Choices ||Jegulus/Wolfstar |...

By __pads

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Tutti commettiamo errori. Ma facciamo anche delle scelte. È importante per James, questa differenza. Ce la me... More

Introduzione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitoli 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 51
Capitolo 52

Capitolo 50

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By __pads

Note autrice: Dati gli eventi recenti, volevo solo dire che questa storia si svolge attualmente durante una guerra e che potrebbe essere particolarmente difficile da leggere per alcune persone dato il periodo che stiamo vivendo, quindi per favore leggete con consapevolezza e prendetevi cura di voi stessi!

TW: Uso di droghe/dipendenza (tramite pozioni)
TW: Violenza
TW: attacchi di panico
TW: riferimenti a violenze sessuali (c'è anche un momento in cui Lucius e Reg sono soli insieme in questo capitolo e non succede nulla, ma Regulus è decisamente a disagio. Si svolge nella cucina di Malfoy Manor, solo per prepararvi)
TW: Morte (non credo che questo conti come la morte di un personaggio importante...ma...potrebbe...)

Solo un avvertimento perché alcune persone si sono arrabbiate per questa cosa, l'ho giá detto altre volte, ma sto cambiando un po' la sequenza temporale del canon, ma solo perché in questa storia è più interessante se le cose accadono mentre Regulus è ancora vivo. Perché, lo sapete no...succederá :))

Note traduttrice: porca. tr0ia. Non so nemmeno io come sia riuscita finalmente a postare (life is a bitch), ma eccoci qui, quindi tutto ok. Come penso molti di voi già sappiano, l'autrice ha CONCLUSO la storia, quindi anche i miei aggiornamenti torneranno quelli di una volta.

Mi siete mancati :')






Capitolo 50



PARTE I JAMES

James, Peter e Sirius erano seduti schiacciati insieme su un divano a motivi floreali con cuscini di pizzo, uno dei quali era attualmente coccolato da Peter. Il soggiorno in cui si trovavano era sovraffollato, di persone sì, ma anche di cose. E James intendeva davvero cose. Scatole e giornali e vecchi menù da asporto.

Oh.

E gatti.

Come poteva aver dimenticato i gatti.

Ce n'erano almeno tre che aveva visto in giro, tutti sembravano essere innamorati di Sirius per ragioni che non riusciva a capire. Gli altri li fissavano dai ritratti appesi per tutta la casa. Inoltre, l'intero posto puzzava un po' di cavolo bollito.

"Le seguenti informazioni sono state nascoste alla maggior parte di voi negli ultimi mesi nell'interesse della vostra sicurezza."

Le parole di Silente accesero istantaneamente un'ondata di mormorio nella stanza. Nessuno dei tre ragazzi sul divano reagí, tutti ben consapevoli di ciò che stava arrivando. Nonostante gli altri, però, Peter si agitò leggermente, stringendo il cuscino un po' più vicino al petto.

"È venuto alla luce che c'è qualcuno tra noi che ha passato informazioni a Lord Voldemort."

"Che cosa?" disse una voce in preda al panico in fondo alla stanza, i mormorii si intensificarono in un ronzio più frenetico.

"So che questo sarà uno shock per molti di voi. Speravamo di utilizzare queste informazioni a nostro vantaggio, per consentire all'individuo in questione di credere che non sospettassimo nulla, portandolo ad agire in modo più sconsiderato. Tuttavia, con il passare del tempo, è diventato sempre più pertinente per tutti voi restare in guardia. È necessario che prendiate sul serio le nostre richieste affinché la conoscenza delle missioni e dei compiti svolti per l'Ordine rimangano solo tra coloro che sono attivamente coinvolti in esse".

James non perse d'occhio gli sguardi colpevoli che rimbalzarono per la stanza. Nessuno di loro aveva fatto un lavoro particolarmente buono nel tenersi le informazioni per se'.

Tranne forse Moony.

James lanciò uno sguardo cauto a Sirius ma sembrava concentrare tutta la sua attenzione sul gatto nero che faceva le fusa accanto a lui.

"Alastor vi instruirà sul comportamento a cui prestare attenzione con le persone intorno a voi. Se notate qualcosa, vi prego di portarla alla mia attenzione o a quella del Capo Auror."

Moody gemette, alzandosi dalla sedia per rivolgersi ai membri dell'Ordine lí riuniti per partecipare all'incontro di quel giorno.

Remus non era lì, probabilmente era a fare solo Dio sapeva cosa. Sirius era sicuro che stesse cercando di convincere i licantropi ad unirsi alla loro parte, ma James non era del tutto convinto. Alice e Frank erano entrambi tornati al Ministero: le misure di sicurezza erano state aumentate in modo astronomico. E Lily e Marlene erano in missione, anche se, ovviamente, non erano state in grado di dire a nessuno dove stessero andando o perché.

Prima che se ne andasse, James aveva suggerito a Lily che forse avrebbe dovuto smettere di andare in missione per l'Ordine visto che stava letteralmente crescendo un bambino dentro di se'. Quel suggerimento non era andato a buon fine, anche se credeva ancora di avere ragione.

"... qualcuno che è spesso irraggiungibile," stava balbettando Moody, James a malapena stava prestando attenzione. "Qualcuno il cui comportamento negli ultimi mesi è cambiato, qualcuno che ha iniziato a scomparire senza spiegazioni, o qualcuno che non può confermare dove si trovava o cosa stava facendo. Spesso questo tipo di doppia vita inizia a farsi sentire fisicamente, se qualcuno sembra più stanco del normale, più debole o meno socievole...come se stesse cercando di prendere le distanze. Se inizia a manifestare senso di colpa per ragioni sconosciute. Ecco, questi sono tutti segnali di avvertimento, cose a cui prestare attenzione, e se ne notate più di uno in un singolo individuo, per favore, venite subito nel mio ufficio, non fate di testa vostra", Moody socchiuse gli occhi, "Ripeto, NON inviate un gufo, è inaffidabile e troppo facilmente intercettabile."

"Sì, grazie Alastor," disse Silente, con una minima traccia di divertimento che si poteva percepire con la coda dell'occhio.

La stanza intorno a loro divenne completamente silenziosa, forse la più silenziosa che James avesse mai sentito durante un incontro dell'Ordine. Tutti, nessuno escluso, stavano facendo un elenco di tutti i loro amici più cari, cercando di capire se qualcuno di loro corrispondesse alla descrizione che Moody aveva appena dato.

"Qualche domanda?" chiese Silente dopo una breve pausa.

Nessuno alzò la mano.

"Eccellente. Bene, immagino che siate tutti ansiosi di tornare alle vostre case, e sono sicuro che Arabella apprezzerebbe se lasciassimo la sua. Grazie per tutto il vostro duro lavoro, ci rivedremo presto". Silente sorrise. James non sapeva se qualcuno provò a ricambiare quel sorriso.

Quegli incontri erano strani di quei tempi. A volte si ritrovava ad aspettare che i suoi genitori varcassero la porta. Che sua madre arrivasse per abbracciarli tutti e sporcare di rossetto la guancia di James. Che suo padre lo guardasse con affetto, con sguardo calmo e sereno ma non per questo meno caloroso. Aspettava quella sensazione di certezza che lo riempiva sempre ogni volta che erano in giro, il peso che si sollevava dalle sue spalle. Perché gli adulti erano lì. E sicuramente si sarebbero occupati loro delle cose più grandi.

Il peso non lo abbandovana mai in quei giorni. Ma forse era proprio quello che si provava a crescere.

La stanza si stava lentamente svuotando. Le persone uscivano per Smaterializzarsi poiché la signora Figg non aveva una linea via camino. Alcune persone indugiavano ancora, piccoli gruppi di maghi erano rannicchiati lungo le pareti, recuperando il tempo dall'ultima volta che si erano visti, facendo il punto della situazione sui danni di quella guerra: chi era stato ferito, chi ucciso, chi preso.

James, Peter e Sirius, tuttavia, non dissero nulla. I tre erano troppo stanchi per parlare. Troppo stanchi per muoversi. Quell'inverno sembrava lunghissimo e non era nemmeno iniziato.

"È stato..." Peter iniziò a parlare e poi si fermò, guardando il cuscino che aveva in grembo e giocherellando con il pizzo.

James aspettò un attimo, ma quando Peter non andò avanti da solo decise di dargli una spinta. "È stato cosa?"

Peter si morse l'interno della guancia. "Beh ... è solo che - non sto dicendo che lo sia o altro - sto solo dicendo che sembrava un po' una descrizione di..."

"Sputalo fuori Peter," disse Sirius, ora accarezzando due gatti. Si poteva pensare che essere un cane gli avrebbe fatto automaticamente antipatia, ma a quanto pare il suo fascino funzionava sia sugli animali che sulle persone.

"Quando Moody stava descrivendo tutti i comportamenti a cui prestare attenzione... sembrava un po' come se stesse descrivendo Remus ad uno di voi?"

Sirius si bloccò. Non alzò lo sguardo, non parlò, rimase semplicemente immobile.

James ebbe in qualche modo la reazione opposta. "Dimmi che stai scherzando. Stai scherzando, vero?" chiese, la rabbia che saliva nella sua voce mentre guardava le guance di Peter arrossire.

"Te l'ho detto, non sto dicendo che lo sia, sto solo dicendo... beh, le somiglianze erano un po' difficili da non essere notate, no?" ora guardò Sirius che non si era ancora mosso. James non era nemmeno sicuro di riuscire a respirare.

"Pete, puoi darci un minuto?" James disse alla fine, la voce tenuta stretta.

Peter lo guardò. "Darti..." poi guardo di nuovo Sirius. "Oh-oh giusto, sì," si alzò goffamente, facendo un passo avanti prima di rendersi conto che stava ancora tenendo un cuscino e per poi rimetterlo, un po' delicatamente, sul divano.

Qualcosa non andava. Sirius avrebbe dovuto essere furioso—James avrebbe dovuto trattenerlo, sarebbe dovuto riuscire a malapena a tenerlo fermo. Perché se ne stavaemplicemente seduto lì? Perché faceva—

"Pete ha ragione, lo sai," gracchiò Sirius.

James dovette ripetere quelle parole nella sua testa un paio di volte prima di poter finalmente accettare che Sirius le avesse dette.

"Che cazzo hai che non va?"

Ci fu un battito di silenzio.

"James..."

"No, davvero, che cazzo di problema hai? Come puoi solo pensare..." dovette fermars,i perché la sua rabbia stava diventando troppa, gli faceva tremare le parole mentre si facevano strada fuori dalla sua bocca.

Ad essere onesti, Sirius sembrava vergognarsi, fissava il pavimento, raggomitolato su se stesso. Di solito era così solare e luminoso, ora era appassito. James non era sicuro di averlo mai visto così sconfitto dal quinto anno.

"Dimmi che mi sbaglio James," la sua voce si spezzò. "Per favore. Perché lo odio. Lo odio anch'io ma... razionalmente..."

"Razionalmente?" James lo interruppe. "Da quando sei razionale?"

In qualche modo Sirius riuscí a farsi ancora più piccolo.

"È Remus," disse James, non capendo perché avesse anche bisogno di spiegarlo. "È Remus. Fanculo la ragione, fanculo ogni fottuta somiglianza-"

"James..."

"È. Remus"

Sirius sospirò, lasciandosi cadere la testa tra le mani. Tra di loro passò un lungo momento di silenzio.

"Lo so," disse Sirius alla fine, la voce debole. "Ma non posso smettere... di vederlo. Ogni volta che mente. Ogni volta che non mi dice cosa sta facendo o dove sta andando", prese un respiro tremante. "Quando è tornato, l'ultima volta, ha detto... ha detto che era stanco di deludere tutti. E se..."

"Stai scherzando? È praticamente ciò che Remus fa costantemente, da sempre, dovresti saperlo meglio di me."

Ma Sirius non lasciò perdere. "Moody ha appena detto 'una persona che ammette i propri sensi di colpa'..."

"Si sente sempre in colpa!" James gridò, abbastanza forte che i restanti membri dell'Ordine iniziarono a guardare nella loro direzione.

Frustrato, si alzò dal divano, girandosi verso la finestra, le mani che tra i capelli. Passò un po' prima che fosse in grado di affrontare di nuovo Sirius.

"Perché ti comporti così? Perché ti comporti come se non sapessi chi è?"

Sirius era tornato a fissare il pavimento, la mascella tesa. "Forse non lo so."

Per un momento James pensò davvero di picchiarlo. "Non osare dire queste cazzate a Moony, non osare trascinarlo giù con te in queste stronzate. Gesù Cristo, Sirius".

Sirius non disse niente, sul viso la stessa espressione che indossava quando la McGranitt lo stava punendo: petulante, provocatorio, testardo.

"Devi mettere a posto quella cazzo di testa che ti ritrovi", disse infine James. "Non ho mai incontrato due persone più incapaci di amarsi."

Non intendeva dirlo così come gli uscì dalla bocca. Avrebbe dovuto essere irriverente, non crudele. Ma potè vedere che quelle parole stavano fisicamente bruciando Sirius, la sua bocca si abbassò prima che si alzasse in piedi.

"Sai cosa? Hai ragione, amico."

Si stava dirigendo verso la porta prima ancora che James avesse la possibilità di battere le palpebre.

