Amber

Av coopercroft

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James Emory è un giovane avvocato di successo, ma la sua vita personale è in frantumi. Il suo matrimonio sta... Mer

Prologo: La diagnosi
Amber
Margot
James Emory
Lo studio Wallace & Roberts
Benedict e Gabe
La collera
Ossessione
Una notte tranquilla
Chiarimenti dolorosi
L'incidente di Benedict
La rabbia di Gabe
Dov'è James
L'incontro con Margot.
Benedict è la mia famiglia.
Rapporti complicati
Prendersi cura
Amber è in pericolo
Il passato è il nostro segreto.
La scelta di Benedict
La parte nascosta di James
Ricucire gli strappi
Riportare a casa Gabe.
Il filo rosso del destino
Lise
Il dolore
Fine di un incubo
Une jolie petite fille
Giorni di tristezza e di desiderio
Siamo dei lussuriosi...degni dell'inferno dantesco
La nostra famiglia.

Nuove responsabilità

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Av coopercroft

Amber trascorse la mattinata in ansia, la sua agitazione cresceva con il passare delle ore.

Il passato prendeva forma in modo così nitido che le sembrò di rivedere il volto ferito di Damien quando finì in coma. Il suo cuore non aveva pace, temendo la brutalità di Wallace.

Si rivelò un individuo vendicativo e senza scrupoli.

Nel tentativo di distrarsi, si diresse verso il soggiorno per ammirare le rose donategli da James. Le strapparono un sorriso. A volte sembrava così ingenuo e sprovveduto, ma possedeva un carattere gentile e premuroso, che la fece innamorare da subito.

Prese i fiori per dirigersi in cucina, notò il libro delle favole che aveva acquistato per Lise. Si ricordò che suonarono mentre lo stava incartando, e cadde a terra. Le mani le tremarono, riflettendo sul fatto che forse lui lo vide e lo ripose.

Si rese conto che doveva parlargli della bambina; se lo avesse saputo da altri, le cose tra loro si sarebbero complicate.

Depose con cura il vaso di rose e accarezzò i petali bianchi.

Quando arrivò a Londra con la piccola, l'affidò alla signora Ernestine Lumet, una donna matura di origine francese, attenta e fidata. Tenere la figliola lontana dalla sua professione fu la sua priorità, cercò di mantenere il segreto con tutti. Solo con il dottor Gabriel Fulton, si trovò costretta a rivelare la sua maternità per le necessità della figlia. Con lui instaurò un ottimo rapporto di stima e fiducia, tanto che gli rivelò del suo discutibile lavoro e la accettò senza fare commenti. Conobbe, di conseguenza, anche Benedict e la coppia divenne il suo punto di riferimento.

I battiti accelerarono, una sottile paura si insinuò dentro al petto. Era passato del tempo e lui non tornava; non un sms, nessuna chiamata. Il pranzo saltò, troppo tardi per un impegno improvviso.

Prese fiato, accorciò il gambo ai fiori, cambiò l'acqua e inavvertitamente bagnò il filo scarlatto legato al polso.

Presa dallo sconforto, e temendo il peggio, ruppe gli indugi e chiamò James. Quanti furono gli squilli?

Quali gli aghi che le trafissero il cuore! Ma non rispose

Gli inviò un messaggio, breve e conciso, la risposta fu un laconico sono impegnato.

Quindi era sano e salvo! Camminò per la cucina facendo mille ipotesi, accarezzando con il dito quel nastrino rosso che la faceva star male.

Sbocconcellò un panino, alle due si decise e telefonò al fratello maggiore. Le dispiaceva coinvolgerlo, era ancora a riposo.

Gli raccontò del loro ultimo incontro e degli impegni del giovane, fu un fiume in piena, tanto che la fermò diverse volte perché riprendesse fiato.

Ben capì la situazione e si attivò subito.

"Provo a chiamarlo, sta tranquilla. Appena so qualcosa ci sentiamo."

Ripose il cellulare e aspettò. Tornare ad amare qualcuno, non era facile per una come lei, una che vendeva il suo corpo. Il dolore al ventre aumentò, da quando la dimisero dal Saint Bart erano passate solo poche ore.

Mandò giù delle compresse per attenuare il malessere improvviso, si distese e cercò di calmarsi.

