Painful melody

By Sofiacuofano

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ATTENZIONE: SONO PRESENTI SCENE DI SESSO ESPLICITO E DI VIOLENZA!!! Lei è nata nell'agio della famiglia più p... More

PROLOGO
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 11
CAPITOLO 12
CAPITOLO 13
CAPITOLO 15
CAPITOLO 16
CAPITOLO 17
CAPITOLO 18
CAPITOLO 19
CAPITOLO 20
CAPITOLO 21
CAPITOLO 22
CAPITOLO 23
CAPITOLO 24
CAPITOLO 25
CAPITOLO 26
CAPITOLO 27
CAPITOLO 28
CAPITOLO 29
CAPITOLO 30
CAPITOLO 31
CAPITOLO 32
CAPITOLO 33
CAPITOLO 34
CAPITOLO 35
CAPITOLO 36
CAPITOLO 37
CAPITOLO 38
CAPITOLO 39
CAPITOLO 40
CAPITOLO 41
CAPITOLO 42
CAPITOLO 43
CAPITOLO 44
CAPITOLO 45
CAPITOLO 46
CAPITOLI 47
CAPITOLO 48

CAPITOLO 14

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By Sofiacuofano

KEIRA

Dodici anni prima...

Sembrava che non avessi il diritto di dormire qualche ora in più, dopo qualche ora con gli occhi chiusi in uno stato di dormiveglia doveva sempre esserci qualcosa o qualcuno che mi disturbava, nell'esatto momento in cui la mia mente stava per incontrare il sonno. Necessitavo di sfiorare e sentire addosso le docili braccia di Morfeo per poter gustare un buon sonno profondo e ristoratore, eppure non sembravo meritarmelo un tale dono. Quando ero prossima a rilassarmi le mie stupide paranoie tornavano a farsi sentire, l'ansia di non sapere cosa avrebbe fatto mia madre se avesse scoperto, cosa più che certa, che non ero più a Los Angeles, il caos che sarebbe scoppiato persino in città se i media lo fossero venuti a sapere. Ogni volta che si sigillavano le palpebre, i miei pensieri volavano in un turbinio agitato e vorticoso di incertezze che non mi davano un attimo di tregua neppure sotto preghiera. Sentivo però, a placare le mie torture mentali, il tessuto morbido di lenzuola morbide sotto i palmi, schiacciate sotto il mio corpo, la morbidezza di tante piume compresse sotto un sottile strato soffice e delicato. Non mi serviva schiudere gli occhi per capacitarmi che fossi in un letto, ciononostante il profumo sconosciuto che aleggiava intorno a me non mi faceva ben capire dove mi trovassi realmente. E forse per timore di conoscere altre paranoie, non avevo ancora neppure tentato di aprire gli occhi per controllare. Volevo volteggiare ancora un po' nel buio che vigeva di fronte ai miei occhi serrati dalle palpebre, lì dove ero in un certo senso isolata da tutti i cavolo di problemi che sembravano rinascere ogni qualvolta io mi svegliavo. Non ricordavo cosa fosse successo dopo che fummo saliti in macchina, a stento rimembrai di essermi appisolata tra le braccia di mio fratello ma poi così, d'un tratto, la morbidezza di lenzuola calde mi avevano avvolto. Era così stressante dover rimanere vigi, che spesso mi celavo nel sonno per scappare alla realtà. Ma non mi fu proprio concesso quel poco tempo di clausura pacifica, tanto che mi sembrò di rivivere un deja-vu. Un tocco morbido, un po' come quello che sentii del nonno la sera prima sulla guancia, questa volta mi sfiorava furtivo la clavicola quasi con curiosità. Ma al contrario di quello del mio adorato nonnino, quel lento sfiorare mi scaldò. <<Vei fi mea Keira.>> (Sarai mia) Sentii un turbinio di brividi che dal petto scendevano per imbrogliarsi nello stomaco. Quel sussurro fu talmente basso che mi sembrò quasi di star sognando, di non averlo sentito veramente. Quella leggera carezza si fece spazio fin sotto al tessuto sottile del mio pigiama in seta arrivando a massaggiarmi dolcemente la spalla, uno sfiorarsi così tenue che i nervi si allietarono di lentamente. Sentii che mi si scoprì la spalla e lì, dove poco prima si divertivano brividi e carezze, sulla mia pelle si posò un bacio che mi portò ad arricciare le dita dei piedi dal dolce pizzicore che mi punzecchiò il basso ventre. Fu così piacevole che ne reclamai ancora. Lentamente feci risalire la mano in maniera smarrita, non intendevo aprire gli occhi come se temessi che quel caldo piacere a quel punto sarebbe svanito, desideravo godermi un secondo di quella sensazione. Poi le mie dita si incastrarono tra folti capelli, dietro a una nuca celata da una chioma così morbida tra cui persi la mano. La premetti leggermente per intimare a quel caldore di farsi più vicino e così, quel bacio si ripetè ancora sulla clavicola e dopo ancora sul collo. Non riconobbi la sensazione che quel tocco mi procurò, non ne conoscevo la forma, la sostanza, la fonte, ma il solo sentirla sulla pelle mi annebbiò i pensieri e ciò mi bastò. Quei brividi li sentii arrivare così in basso che vidi in quel buio davanti agli occhi, un cielo stellato. Non seppi neppure distinguere cosa fosse, ma quando un ansimo sottile mi divise le labbra non potetti fermarlo. Quei baci però non superarono mai il sottile filo che divideva il dolce bruciare del piacere e la volgarità dell'oltre, e questo mi lasciò insoddisfatta. Sentii il respiro farsi più graffiante nei polmoni, ed un altro pizzicarmi l'incavo del collo con ansimi senza tregua. Desideravo di sentire ancora e ancora quei brividi a qualsiasi costo e condizione, ne volevo ancora. <<Continua.