"Cazzo... Sirius!" James lo chiamò, ma il ragazzo non si voltò e James non ebbe il coraggio di seguirlo. Non sapeva se fosse serviro a qualcosa. "Cazzo," sibilò di nuovo, dando un calcio al divano prima di crollare di nuovo su di esso. Alzò le mani, coprendosi il viso.

"Sento che è stata colpa mia".

James scrutò attraverso le dita un Peter dall'aspetto pentito e sospirò. "Non prendertela con te stesso, ma sì, in un certo senso lo è stata".

Peter prese posto accanto a lui e James gli mise le mani in grembo, entrambi i ragazzi rimasero in silenzio per un po'.

"Ripensi mai a prima?" disse finalmente Peter.

James lo guardò stancamente. "Prima quando?"

"Prima di Hogwarts... prima di Sirius e Remus. Quando eravamo solo noi. Ci pensi mai?"

Non proprio, era la risposta. Tanto per cominciare, i ricordi di James prima degli undici anni erano un po' confusi, come immaginava che lo fossero per la maggior parte delle persone. Ma anche... tutto prima dei Malandrini sembrava in qualche modo piatto. James non era davvero se stesso prima di conoscere i suoi ragazzi.

"Era bello", continuò Peter quando James non rispose. "Giusto?"

Il suo amico ora lo guardava, qualcosa di un po' - James non sapeva nemmeno come definirlo - disperato? Si, c'era qualcosa di disperato nei suoi occhi. E a James sembrava che gli fosse sfuggito qualcosa. Non capiva come fossero passati dal sospettare di Remus a questo.

"Certo Pete. Sì. Era bello." Gli diede una pacca sulla schiena e guardò qualcosa negli occhi di Peter tremolare. Era la cosa sbagliata da dire. O l'aveva detta modo sbagliato. Peter riuscì a percepirlo dai suoi occhi.

"Pete..."

"Devo andare," disse Peter bruscamente, allontanandosi da James e alzandosi in piedi. Gli fece un sorriso autoironico. "Ci vediamo, sì?"

E prima che James potesse rispondere, Peter si stava già allontanando velocemente dalla stanza. James lo guardò andare via.

Ottimo lavoro Potter, pensò freddamente. Siamo già a due persone che hai deluso e non è nemmeno mezzogiorno. Deve essere un record personale.

Erano passati solo venti minuti quando stava entrando in casa sua. Le luci erano spente. Le stanze buie.

"Lily?" ci provò, anche se sapeva già che non era in casa. Il silenzio gli rispose e lui non seppe perché lo fece arrabbiare. Aveva una mezza idea di chiamare Sirius dal camino. Una mezza idea di presentarsi a casa sua e far sparire tutto. In parte perché odiava litigare con lui e in parte perché non sapeva cosa fare con quell'energia insidiosa che gli palpitava sotto la pelle.

Lo rendeva ansioso. Non riusciva nemmeno a sedersi. Non riusciva a leggere. Aveva bisogno di muoversi. Avrebbe dovuto volare, di solito aiutava, ma le sue mani tremavano troppo, in quello stato si sarebbe schiantato contro un lato della casa.

Riuscí a raggiungere il secondo piano, la camera da letto era vuota, con le lenzuola ancora incasinate, e iniziò a camminare su e giù. Era davvero così che avrebbero dovuto vivere d'ora in poi? Senza sapere mai dove si trovava qualcuno o cosa stessero facendo o quando sarebbero tornati? Aveva sempre pensato che Remus avesse torto a mantenere i segreti, anche se era per ordine di Silente. Portava delle crepe in tutto. Remus e Sirius non avevano mai davvero litigato a scuola, non dopo che si erano messi insieme per davvero. C'erano stati momenti di tensione, sicuro, ma... quella era una fottuta guerra. Quella fottuta guerra li stava uccidendo tutti. Li stava facendo uscire di testa. Non c'era modo che Sirius potesse davvero credere...credere davvero che Remus li avrebbe traditi. Giusto? Giusto?? Perché se erano andati così lontano, se si erano persi così tanto...come avrebbero mai fatto a tornare come prima? Che diavolo sarebbe successo alla loro storia?

"Cazzo," scattò James, lanciano qualcosa che era sul suo comò e sentendosi leggermente soddisfatto quando sbattè contro il muro. Non abbastanza soddisfatto, ovviamente. Allora fece un vero e proprio capriccio d'ira, Sirius ne sarebbe stato orgoglioso, comincio a lanciare in giro cose, calciando e prendendo a pugni i cuscini e imprecando come un ragazzino nervoso perché le cose non andavano come voleva lui. Come qualcuno che era rimasto intrappolato in una vita su cui non aveva alcun controllo, menyte guardava le altre persone prendere decisioni al posto suo.

Quando finí, la sua pelle era calda e sudata, il petto ansante, il tremore alle mani era scomparso. Anche la sua stanza era un fottuto disastro. C'erano degli incantesimi per rimettere tutto a posto, ma preferiva farlo a mano. Aveva smontato tutto velocemente, ma lo aveva rimontato lentamente e pieno di dolore. Era delicato con i suoi movimenti. Come se si stesse scusando. I bicchieri e libri tornarono sui comodini, le cornici dei quadri tornarono in posizione verticale. Quando sollevò il comò in piedi, alcuni dei cassetti scivolano fuori e il contenuto si rovesciò sul pavimento.

Erano principalmente vestiti. Calzini e maglioni che non aveva la pazienza di ripiegare, quindi iniziò a ricacciarli tutti più o meno negli stessi cassetti e li chiuse sbattendoli. Finché la sua mano non sfiorò qualcosa di duro. Lì, sotto una delle sue magliette, c'era una piccola scatola di legno. Per un minuto James si limitò a fissarla. Era passato molto tempo dall'ultima volta che l'aveva guardata, spinta fino in fondo nella parte posteriore del suo comò. Non era sicuro del motivo per cui l'avesse tenuta, tranne per il fatto che l'idea di buttarla via gli faceva venire voglia di vomitare.

Alla fine si arrese, prendendolo al volo mentre crollava sul pavimento. Ci passò sopra le dita, spazzando via la polvere, prima di aprire il coperchio, rivelando la pallina in miniatura all'interno, le cui iniziali catturarono la luce.

J&R

A volte, non riusciva nemmeno a credere che fosse successo davvero. Non sembrava reale. Non sembrava da lui, stare con il fratello del suo migliore amico. Un Serpeverde. Un Mangiamorte.

Fissò la Pluffa come se potesse dargli delle risposte. Come se potesse dirgli cosa era uccesso e perché dopo tutto questo tempo dopo si sentiva ancora... così. Aveva detto a sua madre che non voleva che Regulus diventasse come un livido e aveva esaudito il suo desiderio. Regulus non era un livido. Era uno tsunami. E ogni volta che James si lasciava andare e pensava a lui, iniziava a ricordare e si sentiva sopraffatto. Perdeva di vista la riva. Dimenticava persino che esisteva. Non era nemmeno piú lí, non lo era piú da molto tempo, eppure in qualche modo, Regulus aveva ancora la capacità di avvolgersi attorno a James ed essere tutto ciò che poteva sentire, percepire e pensare. Tutto ciò che poteva espirare, annusare e assaporare.

Ed era proprio per questo che aveva bisogno di stare in fondo al comò di James.

Chiuse di scatto la scatola, gli occhi si posarono su ciò che era stato messo accanto ad essa. Velluto nero, un portagioielli di cui sua madre non gli aveva chiesto quando lo aveva visto comprarlo. Questo non sapeva davvero perché l'aveva conservato. Appoggiò la Pluffa accanto al portagioie, un set corrispondente. Si era angosciato su cosa prendere Regulus, cosa poteva corrispondere al suo dono. Non poteva essere solo qualcosa che aveva semplicemente comprato per lui, doveva essere qualcosa che aveva creato. Il problema era che la magia di James era sempre stata grande, forte e potente, adatta a duellare con un lavoro di incantesimo non meticoloso. Tuttavia, era stato determinato.

Non potè fare a meno di chiedersi cosa avrebbe pensato Regulus, se avesse avuto il tempo di darglielo. Se tutto non fosse andato in malora dopo Natale. Se le cose fossero andate diversamente. Non avrebbe dovuto importargli ora. Avrebbe voluto che non gli importasse

"James?" la porta d'ingresso si chiuse e James sussultò, come se fosse stato scoperto.

Rigettò le due scatole nel comò, sbattendo il cassetto per chiuderlo e cercando di ignorare il senso di colpa che affondava nel suo stomaco.

"Sono di sopra!" James chiamò Lily mentre si dirigeva verso la porta della camera da letto. Si guardò alle spalle come se si aspettasse di vedere Regulus in piedi lì appoggiato alla parete. Come se Lily potesse coglierlo sul fatto. Beccarlo con il ricordo del ragazzo che amava.

Che amava ancora. Quando si lasciava andare. Quando si dimenticava di come raggiungere la riva.



PARTE II REGULUS

Personalmente, Regulus pensava che Malfoy Manor fosse un po' di cattivo gusto. Ma forse era di parte. Aveva tutti i pavimenti e i pilastri in marmo, tutti i soffitti e i lampadari altissimi e gli specchi dorati. Laddove Grimmauld era gotica e disordinata, Malfoy Manor era aperta e greca. C'erano dei pavoni nel cortile di casa.

Come aveva detto. Di cattivo gusto.

Presero posto tutti in salotto ad un lungo tavolo di legno (Regulus era francamente sorpreso che non fosse fatto anche quello di marmo) ad ascoltare Piton e Lucius litigare. Il Signore Oscuro ovviamente non era lì, o le cose probabilmente sarebbero andate avanti con più decoro. Così com'erano, erano costretti a guardare due uomini che contrattavano sulle briciole di potere che gli erano state lasciate.

Regulus sedeva sprofondato nella sedia, le braccia incrociate al petto, mentre combatteva la pesantezza nei suoi occhi. Si aspettava che tutto sarebbe stato un po' più fastidioso se non fosse stato spazzato via dalla sua mente. Le pozioni lo lasciavano soddisfatto. Contenuto. Stare lí o a Grimmauld non importava. Si sentiva allo stesso modo.

Bhe, finché Piton non gli lanciò un calamaio in testa. Fortunatamente Evan lo spazzò via per lui, perché non c'era possibilità che i riflessi di Regulus fossero abbastanza veloci da schivare qualsiasi cosa in quel momento.

"Vaffanculo Severus," scattò Evan, mentre la bottiglietta di vetro cadeva a terra.

"Sai," Regulus si raddrizzò,  "se avevi bisogno di qualcosa, potevi semplicemente chiedere," notò alcuni sguardi a disagio intorno al tavolo e capí immediatamente il suo errore. Piton gli aveva fatto una domanda. Regulus era solo troppo sballato per notarlo.

"Sai ancora parlare" ghignò Piton "È un fottuto miracolo."

"Beh, forse se tu e Lucius diceste qualcosa che vale la pena ascoltare non mi addormenterei."

Alcune persone risero.

"Scusami" disse Piton, socchiudendo gli occhi scuri, "ti stiamo annoiando? So che potresti non essere a conoscenza di questo, piccolo principe, ma assumere il potere di un governo ti prende in realtà un bel po' di lavoro"

L'aveva sempre odiato. Piccolo Principe. Non solo perché era condiscendente, ma perché era il modo in cui chiamavano Sirius. Tranne che allora sembrava che facessero sul serio.

"E quanto di quel lavoro hai realizzato esattamente?" Regulus scattò indietro. "Perché da dove sono seduto io, ho visto che tutto ciò di cui hai discusso nell'ultima ora è chi ha il cazzo più grande."

Ci furono altre risate, Evan in realtà sembrava che stesse soffocando, "Cazzo Reg", borbottò sottovoce, il calore che compariva sul viso di Severus.

"Credo che", la voce metallica di Piton tagliò le risalte, "se stessimo davvero parlando di cazzi avremmo avuto di più la tua attenzione."

L'atmosfera nella stanza cambiò all'istante. Non c'erano più risate. Quelle non erano il tipo di persone che incassa gentilmente certe accuse. Regulus si chiese se Pitonsi rendesse conto fino in fondo, non essendo cresciuto in quel mondo, che non si scherza con certe famiglie e le loro ville ei loro preziosi bambini. Si chiese se Piton si fosse mai reso conto con cosa stava minacciando Regulus, anche a scuola.

"Che cazzo hai appena detto?" chiese Evan, ma Regulus alzò la mano. Non aveva bisogno di nessuno che combattesse le sue battaglie per lui, specialmente non contro Piton. Non più.

"Dimmi Severus, come sta Lily Evans?" Se la sua ultima osservazione aveva riempito di colore la faccia di Piton, questa la prosciugò.

"Va bene, ok, ne ho abbastanza" Lucius finalmente si intromise. "Siamo tutti amici qui, no?"

Evan sbuffò ma né Regulus né Piton lo contraddissero, invece si limitarono a fissarsi ferocemente l'un l'altro dall'altra parte del tavolo.

"Eccellente," Lucius continuò, chiaramente divertendosi. "Ora Regulus, ci chiedevamo se pensavi che fosse possibile creare una versione di una pozione per dormire che fosse gassosa."

Regulus sbattè le palpebre, momentaneamente distratto dalla sua gara di sguardi con Piton.

