo di problemi ha?» sussurra Herm.

La risposta non tarda ad arrivare. Urano punta la fiaccola a terra, alla base della pira di destra, e le dà fuoco. L'urlo di Teia sovrasta le risate del Titano, talmente è forte e disperato.

«Non è così che deve andare il gioco! Non abbiamo scelto...» protesta Haven.

Urano abbandona il bastone infuocato e, con entrambe le mani libere, si asciuga delle lacrime dal volto. La risata è più debole. «Non lo avete capito? Nemmeno io so chi è quello vero. Le pire, però, sono collegate. Moriranno tutti e due, in ogni caso. Guardate con i vostri stessi occhi, stanno prendendo fuoco entrambi. Credevate davvero che avrei rischiato?»

Teia è la prima a scattare in piedi, forse per raggiungere le due pire.

Non serve, però.

Perché il rumore di due spari ci distrae.

I due scagnozzi di Urano, che stavano di guardia a Thymos crollano a terra, con una pallottola nel petto.

Mi guardo attorno, facendo scattare il capo in ogni direzione, alla ricerca della fonte da cui provenivano. Ci impiego qualche secondo a mettere a fuoco una figura snella, con un'arma in mano.

«Ecco il piano B», mormora Thymos. «Ce ne hai messo di tempo, sorellina.»

Sorellina? C'è un'infiltrata?

Lo stesso uomo di Urano che ha ucciso Thanatos e Gea sta correndo per il perimetro dello spiazzo. Dopo aver fatto fuori i due uomini armati più vicini a noi, sfreccia alle nostre spalle, servendosi dell'oscurità per depistare Urano e gli altri due che restano.

«Prendetelo! Subito!» ordina Urano.

Quella che, a quanto pare, è la sorella di Thymos, ancora con la maschera raffigurante il viso di Ares, balza nel buio. Lascia dietro di sé, come segno del suo passaggio, solo il rumore dell'erba che fruscia sotto le sue scarpe. Gli uomini più lontani da noi crollano, uno dopo l'altro. Non ha bisogno che li uccida.

Li ferisce alle gambe e li perquisisce per accertarsi che non abbiano armi.

L'Ares, nella pira di destra, grida e chiede il nostro aiuto. Quello a sinistra, lo imita.

La sorella di Thymos si leva la maschera e rivela il suo volto. Dei ricci castani le ricadono sul viso, inferocito, e ansima mentre corre verso Urano. Prima che lui possa estrarre un'arma dalla tasca interna della giacca, lei gli spara al braccio e lo fa desistere.

«Maledetta puttana...»

«Chi diamine è quella?» chiede Hermes.

Non c'è tempo per le domande, però. Il fuoco sta raggiungendo i piedi dei gemelli, che si dimenano nell'illusoria speranza di potersi salvare.

«Non posso slegarli e salvarli tutti e due!» urla la sorella di Thymos, davanti alle due pire che si stanno incendiando a velocità disumana. «Dovete dirmi chi salvare! Ora

E noi non possiamo aiutarla perché abbiamo i polsi legati. Ma mentre i due gemelli sono bloccati con delle corde, noi abbiamo delle vere e proprie manette in metallo. Non possiamo perdere altro tempo a cercare chi, tra gli uomini a terra, possiede le chiavi per sbloccarle. La decisione va presa ora o mai più.

Il mio cervello va in sovraccarico. Le emozioni stanno prendendo il sopravvento sulla razionalità.

Anche se nessuno parla, sento la pressione addosso.

Mi concentro solo su un paio di occhi marroni e vispi. Quelli di Teia, sua madre. Perché, in cuor mio, so che anche lei ha un presentimento. E non ci resta che sperare di aver pensato la stessa, identica, cosa.

«Hell», mi implora.

Rivivo i minuti passati. Rivivo ogni cosa che hanno detto i due gemelli. Non mi curo delle risposte, ma del modo in cui hanno usato le parole. All'inizio, sembra che non ci siano differenze.

Qualcuno mi urla contro, aggredendomi affinché parli.

Datemi.
Solo.
Pochi.
Secondi.

Una frase spicca, più di tutte. Una frase detta da uno di loro. E quando mi rendo conto che è la risposta giusta, una lacrima di sollievo mi solca la guancia.

Apro bocca nello stesso istante in cui lo fa anche Teia. «Sinistra!» gridiamo, all'unisono, le nostre voci che si mescolano formandone una singola.

«Ares è a sinistra!» aggiungo. 

«No, Hell! Sono io quello vero! Cosa stai facendo?» Si agita l'Ares a destra, come un forsennato, mentre le lacrime gli rigano le guance, e le fiamme del fuoco proiettano ombre sul suo viso. «Controllatemi i polsi! Controllate ora! Sono io!»

Il dubbio, per un secondo, mi assale. Anche la sorella di Thymos, protesa verso l'Ares a sinistra, esita. Ma una vampata di fuoco la fa sobbalzare.

«Non c'è tempo per controllare! Non posso...» I suoi occhi mi inchiodano sul posto. «Sei sicura? Sinistra?»

Ma è Teia a dire l'ultima parola. «Sinistra!»