>> Bisbigliai quasi incosciente di starlo facendo con quella che parve persino a me più una supplica, ma quella piacevolissima sensazione che mi scuoteva il corpo inibiva ogni mio gesto o parola. <<Perchè non mi fermi Keira? Sai che non vuoi spingerti così in là con me.>> I miei brividi aumentarono al suono roco della sua voce che aumentò lievemente dal sibilò di poco prima, così ne potei sentire la ruvidezza del tono, la profondità delle vibrazioni e la setosità di quel flebile sussurro. Sapevo che era lui, ero conscia di non doverlo volere, di quanto fosse sbagliato che io mi sentissi così ad un suo lieve bacio sul corpo. Ma mi imposi che sarebbe stato solo un momento, un istante, dopodichè sarei tornata la me di prima. <<Allora non spingermi.>> Fu allora che aprii gli occhi e ritrovarmi quell'oceano a pochi millimetri dal mio mare fu come tuffarsi in qualcosa di troppo grande, immenso, ma così tremendamente ammaliante e proibito da stordire. <<Accompagnami Mihai.>> Il suo viso torreggiava ad un soffio dal mio, entrambi con il capo poggiato sui cuscini e le tempie premute in quest'ultimi, il suo respiro mi rilassò le labbra a tal punto che si schiusero al suo richiamo. Lui disteso su un fianco, io sulla schiena con il capo rivolto al suo. Il tessuto della vestaglia che mi scopriva la spalla dove l'aveva lievemente fatta scendere, scopriva lì dove ancora bruciava al suo solo passaggio. La sola bretella sottostante, teneva alta la canotta in seta che copriva il mio seno spoglio, non portavo il reggiseno poichè prima di coricarmi lo sfilavo sempre. Se solo si fosse spinto più in là avrebbe visto ciò che avevo proibito a molti. <<Mi odi, se ti assecondassi troveresti solo l'ennesimo pretesto per incolparmi di ciò che desideri anche tu.>> Forse non sbagliava, forse diceva il vero e dopo quel momento avrei afferrato nuovamente la spada per giurargli guerra eterna, ma era così accattivante quel brivido che mi causava che ne volevo ancora. Desideravo scoprire cosa volesse dire risentirlo ancora e ancora. Allontanai la mano sai suoi capelli morbidi e scompigliati per prendergli la mano grande e portarla al nodo della mia vestaglia, quelle gemme celesti non si scollarono per un secondo dalle mie, neppure quando senza che dovessi spiegarglielo, slegò la vestaglia rivelando il pigiamino in seta striminzito che indossavo. <<Allontaniamoci dalla realtà per un secondo.>> Gli accompagnai la mano sotto alla canotta e inconsapevolmente contrassi l'addome quando sentii i suoi polpastrelli sul ventre, fu un leggero sfiorarsi, una carezza circolare con lenta e bollente che ci scosse entrambi. Poggiai la fronte contro la sua e sentii che i millimetri in più che faceva procedendo a rilento sempre più in alto, mi stavano divorando l'ossigeno. <<Fremi.>> Sibilò con la voce tremante come se quelle sue parole valessero in parte anche per lui. <<Sì.>> Sentiva ciò che percepivo io e sembrava così perso nel desiderio di sfiorarmi che non sembrò più ricordarsi i suoi doveri, il mio calore, il mio profumo, la mia pelle, ogni parte di me lo attirava. <<Hai il respiro corto.>> Le punte dei nostri nasi presero a sfiorarsi lentamente contrariamente alle nostre bocche che si trinceravano dietro ai respiri ansanti che gli sfioravano le labbra l'un l'altra. <<Sì.>> Le sue carezze si fermarono sotto il seno, sulle costole, lì dove si rese conto che non portavo il reggiseno nell'esatto momento in cui le sue pupille si dilatarono, sembrò quasi smettere di respirare. <<Non fermarti.>> Lo pregai quasi annegata in quel piacevole formicolio nel basso ventre che mi scombussolava lo stomaco, quasi sentissi le farfalle che leggevo in uno di quei tanti romanzi che adoravo. E lui mi assecondò, ormai perso quanto me se non di più. Sfilò allora la mano dalla mia canotta e con un movimento più impetuoso mi voltò su un fianco per avvicinarmi a sè, il mio petto spinse contro il suo coperto appena da una maglia bianca a maniche corte, tanto erano sottili i nostri indumenti che percepii i suoi pettorali marmorei contro i miei capezzoli turgidi ed un altro brivido, un altro ansimo, mi scombussolarono i pensieri ancora. <<Nessuno ti ha mai toccata?