"Gassosa?" ripetè. Non aveva mai cambiato lo stato di una pozione prima e la sfida era molto interessante.

"Sì, in modo che le persone possano sentirne gli effetti attraverso l'inalazione piuttosto che l'ingestione. Severus non era sicuro di poterlo fare."

E oh.

Oh era semplicemente delizioso.

Riportò lo sguardo su Piton che stava praticamente tremando di rabbia, mentre un sorriso compiaciuto curvava l'angolo della bocca di Regulus. "Severus non era sicuro?" ripetè, gongolando.

Cioè, nemmeno lui ne era sicuro. Non l'aveva mai fatto. Non ci aveva nemmeno pensato. Ma nessuno lì lo sapeva. Senza distogliere lo sguardo da Piton, rispose.

"Sì, credo che si possa fare."

Ci fu un debole mormorio di scetticismo lungo il tavolo, ma Regulus non ci badò molto, godendosi fin troppo la faccia accigliata di Piton.

"Avremo bisogno che sia pronta entro i prossimi giorni, quindi abbiamo il tempo di provarla prima di passare al Ministero. Pensi di potercela fare?"

"Sì", un'altra bugia. O, beh, almeno una mezza bugia. Non aveva idea di quanto tempo ci volesse.

"Bene, allora, lavoraci su" Lucius battè una mano sulla spalla di Piton, solo per aumentare l'imbarazzo dell'altro ragazzo. "Te l'avevo detto che avrebbe saputo cosa fare."

Gli occhi di Piton erano ribelli, Regulus era sorpreso che non stesse digrignando i denti. "Un peccato che non sia riuscito a rimanere cosciente abbastanza a lungo da dircelo prima. Ci avresti evitato una perdita di tempo"

"Essere un perdente incazzoso non ti si addice Severus", disse Regulus seccamente, non che qualcosa in generale si addicesse a Piton. Accanto a lui Evan sbuffò.

"Nessuno è perfetto," disse Lucius, congedandoli entrambi con un gesto della mano prima di guardare le note di fronte a lui. "Quindi voi due lo farete entro domenica, giusto?"

Regulus quasi sbattè la testa sul tavolo davanti a lui.

"Noi due?" Piton sibilò, gli allampanati capelli neri gli cadevano in viso.

"Beh, voi siete i nostri migliori pozionisti e abbiamo bisogno che questo lavoro venga fatto il più presto possibile. Quindi sì. Voi due."

No davvero, Regulus pensò che avrebbe aiutato sbattere la fronte contro qualcosa di duro. Forse se si fosse procurato una commozione cerebrale, avrebbero avuto pietà di lui e non lo avrebbero fatto lavorare con Piton.

"Il Signore Oscuro apprezza la cooperazione", gli occhi di Lucius si spostarono dalla pagina di fronte a lui e passarono tra Regulus e Piton. "Non vorreste che gli dicessi che voi due non state collaborando, vero?"

Regulus si sforzò di non alzare gli occhi al cielo. Odiava quando Lucius cercava di fare il padre. Lo faceva ancora di più da quando aveva scoperto che Narcissa era incinta.

"No," disse infine Regulus, quando il silenzio divenne fin troppo lungo. "Non sarà necessario, possiamo lavorare insieme".

Piton sembrava che avesse appena ingoiato qualcosa di marcio, ma quando Lucius si giò verso di lui, si costringe a parlare. "Lavoreremo insieme".

"Vieni a Grimmauld domani, così possiamo iniziare", disse Regulus.

"Perché dobbiamo lavorare a casa tua?"

Questa volta Regulus alzò davvero gli occhi al cielo. "Hai un laboratorio di pozioni perfettamente funzionante nel tuo appartamento?" chiese, il silenzio che incontrò fu tutta la risposta di cui aveva bisogno. "Sì, è quello che pensavo. Quindi lo faremo da me".

Piton sembrava che stesse per dire qualcosa di infantile, ma Lucius lo interruppe rapidamente.

"Piano brillante, sapevo che non ti chiamavano un genio senza motivo Regulus", gli fece l'occhiolino, cosa che Regulus non apprezzò assolutamente. "Ora, riguardo l'altra faccenda..."

Qualunque fosse l'altra faccenda, Regulus difficilmente prestò attenzione, anche se sapeva che avrebbe dovuto. Invece trascorse il resto della riunione cercando di capire se c'era un modo plausibile in cui potesse avvelenare Piton e farlo sembrare un incidente.



"Ti senti bene?"

Regulus alzò lo sguardo. Era da molto tempo che fissava il lavandino nella cucina dei Malfoy. Troppo tempo. Non era nemmeno sicuro da cosa fosse stato distratto. Era andato lì per un bicchiere d'acqua e in qualche modo era finito... alla deriva.

La voce dietro di lui fu abbastanza alta da svegliarlo però. Abbastanza da fargli alzare i capelli.

"Improvvisamente ti interessa come mi sento, Lucius?" gli diede le spalle, le mani premute contro il bancone.

"Mi sono sempre preso cura di te", rispose dolcemente, facendo sentire ogni centimetro del corpo di Regulus sudicio, sporco e insopportabile.

"Ma davvero?", chiese mordacemente. "Ed esattamente come ti stavi prendendo cura di me quando hai iniziato a cercare di convincere l'Oscuro Signore della mia lealtà vacillante?"

"Oh quello."

Regulus rise senza umorismo. "Sì quello."

"Beh, ho sentito che ti stavi montando un po' la testa. Sapevo che il Signore Oscuro sarebbe stato misericordioso," Lucius avanzò, la mano avvolse la nuca di Regulus, facendo irrigidire ogni muscolo del suo corpo. "Dopotutto, sei il suo piccolo principe."

Regulus guardò la finestra di fronte a loro, guardò i loro riflessi nel vetro, Lucius era più alto di qualche centimetro, incombeva su di lui. Regulus si sentì piccolo. Si sentiva di nuovo un ragazzino di tredici anni. Niente era cambiato. Non cambiava mai niente.

"Dimmi," la voce di Lucius era bassa, intima, e faceva venire voglia a Regulus di smantellare se stesso. Dividere il suo corpo in parti per poi ricomporsi da qualche altra parte. Ricomporsi senza questa pelle che era stata così abusata in passata. "Cosa c'è che non va?"

Aveva così paura. Anche dopo tutto questo tempo, la paura era un filo conduttore nel suo petto che rendeva difficile muoversi e combattere.

"Lasciami andare", riuscì a dire digrignando  i denti.

"Oh Regulus," Lucius sembrava divertito. "Non puoi respingere tutti quelli che ti amano."

Voleva dirgli che nessuno lo aveva mai amato, ma non era del tutto vero. Voleva dire che se qualcuno lo avesse davvero amato, allora non lo avrebbe mai lasciato andare. Che avrebbe lasciato segni di artigli sulla sua pelle. Ma anche questo non era del tutto vero.

Sapeva che quella cosa contorta con Lucius non era amore. Sapeva che dopo James, non avrebbe mai trovato un modo per poter andare avanti da solo. In un certo senso non lo faceva da quando aveva tredici anni.

Qualcuno si schiarì la voce e la mano di Lucius cadde all'istante, anche se fu lento a fare un passo indietro, senza fretta.

"Severus," salutò con calma, e Regulus chiuse gli occhi, ancora congelato davanti al lavandino.

"Sono venuto solo a prendere un po' d'acqua," disse Piton rigido. "Ho interrotto qualcosa?"

Regulus voleva rannicchiarsi su se stesso. Voleva scappare da quella stanza. Voleva urlare.

Ovviamente non fece niente di tutto questo. Continuò a stare lì, ancora in quella stanza.

"Assolutamente no" sentì dire a Lucius, sentì i suoi passi sul fottuto pavimento di marmo mentre iniziava ad allontanarsi. "Ne parleremo più tardi Regulus", si lasciò sfuggire casualmente da sopra la spalla.

Che gioia.

Regulus non riusciva nemmeno ancora a muoversi, fortunatamente il lavello della cucina, come ogni altra dannata parte di quella casa, era largo ed enorme, quindi c'era spazio più che sufficiente per Piton per arrivare al rubinetto. Regulus forzò i suoi occhi a restare aperti, ma li puntò dritto davanti a sé e non verso il ragazzo accanto a lui.

"Beh, questo sì che mi sembra familiare", disse Piton mentre riempiva il bicchiere.

Regulus strinse i denti e lo ignorò, tentando di rimettersi in sesto, desiderando di non sentirsi scosso così facilmente. Sentì Piton fermarsi accanto a lui, e quando la pausa si trascinò troppo a lungo si costrinse ad alzare lo sguardo. Si sorprese quando trovò qualcosa di simile alla preoccupazione nell'espressione di Piton. Preoccupazione e confusione.

"Black, lui ti ha..."

"Sto bene," lo shock di Piton che si preoccupava per lui anche solo per un secondo fu sufficiente a far tornare Regulus sull'attenti. Si allontanò dal bancone, le mani chiuse a pugno mentre faceva del suo meglio per camminare normalmente. La riunione era finita e lui voleva solo andarsene e tornare nella tranquilla sicurezza della sua casa. E magari prendere qualcosa che facesse smettere di tremare i suoi ricordi.

"Oi, eccoti qui," sorrise Evan, lui e Barty si allontanarono dal muro appena fuori dal salotto e si avvicinarono a lui.

"Pensavo che voi due ve ne foste andati", disse Regulus stanco. Non aveva l'energia emotiva per socializzare in quel momento. E odiava stare in quella fottuta casa.

"Nah, sto solo ascoltando Barty che si lamenta di come viene messo di nuovo in panchina."

Il ragazzo in questione incrociò le braccia al petto e, non c'era altro modo per definirlo, mise il broncio. "Non posso crederci, cazzo."

"Voglio dire, è il posto in cui lavori. Se perdi la maschera lì durante i combattimenti, allora puf"

 Evan fece una specie di suono per enfatizzare il suo punto. "Copertura saltata."

"Ma che importa visto che prenderemo comunque il controllo del Ministero!"

Evan fece spallucce. "Supponiamo che vogliano stare attenti, nel caso non ce la facessimo."

Regulus si sentiva a malapena presente, come se ci fosse un muro tra lui e tutto ciò che lo circondava. Aveva bisogno di andarsene.

"... se c'è Macdonald, è meglio che non la prenda nessuno", stava divagando Barty. "Quella cagna è mia."

"Sinceramente Barty, penso che questa tua piccola cotta ti stia sfuggendo di mano."

"Non essere disgustoso Evan."

"Voglio dire, capirei se tu morissi dalla voglia di scoparla o altro, ma non è che tu non abbia già avuto un'occasione comunque..."

"Sta zitto."

Le parole erano acute e forti quando uscirono dalla bocca di Regulus, mettendo immediatamente a tacere Evan. Per un momento i suoi amici si limitarono a fissarlo e Regulus lottò per aggrapparsi alla realtà. Un milione di pensieri e sentimenti si scontrarono nella sua testa, rendendo tutto poco chiaro.

"Zitto", ripetè, anche se nessuno parlava.

"Reg per caso tu..."

"Non è mai successo niente."

Lo ricordava e non lo ricordava allo stesso tempo. La stanza. Le persone. Le tende da letto chiuse. Il sangue. Lo ricordava, ma in realtà non lo ricordava davvero. Perché a volte quando ci pensava, la stanza sembrava diversa. A volte le persone cambiavano. A volte Lucius era lì. E a volte non lo era.

Regulus era troppo sensibile e troppo insensibile. Troppo fatto e troppo sobrio. Tutti i tipi di ribollimenti sbagliati erano dentro la sua pelle.

"L'ho fermato", si sentì tremante. "Sono arrivato in tempo e l'ho fermato. Non è successo niente in quella stanza".

Non è successo niente in nessuna stanza.

In qualsiasi letto.

Non è successo niente.

E se fosse successo... non importava.

Evan lo stava guardando forse con la preoccupazione più genuina che Regulus avesse mai visto sul suo viso, ma Barty sbuffò e basta.

"Sì, perché prima che arrivassi eravamo tutti seduti a prendere il tè... oof."

Evan aveva lanciato il suo braccio nello stomaco di Barty come se stesse cercando di impedirgli di cadere da un dirupo. Lo fece con abbastanza forza che l'altro ragazzo in realtà si piegò in due.

"Vaffanculo!" ansimò, ma Evan non aveva distolto lo sguardo da Regulus. Lo studiava, come se cercasse risposte. Tutto intorno a Regulus era sfocato e lontani. Attacco di panico, la sua mente gli diede le indicazioni. Non era un'osservazione molto utile.

"Non è successo niente in quella stanza", disse Evan lentamente, come se stesse parlando con un ragazzino spaventato. "Questo è... sì. E' così. Non è vero, Barty?"

Barty, che si stava ancora stringendo le ginocchia, li guardò torvo. "Che diavolo stai-" questa volta si interruppe, vedendo chiaramente qualcosa di minaccioso nell'espressione di Evan.

 Alzando gli occhi al cielo si raddrizzò. "Va bene, cazzo, non è successo niente", e poi, guardando direttamente Regulus, "sei fottutamente pazzo a volte, giuro su Dio."

"Cristo Barty".