Passò una mezz'ora, al primo squillo afferrò il telefono tremando. Era Benedict che la mise al corrente che James gli aveva risposto, la voce risultava impastata. Si trovava al Parris, un bar poco lontano dall'ufficio.

Tra una frase sconnessa e lo sconforto, gli disse che Margot lo aspettò nel parcheggio e lo mise a conoscenza di Lise, umiliandolo e offendendolo. Lui, all'oscuro di tutto, si difese a fatica. Era arrabbiato e lo assalì alterato, accusando, sia lui che Gabe, di avergli taciuto la presenza della piccola. Abbattuto per la notizia si fermò al pub per riflettere, non sentendosi in grado di affrontare Amber.

Ben lo convinse a non andarsene, promettendogli che ne avrebbero parlato, gli intimò di non bere anche se immaginò il consiglio inutile. Non gli accennò che fu lei a cercarlo.

Amber fu travolta da un turbinio di pensieri angosciosi. Ciò che temeva di più si era verificato, e accadeva in un momento già fragile per entrambi.

Lo costrinse a portarla con lui.

Cercò di dissuaderla dall'uscire, preoccupato per ciò che aveva passato, ma lei lo minacciò di andare da sola, poiché conosceva dove si trovava il Parris. Alla fine, Ben cedette.

Nessun dolore fisico poteva fermarla; le medicine avevano fatto il loro compito. Con determinazione, si vestì e scese di sotto. L'auto non tardò ad arrivare, il professore sbuffò mentre lei si allacciava la cintura e ripartivano.

"Ragazza mia! Sei appena tornata dall'ospedale, potevi aspettare. Gli passerà a quel testone!"

I capelli gli erano in parte ricresciuti, anche un accenno di baffi, ma la cicatrice si intravvedeva. Strinse le labbra, riflettendo sul dramma che tutti vissero in quelle settimane.

"Avrei dovuto parlargliene prima, ma credevo che la presenza di Lise fosse ben nascosta." mormorò affranta.

"Margot ha agito per rappresaglia, c'era da prevedere che avrebbe indagato sul tuo passato."

"Per fortuna gli ho già parlato di Damien, ma per la piccola mi sembrava presto visto quanto penava per la sua sterilità, non volevo imporgli una scelta frettolosa. Ma ora..." non finì la frase, presa dal dispiacere di aver lasciato che la ex si insinuasse nel loro nuovo rapporto.

"Stai tranquilla, James è solo confuso da tutti questi avvenimenti. Devi imparare che mio fratello, in questo momento, è una barchetta che affonda davanti un'onda più forte."

La donna scosse la testa. "Ci sta provando a diventare sicuro di sé, ma è ancora intrappolato nella stretta influenza dei Wallace." Sorrise e cambiò argomento. "E ora, dimmi, come sta Gabriel?"

"Un pò acciaccato, ha detto che era soltanto una sbornia, è andato al lavoro lo stesso. Tenerlo a casa poche ore è stata un'impresa." Si schiarì la voce, "Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per noi."

"Ho agito con piacere ma sono sollevata che sia al Saint Bart!" mormorò la ragazza temendo che potesse agire d'impeto davanti alla nuova situazione che si era creata.

Benedict capì. "Sta serena. Quel testardo ha imparato la lezione."

L'auto sobbalzò, e lei non riuscì a trattenere una smorfia.

"Amber stai bene? Mi sento in colpa di averti portato." brontolò Ben.

"Posso sopportare, ma gli devo parlare, è compito mio chiarire la cosa o non avrà più fiducia e sarà finita prima di cominciare."

Arrivarono in breve tempo.

"Il Parris è affollato, rimango ad aspettarti qui fuori, chiamami se hai bisogno."

Lei si chinò a baciargli la guancia, gli accarezzò la cicatrice e si allontanò sussurrando: "I Wallace stanno facendo terra arida attorno a noi, tenterò di riprenderlo. Grazie per la tua pazienza, Ben."

"Non affaticarti troppo." Le sussurrò premuroso.

Si allacciò il blazer tremando, camminare le provocava dolore, strinse i denti.