>> Sembrò quasi sconcertato, stupefatto, attonito da quella consapevolezza come se ne conoscesse già la risposta tanto che la mia fu una semplice conferma dei suoi dubbi. Cornelius era stato il mio primo bacio, nessuno però era stato la mia prima volta, ma non perchè sognassi la notte di rose e amore che si leggeva nei libri, ma perchè desideravo di farlo con l'uomo che avrei capito di volere davvero. <<Keira Martin sembri un diavolo di sogno.>> Sorridemmo entrambi, era tutto così perfetto che persino a me sembrava tutto così surreale, lui era irreale, quel momento così distaccato dal mondo sembrava impossibile. <<Fammi conoscere cosa si prova.>> Non gli avevo concesso neppure un bacio, ma gli stavo dando la possibilità di essere quel primo che nessuno aveva mai avuto la possibilità di essere, forse perchè ritenevo che un bacio sarebbe stato anche più importante di quello che gli stavo chiedendo. <<Non voglio essere il nucleo del tuo pentimento.>> Credeva che me ne sarei pentita, pensava che non era giusto che gli affidassi un tale compito e non ne capii il motivo, ma ero certa che avrei provato di tutto dopo quella decisione. Tranne che il rimpianto. <<Ma sai che se ti rifiuti, saresti tu a pentirti.>> Il suo tacere ne confermò la veridicità, non si sarebbe di certo tirato indietro ma era così buono che pensava prima a come mi sarei sentita io dopo, e non a cosa avrebbe provato lui se avessi cambiato tutto d'un tratto idea. Presi il suo tentennamento come un suggerimento ad avvicinarmi, così portai la mano al suo viso e accarezzai il bordo tagliente della sua mascella ruvida. <<O magari potrei chiederlo a Cornelius.>> Lo provocai ed ebbi il risultato che volevo. Quelle iridi blu scattarono di nuovo nelle mie e sotto ai miei polpastrelli sentii la sua mascella serrarsi e i muscoli del viso contrarsi dal fastidio, avevo trovato l'appiglio che mi serviva per farlo cedere e lo avrei sfruttato più spesso, mi ripromisi. La sua mano così calò dal mio fianco alla mia coscia scoperta, le sue dita affondarono nella mia pelle e la stretta gli permise di alzarmi la gamba per infilare la sua coscia tra le mie. Mi ritrovai così la sua gamba tra le mie, ma soprattutto, la sua coscia coperta da un ruvido jeans contro l'intimità celata da un misero pantaloncino inguinale e una brasiliana in pizzo nascosta al suo disotto. Mi si mozzò il fiato quando si sfregò contro di me. <<Quel coglione non merita nemmeno di respirarti affianco reginetta.>> E ancora, strusciò la coscia contro la mia intimità ed io mi sentii venir meno. Percepii un'umidità tra le cosce, il fremito tuonante che quei suoi lievi movimenti mi causavano nello stomaco non mi bastavano eppure lui si ostinava a intervallare quei suoi tocchi con momenti in cui rimaneva fermo. <<Pensavo che non dicessi le parolacce Kovacs.>> Si mosse ancora, sentii il diato annodarsi in gola e le mie mano affondare nella sua maglia per aggrapparsi al suo tessuto come se inconsapevolmente avessi temuto di annegare in quel piacere, un piacere incontrollato, qualcosa che mi soddisfava senza farmene capire la necessità. Solo l'impellente bisogno. <<A letto è tutto lecito.>>Mi istruì per poi mostrarmelo. Il suo essere gentiluomo si attenuò quando la sua mano si alzò per stringersi sulla mia natica, la strinse con fervore e una scossa di lussuria mi scombussolò i pensieri. Quella presa gli permise di muoversi con più fluidità, mi spinse la vita contro la sua coscia che prese a muoversi con più frequenza, accompagnai così i suoi movimenti e mi sembrò quasi di star cavalcando quelle sensazioni. Sapevo solo però che più andava veloce più si faceva tutto così piacevole. Gemetti poggiando la fronte contro il suo petto che si alzava e abbassava al ritmo del mio, sembrava quasi che per lui fosse tutto come lo sentivo io. <<E' così... così dannatamente piacevole.>> Ansimai contro la sua maglia percependo come l'ossigeno non mi bastasse mai, ad ogni respiro sentivo come l'aria mancasse, ma non ne avevo il bisogno, ero completamente assuefatta da quel brivido incontrollato che mi procurava tra le cosce. Mi sentii fradicia, sembrava quasi che mi stessi sciogliendo contro di lui.