«Non fatemi questo», continua a implorare l'Ares a destra. «Mi dispiace per tutto. Mi dispiace, per ogni cosa che ho fatto volontariamente e non. Mi dispiace anche per quello che non ho fatto, d'accordo? Forse merito di morire per il male che ho causato agli altri, ma non merito che sia la mia famiglia a condannarmi. Non la mia mamma! Non la ragazza che amo. Non voi. Salvatemi, vi supplico. Liberatemi da questo Purgatorio. Non abbandonatemi. Non di nuovo

«Siete sicure che...» comincia Athena, gli occhi rivolti all'Ares di destra.

Ricaccio indietro le lacrime, mentre la sorella di Thymos estrae un coltello da una tasca segreta dei pantaloni e corre alle spalle di Ares, per rompere le corde. Le fiamme stanno per bruciarli vivi, entrambi, senza pietà.

«Quanto devo soffrire, ancora, nella vita?» grida l'Ares a destra, condannato a morte, con il viso rivolto al cielo. Come se parlasse con Dio. «Non sono io il cattivo della storia!»

L'ultima frase mi fa raggelare il sangue nelle vene. Può essere una coincidenza? O abbiamo sbagliato tutto?

Nell'esatto momento in cui Ares, a sinistra, viene liberato e crolla all'indietro, le fiamme cominciano a mangiare il corpo del gemello.

Il primo urlo sovrasta qualsiasi rumore, mi si insinua sottopelle e mi fa venire i brividi.

La sorella di Thymos trascina il corpo di Ares il più lontano possibile dalle pire, e una volta assicuratasi che il fuoco non lo raggiungerà, avanza qualche passo in direzione del gemello.

Una vampata violenta le va incontro, facendola indietreggiare con un balzo. Riparandosi il viso con il braccio, aggira la pira e gli si mette alle spalle, forse in un ultimo tentativo di salvare anche lui.

«Non posso. Il fuoco è troppo...» Un'altra vampata la fa arretrare.

«Spostati da lì!» le intima Thymos, la voce roca che risuona come un ruggito animalesco. «Spostati o ti farai male. Hai fatto ciò che potevi, vattene! Non possiamo salvarlo

Restiamo fermi, a osservare le lingue di fuoco che mangiano il corpo di Ares. Sperando che sia, effettivamente, quello falso. Non ho mai visto nessuno bruciare vivo. Non ho mai visto nemmeno un incendio. Ma non credo che dimenticherò mai le urla di dolore e disperazione. Le grida con cui continua a implorarci, ribadendo di aver sbagliato persona.

Anche l'Ares a terra, salvo, non stacca gli occhi dalla scena. Come se fosse un gesto di rispetto osservarlo morire, fino alla fine. Come se, in qualche modo, glielo dovesse.

Mi ritrovo a pensare che, anche se dovessimo aver fatto la scelta giusta, mi dispiace per Eris. Non doveva andare così.

Urano, nel frattempo, si è messo in piedi e sta provando a scappare. La sorella di Thymos si volta con uno scatto fulmineo e gli spara a una gamba.

«Dove cazzo pensi di andare? Tu sei il nostro passaggio per fuggire da qui.»

«Dobbiamo andare via, subito», esclama Apollo, già uscito dal banchetto che ospitava le nostre sedute da giurati. «Il fuoco attirerà l'attenzione in pochissimo tempo, e la polizia verrà a indagare. Non devono trovarci.»

Urano impreca come un matto, mentre striscia fra l'erba e tenta ancora di andarsene senza di noi.

«Ares?» chiamo.

Lui, da terra, si volta piano nella nostra direzione. Qualcosa non va nel suo sguardo. Le labbra sottili sono piegate verso l'alto, nell'accenno di un sorriso che non sa di gioia o sollievo. È malizioso, vittorioso, scaltro.

Il mio cuore smette di battere.

«Ares», mi imita Teia.

Ares ci guarda a turno, le fiamme della pira gettano ombre rossastre che danzano sul lato sinistro del suo viso. È la cosa più simile a un demone che possa esistere. Il viso è sudato e respira a fatica.

Un colpo di tosse lo scuote, mentre solleva la manica della tunica che ha addosso e ci mostra il polso. Lì, è intravedibile una voglia. «Mi sa che avete sbagliato persona.»




Ciao💀 buon anno ?♥️?

Nel capitolo vi ho lasciato una frase che dovrebbe chiarire senza alcun dubbio chi è il vero Ares. Nel prossimo ve la rivelo.

Nel frattempo: chi era Ares, secondo voi? Destra o sinistra?🌚

Non aggiungo altro perché non mi sembra il caso. Spero che il capitolo vi sia piaciuto🙏🏻 è stato estenuante mettere in ordine tutto, e mi auguro che ne sia valsa la pena.

Devo decidere se concludere con l'epilogo o se mettere un altro capitolo ancora, prima
In ogni caso, lo spin off di Hermes inizierà a febbraio 👀✨💛
È ora di trovare e aprire
il vaso di Pandora 🏺

Grazie per leggere goc 💚🍒
Have a nice life👯‍♀️💞

Ig: cucchiaia
Tiktok: cucchiaiaa

Ps. Buon compleanno a
Flavia, che ha fatto gli
anni il 2 gennaio🫶🏻

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