Ma a Regulus non importava, si stava già allontanando. Non poteva più stare lì. Non riusciva più a pensare. Ricordi e sentimenti graffiavano le pareti del suo cranio. Bugie e realtà si fondevano insieme.



"Regulus!"

Si precipitò nel suo soggiorno, inciampando un po' mentre i ritratti dei suoi antenati fissavano con disapprovazione il pasticcio tremante che era diventata la loro progenie. Sirius non sarebbe mai stato così patetico. Forse era un traditore del sangue, ma almeno non era debole.

"Maestro Regulus?" Kreacher lo chiamò. Regulus pensò di essere in cucina, ma non si fermò abbastanza per scoprirlo, fece le scale due alla volta e arrivò a malapena in bagno prima di vomitare. Afferrò il water e cerca di respirare.

Inspira.

Espira.

Divertente come non migliori mai, non importa quante volte accada.

Inspira.

Espira

Buffo come la paura non si affievolisca mai. Insisteva sempre sul fatto che quello sarebbe il momento in cui non sarebbe stato in grado di riprendere fiato. Che sarebbe stato il momento in cui avrebbe lasciato che i suoi pensieri lo affogassero.

Inspira.

Espira.

Riusciva ancora a sentire la mano di Lucius sulla nuca.

Sentiva ancora il sangue di Mary Macdonald.

Inspira.

Espira.

Dovette tenersi al lavandino per alzarsi in piedi, le mani erano tremanti mentre cercavano le bottiglie allineate dietro lo specchio. Tirò fuori il tappo del primo flacone con i denti, inghiottendo il contenuto in una volta sola prima di ingerire il successivo. Ne bevve circa due e mezzo prima che le cose iniziassero davvero a diventare storte, ma si sentì meglio. Il suo battito cardiaco rallentò, i suoi pensieri passarono dall'essere come una corsa, ad una passeggiata, e poi a un gattonare. Tutto divenne più morbido. Più nebuloso. Più facile da gestire. Dopodiché si dimenticò anche di se stesso.

"Padron Regulus? Signor Regulus, deve alzarsi adesso, signore. Adesso ha compagnia, signore!"

Regulus gemette, gettandosi un cuscino sopra la testa e cercando di soffocare la voce roca che lo assillava. Sembrava una rana, anche se non sapeva perché una rana avrebbe dovuto infastidirlo affinchè si alzasse dal letto.

Stava ancora riflettendo su quel pensiero quando il cuscino gli venne strappato via senza pietà e e schiaffeggiato in faccia.

"Padron. Regulus. Deve. Alzarsi. Adesso" ogni parola veniva pronunciata con un colpo. 

"Il signor Piton sta aspettando e sta diventando molto impaziente. Kreacher è certo che presto verrà qui per chiedere udienza e Kreacher non pensa che al padron Regulus piacerà che lo veda così."

"Argh" disse Regulus eloquente, afferrando il cuscino e strappandolo dalle mani dell'elfo . Tuttavia, a merito di Kreacher, Regulus adesso era sveglio.

Guardò torvo l'elfo che era in piedi sul bordo del materasso sbuffando e sembrando completamente indifferente. Regulus si strinse il cuscino al petto con un braccio e si strofinò la faccia con l'altro.

"Che cosa stai blaterando" disse, rendendisi conto con disgusto di essersi addormentato con i vestiti della sera prima. E senza lavarsi i denti. Fece una smorfia storta per il sapore stantio e secco che aveva in bocca.

"Il signor Piton sta aspettando al piano di sotto il maestro Regulus da quasi trenta minuti ed è molto arrabbiato, signore."

Regulus sbatte le palpebre. "Piton? Severus Piton? È qui?"

"Si signore."

"Che ore sono?"

"Mezzogiorno signore."

Un freddo senso di terrore lo pervase. "No. Oh cazzo. Avrei dovuto iniziare a lavorare a quella fottuta pozione con Piton stamattina," borbottò mentre si arrampicava fuori dal letto. Si guardò allo specchio e fece una smorfia. Non poteva incontrare Piton mentre indossava i vestiti del giorno prima.

"Sì, questo lo so signore."

"Allora perché diavolo non mi hai svegliato prima!" scattò Regulus.

Ora fu il turno di Kreacher di arrabbiarsi. "Ci ho provato, signore," indicò con enfasi il letto e Regulus gemette, coprendosi il viso con le mani. Aveva un forte mal di testa e nonostante avesse dormito come un ghiro si sentiva ancora fottutamente esausto.

"Scusa Kreacher", disse alla fine "Sto solo... non sono abituato a dormire troppo".

E ora Kreacher sembrava preoccupato invece che infastidito, il che era decisamente peggio. "Lo so, signore."

"Puoi solo-dire a Piton che sarò giù tra dieci minuti, per favore?"

Kreacher fece una smorfia. "Ci proverò" e con uno schiocco scomparve, lasciando Regulus da solo con il suo odio verso se stesso.

Quella era davvero nuova. Regulus era sempre preparato, sempre puntuale, essere stato beccato in quel modo lo faceva sentire debole. Si picchiettò ansiosamente le dita sulla coscia, chiudendo gli occhi per un minuto e inspirando profondamente. Non aveva tempo per essere arrabbiato con se stesso in quel momento. Doveva riprendersi.

Contò fino a dieci prima di riaprire gli occhi. E poi si costrinse a muoversi.

Si fece la doccia e si vestì in tempo record, e quando finalmente scese le scale del soggiorno erano passati solo cinque minuti in più di quanto aveva promesso. Anche se riusciva a sentire Piton lamentarsi dal corridoio.

"... e se pensa che io aspetterò qui tutto il giorno mentre lui..."

"Smettila di molestare il mio elfo domestico Severus," disse pigramente dalla porta, le mani nelle tasche dei pantaloni, le spalle tirate indietro. Entrambi gli individui nella stanza si girarono verso di lui, Kreacher sembrava molto più felice di vederlo di Piton.

"Sei in ritardo," scattò Piton, gli occhi già due fessure.

"Sì", fu tutto ciò che disse Regulus prima di rivolgere la sua attenzione a Kreacher. "Puoi prepararci il pranzo? Sto morendo di fame." Il che non era esattamente vero, ma sapeva che avrebbe reso Kreacher felice di sentirlo. A dirla tutta, lo stomaco di Regulus sembrava un po' un deserto arido al momento.

"Sì, signore, certo," Kreacher chinò il capo. "Lo farò subito." Con un altro crack si allontanò molto felicemente dalla vista di Piton.

Regulus sentì che l'altro ragazzo lo stava osservando. "Stai una merda, Black."

"Anche tu tesoro" rispose, anche se sapeva anche lui che stava una merda. Un po' perché aveva i postumi di una sbornia e un po' perché quella mattina non aveva preso niente. Sentiva un prurito insistente sotto la pelle che chiedeva l'elemosina per le sue solite pozioni, ma cercava di spingerlo da parte. Aveva bisogno che i suoi pensieri fossero chiari in quel momento. E non gli piaceva l'idea di stare da solo con Piton senza i suoi sensi allerti.

"Bene, allora andiamo, facciamola finita", Regulus si girò e si diresse verso le scale del seminterrato. I passi scontrosi di Piton che lo seguivano.

Quando entrarono nel laboratorio, evocò una pozione del sonno dal tavolo da lavoro al centro della stanza, insieme a tutti i singoli ingredienti, disponendoli in pile ordinate. Poi così. Senza pensare. Mosse solo la sua bacchetta.

"Cazzo," Piton inciampò nel tavolo mentre un cervo spettrale entrava al galoppo nella stanza.

Erano passate settimane da quando Regulus era stato in grado di evocare Boo, ma aveva passato così tanto tempo a farlo che era diventata un'abitudine. Anche quando era sballato cercava di lanciare il suo Patronus, continuava a guardare mentre dalla sua bacchetta uscivano solo vapori bianchi. Ora era in piedi faccia a faccia con il cervo e sentiva il suo cuore tremare leggermente.

Ciao, quasi disse. Ehi. Ciao.

Mi sei mancato.

"Il tuo Patronus è un cervo?" chiese Piton, suonando inutilmente sconvolto mentre si raddrizzava.

Regulus sbattè le palpebre, distogliendo gli occhi dall'animale di fronte a lui per incontrare lo sguardo arrabbiato di Piton.

"Ovvio" disse, anche se la prima volta non gli era stato neanche lontanamente ovvio.

Piton continuò a scrutarlo, ma ad essere sincero, Regulus non poteva disturbarsi a capire il perché. Si girò verso Boo, che si fece avanti, battendo delicatamente la fronte contro la spalla di Regulus prima che se ne andasse, percorrendo tutto perimetro della stanza come era solito fare.

Era bello averlo lì. Calmava una parte del nervosismo insito nella pelle di Regulus.

"Ti aspetti dei Dissennatori?" chiese Piton, continuando a guardare Regulus con sospetto.

Regulus fece spallucce. "Non si sa mai di questi tempi."

E sorprendentemente, Piton sembrò accettarlo.

"Allora," Regulus era rivolto verso il tavolo. "Suppongo che la vera domanda sia: pensi che dovremo preparare gli ingredienti in modo diverso, per farli reagire all'ossigeno e diventare gassosi, o dobbiamo trovare un modo per trasfigurare la soluzione una volta finita?"

Si aspettava una specie di osservazione stizzata, ma invece Piton sembrò prendere seriamente in considerazione la domanda, facendo un passo accanto a lui davanti al tavolo. Dopo diversi lunghi minuti passati a guardare attentamente gli ingredienti, Piton parlò:

"Dovremo cambiare il modo in cui viene prodotta", c'era qualcosa di preciso nel suo tono. "La trasfigurazione altererà l'aspetto ma non cambierà le effettive proprietà della miscela."

Regulus annuì. "Sono d'accordo. Dovremmo concentrarci in modo specifico su come produciamo—"

"I rametti di lavanda e valeriana".

"Si, esattamente. Se facciamo cuocere la valeriana..."

"E bollire la lavanda..."

"Questo potrebbe dare effetto."

"Ha senso. Alterare questi due ingredienti dovrebbe alterare lo stato della pozione stessa. Posso prendere la lavanda se vuoi..."

"E io la valeriana, certo. Penso anche che dovremmo aumentare la durata della cottura a fuoco lento".

Piton annuì. "Si, questa è una buona idea."

"Bene."

"Bene."

Entrambi si guardarono l'un l'altro, rendendosi improvvisamente conto che non solo avevano appena avuto un'intera conversazione senza insultarsi o minacciarsi a vicenda, ma si erano anche finiti a vicenda le frasi.

Alla fine Piton tossì, schiarendosi la gola. "Dovremmo... iniziare."

"Sì. Sì. Decisamente."

Era imbarazzante certo, anche se non così imbarazzante come avrebbe potuto essere. Entrambi erano troppo presi dal loro lavoro per pensare davvero a quanto non gli piacesse la persona accanto a loro. Quando tutto era stato detto e fatto, la posta in gioco era troppo alta per i rancori personali. Quello era un lavoro molto complicato basato sulla legge delle pozioni e avevano promesso che sarebbero stati in grado di ottenere un buon risultato in un lasso di tempo molto breve. E se c'era una persona a cui bisognava mantenere le proprie promesse, quella era il Signore Oscuro.

"Ecco fatto, allora", disse Regulus mentre si asciugava il sudore dalla fronte, facendo un passo indietro e osservando il calderone di fronte a lui ribollire.

"Ecco fatto", concordò Piton.

"Ora aspettiamo".

"Ora aspettiamo".



Regulus lasciò che il silenzio imbarazzante indugiasse ancora per un momento prima di iniziare a riordinare il pasticcio che avevano combinato. Avevano iniziato con una sola porzione e, se si fosse rivelata come previsto, avrebbero scoperto come produrre in serie la roba. Era una scienza delicata, quella delle pozioni, fare grandi quantità di qualcosa richiedeva di più del  semplice raddoppiare la ricetta.

"Come conosci Lucius?"

La domanda uscì così dal nulla che Regulus fece cadere il mortaio e il pestello che aveva in mano. Gli strumenti sbatterono sul tavolo.

"È sposato con mia cugina", disse Regulus, il cuore che balbettava mentre puliva rapidamente il suo pasticcio. Dava le spalle a Piton, quindi non poteva vedere la sua faccia.

"Lo conoscevi anche prima?"

"Certo", Regulus raccolse gli ingredienti rimasti, mettendoli nei loro vasetti individuali. Avrebbe potuto farlo con la sua bacchetta, ma era grato di avere qualcosa per tenere le mani occupate. 

Ci fu un altro lungo momento di silenzio e Regulus sperò che quella strana serie di domande avesse raggiunto la sua conclusione, ma poi Piton parlò di nuovo:

"C'è qualcosa tra voi due?"

Regulus dovette fermarsi prima di afferrare il barattolo successivo, le mani gli tremavano troppo.

 "No."

"Scusa, avrei dovuto dirlo in modo diverso. Chiaramente c'è qualcosa che sta succedendo tra voi due."

Regulus rinunciò a sistemare agli ingredienti e ricorse semplicemente ad aggrapparsi al tavolo di legno. 

"No."

"Proprio come non c'era niente tra te e Roger Flint?"

"Vaffanculo."

"O James Potter?"

Il paragone scosse Regulus, il vomito gli strisciò su per la gola. Ultimamente aveva vomitato troppo per essere qualcuno che a malapena mangiava.