<<E' molto più che piacevole reginetta.>> La sua voce sembrò affaticata proprio come il mio respiro. <<In questi momenti si ha fame.>> Gli ansimi che mi graffiavano le labbra sembravano non finire mai, più continuava a strusciarsi contro di me più sentivo di voler arrivare a qualcosa che non conoscevo, eppure in qualche modo sapevo che alla fine di quella sensazione piacevole ci sarebbe stato il vero piacere. Quello intenso che fotteva il cervello. <<Si ha fame di un piacere insaziabile.>> Aveva un braccio intrappolato sotto il cuscino, ma con la mano libera abbandonò la mia natica per abbassarmi la vestaglia e abbassarmi la spallina della canotta. <<Un piacere che non ti basterà mai reginetta, questo non potrà mai bastarti.>> Non sapevo cosa volesse fare, fu istintivo ogni mio movimento quando buttai la testa all'indietro per lasciargli modo di poter agire. Così a quel movimento tra le cosce che mi stava trasportando, si unirono le sue labbra che si posarono sul mio collo. Mi baciò di nuovo ma questa volta scese fino a poco più su del seno, non voleva andare mai fino in fondo, non voleva toccarmi dove più avremmo voluto entrambi e non capii quel suo blocco ma non feci nulla. Ero così rapita dal piacere che mi stava scombussolando che non mi importava. <<Oh sì.>> Deglutii senza fiato. <<Mihai!>> La sua mano si poggiò sulla mia bocca a quel grido strozzato, mi soffocò i gemiti in gola mentre sentivo di star per esplodere, qualcosa nel mio basso ventre stava ammontando, più continuava più il piacere si aizzava in continuazione. <<Siamo nella cabina del mio jet tesoro, c'è solo una porta a dividerci dagli altri.>> Lo sentii sorridere contro la mia pelle bollente, si stava divertendo. <<Ci potrebbero sentire.>> Mi avvertì ma ero così andata che neppure mi importava che ci sentissero, volevo ciò che volevo e nulla me lo avrebbe sottratto, avrei avuto tempo per vergognarmi davanti alle facce incredule di mio fratello e gli altri due. Più continuava a muoversi contro di me più mi sembrava di annegare, stavo lentamente soffocando, una morte così graduale che stentavo a rendermene conto quasi ma non vi era dolore. Solo piacere puro, o forse torbido, sporco come una goccia d'acqua in un cumulo di cenere. Se era quello il lato intriso di peccato della vita, avrei desiderato di scoprirne ogni sfaccettatura ogni minima sfumatura, avrei colto ogni briciola di quelle sensazioni. Quando il fiato mi venne a mancare strinsi la sua maglia in un pugno, non avevo il controllo delle mie azioni, la schiena mi si inarcò, le gambe si intorpidirono, le labbra si schiusero in un tormentato intrecciarsi di gemiti nella mia gola e persino ad occhi chiusi riuscii a vedere le stesse. Cavolo se brillavano.
Poggiai la fronte contro il suo collo, la sua pelle calda sembrava bruciare contro la mia e ad ogni mio gemito giurai di averlo sentito deglutire a difficoltà. Il suo pomo d'Adamo scorreva accarezzando sulle pieghe della mia fronte corrucciata. Presi ad accompagnare con necessità i suoi movimenti strusciandomi contro la sua coscia sempre con più sfrontatezza, tanto che mi sembrò fastidioso quel poco tessuto dei miei pantaloni in seta e delle mutandine, così mi portai una mano tra le cosce e ne scostai il filo di stoffa. Il ruvido del suo pantalone mi arrivò a soffregare tra le mie cosce quella parte proibita a chiunque, nessuno mi aveva mai toccata e neppure lui si stava prendendo la libertà di farlo con le mani nude. Tra di noi sopravviveva uno strato che ci divideva, e così sarebbe sempre stato anche simbolicamente parlando. Anzi la sua mano raggiunse i miei capelli, vi affondò le dita e li strinse mantenendo la mia fronte contro di sè, come a volermi mantenere ancorata a sè. <<Vieni mia reginetta, lasciati andare.>>