Lo vide dalla vetrata seduto in un angolo, il bicchiere tra le mani, la giacca aperta, la cravatta allentata. Afferrò la maniglia della porta con decisione. Margot non glielo avrebbe portato via, non in quel modo.

"Ciao James."

Il giovane alzò lo sguardo e impallidì.

"Come...con chi..."

"Benedict. L'ho chiamato visto che non tornavi."

Si accomodò, ma evitò di stargli troppo vicina.

Distese il braccio sul tavolo, tirò indietro il polsino della maglia azzurra.

"Te lo ricordi questo?" mise in bella mostra il nastrino rosso con il nodo ben stretto.

Lui tese la mano vicino alla sua, allontanò la stoffa della camicia, mostrando il filo allacciato al suo polso.

I suoi occhi grigi erano lucidi.

"Perché non me lo hai detto? Perché hai taciuto di...Lise?"

La osservava incerto.

"È successo tutto in fretta. Prima Ben, poi io, poi Gabe. I tuoi problemi con la sterilità mi hanno frenato, non volevo importi nulla."

Rimase silenzioso, un tremore gli percorse le spalle.

Amber abbassò il tono vedendo il suo dolore.

"Era mia intenzione dirtelo ieri sera, ma tua moglie mi ha preceduto."

James arrossì per la rabbia. "Si è vendicata per come l'ho trattata! Mi ha buttato in faccia che tu non sappia nemmeno chi sia il padre!" Fu acido, tirò indietro la mano.

"E le credi?" le chiese rauca con il braccio abbandonato sul tavolo.

Il giovane portò le mani sul volto.

"Non so che pensare, ma il tuo lavoro..."

"Sarò anche una prostituta ma non sono stupida!" sibilò seccata per il suo dubbio.

Lui reagì afferrando il bicchiere del whiskey che buttò giù in fretta e tossì.

Ci fu un momento di silenzio tra loro, rotto dal vociare dei clienti del bar.

Amber fu cauta quando continuò.

"Non ti avrei mai imposto di prenderti in carico la figlia di un cliente avuta per uno sbaglio! Nessun uomo lo farebbe!"

Lui sembrò rinsavire, si fece strada il sospetto che Margot fosse riuscita ad avvelenargli la mente.

"Quanti anni ha Lise?" balbettò osservandola con lo sguardo affranto.

"Dovrei dirtelo? Questo cambierebbe la tua prospettiva sul nostro rapporto? Allora soddisfa la tua curiosità! Quasi sei." Lo aggredì irritata.

"Che imbecille! "sibilò piantando le dita nelle tempie, facendo due rapidi calcoli.

"E' la figliola di Damien, vero?"

"Sì!" Un singulto la interruppe. "E se ti può rincuorare non sono nemmeno sua madre. Il mio compagno ebbe la piccola da una ragazza che non sopportò la maternità e se ne andò. Ci innamorammo che era una neonata e me ne presi carico. L'ho amato con tutto il mio cuore, così come la sua bambina! Non pensare che smetterei di sentirla mia!"

James deglutì a vuoto, in un lampo capì il coraggio della donna che aveva davanti. "Mi dispiace, non ti chiederei mai una scelta diversa da quella che hai fatto."

Silenziosa, si calmò, ma non agì per sollevarlo dal tormento di aver dubitato, ci sarebbe arrivato da solo.

Sollevò lo sguardo, la voce incrinata dalla domanda che stava per fare. "Il motivo che ti ha portato a conoscere Gabriel è dovuto alla piccola?"

Lei stropicciò il tovagliolo di carta, era giunto il momento che sapesse tutta la verità.

"Lise è nata diabetica. Quando arrivai a Londra non avevo riferimenti, ho avuto necessità di un medico discreto e affidabile. Ho conosciuto Gabe e Ben tramite lo Stoddard e devo molto a entrambi."

Iniziò ad avvertire il peso di essere uscita troppo presto dopo le ferite. Abbassò gli occhi, stanca di doversi difendere.

Lui soffiò due parole.

"È stato per quello che hai iniziato a prostituirti? Per mantenerla?"

"Potrei mentirti, dirti che non ebbi altre scelte, ma le possibilità di un lavoro onesto c'erano state. Il bisogno di denaro divenne primario. La colpa di aver causato la morte di Damien fece il resto. La considerai mia figlia in tutti i sensi, non meritava di vivere in povertà. " Sospirò. "Misi in vendita il mio corpo, per farla stare bene."