Ci fu una pausa e quando Piton parlò di nuovo la sua voce era cambiata, come se stesse facendo uno sforzo consapevole per eliminare l'antagonismo dalle sue parole. 

"Pensavo di aver capito di cosa si trattava... E poi ho visto la tua faccia ieri, in cucina... Ho già visto quell'espressione prima."

Regulus sussultò, imbarazzato, ma non pensava che Piton potesse accorgersene.

"Mio padre..."

La sua voce si affievolì, lasciando quelle parole sospese nell'aria, facendole diventare grandi. A Regulus gli ci volle un minuto per rendersi conto che quello non doveva essere un attacco. Aveva appena pensato che Piton avrebbe usato Lucius contro di lui nel modo in cui aveva sempre usato tutto il resto. Eppure... c'era qualcosa in quella frase spezzata che suggeriva il contrario.

"Mio padre odia la magia", sembrava che le parole fossero difficili da pronunciare, come se ognuna di esse venisse estratta dalla sua bocca a forza.

Regulus sbattè le palpebre, sorpreso dall'improvviso cambiamento della conversazione. Lentamente allentò la presa sul tavolo in modo da potersi girare. Piton era in piedi, in mezzo alla stanza, era imbarazzante da vedere, anche se ad essere onesti raramente sembrava qualcosa di diverso dall'imbarazzante, aveva l'espressione accigliata ancora sul viso, anche se questa volta il dispiacere non raggiunse i suoi occhi.

"Pensavo che tuo padre fosse un mago?" disse infine Regulus, cercando di lasciar andare un po' della tensione dal suo corpo.

Piton sbuffò. "Solo tecnicamente", sembrava che avesse altro da dire, quindi Regulus aspettò, e alla fine; "Se la prende sempre con lei, con mia madre. Quando ero un ragazzino pensavo che stessero solo litigando, che fossero entrambi, sai...ma più diventavo grande, più mi rendevo conto che lei non stava più reagendo. Quando entravo nella stanza, lei indossava la stessa espressione che avevi tu ieri e io solo... sapevo che qualcosa non andava."

Rimasero entrambi in silenzio per molto tempo dopo. Nessuno dei due sembrava sapere cosa fare. Sembrava tutto un po' troppo vulnerabile. Un po' troppo vicino all'osso.

"Posso gestire Lucius", disse infine Regulus, perché qualcuno doveva dire qualcosa e quello era il meglio che poteva gestire al momento.

Un sorriso senza umorismo apparve sulla bocca di Piton . "Sì, è quello che dice sempre anche lei. Ho cercato di convincerla ad andarsene, dopo aver finito la scuola, quando potevo aiutarla. Ma..."

Prima che Regulus potesse pensarci meglio, le parole uscirono dalla sua bocca; "Sembri mio fratello."

L'espressione di Piton si chiuse all'istante. "Non sono per niente come tuo fratello", l'odio nelle sue parole era così viscerale che Regulus giurò di poterlo sentire. Aguzzo, violento e purulento. Ma fece solo spallucce. "Come meglio credi"



Il resto fu relativamente tranquillo, finché la pozione non era terminata. La versarono in un'ampolla e poi guardarono la fiala, apparentemente senza sapere cosa fare dopo.

"Potrei testarlo su di te?" Regulus offrì dolcemente, battendo le ciglia.

"Col cazzo che lo farai," disse Piton. "Che ne dici di provarlo su di te?"

Regulus sospirò, sporgendosi in avanti sul tavolo di fronte a lui, ispezionando la fiala nelle sue mani. Se tutto era andato bene, appena quella soluzione fosse esposta all'ossigeno avrebbe cambiato stato e avrebbe reso sballato chiunque la inspirasse. Addormentato. Qualcosa di acuto gli attraversò lo stomaco al pensiero di quanto fosse pericolosa in realtà. 

Ci fu un crack e Regulus alzò lo sguardo per vedere Kreacher in piedi al centro della stanza.

"Padron Regulus, il pranzo è pronto, signore, dove posso servirlo? In sala da pranzo o... quaggiù?" era chiaro dallo sguardo sul volto dell'elfo domestico, mentre esaminava il laboratorio, quale di quei due luoghi ritenesse più adatto.

Regulus aprì la bocca per rispondere quando Piton lo colpì.

"Proviamola su di lui."

Regulus si guardà alle spalle. "Usare lui?" ripetè muto.

Piton fece un cenno a Kreacher. "Testiamo la pozione su di lui."

"Che cosa?" chiese Regulus. "No. Non siamo... no. Non lo farò. Che cazzo di problemi hai?"

Piton alzò gli occhi al cielo. "Non è a questo che servono?"

Regulus stava iniziando ad arrabbiarsi per davvero e Boo potè percepirlo chiaramente, iniziò a picchiare il terreno con lo zoccolo, come se si stesse preparando a caricare.

"No, per niente. E poi ha un cazzo di nome".

Piton alzò di nuovo gli occhi al cielo. "Non essere ridicolo.""Sarei io il ridicolo?!" disse Regulus indignato. "Sei tu quello che suggerisce di usare il mio elfo domestico come topo da laboratorio."

"Ho visto elfi domestici usati in modi peggiori."

"Beh, non da me."

"Come ho detto, ridicolo."

"Okay, sai cosa..." Regulus fece un passo verso Piton, non del tutto sicuro di cosa avesse intenzione di fare, ma poi la voce di Kreacher lo portò alla realtà.

"C'è qualcosa che posso fare per i giovani Maestri?"

"No," disse Regulus, nello stesso momento in cui Piton disse "Sì."

I grandi occhi dell'elfo domestico rimbalzarono tra i due.

"Senti," Piton si fece avanti, ora parlando direttamente con Kreacher "abbiamo questa pozione e dobbiamo sapere se funziona..."

"Zitto Piton."

"—quindi dobbiamo provarlo su di te..."

"Stai zitto!"

"-va bene?"

E, naturalmente, Kreacher disse quello che Regulus sapeva che avrebbe detto. Quello che diceva sempre, ad ogni richiesta che i suoi padroni gli facevano. Che tutti i maghi gli facevano. Regulus l'aveva sempre odiato, lo odiava di più quando sua madre era lì. Cercava sempre di non chiedere troppo a Kreacher, anche se sapeva che non sempre ci riusciva. Sapeva che in quei giorni lo stava usando, ma non gli era mai sembrato giusto. Non era giusto chiedere cose ad una persona che non sapeva dire di no.

"Sarebbe un onore", disse Kreacher, gonfiando un po' il petto.

Piton lanciò a Regulus un'occhiata come a dire "ecco, vedi?" e fece venire voglia a Regulus di prendere a pugni la sua stupida faccia.

Poi si rivolse all'elfo domestico. "Kreacher, non devi farlo, davvero."

Ma Kreacher scosse solo la testa. "Mi piacerebbe aiutare il Maestro Regulus e il suo amico"

 Regulus trattenne a malapena una risata di scherno. Qualunque cosa fossero lui e Piton, di certo non eano amici.

"Fantastico," disse Piton, estraendo la sua bacchetta. "Se usiamo gli incantesimi giusti, dovrebbe proteggerci dall'inalazione del gas."

"Aspetta, aspetta", Regulus tese le mani, "non abbiamo nemmeno un antidoto".

Piton gli lanciò uno sguardo lungo e indifferente. "Non hai un antidoto per un sonnifero?"

Regulus strinse i denti. "Non sappiamo se funzionerà con questa nuova iterazione della pozione."

"Sì", disse Piton lentamente, come se stesse parlando con un idiota, "capire la reazione di questa pozione esattamente il motivo per cui dobbiamo testarla".

Si fissarono l'un l'altro per un momento, Regulus desiderava disperatamente di avere una sorta di risposta.

"Come ho detto," Piton continuò alla fine, con un'esasperante compiacimento nella voce. "Se ti senti a disagio nell'usare l'elfo, sono più che felice di testarlo su di te."

Non c'era modo che Regulus si permettesse di essere privo di sensi in presenza di Severus Piton. Accigliato, si girò verso Kreacher.

"Ti faremo addormentare per un minuto o due, va bene..."

"Beh, in realtà dovremmo vedere quanto dura, si spera almeno un'ora."

Regulus strinse i denti ma ignorò l'altro ragazzo. "Va bene per te?"

Kreacher annuìcon entusiasmo. "Voglio sempre servire la casata dei Black. Sono molto felice di essere d'aiuto al Maestro Regulus."

"Adorabile," disse Piton in sottofondo e Regulus sentì le sue mani chiudersi a pugno.

"Va bene", espirò. "Okay, quindi quando stacco la pozione non dovrai berla, dovrai solo inspirarla, capisci?"

Un altro cenno.

Regulus estrasse la propria bacchetta, lanciando l'incantesimo di protezione su se stesso e sentendo Piton, dietro di lui, fare lo stesso. Kreacher aspettò, fissandolo in attesa. Regulus si odiava. Perché sentiva che si stava approfittando di lui, ma non riusciva davvero a vedere altre opzioni, quindi con riluttanza tolse il tappo dalla bottiglia.

Non accadde nulla.

Fanculo.

Cosa avevano fatto di sbagliato? Avrebbero dovuto provare a cuocere sia la lavanda che i rametti di valeriana? Era così? Se non lo capivano-"

Ma poi, davanti ai suoi occhi, la pozione iniziò ad evaporare dalla fiala, scomparendo nell'aria.

"Non mi sento..." iniziò Kreacher, prima che il suo viso si allentasse. 

Regulus ebbe appena il tempo di far cadere la fiala di vetro e fare un passo avanti prima che Kreacher cadesse a terra. Lo prese appena in tempo, ammortizzandogli la testa mentre lo abbassava con cautela a terra.

Regulus si ritrovò almeno grato che quella fosse la pozione che avevano bisogno di testare. Kreacher sembrava tranquillo. Sarebbe potuto andare molto peggio. Sentì Piton muoversi dietro di lui.

"Eccellente", disse, anche se non sembrava particolarmente entusiasta. Non sembrava davvero contento. "Scriverò a Lucius."



Passarono due giorni da quando Regulus si ritrovò a Villa Malfoy. Si aspettava che Piton fosse lì, avevano armeggiato con la pozione negli ultimi giorni. Gli effetti sembravano durare per quasi tre ore, non erano così forti come quando veniva consumata per via orale ma erano più che sufficienti per quello per cui ne avevano bisogno. E la produzione di pozioni di massa non aveva prodotto alcuna diminuzione evidente dell'efficacia, almeno non finora.

Regulus iniziò a pensare che fosse quello il motivo per cui era lì, per discutere della pozione. Ma più a lungo l'elfo domestico lo lasciava in piedi da solo nell'atrio insopportabilmente grande senza alcun segno di Piton, più iniziava ad innervosirsi. Il gufo che aveva ricevuto era stato vago, affermando solo che la sua presenza era richiesta al Manor, per gli ultimi dettagli del colpo di stato da appianare. Era la calligrafia di Lucius. Regulus non ci aveva pensato molto. Ma forse avrebbe dovuto.

Unì i piedi, vedendosi accidentalmente nello specchio grande quasi quanto una parete accanto a lui. La sua cornice era fatta di fili d'oro intrecciati, fiori e putti che reggevano gli angoli. Non si... riconosceva per niente. Aveva perso peso, il che non avrebbe dovuto sorprenderlo, ma non se n'era accorto, le borse sotto gli occhi sembravano lividi, blu e viola. I suoi capelli erano cresciuti molto, i riccioli gli pendevano sul viso, sfiorandogli le spalle. Era più disordinato del solito.

Gli erano sempre piaciuti i suoi capelli, soprattutto quando era più piccolo, perché pensava che assomigliassero a quelli di Sirius. Fino al suo secondo anno a Hogwarts non aveva osato raddrizzarli e tagliarli. Poi lo fece, cercando di impedire alle persone di fare quei paragoni che una volta aveva desiderato così disperatamente di sentire.

Non sono per niente come tuo fratello.

Quello era ciò che aveva detto Piton.

No, pensò Regulus, fissando malinconicamente il suo riflesso. No, neanche io.

"Scusa per l'attesa," Lucius si presentò impettito lungo il corridoio, con gli stivali col tacco che emettevano quel caratteristico tintinnio a cui Regulus doveva sforzarsi per non sussultare. "Affari, sai com'è."

Regulus non aveva idea in realtà.

"Vai da qualche parte?" chiese Regulus, osservando il mantello da viaggio di Lucius.

"Stiamo andando da qualche parte", corresse l'uomo più anziano, tendendo il braccio. Dopo alcuni secondi Regulus si rese conto che Lucius voleva che si schierasse.

"Dove?" chiese, senza muoversi di un centimetro. Non c'era modo che andasse da qualche parte con Lucius.

"Ad incontrare dei nuovi amici, si uniranno a noi al Ministero. Dobbiamo dare loro un resoconto di ciò che accadrà".

"Perché io?" chiese Regulus scettico.

Lucius sbuffò agitando il braccio verso Regulus che ancora non si muoveva. Alla fine, Lucius alzò gli occhi al cielo. "Beh, Severus è stato mandato a svolgere un altro compito per il Signore Oscuro..."

"Quale compito?" Regulus chiese così velocemente da far ridere Lucius.