Poi accadde.

Così, stretti l'una all'altro, in un intreccio che andava oltre al fisico arrivando alla sensazione più folgorante dei sentori, provai la per me acerba emozione del mio primo orgasmo percependo un esplosione incontrollata nel mio basso ventre che mi divorò il controllo. Mi annebbiò la mente e quelle stelle si rivelarono una supernova che mi appannò la vista persino con gli occhi chiudi. Non seppi descrivere come mi sentii, percepii una così grande e incommensurabile emozione che non fui capace di placare, e neppure ci provai. Come mi disse con un semplice sussurro, venni senza ritegno. La mia voce non fu capace di spiccicare parola, solo un gemito che ebbe la meglio su ogni qualsiasi altro minimo rumore, mi sentii per la prima volta realmente libera di ogni inibizione, fu come rinascere. E non mi sentii l'unica quando alzai il viso incontrando quelle lastre di cielo che brillavano della mia stessa passione, il suo respiro corto di scontrava contro il mio quasi ne avesse percepito la medesima sensazione. Ansanti ci disperdemmo chissà dove ma quel "dove" così sconosciuto mi piacque anche di più. L'ignoto mi intrigava.

<<Grazie.>> Mormorai senza fiato e fu tutto ciò che riuscii a sibilare ancora scossa, vedendo quelle sue labbra rosee incresparsi in un sorriso, da quei due spicchi diventati rossi tanta era la forza con la quale via aveva affondato i denti, trapelò una leggera risata divertita a quel mio sussurro che mi fece sorridere di rimando e senza un motivo. Il luccichio nei suoi occhi mi trasportò semplicemente. La stretta ai miei capelli si allentò e la sua mano scivolò sulla mia guancia in una semplice carezza, mi sfiorò la guancia con il pollice con una dolcezza a me nuova. <<Non hai idea di quanto poco sia tutto questo in confronto a ciò che ti posso dare Keira.>> Non seppi dire se si riferisse a quello che era appena successo o qualcosa di più, probabilmente qualcosa in me semplicemente non voleva saperlo, l'unica cosa che mi era chiara era che ciò che vedevo nei suoi occhi mi spaventava. Lo sbaglio che brillava nei suoi occhi così convinti mi strappava qualsiasi sicurezza. Ero su quel jet dopo che mi avevano portata via di casa di nascosto, all'oscuro dei miei genitori, mi sentivo sporca, percepivo sulla pelle le conseguenze di quella bravata e lui non era altro che l'arteficie. Lì, distesa con il suo corpo ad un sospiro dal mio, mi resi conto che non credevo uno sbaglio ciò che era successo, ma il fatto che io stessi deludendo i miei genitori. Alla fine ciò che era appena successo non contava poi molto per me. E mi confuse sapere che la pensavamo in maniere di verse in merito a ciò, quando tentò di baciarmi. Quelle gemme blu scesero ad accarezzare con lo sguardo le mie labbra, scorsi nei suoi occhi la desio, la voglia che provava di andare ancora piùin là ma con ciò non feci che capire con più chiarezza che vedevamo quel momento in due modi totalmente differenti. Per me non era stato nulla di serio, ma non perchè Mihai non mi piacesse, solo perchè non potevo far in modo che nascesse qualcosa di più, avrebbe fatto del male ad entrambi. Il suo respiro si fece più vicino tanto che il mio si mozzò, quei due spicchi morbidi mi invitavano come la mela proebita con Eva, ma io non potevo permettermi di cedere, non avrei morso il peccato. Spostai la mano dal suo petto e la fermai sulla sua bocca, i polpastrelli dell'indice e il medio si posarono sulle sue labbra creando quel minimo distacco che mi permise di riprendere a respirare, quella bocca che avrei voluto ma che non potevo avere. <<Scusa.>> Non ebbi neppure il coraggio di guardarlo negli occhi, sapevo che non sarei riuscita a reggere il peso della delusione in quelle lastre celesti, avevo e stavo già deludendo molti, non sarei riuscita a vedere di aver deluso anche lui. Così mi allontanai. Riuscii a togliermi di dosso le sue braccia e mi sedetti al bordo del letto, gli diedi così la schiena mentre mi richiudevo la vestaglia avvolgendomi intorno alla vita con la cintura sottile. Mi strinsi nel tessuto di seta sentendo freddo senza il suo tocco addosso, mi scostai i capelli tutti da una parte proprio lì dove si erano poggiate le sue labbra, dove ancora pizzicavano i suoi baci. <<Keira.>> La sua voce sembrò ispida, amareggiata. Mi chiamò mai non mi voltai, non mi importava di sembrare una cosarda ma semplicemente non avrei permesso ai sensi di colpa di incombere sui miei pensieri. <<Vai al diavolo.>> Il materasso si abbassò sotto al peso del suo corpo mentre si mosse per alzarsi, sentii il suo sguardo incollerito sulla nuca fino a quando il rumore della porta della cabina che sbattè, lasciando dietro di sè un silenzio assurdamente insopportabile, non incombè intorno a me. Mi avrebbe incominciato ad odiare, si sarebbe pentito di avermi portata con sè, forse, ma almeno avrebbe capito che tra di noi vigeva l'impossibile.

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Oggi...

Mi legai i capelli in una crocchia ben ordinata, non dovevo di certo essere al massimo della mia bellezza per far da insegnante a dei bambini ma mi piaceva comunque mostrarmi loro ordinata, composta, sempre ben sistemata. Era una mia regola mentale. Intorno a me vigevano continue regole e ne seguivo così tante fin da bambina che ormai me ne ero prefissate alcune persino da sola. Desideravo che i miei alunni riponessero in me la loro aspettativa, volevo che capissero che se si dava un ordine alla propria vita, si sarebbero riusciti a controllare persino i problemi perchè nulla ti poteva cogliere d'improvviso se si partiva già ben coscienti che il destino era pieno di scivoloni. L'importante era non caderci, saper scivolare e aver la forza di risalire. Mi diedi un'ultima controllata alla camicetta di raso bianca, ben sistemata nella gonna che mi arrivava fino al ginocchio e accettai di essere pronta. Ero molto pignola nei miei stessi riguardi, non accettavo di non essere al meglio in ogni momento, forse crescere sotto gli occhi di tutti mi aveva portata automaticamente sentirmi in dovere di apparire perfetta persino con me stessa e a me andava bene così.

