Scandalumbia ─ Cronache di un...

By A_Royal_Tragedy

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[ COMPLETA ] Margot ha sempre vissuto a Parigi sino all'ottenimento della sua laurea triennale, dopodiché suo... More

Introduzione.
Uno: Qualcosa di cui sparlare.
Due: Aprile.
Tre: Bianco e nero.
Quattro: Il convegno dello scandalo.
Cinque: Doppia minaccia.
Sette: Le gioie violente hanno violenta fine.
Otto: Il licenziamento.
Nove: Otto anni dopo.
Dieci: Un tempo per ogni storia.
Undici: Scandalumbia.
Dodici: Special contents.
Tredici: Margot - Infanzia e passato.
Quattordici: Margot alla Columbia.
Quindici: Doctor.

Sei: Flashback.

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By A_Royal_Tragedy

Sapete? William Baldwin non era sempre stato un nome taboo.
Vi era stato un tempo, in un passato non troppo remoto, in cui questo nome era ancora pronunciabile nei corridoi della blasonata università della Columbia. Vi era stato un tempo in cui lo si poteva sentire echeggiare tra le mura del college con una certa frequenza, per lo più da ragazze elettrizzate e da ragazzi un po' risentiti. Vi era stato un tempo in cui tale nome non veniva accostato a orribili voci di corridoio. Ma soprattutto, vi era stato un tempo in cui, tra gli altri, anche la matricola Margot Duvall aveva avuto il diritto di pronunciarlo senza sentirsi marchiata dalla lettera scarlatta.

Il Professor Baldwin, associato ma non strutturato sul quale sino ad ora poco ci si è soffermati con attenzione, possedeva la cattedra di letteratura strettamente legata al nome di William Shakespeare, del quale questi conosceva a memoria vita, morte e miracoli.
Se anche voi lo state notando sì, i due possedevano lo stesso nome, e no, non si trattava di una coincidenza.

A quei tempi nessuno lo sapeva, ma William Baldwin era nato in una nobile famiglia inglese, nei pressi di Chipping Sodbury, dal XII Duca di Beaufort e da una madre Duchessa con una non indifferente passione per tragedie, melodrammi e William Shakespeare, il cui nome donò a suo figlio, trasmettendogli l'amore per questo autore man mano che cresceva.
Ed in effetti, William Baldwin sin da bambino si era distinto nelle materie umanistiche in generale ed in letteratura in particolare: leggeva di tutto, scriveva di tutto, aveva una fantasia sconfinata che non sempre utilizzava per nobili fini. La sua intelligenza gli era valsa numerosi riconoscimenti, sino a farlo arrivare al punto di laurearsi con lode ad Oxford, il prestigioso college britannico ove tutta la sua famiglia aveva studiato per tradizione, e poi via sino agli Stati Uniti, destinazione Columbia.
Il blasonato college dell'Ivy League, tra diversi pretendenti, aveva deciso di assegnare proprio all'affascinante inglese la cattedra di letteratura shakespeariana, poiché sì, William Baldwin problemi a socializzare ─ nonostante la natura intellettuale che poteva essere erroneamente associata a quella di un secchione ─ non ne aveva mai avuti, e con le donne men che meno.

William Baldwin non aveva incentrato la sua vita intorno alla carriera, che era semmai cornice di uno stile di vita ben più ricco e pittoresco. Intellettuale sì, ma anche dedito ai divertimenti terreni, irriverente, con uno spiccato sarcasmo e una discreta facciatosta che gli avevano permesso di scalare le vette del successo, poiché a guardarlo a prima vista William Baldwin era proprio questo: il ritratto del classico uomo di successo a cui non mancava nulla.
Eppure, nonostante le apparenze, la sua etica era rigida e inscalfibile e mai era venuto meno alle regole che lui stesso si era imposto: non mischiare il lavoro con la vita privata; con le colleghe sono consentite avventure ma non relazioni amorose; le studentesse si guardano ma non si toccano.
Queste regole rappresentavano una tragedia pressoché per ogni creatura femminile presente nel territorio della Columbia, poiché non vi era donna, ragazza (e spesso anche uomo) che non desiderasse avere William Baldwin tutto per sé.
L'aura di frustrazione che il giovane uomo disperdeva ogni giorno dietro di sé era palpabile tra coloro affrante al pensiero che mai sarebbe appartenuto loro, e coloro seccati dall'impossibile standard di perfezione che la sola presenza del bell'inglese imponeva su tutti gli altri uomini del college.

***

Tornando a noi, la protagonista di questo primo atto della nostra storia è tuttavia la matricola Margot Duvall, fin troppo ingenua ragazza da poco arrivata dall'Europa che di sotterfugi, scandali e sordide storie non aveva mai sentito parlare se non alla domenica sera durante l'emissione settimanale di Gossip Girl.
Come tante altre, forse tutte, anche Margot si era lasciata ammaliare dal fascino culturale e scalmanato di William Baldwin, ma era sempre stata attenta a non farlo trapelare mai.
E come non si poteva capitolare, dopotutto?