"Geloso?" e quando Regulus si rifiutò di rispondere, andò avanti. "Non preoccuparti, è molto meno divertente di quello che stiamo per fare noi. Ora andiamo."

"Dimmi dove stiamo andando Lucius, e mi smaterializzerò lì io stesso."

"Sei infantile."

Ancora una volta Regulus lo bloccò. Con lo sguardo assente, silenzioso e incrollabile. Era un trucco che aveva imparato da sua madre.

Lucius sbuffò. "Merlino, va bene, va bene. 88 Clements Avenue, Londra". 

E con ciò Lucius vorticò fuori dall'esistenza, lasciando Regulus con più domande che risposte.

"Clements," mormorò tra sé, scorrendo l'indirizzo una dozzina di volte. Era quasi certo di non aver mai sentito parlare di quella strada prima, il che significava che era probabilmente un'area popolata da Babbani. Si scervellò per sapere chi diavolo avrebbero potuto incontrare nella Londra Babbana, ma rimase senza parole.

Onestamente, avrebbe dovuto semplicemente andare a casa, Lucius se n'era andato, non c'era nessuno che potesse fermarlo. Eppure... dannazione se non era almeno un po' curioso. In tutti i suoi appunti e ritagli di giornale non aveva sentito nulla di Clements Avenue. E la parte implacabile del suo cervello si stava aggrappando a quella lacuna nella sua conoscenza.

Voleva che fosse riempita.

"Cazzo", sibilò sottovoce.

Un attimo dopo le sue scarpe stavano sbattendo contro il marciapiede di una strada residenziale fatiscente da qualche parte a Londra.

"Sicuramente ti sei preso il tuo tempo", diss Lucius, appoggiato al cancello principale di qualcuno.

Quella giornata era buia, fredda. Gli alberi stavano perdendo le foglie e lì tutto sembrava avere una sfumatura di grigio o marrone. Regulus si avvolse tra le braccia e cercò di ricordare l'ultima volta che aveva messo piede fuori casa.

"Che diavolo ci facciamo qui Lucius?"

C'era qualcosa che gli ricordava uno squalo nella bocca dell'uomo più anziano. "Te l'ho detto, stiamo incontrando i nostri amici." Indicò la noiosa casa di mattoni di fronte a loro che sfumava in quella accanto. Erano circondati su entrambi i lati da case senza confini. Finivano l'una nell'altra in modo che la strada diventasse solo muri di mattoni. C'era poco verde. Le case lì non avevano giardini, solo erbacce invase che spuntavano dal cemento incrinato.

Seguì Lucius lungo la piccola passerella fino ad una porta a zanzariera bianca che Lucius spalancò senza tante cerimonie. Nemmeno la briga di bussare. Dentro era un po' buio e un po' angusto e un po' caldo. Le pareti erano pulite ma prive di foto, arte o poster. C'era un tavolo nella stanza d'ingresso coperto di fogli- con appunti scarabocchiati e mappe - due uomini in piedi, uno  fumava, e nessuno dei due alzò lo sguardo quando Lucius e Regulus passarono.

Regulus potè sentire dei passi ai piani di sopra e delle voci provenienti dalla stanza di fronte. Più andavano avanti, più iniziava a capire che quella non era una casa. Non una casa dove vivevano delle persone. Era un quartier generale.

Entrarono in una cucina con quella che era una carta da parati rosa ora sbiadita in un bianco torbido. Come il soggiorno, c'erano solo carte e mappe ovunque. Piatti ammucchiati nel lavandino e sopra il fornello, contenitori da asporto accatastati in alto nell'angolo. Il tutto dava l'impressione che si trattasse di uno spazio raramente utilizzato per cucinare.

Al tavolo in mezzo alla stanza c'era un gruppo di persone che conversavano, tazzine di caffè strette in mano. Quando Regulus li vide, all'improvviso si rese conto che quello era l'odore che sembrava permeare l'intera casa. Caffè. Al centro della conversazione c'era un uomo più grosso e burbero che Regulus aveva già visto.

Fenrir Greyback.

Lupi mannari.

Regulus iniziò improvvisamente a fare il punto sulle persone che aveva visto, sui rumori. Quella casa era piena ma l'ultima volta che aveva controllato, Greyback aveva appena una dozzina di seguaci. Un alleato alquanto sgradevole per il Signore Oscuro. Era chiaro che le cose fossero cambiate.

Lucius si fermò davanti al tavolo e si schiarì la voce. Sembrava fondamentalmente fuori posto con il suo aspetto pignolo e le sue vesti costose. Non è che qualcuno lì fosse vestito di stracci, ma c'erano molte più felpe e jeans strappati che seta e velluto.

Greyback alzò lo sguardo, sorridendo, e Regulus dovette lavorare per mantenere la sua espressione neutra alla vista dei suoi denti. 

"Ah, Malfoy, piacere di vederti. Ero preoccupato che ti fossi perso per un momento."

"Sì, mi scuso per l'attesa", anche se non suonava nemmeno dispiaciuto. "Sono venute fuori delle cose, capisci cosa voglio dire?"

"Certo," Greyback stava ancora sorridendo, anche se dai suoi occhi era chiaro che non avesse perso il tono sprezzante delle parole di Lucius. 

"Allora, parliamo? Forse da qualche parte un po' più... tranquillo?" chiese Lucius, guardando la cucina con aperta antipatia. Regulus non pensava che quello sembrasse un modo particolarmente intelligente per gestire quel tipo di interazione, ma non aveva intenzione di intervenire. Francamente, avrebbe pagato un sacco di soldi per guardare Greyback dare un morso a Lucius.

"Certo," Greyback rispose di nuovo, questa volta alzandosi dal suo posto e torreggiando su entrambi. Regulus era francamente sorpreso che la sua testa non sfiorasse il soffitto. "Parliamo di sopra. Luce," guardò una delle donne ancora seduta. "Vai a prendere il ragazzo, ok?"

La donna annuì, apparentemente senza alcun dubbio su chi fosse"il ragazzo". Scivolò oltre Lucius e Regulus mentre usciva dalla stanza, facendo inarcare la fronte a Lucius.

"Il ragazzo?"

Greyback stava sorridendo di nuovo. "Hai il tuo principe," fece un cenno a Regulus. "E io ho il mio."

Regulus aveva davvero bisogno di fare qualcosa per quello stupido soprannome del cazzo.

Si aspettava che Lucius litigasse, insistesse sul fatto che nessuno stesse nella stanza con loro, non sembrava che gli importasse molto di offendere Greyback finora. Ma non lo fece, invece seguirono silenziosamente dietro l'omone mentre li conduceva al secondo piano.

Passarono davanti ad un sacco di persone - sulle scale, nei corridoi, nelle stanze in cui camminavano - e Regulus fu colpito ancora una volta dalla curiosità: da dove venivano tutti? E come mai non erano stati arrestati? Anche se sospettava che Lucius avesse qualcosa a che fare con quello.

"Dopo di te," disse Greyback seccamente mentre fece loro cenno di entrare in una piccola stanza vuota. Non solo era vuota di persone, ovviamente, ma vuota di qualsiasi cosa tranne alcune sedie di legno e una mappa appiccicosa della metropolitana di Londra. Regulus si ritrovò momentaneamente distratto da essa. Non era mai stato nella metropolitana Babbana prima, ma l'idea di un treno sotterraneo lo attraeva, se non altro per l'ingegneria. La risoluzione dei problemi. Come avevano fatto a gestirla senza la magia, si chiese. Cosa impedisce alla terra di crollare?

"Stiamo aspettando il tuo amico, immagino?" disse Lucius, mentre Greyback si siedeva sgraziato su una delle sedie di legno. Cigolò sotto il suo peso.

"Esatto."

Lucius non si sedette. Né si appoggiò. Regulus aveva la netta impressione che stesse facendo del suo meglio per non toccare nulla.

Non aspettarono molto, solo altri cinque minuti prima che Regulus sentisse la porta aprirsi, la sua attenzione ancora una volta catturata dalla mappa sul muro.

"Divertente", disse Greyback. "Ricordodi aver chiesto un solo insopportabile so tutto io."

"Sì, beh, ne hai avuti due. Congratulazioni."

Regulus si girò, sbattendo le palpebre verso i due ragazzi che erano appena entrati nella stanza. Gli ci volle un minuto. Non perché non lo riconoscesse, ma perché l'idea che fosse lì in quella stanza era così assurda che il suo cervello si rifiutava semplicemente di escluderlo. E quando la realtà continuò a persistere e il volto davanti a lui non cambiò, gli venne da ridere.

"Regulus?" chiese Lucius, suonando sinceramente sorpreso.

Ma lui solo...non ce la faceva. Si guardò intorno, chiedendosi se qualcun altro avesse colto la battuta, ma aveva incontrato solo facce leggermente allarmate. Per la prima e unica volta nella sua vita, Regulus si ritrovò a desiderare che Severus Piton fosse lì.

Perché davanti a lui.

Audace come sempre.

C'era Remus Lupin.

Remus fottuto Lupin.

Il solo pensiero del suo nome fece ridere Regulus di nuovo.

Era così assurdo. Come poteva nessuno di loro vedere quanto fosse assurdo?

Quanto era incredibile.

"Tutta quella consanguineità ti rende davvero un po' stravagante, vero?" disse Greyback, suonando leggermente divertito.

Il problema era, si rese conto Regulus, che nessuno di loro era lì. Ad Hogwarts. Nessuno di loro aveva mai visto James e Sirius e Lupin e Minus. Non capivano. Non capivano che Remus Lupin non avrebbe mai cambiato fazione. Non avrebbe mai tradito i suoi amici. Ed era mentre stava pensando questo che gli venne in mente un altro pensiero. Probabilmente quello che avrebbe dovuto avere per primo.

"Sei un lupo mannaro?" si strozzò, lottando per tenere sotto controllo i suoi isterismi.

Remus sembrava completamente a disagio, forse era un po' come se si sentisse male, il ragazzo accanto a lui guardava tra lui e Regulus.

"Voi due vi conoscete?" chiese a Lupin in particolare. Remus vacillò per un minuto prima che Lucius intervenisse utilmente.

"Amici di scuola, non è vero Regulus?"

Per la prima volta Lupin incontrò il suo sguardo ma poi lo distolse rapidamente.

"Più conoscenti in realtà", disse Regulus in tono piatto.

"Piccolo il mondo," Greyback era chiaramente disinteressato, anche se il ragazzo accanto a Lupin continuava a guardarlo come se volesse dire qualcosa. Voleva capire. Il che era interessante.

"Allora Malfoy, dimmi, hai un piano?" Greyback si appoggiò allo schienale della sedia con le gambe divaricate. Aveva la collottola per la barba e gli occhi intelligenti, cicatrici che segnavano la sua pelle colpita dalle intemperie. Regulus si aspettava che quello fosse un uomo spesso sottovalutato.

"Certo", disse Lucius senza intoppi. "Il nostro piccolo maestro di pozioni qui è riuscito a creare una versione di un Dormiente che diventerà un gas se esposto all'ossigeno. Io ed alcuni altri che hanno ancora legami all'interno del Ministero stiamo lavorando per ottenere l'accesso ai loro camini", sorrise. O forse era più un ghigno. "È stato incredibilmente facile."

"Penso che la maggior parte delle cose lo siano per te", disse Greyback.

Se si aspettava umiltà da Lucius non la ricevette, l'uomo biondo chinò semplicemente la testa in segno di accordo. "Le pozioni passeranno prima attraverso il camino, verranno stappate, e poi le seguiremo, divise in squadre, ognuna affrontando piani diversi allo stesso modo".

Greyback sembrò pensarci per un momento prima di parlare di nuovo. "E come dovremmo esattamente superare il gas senza addormentarci?"

"L'incantesimo testa-bolla è stato finora efficace", Lucius guardò Regulus per conferma e Regulus annuì.

"Non funzionerà per noi", disse Greyback senza mezzi termini, provocando un'espressione confusa sul viso di Lucius.

"Oh?" chiese carino. "E perché? I lupi mannari hanno sviluppato improvvisamente una sorta di immunità alla magia di cui non sono a conoscenza?"

"No, ma alcuni di noi sono a disagio con la magia."

Lucius fece un verso di scherno. "Ah, capisco, beh, sono sicuro che potremmo trovare qualcuno disposto a lanciare incantesimi sui tuoi cuccioli ombrosi."

Il ragazzo accanto a Lupin ringhiò, il che onestamente non aiutò molto, ma Lupin gli mise una mano sul braccio, mettendolo in riga.

"No", disse ancora Greyback. "Sono a disagio all'idea di avere una magia lanciata su di loro, non con la magia in generale. Dovremo trovare un altro modo".

Lucius ora era chiaramente infastidito. "Fai delle richieste, adesso?" c'era un filo di minaccia nella sua voce che Greyback ovviamente colse, si sporse in avanti, i gomiti sulle ginocchia, le mani giunte.

"Esatto" disse lentamente e deliberatamente, guardando proprio Lucius, le sue pupille tremolarono tra sfere rotonde e fessure.

"Starei attento Greyback se fossi in te", dice Lucius, ma l'uomo più grande sorrise soltanto, mostrando tutti i suoi denti.