Uscii dai miei appartamenti sentendo il tacco delle mie scarpe alte rintoccare sul pavimento lucido fino a quando il tappetto dei corridoi non ne ovattò il suono, la villa della mia famiglia era immensa ma ne conoscevo così bene ogni angolo, che persino senza porre la massima attenzione riuscivo a muovermi in mezzo a quella moltitudine di corridoi così freddi e privi di vita. Mi era sempre sembrato più un carcere ben arredato che una casa da poter considerare un mio rifugio come tutti, non conoscevo cosa volesse dire avere un posto sicuro, un angolo di paradiso. Io vivevo, ciò che mi circondava semplicemente non aveva alcuna importanza per me. Scesi i gradini della lunga scalinata che portava al mio piano senza neppure guardarmi intorno, avevo ben impresso in mente ogni misero dettaglio presente in quelle mura, il solo alzare lo sguardo mi riportava a ricordi che preferivo accantonare. Il passato era dolore, il futuro la mia scappatoia.

Sentii già, lungo il corridoio che portava alla sala da pranzo, il parlottio di voci che a me erano molto familiari, quella mattina eravamo tutti svegli anche sè era presto. Solitamente ci svegliavamo a quell'ora solo io, mia madre e il nonno, ma Cornelius si era offerto di accompagnarmi a lavoro ed io non avevo declinato l'invito. Non dover guidare mi toglieva già il peso di dovermi innervosire per il traffico, che in parte non mi dispiaceva così tanto. Odette si muoveva, quando doveva, con il suo autista che la scarrozzava dove più le piaceva ma io non avevo mai sopportato di dover usare una persona per muovermi, poter guidare era una tra le poche libertà che possedevo. E poi non volevo che i miei alunni mi vedessero come mi vedevano tutti in città, con loro io non ero "Keira Martin", la figlia di una tra le famiglie più importanti e potenti di Los Angeles, con il mondo ai propri piedi. Con loro ero solo Keira, la loro maestra da cui potevano correre se vi era qualche problema, necessità o paura.

E proprio come avevo già previsto nella mia testa, quando superai l'entrata della sala, li trovai tutti e tre seduti a tavola davanti al solito banchetto della colazione, ognuno seduto al proprio posto intenti a cibarsi di tutto ciò che gli andava. Il posto a capotavola era come al solito vuoto. Mio padre ci faceva l'immenso regalo di apparire solo quando vi era una necessità familiare. Non di problemi personali, a lui non importava se noi stessimo bene o no, tornava a casa solo sè succedeva qualcosa in famiglia che avrebbe potuto intaccare i suoi affari. E contando la monotonia delle nostre giornate, la sua presenza era eguale a quella di un granello di polvere sui mobili di quella villa costantemente tirata a lucido dalla servitù.

<<Ben svegliata tesoro.>> Quando passai al suo fianco, mi chinai leggermente per posare un bacio sulla guancia di mio nonno, quelle sue parole erano tutto l'affetto di cui necessitavo per iniziare bene una giornata, d'altro canto la freddezza di mia madre che neppure fece cenno di alzare lo sguardo dal giornale al mio arrivo mi stupì, ci vedevamo solo la mattina, quindi che nemmeno mi salutasse non mi tangeva affatto. E poi sembrava particolarmente concentrata sul giornale di quella mattina.

Presi posto accanto a mio marito che mi rivolse un sorriso gentile prima di poggiarmi un candido bacio sulla labbra. <<Buongiorno amore.>> Tra i due ero io quella più fredda, ma non perchè non ricambiassi il suo sentimento, amavo quell'uomo con ogni parte di me, ma avevo perso quel lato di me più dolce molto tempo addietro. La Keira che avevano tutti conosciuto era volata in cielo con le mie due stelle e ero certa che da lì non sarebbe più scesa. Mi passò la mia tazza di caffè ancora fumante ed io lo ringraziai posando la mia mano sulla sua. Non avevamo poi molto tempo per tenere viva quella nostra unione, io passavo svariato tempo fuori casa e lui spesso e volentieri era impegnato negli affari di famiglia dei Martin. Per un certo senso era anche quello il motivo per il quale io intrattenevo rapporti sessuali con altre persone, la sera arrivavamo stanchi entrambi e non vi era ne il tempo e ne tanto meno l'umore di fare qualcosa. La verità era però che quella non era altro che una scusa per me. Per quanto lo amassi non riuscivo a sentirmi veramente libera quando facevamo sesso, lo amavo, lo amavo come non avevo mai amato nessuno, ma davanti al suo tocco delicato, le sue mani ad accarezzarmi la pelle e la sue labbra morbide a posarmi baci di velluto sulla pelle non mi sentivo libera. Sapeva ciò che facevo con altri uomini, conosceva ogni mio bisogno, con lui ero sempre stata come con tutti, trasparente e priva di segreti. E in qualche modo riuscì persino a capirmi quando gliene parlai. Quel giorno mi aspettavo che si arrabbiasse, invece mi aveva solo sorriso e mi aveva sussurrato che se era ciò che mi faceva stare bene allora non gli pesava affatto.