Il Professor Baldwin possedeva inoltre due attitudini diverse con i suoi studenti: impostato e distante con quelli che non dimostravano impegno, ma disponibile e cordiale con coloro che dimostravano di dare anima e corpo per gli studi, e si poteva dire che Margot fosse una delle poche ad appartenere a questa seconda categoria.

  ❝ Ha mai pensato di scrivere? ❞

Le aveva così chiesto durante la sua ora di ricevimento mentre le riconsegnava la tesina corretta sul Macbeth, già dimentico delle minacce che Luna Johnson gli aveva rivolto il giorno precedente a proposito della storia sull'invito sospetto alla conferenza.

Margot aveva sentito una stretta allo stomaco... perché la stava spingendo a scrivere di più? Così non andava bene? La sua costruzione sintattica era troppo legata al francese? In inglese non rendeva? Un'espressione confusa e preoccupata le si era dipinta sul candido volto, andando a corrugarle la fronte e a spegnerle i vispi occhi verdi.

« N-non... Non scrivo abbastanza bene? D-dovrei esercitarmi di più? »

Addirittura l'accento che tradì risultò esageratamente francese per quanto quella domanda l'aveva agitata, ma senza ragione, poiché William Baldwin – il cui nome poteva ancora essere pronunciato nei locali della Columbia – si era immediatamente passato una mano tra i fluenti capelli scuotendo la testa.

  ❝ Cavolo no! Intendevo a livello professionale, perché non sfrutta questa sua capacità in maniera costruttiva anziché limitarsi ai compiti? Ha una penna notevole, non leggevo con così tanto interesse un esame che fosse anche in grado di strapparmi una risata da... ❞

E qui si era fermato, facendo passare la mano sul mento stavolta, con aria meditabonda e sopra pensiero.

  ❝ Ora che ci penso, non mi era mai successo. ❞

Aveva decretato infine, congiungendo le mani tra loro e dandole poi una pacca di incoraggiamento sulla spalla.

  ❝ Entri allo Spectator, le scrivo io una nota di merito, vedrà che la prendono. Magari l'anno prossimo, forse ora è tardi, ma lei non si preoccuparti, ci penso io. ❞

Ed ecco come era nata la breve carriera giornalistica della matricola Margot Duvall, verso la fine del suo primo anno, prima che l'uragano legato allo scandalo tra loro due mandasse tutto a puttane.

« Professor Baldwin? »

Aveva chiesto infine, il tono della voce un po' titubante.

  ❝ Mi dica tutto. ❞

Aveva replicato lui con un sorriso incoraggiante, posando la mano sulla maniglia della porta così da tenergliela aperta, senza tuttavia aprirla realmente.

« Non avrò delle noie per questo? Voglio dire... Lei è molto reputato e in genere non scrive lettere di raccomandazione agli studenti... Non potrebbe... Non potrei essere... vista sotto una cattiva luce? »

Aveva domandato allora Margot, stringendo al petto il carnet con dentro i suoi appunti e la tesina corretta dalla quale spiccava in cima una rossissima A+.
William Baldwin non era uno sprovveduto, non lo era mai stato, ed evitò quindi di indignarsi in maniera ipocrita per la facciatosta (per altro molto simile alla sua) che la ragazza aveva dimostrato nel porgli quella spinosa domanda senza troppi giri di parole: aveva capito benissimo che cosa intendesse dire, e pensò che le sue preoccupazioni fossero anche legittime vista l'altissima opinione che lui nutriva nei suoi confronti, opinione che da un po' di tempo era forse sfociata dal professionale al personale.
Aveva sospirato e alzato gli occhi al cielo, aveva tolto la mano dalla maniglia e se l'era passata nuovamente tra i capelli, dopodiché si era appoggiato nuovamente alla maniglia, ma stavolta con tutto il peso del suo corpo.

  ❝ Margot. ❞

Aveva pronunciato infine, sottolineando in maniera incosciente come quello della ragazza fosse uno dei pochissimi nomi che ricordava anche fuori dall'orario d'ufficio, così come incosciente era tutte le volte che la chiamava in quella maniera anche a lezione, tra un "Lei chi è?" e un "Mi ricorda il suo nome?". Margot quasi sussultava ogni volta che sentiva il proprio nome pronunciato da quella voce calda e accomodante, e questa volta non fece differenza.

  ❝ Non ha nulla da temere qui dentro finché ci sarò io, chiaro? ❞

Margot aveva annuito con un sorriso timido quanto dolce, ancora ignara di quanto male potesse fare la troppa vicinanza alla persona sbagliata. Aveva annuito e si era sentita tranquilla, serena, al sicuro: finché vi era l'ala di William Baldwin a proteggerla, la sua strada alla Columbia non poteva essere che in salita.
Già.

***

Eppure solo pochi giorni dopo la bomba scoppiò, e la tempesta si abbatté sui loro due nomi: Luna Johnson aveva tenuto fede alla minaccia nei confronti del professore, ed ora tutta la Columbia non parlava d'altro, attirando anche l'attenzione dello stupido blog anonimo che scriveva spotted su ciò che accadeva nell'ateneo: The Hacker.
Fu proprio così che il nome di William Baldwin divenne taboo: in un battito di ciglia parole intrise di veleno e diffamazione furono sufficienti per cancellare anni di professionalità e lavoro onesto.

... E Margot?

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