"Oh, ma non credo di aver bisogno di esserlo", disse con sicurezza. "Perché non saresti mai venuto da noi se non fossi disperato. Non pensare che non lo sappia. Hai bisogno di persone e io le ho, ma questo non significa che mi piegherò e mi lascerò scopare come vuoi tu. Ora, trovate un modo per proteggere la mia gente senza la magia, o prendete il Ministero da soli, senza di noi".

La stanza era silenziosa, i due uomini avevano gli occhi solo l'uno per l'altro. Lucius non era Piton, non era accigliato o nervoso, ma c'era innegabilmente qualcosa di antagonista agli angoli dei suoi occhi e nella leggera flessione della sua bocca. "Stai sopravvalutando la tua importanza", disse alla fine. "Dopotutto, abbiamo ancora il supporto del gruppo dalla Bulgaria".

Greyback sbuffò rudemente. "I bulgari sono nel migliore dei casi alleati volubili, hanno i loro ministeri e gli Auror con cui confrontarsi. La metà di loro è già tornata. Potrebbero essere in grado di aiutarti a prendere il controllo come hanno fatto l'ultima volta, ma non saranno in grado di aiutarti a mantenerlo. E tu ed io sappiamo entrambi che è ciò che interessa a Voldemort ora. Inoltre", sorrise, lasciando che i suoi canini gli scivolassero sul labbro inferiore, "siamo molto più spaventosi".

Regulus pensò di vedere Lupin sussultare.

Era chiaro da ogni angolo rigido del corpo di Lucius che non era un uomo abituato ad essere messo così alle strette. Le sue dita si contrassero minacciosamente vicino al manico della sua bacchetta. Regulus non sapeva se Greyback avesse una bacchetta con lui, ma si chiese anche se Lucius sarebbe stato in grado di lanciare una sola maledizione prima che Greyback gli mettesse i denti al collo. E questo era tutto ciò che serviva. Non avrebbe nemmeno dovuto ucciderlo. Bastava prendere un buon boccone.

Aveva la sensazione che Lucius stesse pensando esattamente la stessa cosa.

"Regulus," disse infine Lucius, un tono educato e fragile. "Perché tu e gli altri bambini non correte e cercate di trovare una soluzione a questo problema? Lasciate qui gli adulti a parlare".

Greyback rise, strofinandosi la mascella. Ma non rispose.

"Non puoi dirci cosa fare", ringhiò il ragazzo accanto a Lupin.

Lucius non lo guardò nemmeno, non distolse gli occhi da Greyback. E dopo un'altra lunga pausa il lupo mannaro parlò.

"Fai come dice Gabe."

"Io-"

La testa di Greyback scattò nella sua direzione. "Vuoi andare là fuori e dire a quelle persone che avremo dei maghi che eseguiranno magie su di loro? Che dovranno avere addosso degli incantesimi per ore?"

Le labbra del ragazzo si unirono insieme in una linea decisa.

"È quello che pensavo. Vai avanti, usa il seminterrato, non credo ci sia nessuno laggiù."

Con un ultimo sguardo ammutinato il ragazzo si girò, sbattendo la porta mentre usciva, un Lupin piuttosto rassegnato guardava da Greyback a Lucius, prima di seguirlo.

"Beh," disse Lucius a Regulus, più furbo di quanto non fosse quella mattina. "Vai con loro, assicurati che non siano laggiù a strofinarsi la pancia a vicenda o qualunque cosa diavolo facciano i licantropi."

Regulus avrebbe potuto giurare di aver visto qualcosa di infuocato passare sulla faccia di Greyback.



Dovette correre per raggiungere Lupin e l'altro ragazzo - Gabe, lo aveva chiamato Greyback. Fecero un rapido lavoro nella casa stretta, calpestando il seminterrato che era più freddo che mai, le pareti e i pavimenti incompiuti, uno scarico in mezzo alla stanza che trascinava tutto giù in un pendio. C'era un unico tavolo di metallo e diverse scatole accatastate negli angoli.Gabe saltò sul tavolo, incrociando le braccia sul petto e sembrando quasi infelice di essere lì, come Regulus.

"Va bene allora, come diavolo faremo ad impedire che il gas ci metta fuori combattimento?"

C'era una risposta ovvia che aspettava che uno di loro parlasse, ma invece Gabe fissava Regulus molto acutamente e Remus fissava molto acutamente il pavimento. Regulus lasciò che il silenzio proseguisse per qualche altro minuto prima di rivolgere la sua piena attenzione a Gabe.

"Hai una pergamena? Riesco a pensare sempre meglio con una penna in mano."

Gabe gli lanciò uno sguardo divertente. "Ehm... voglio dire, avete carta e penna?"

Certo che l'avevano. "Va bene. Grazie."

Gabe si spinse giù dal tavolo, dando un'occhiata a Remus prima di salire le scale due alla volta.

"Torno tra un secondo" disse, prima di scomparire.

Ci fu un momento di silenzio.

"Voi due sembrate uniti," disse infine Regulus, guadagnandosi un'occhiata tagliente da Lupin.

"Non farlo."

"Non fare cosa?" Regulus spinse. "Voglio dire, non riesco ad immaginare che tu stia ancora con mio fratello, considerando l'evidente cambiamento di direzione che ha preso la tua vita. A proposito, sa che sei un lupo mannaro?"

Remus lo guardò in silenzio.

"Sai, è divertente, dato il tuo evidente profondo impegno per la causa, che tu non possa trovare una singola soluzione al nostro problema qui."

"I gas non sono la mia specialità," disse Remus in tono piatto.

"Oh andiamo Lupin, non dovevi essere tu quello intelligente? Il cocco dei professori?"

Lupin era tornato a fissarlo.

"Davvero? Niente? Sei cresciuto con una mamma Babbana e con la sua famiglia e ti aspetti che io creda che non hai mai sentito parlare di una maschera antigas? È quasi come se non ci stessi nemmeno provando."

Questo ottenne una reazione. "E chi ti ha detto che sono stato cresciuto da mia madre Babbana? James?" c'era qualcosa di vagamente freddo in quelle parole. Tradimento, pensò Regulus.

"Potrebbe essere stato lui, o potrebbe essere stato Sirius. Non riesco a ricordare a dirti la verità" essendo stato vicino, in momenti diversi, ai due uomini che avevano sempre amato di più Remus Lupin, Regulus aveva raccolto a malincuore un bel po' di informazioni su di lui. "In ogni caso, il mio punto è ancora valido."

Gli occhi di Lupin si restrinsero. "Come fai a sapere delle maschere antigas Babbane?"

"Ho passato la maggior parte dell'ultima settimana a lavorare su una pozione che si trasforma in un gas, pensi che non abbia fatto alcuna ricerca?"

"Sulle invenzioni Babbane?" chiese Lupin scettico.

Regulus fece spallucce. "Dover superare i problemi senza la magia offre ai Babbani una prospettiva diversa sugli elementi rispetto a quella che abbiamo noi, richiede loro di essere più inventivi. A volte raccolgono dati che a noi mancano. La maggior parte delle tecnologie Babbane sono davvero affascinanti."

Lupin gli lanciò uno sguardo strano. "Questa è un'opinione interessante per un Mangiamorte", disse alla fine.

Regulus lo fissò con aria assente. "Disse il Mangiamorte."

Vide un intero spettro di emozioni giocare sul viso di Lupin. Prima l'indignazione, l'insulto, poi la realizzazione, mentre ricordava il ruolo che doveva interpretare, e infine, la paura. Per essere stato scoperto.

"Attento Lupin," disse Regulus piano, incapace di fermare il piccolo rialzo all'angolo della bocca. "La tua maschera sta scivolando."

Non che ne avesse mai avuta una, tanto per cominciare.

Il viso di Lupin divenne mortalmente pallido. "Regulus.."

Ma il rumore dei passi che scendevano le scale lo interrumpe.

"Allora," disse Gabe, saltando gli ultimi due gradini e scaricando un blocco di carta e penna sul tavolo. "Stavo pensando, i Babbani hanno queste cose, si chiamano maschere antigas, le usano nelle guerre e cose del genere. Forse quelle potrebbero funzionare?" li guardò in attesa.

Regulus sorride soltanto. "Wow, maschere antigas?" il suo sarcasmo era tutto su Gabe. "Dimmi di più."

E il ragazzo, che Dio lo benedica, lo fece.



Dopo fu tutto piuttosto semplice. Trovare un posto dove acquistare le maschere, assicurarsi che avessero il tempo di testarle prima del grande giorno, assicurarsi che reggessero alla pozione. Gabe si occupò della maggior parte dell'organizzazione, mentre Lupin si contrasse nervosamente accanto a lui. Regulus non potè fare a meno di goderselo, solo un po'.Quando tornarono dal seminterrato trovarono Lucius e Greyback in piedi nell'ingresso, nessuno dei due morti, sanguinanti o morsi, quindi Regulus immaginò che il loro discorso fosse andato abbastanza liscio.

"Regulus?"

Si guardò alle spalle. Lupin era in piedi sulla soglia della cucina, Gabe era scomparso nella stanza dietro di lui, presumibilmente si era unito al gruppo di persone ancora sedute intorno al tavolo.

"Posso... possiamo parlare?" si avvicinò a Regulus, mantenendo la voce bassa, gli occhi che saettavano sopra la testa di Regulus in direzione di Lucius e Greyback. Regulus era incredibilmente tentato di dire di no, tuttavia, alla fine, la sua curiosità ebbe la meglio.

"Sicuro."

Lupin annuì rigidamente prima di indicare il soggiorno vuoto alla destra di Regulus. Non c'era una porta e lo spazio era piuttosto piccolo, ma doveva farlo.

"Regulus!" Lucius scattò prima che potesse entrare nella stanza. "Abbiamo finito qui, andiamo, non è il momento di socializzare". Regulus strinse i denti.

"Non sei il mio custode Lucius," disse chiaramente. "Sentiti libero di andartene senza di me", ignorò lo sguardo scandalizzato sul viso dell'uomo più anziano, senza preoccuparsi di aspettare una risposta.

Lupin aveva le sopracciglia alzate quando Regulus entrò nella stanza, ma ignorò la domanda dietro di loro. Non era interessato a discutere di Lucius Malfoy.

"Avanti allora, parla", incrociò le braccia sul petto, entrambi abbracciati al muro vicino alla porta, guardando fuori nel caso qualcuno si avvicinasse.

"Qualunque cosa pensi di sapere, non è come sembrava al piano di sotto, faccio parte di tutto questo. Parte di questo b-branco" lottò su quell'ultima parola, come se gli si fosse conficcata in gola durante la salita. "Mi impegno in questo al cento per cento."

Regulus restò lì per un momento. Più a lungo di quanto fosse socialmente accettabile. Guardando Lupin agitarsi.

"Sei davvero pessimo in questo, lo sai?" disse alla fine.

Lupin emise un respiro, le spalle che rotolarono in avanti mentre si appoggiava al muro. Regulus pensò quasi che avrebbe confessato in quel momento, ma invece snocciolò un debole "Sono dalla tua parte. Te lo prometto."

"Beh, considerami convinto."

Lupin fece una smorfia ma non si preoccupò più di patetiche dichiarazioni di fedeltà al lato oscuro. Invece la coppia tacqe, permettendo a Regulus di accogliere adeguatamente il ragazzo cencioso di fronte a lui. Lupin aveva davvero un aspetto terribile. Appena meglio di Regulus. Non potè fare a meno di chiedersi come avrebbe fatto a vincere questa guerra se tutti si stavano uccidendo da soli prima che fosse finita.

"Sirius e James," la voce di Regulus uscì più morbida di quanto intendesse fare, gli occhi si spostarono sopra la sua spalla per assicurarsi che fossero ancora soli. "Come stanno?" Era una domanda sconsiderata, ma d'altronde Lupin era stato altrettanto sconsiderato lì.

L'altro ragazzo alzò lo sguardo, gli occhi curiosi mentre correvano sul viso di Regulus, come se stessero cercando di capire qualcosa. Si chiese se Lupin avrebbe continuato davvero a fingere che entrambi non sapessero che stava ancora lavorando per l'Ordine, ma poi parlò:

"Stanno... stanno bene. Sirius è frustrato. Si sente come se fosse... messo da parte".

"Lo è?"

Lupin espirò, "Sì", si strofinò gli occhi. "Sì, lo è. Non si fidano di lui".

No. Come potrebbero. Con una famiglia come la sua.

Con un fratello Mangiamorte.

"Mi chiedevo perché hanno mandato te e non lui, è un bugiardo migliore di te."

Lupin rise piano e senza molto umorismo. "Lo prenderò come un complimento."

Non lo era. Ma Regulus poteva capire perché sembrava essere confuso. "Se lo desideri."

"Inoltre, la cosa del lupo mannaro aiuta."

Regulus annuì, cercando ancora di avvolgere la sua mente su questo. A come aveva fatto a non accorgersene. In realtà gli dava fastidio. James non lo aveva mai potuto incontrare durante la luna piena, e Lupin era sempre così malaticcio, e quelle cicatrici... era fottutamente imbarazzante che non l'avesse capito.

"In bocca al lupo allora."

Lupin si irrigidì. "Sì, non è divertente."

Regulus gli lanciò una lunga occhiata; "Suppongo di no", anche se non era davvero sicuro di scherzare. Non sapeva molto sui licantropi, su come si comportassero, su come si accoppiassero, su cosa potessero e non potessero controllare, anche se aveva intenzione di studiare dopo oggi. Non gli piaceva essere all'oscuro di qualcosa.