<<Che programmi hai per oggi Kei?>> Mi domandò nonno prendendo un lungo sorso di quel suo caffè caldo, cercava sempre di iniziare una conversazione, contrariamente a mia madre lui dava importanza a quel pochi momenti insieme cercando sempre di prendere parte nella mia vita per mostrarmi che, anche se meno frequentemente, lui era sempre disposto a parlare e a conoscere ciò che arricchiva le mie giornate. <<Andrò a scuola, mangerò qualcosa in giro e poi tornerò a casa nonno, solita routine.>> Non cambiavano mai le mie giornate e a me andava bene così, durante la settimana lavoravo e avevo il sabato e la domenica liberi anche se per modo di dire, visto che in quei due giorni dovevo tornare ad essere il personaggio pubblico che ero fin dalla nascita. <<Quando avremo tempo per le nostre letture? E' da un po' che non leggiamo più insieme tesoro.>> Quando ero più piccola passavamo interi pomeriggi nel suo studio a leggere i nostri romanzi preferiti, era stato lui a inculcare nella mia testa la passione per la lettura, a farmi innamorare degli scrittori di un tempo e del loro significato dell'amore. Da piccola amavo amare l'amore vero, o per lo meno prima di scoprire che ero destinata a sposarmi con un uomo già prescelto. Ma alla fine non mi era andata poi così male come credetti in quegli anni. <<Tua nipote è una donna impegnata padre, prima di te verranno sempre i mocciosi a cui bada.>> Mi sentivo già in colpa di mio per il fatto che non riuscissi a passare più tempo con mio nonno, l'unico granello di famiglia e affetto che ancora mi rimaneva, ma mia madre non aveva alcun problema a farmi sentire ancora peggio. Non le sarebbe mai andata a genio la mia decisione di lavorare, per lei una donna doveva solo sottostare al volere del marito, ma io non avrei abbandonato i miei bambini per nulla al mondo. Adoravo insegnare e tenevo a loro. <<Sono molto fiero di ciò che è diventata mia nipote Odette, e vedere quanto tiene a quei dolci bambini non fa che rendermi ancor più felice per lei.>> A nonno non importava di ciò che diceva sua figlia, era talmente buono che nulla sarebbe mai riuscito a far cambiare ciò che credeva. Era fiero di me, di una nipote talmente orrenda che non trovava neppure il tempo di passare qualche istante con lui, la sua bontà mi scaldava il cuore ma faceva comunque male alla mia coscienza. Mi sentivo un mostro a non godere quei momenti con lui, quegli istanti che un giorno avrei pagato per rivivere persino tutto l'oro del mondo. <<Che inutile fandonia, è diventata una perdigiorno Colin, una donna che non ha neppure il tempo per suo marito non sa nemmeno cosa voglia dire essere "donna".>> Incassavo in silenzio, non le ero mai andata contro, forse ero una codarda, anzi ne avevo la più piena certezza, ma persino di fronte alla sua insolenza e alla sua arroganza non avevo mai mosso un dito o alzato la voce. La sua totale indifferenza nei miei confronti ormai non faceva neppure più male. <<Perdonami ma trovo che Keira sia invece molto di più Odette, donna rispettosa e dal buon cuore, una figlia diligente, una nipote squisita e una moglie senza eguali. Anche con gli impegni riesce a gestire ogni parte della sua vita a meraviglia.>> La mano di mio marito si strinse intorno alla mia con più tenacia, le sue parole affievolirono quel bruciore al petto che mi affliggeva ma non spegneva l'incendio che mi corrodeva quel poco di anima che mi rimaneva. Non volevo che prendesse le mie parti, non desideravo che mi difendesse di fronte a mia madre, in ogni caso le sue parole sarebbero state buttate al vento. Difatti la donna seduta giusto accanto alla sedia vuota di mio padre, si fece una risata beffarda poggiando la tazza da tè che teneva tra le dita curate sull'apposito piattino, per prendere il giornale che leggeva e lanciarlo con stizza all'uomo al mio fianco. <<Dici così caro perchè tu sei troppo buono, ma ho come l'impressione che capirai che ho ragione da qui a poco.>> Cornelius prese tra le mani il giornale e lasciò scorrere su di esso gli occhi con attenzione, io invece ne adocchiai solo il titolo con la coda dell'occhio.

"La star Mihai Kovacs è di nuovo in libertà, ma dove si nasconde Riccioli d'oro?"

Avevo immaginato che ne sarebbe venuta a conoscenza anche lei, era scontato, nulla rimaneva segreto a Odette Allen Martin, soprattutto in casi come quello quando trovava l'ago con cui pungere sua figlia, ma era un'arma fin troppo misera per ciò che ero diventata. Indifferente.