Strinse il bicchiere vuoto. Ora capiva. Soffiò e con un filo di voce si scusò.

"Con che diritto posso amarti, se ho dubitato di te. Continuo a sbagliare, ma temevo che tu non avessi fiducia di me."

"So quello che sei, non sarei qui per cercare di salvare quel poco che abbiamo."

Lo ribadì con fermezza, non riuscendo a capire perché avesse paura di perderlo, in realtà era lui che aveva sbagliato.

Il dolore fisico si intensificò, lo stress divenne opprimente.

Decise di lasciarlo riflettere. Affrontare un rapporto con una donna dal lavoro ambiguo, con una bambina a carico dalla salute malferma non era certo facile.

E poi la data imminente del divorzio pesava più di un macigno. Avvilita, stanca dagli eventi che non le davano tregua e priva di energia, chiuse il discorso.

"Non voglio la tua pietà, non ti forzerò in un legame che non desideri." Tentò di alzarsi sconfitta. "Chiamo Benedict che mi riporti a casa."

James alzò il capo, lo sguardo lucido, l'afferrò per il polso.

"Aspetta. Scusami. Dammi la possibilità di condividere ogni cosa con te. Ho bisogno che tu sappia di stamattina." La implorò. "se non mi stai vicina cadrò ancora, hai visto come ho reagito alle bugie di Margot."

La donna titubò, forse c'era uno spiraglio che poteva sanarli.

Si accomodò meglio con un sorriso tirato.

"Va bene ti ascolto." Allontanò il bicchiere vuoto e ordinò due spremute.

La figura magra di Ben si affacciò dalla vetrina, lei gli fece cenno di aspettare.

Il giovane prese coraggio, e tra una pausa e un sospiro, in breve le raccontò della proposta di Roberts, di averla nominata come sua compagna ricevendo l'approvazione del socio anziano. In fine la mise al corrente della maledetta apparizione di Margot.

"Sono contenta per te. Mi sembra un ottimo inizio," Sorrise sollevata sapendo quanto ci tenesse a fare l'avvocato. Lui le aveva accarezzato il polso con il filo rosso per tutto il tempo, stringendolo quando la vedeva tesa.

"Non per me, devi essere felice per noi, per quello che creeremo." ribadì lui con gli occhi accesi di orgoglio.

Amber riconobbe uno spiraglio di fermezza in quelle parole. Addolcita rispose.

"Stavolta prenderai le tue decisioni con calma. Non potrai piegarti alle prime difficoltà, sai che frequentandomi ne arriveranno molte."

L'uomo si sciolse in un sorriso disteso.

"Jacob Roberts, è un uomo saggio e comprensivo. Ho bisogno che tu sia al mio fianco e se Lise è importante per te lo sarà anche per me. Dammi alcuni giorni per capire, non voglio fare del male a nessuna delle due."

Sembrava determinato a creare un rapporto stabile che comprendesse tutti e tre.

"Avrai tempo per decidere. Inizieremo di nuovo, con tranquillità. Non sarò io a mandarti via, né a forzarti nella scelta di restare."

La sua stanchezza si fece pesante, si appoggiò con i gomiti al tavolo reggendosi la testa.

"Devo tornare a casa..." biascicò lei.

Il giovane si scosse, preoccupato le scostò le mani, le accarezzò il volto.

"Non muoverti chiamo Ben, hai già penato abbastanza, ti porterò io."

Si alzò barcollando e lei ridacchiò.

"Sei instabile quanto me..."

"Sta tranquilla ho smaltito l'alcool." rispose cercando di darsi un tono, prese il cellulare. Benedict arrivò quasi subito.

Pagò il conto e li accompagnò fuori che si reggevano entrambi a stento.

"Ve lo posso dire con il cuore e a grandi lettere? Siete due idioti!" brontolò mentre salivano in auto.

Il professore informò Gabriel, che promise di raggiungerli a Main street. Il medico non disse nulla, biasimò la cattiveria di Margot.

Al telefono si lamentò con il compagno, affermando che non si sentiva in grado di impartire lezioni a nessuno dopo quello che aveva fatto.

Fortsett å les

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