<<Quel pezzente è tornato e la tua mogliettina da due soldi si fionderà di nuovo tra le sue braccia senza alcun timore, stanne pur sicuro.>> Indignato nonno fece per contraddirla ancora ma quando incontrai il suo sguardo amareggiato, gli chiesi tacitamente di sorvolare con una lieve scossa di capo, non serviva che fronteggiasse quelle menzogne, tutto ciò che stava dicendo erano solo cazzate, cercava un modo per farmi sbottare ma non capiva di star toccando un tasto ormai non più funzionante. Corn riposò il giornale e sul suo viso un balenò neppure un soffio di benché minima preoccupazione. <<Mi fido di lei, ciò che è passato è passato, quel bastardo marcirà da solo ovunque lui sia.>> Ribattè senza alcuna esitazione e con una sicurezza che appoggiai, aveva pienamente ragione su ogni singola parola e pizzicore allo zigomo che ancora mi pulsava ne era la conferma, quel lurido schifoso sarebbe scomparso come un granello di sabbia nel deserto, la gente si sarebbe stancata di parlare di lui e nessuno avrebbe più perso tempo nel cercarlo. <<Per te è passato Cornelius, ma ti sei mai chiesto se per lei è davvero così?>> Mia madre non si diede di certo per vinta, non avrebbe mai ceduto, neppure quando le avrei dimostrato che per me valeva esattamente ciò che aveva detto mio marito. <<Guardala, neppure parla, non ha la forza nemmeno di smentirmi.>> Continuò senza alcun pudore, davanti al mio silenzio che altro non era che un fiume di ripudio e ribrezzo nei confronti della donna che mi aveva messa al mondo. <<Probabilmente lo avrà persino già incontrato.>> Il mio corpo si irrigidì. A quelle parole mi sentì pervasa da uno stato di sudiciume che mi soffocò, il pizzicore di dolore sul viso che ancora mi assillava sembrò bruciare come legna nel fuoco. In quell'istante tacqui perchè in mezzo alle sue cattiverie si celava una misera scheggia di verità. E lei la colse. Sentii i suoi occhi addosso, pesanti come macigni fino a quando la sua risata vittoriosa fu tutto ciò che si potette scorgere in quella sala da pranzo. <<Un momento, ma è così.>> Esclamò certa. <<Perdi tempo con suo fratello quindi è ovvio che tu lo abbia già incontrato.>> La stretta della mano di mio marito intorno alla mia si affievolì gradualmente, sembrò quasi scomparire fino a quando non la ritrasse. Fu allora che mi sentii una nullità. Priva della forza di fronteggiare mia madre, inerme e sola di fronte alla realtà dei fatti che ormai a tutti era fin troppo chiara. <<E' così Keira?>> La voce inorridita di Cornelius fu l'ennesimo macigno che mi si posò sul petto, ma io non ebbi il coraggio di rispondergli, neppure di guardarlo soltanto, non ero capace di mentire e di certo non su ciò che ormai avevano tutti capito. <<E' ovvio che sia così caro, quel mostro è uscito di galera e lei è corsa da lui come era palese che sarebbe successo.>> Percepii la rabbia scorrermi in corpo come un fiume in piena, non conosceva la realtà dei fatti, io quel bastardo non avrei voluto rivederlo mai più ma a quanto pare il destino possedeva ancora ulteriori cartucce in serbo per mettermi al tappeto. Il mio tormento non aveva il diritto di cessare, la mia sarebbe stata una lunga e deleteria rovina che mi sarei portata dentro giorno per giorno fino alla morte. <<Ora basta Odette, non ti permetto di dire altro e di mancare ulteriormente di rispetto a mia nipote!>> Strepitò saturo mio nonno. <<A suo tempo era solo una ragazzina, ora è una donna, le cose cambiano e lei è libera di fare le sue scelte, è una ragazza intelligente e ben cosciente di cosa fare e di come agisce.>> Ma mia madre non concordava di certo con le sue parole, per lei non ero altro che un insulta puttanella da due soldi e nulla sarebbe riuscito a farle cambiare idea, neppure la realtà in persona.

<<Se è come dici padre, allora voglio proprio vedere se avrà il coraggio di annunciare al mondo dove si trova il loro pupillo.>>

SPAZIO AUTRICE:

Ho come l'impressione che sarete arrabbiate sia con Kei per la prima parte e con la madre per la seconda, ma ormai sapete che con me l'odio è all'ordine del giorno. I giornali cercano il loro cantante e Odette sembra aver messo Keira di fronte a una scelta, dimostrarle che per lei Mihai non conta più niente e quindi dire dove vive o tacere e dargliela vinta. Cosa accadrà?
Di Cornelius invece che idea vi siete fatte?

Cosa ne pensate?

In ogni caso se la storia vi è piaciuta, se vi va potete lasciare una stellina e scrivermi un bel commento, vi ringrazio per la lettura e al prossimo capitolo.

Ciauuuu <3

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