"E...?" Regulus pungolò quando Lupin non andò avanti da solo.

"E James è... James. Cerca di tenerci tutti insieme. Cerca di superare la morte dei suoi genitori," Lupin fece una pausa e poi; "Si è trasferito a casa loro con Lily."

Ah.

"E loro... be', si aspettano un..."

"Regulus!" Lucius gridò dall'ingresso. "Andiamo!"

Le mani di Regulus si strinsero a pugno, le unghie gli mordevano i palmi. Ovviamente Lucius era rimasto. Se pensava che Regulus tornasse al Manor era fuori di testa. Regulus stava andando a casa. Era stanco e poteva sentire le pozioni che aveva preso quella mattina svanire.

"Ti sta sempre dietro, vero?" disse Lupin, casualmente. Come se Lucius fosse una piccola irritazione.

"Regulus!"

"Gesù Cristo," Regulus alzò gli occhi al cielo, girandosi verso la porta.

"Aspetta-"

Lo fece, guardando indietro verso un Lupin il cui panico era riemerso.

"Vuoi... cazzo hai intenzione di... dirglielo?"

Dirglielo.

Che Remus Lupin era ovviamente una spia.

Che senza dubbio ogni dettaglio del loro piano sarebbe stato meticolosamente riferito a Silente e ai suoi amici Auror.

Che avrebbero fallito.

"Dirgli cosa?" disse infine, voce piatta. "Non so niente."

Era felice che l'ansia e la paura che quelle parole gli avevano causato non uscirono dalla sua bocca e non trasparirono sul suo viso. Lo avrebbe esporto completamente.

Lupin aveva di nuovo quello sguardo curioso negli occhi. "Non riesco a capirti", disse alla fine. E Regulus quasi rise. Perché non era nemmeno sicuro di essersi mai capito da solo.

"Lo prenderò come un complimento."

Lupin gli rivolse un debole sorriso. "Se lo desideri."



Regulus uscì nel corridoio, Greyback se n'era andato, non sapeva dove, Lucius era in piedi davanti alla porta con le braccia incrociate e uno sguardo duro sul viso.

"Che diavolo stavi facendo?" chiese.

"Ti avevo detto di andartene senza di me", fu tutto ciò che disse Regulus mentre lo sfiorava e si spingeva fuori. Immediatamente dovette avvolgere le braccia attorno al busto, dopo aver dimenticato quanto faceva freddo. La luce aveva lasciato quasi completamente il cielo, portando con sé anche la suggestione del calore del sole.

"Dove stai andando?" chiese Lucius mentre lo seguiva.

Regulus non si girò. "A casa."

"Torni in quella vecchia casa tutto solo? Vieni dai, vieni al manor e noi..."

Regulus non sentì il resto dell'offerta, si gettò nello spazio, permettendo al suo corpo di essere scomposto e riformato sul portico di casa sua. C'era stato un tempo in cui la vista di quel posto lo riempiva di terrore. Ma ora, beh...ora era l'unico posto in cui voleva stare la maggior parte del tempo.

"Maestro Regulus, sei a casa?" Kreacher gridò mentre Regulus chiudeva la porta alle sue spalle.

"Sì, sono io Kreacher", aggiustò rapidamente le sue protezioni e poi si diresse verso il camino per chiudere la linea della metropolvere. Non voleva che Lucius provasse a mettersi in contatto con lui. Avrebbe potuto mandare Narcissa a fare il lavoro sporco per lui, ma Regulus avrebbe attraversato quel ponte quando sarebbe arrivato.

"Presto vorrai la tua cena, signore?" chiese Kreacher, quando trovò Regulus appoggiato al camino, le dita che si avvolgevano intorno, fissando il loro ritratto che sua madre aveva dipinto secoli prima. Due facce piccole che lo fissavano con le palpebre aperte.

"No grazie," borbottò infine. "Non ho fame."

"Signore, oggi non ha mangiato niente!"

"Ho mangiato mentre ero fuori", mentì.

Kreacher fece un verso di disapprovazione. "Sono un elfo domestico, signore, non un idiota."

Regulus sbuffò, lanciando a Kreacher un sorriso da sopra la sua spalla. "Lo so. Te lo prometto."

Il suo visino si addolcì. "Ha bisogno di mangiare."

"Lo so, lo so che lo so", tornò al dipinto. Ricordava di essere rimasto colpito dalle somiglianze quando era stato fatto per la prima volta. Era come guardarsi allo specchio. Ora non riusciva a riconoscere nessuno dei volti. "Vado a fare un pisolino", disse alla fine, voltandosi per affrontare Kreacher. "Mangerò dopo, va bene?"

L'elfo domestico non sembrava convinto ma non spinse nemmeno la questione. "Te lo terrò caldo in cucina, signore."

Regulus sorrise in un modo che sperava fosse rassicurante. "Grazie."

Era una lunga salita fino alla sua stanza. Alle bottiglie nascoste dietro lo specchio. Si allontanò dal suo riflesso quando bevve le pozioni. Bevve finché non smise di sentire tutti i suoi pensieri. Poi passò davanti al suo letto, uscì dalla porta e si diresse in fondo al corridoio.

Entrò dritta nella stanza di Sirius.

Non andava mai lì.

Cercava di fingere che non esistesse.

Ma quel giorno si sentiva  nostalgico.

Quel cazzo di Remus Lupin.

Il letto era coperto di polvere ma lui non era in condizione di preoccuparsene, scivolò sotto le coperte e le avvolse intorno a sé, fingendo che non sarebbe volentieri finito in una trappola tra pochi giorni.

E per un po', le pozioni gli fecero persino credere che fosse vero.



Regulus, generalmente, non era una persona nervosa. Ma la mattina prima che attaccassero il Ministero non riusciva a stare fermo. Aveva preso un po' di pozione calmante, ma non era abbastanza. Non voleva essere sballato in un giorno del genere. Non completamente. Forse aveva sbagliato. Ma ormai era troppo tardi.

Kreacher fu abbastanza gentile da non menzionare che aveva svegliato di nuovo Regulus nel letto di Sirius. Kreacher non aveva mai niente di carino da dire su Sirius, ma sapeva che Regulus odiava quando iniziava a parlare di lui. Non necessariamente perché non era d'accordo con quello che pensava di suo fratello, ma perchè gli ricordava troppo sua madre.La madre di cui aveva ignorato i gufi. Aveva ignorato le chiamate via camino. Non andava in Scozia da un po' e si sentiva male per questo. Ma sapeva che nel momento in cui suo padre lo avesse visto, lo avrebbe capito. Lui solo... lo avrebbe capito. E gli si sarebbe spezzato il cuore vedere che relitto era diventato Regulus. Quindi, davvero, faceva bene a stargli lontano.

Per le 8:00 Regulus era a Malfoy Manor, la villa era già un po' caotica, le persone entravano ed uscivano, prendendo accordi dell'ultimo minuto. Vide i licantropi in fondo ad un corridoio. Vide Remus Lupin i cui occhi incontrarono brevemente i suoi prima che entrambi distogliessero lo sguardo. Forse entrambi ugualmente vergognosi ma per ragioni diverse.

Regulus avrebbe potuto cambiare idea. Sarebbe potuto andare da Lucius in quel preciso momento e dirgli che erano stati traditi. Che Alastor Moody sarebbe stato quasi sicuramente pronto per loro. Ci pensò, ci pensava ogni volta che vedeva Lucius spostarsi tra le stanze, discutere, assicurarsi che tutto fosse a posto.

Ma se lo avesse fatto.

Se lo avesse detto.

Poi avrebbero ucciso Lupin.

Sapeva che lo avrebbero fatto.

E beh... Regulus aveva già ucciso i genitori di James. Non poteva prendere anche suo fratello.

Il che era forse una ragione debole per un atto così grande. Forse era il motivo sbagliato per fare la cosa giusta. Ma se doveva essere davvero brutalmente onesto con se stesso, era per questo che lasciò che Lucius se ne andasse.

"Sono così fottutamente eccitato", disse Evan accanto a lui, rimbalzando sulla punta dei piedi e allungando le braccia come se si stesse preparando a correre una maratona. "Sarà fantastico."

Regulus non disse nulla, fissò molto acutamente le porte d'ingresso, osservando le persone che sfilavano. Quella mattina aveva visto brevemente Narcissa. Non si faceva vedere spesso, ma si metteva le mani sulla pancia abbastanza spesso da non dimenticare che fosse incinta. Regulus aveva scoperto che non riusciva a guardare. Era grato che non avesse provato a parlargli.

"Oh," Evan gli diede una gomitata, "su col morale, sembri depresso."

"Hai una quantità di energia malsana stamattina, sto solo cercando di bilanciarti", disse Regulus, toccando ancora una volta nervosamente le dita contro il lato della sua coscia. Aveva solo bisogno di farla finita. Aveva solo bisogno di sapere quanto sarebbe stato brutto.

"Penso che scoprirai che ho la giusta quantità di energia, grazie mille", e poi continuò "anche se è possibile che io abbia bevuto tipo tre espresso."

Regulus si accigliò un po'. "Cristo."

"Volevo solo assicurarmi di essere sveglio, sai come sono la mattina."

Lo sapeva.

"Mi piaci al mattino, sei un disastro, ed è incredibilmente divertente."

Evan sbuffò. "Aw tesoro, mi dici sempre queste paroline dolci", si allungò e scompigliò i capelli di Regulus. Reg allontanò la mano, il che fece solo ridere Evan ancora di più. Fu in quel momento che Piton entrò dalla porta.

Sembrava nervoso, comunque più nervoso del normale, e i suoi occhi scrutarono la stanza finché non si posarono su Lucius verso il quale si diresse direttamente.

Regulus non vedeva Piton da giorni, era stato in una sorta di missione speciale, o almeno questo era ciò che Lucius aveva continuato a dire, mai disposto a condividere nessuno dei dettagli. Al momento i due uomini in questione si stavano scambiando una serie di sussurri dall'aria seria, poi Lucius indicò la direzione del suo studio e Piton se ne andò di nuovo.

"... pensi che si possa morire per un'overdose di caffeina?" Evan continuava a divagare. "No, vero? Non può essere una cosa reale, vero? Dovrebbero mettere un'etichetta di avvertimento sulle tazze da caffè, vero?"

"Conserva quel pensiero Evan", disse Regulus mentre si staccava dal muro e iniziava a seguire Piton . "Torno tra un secondo."

Si fece strada attraverso la casa indaffarata. Da lì non sarebbero stati tutti in grado di raggiungere il Ministero, quindi stavano tutti cercando di capire da dove potessero entrare, quale caminetto potessero usare. C'erano dei dipinti, nella galleria in Scozia, di cavalieri Babbani, vestiti con un'armatura e montati su cavalli, che caricavano in battaglia e si rialzavano dopo che tutto era finito. Si chiese se sarebbe stato così anche per loro, prima che scendessero in campo. Caos, nervosismo e urla sulla pista da ballo.

Beh, ok, forse non l'ultima parte.

Il corridoio vicino allo studio di Lucius era sorprendentemente vuoto, abbastanza lontano da tutto che nessuno si era preso la briga di girovagare. La porta era chiusa e Regulus era quasi certo che Piton avesse lanciato una sorta di incantesimo silenziatore, ma si diresse comunque verso di essa, abbracciando il muro, ascoltando attentamente.

Rimase scioccato quando sentì davvero delle voci.

"... tutto qui?"

"Penso che potrebbero essere di più, ma sfortunatamente non ci sono riuscito ascoltare tutto, ero... beh, il barista mi ha trovato e ho dovuto fare un'uscita veloce".

"Capisco."

Stava parlando con il Signore Oscuro, la sua voce era inconfondibile, doveva aver usare il camino perché non era possibile che Voldemort fosse riuscito ad intrufolarsi al Manor senza che nessuno se ne accorgesse.

"Hanno sospettato qualcosa?"

"Non lo so", ammise Piton. "Ma mi hanno lasciato andare subito e prima di venire qui mi sono assicurato che non mi avessero seguito, quindi non possono sospettare molto".

Ci fu una lunga pausa e Regulus tese le orecchie, ascoltando ogni segno che gli suggerisse che Piton sarebbe potuto essere diretto verso la porta, ma non ci furono stridii di sedie o cigolii delle assi del pavimento. Solo completo silenzio.

Poi:

"Dimmi di nuovo", chiese l'Oscuro Signore.

Riuscì a sentire Piton prendere un respiro profondo, come se si stesse preparando, "la donna veggente ha detto: colui che ha il potere di sconfiggere l'Oscuro Signore si avvicina... Nato da coloro che lo hanno sfidato tre volte, nato alla fine del settimo mese."

La donna veggente.

Piton aveva spiato un veggente.

Un veggente che aveva appena profetizzato la potenziale caduta dell'Oscuro Signore.

"Grazie Severus," disse infine Voldemort. "Hai fatto un buon lavoro", e poi, come se non avesse appena sentito la predizione della propria morte. "Come stanno procedendo le cose lì?"

"Sono appena arrivato ma Lucius sembra avere tutto sotto controllo. Mi aspetto che tutto andrà secondo i piani".

"Dovrei certamente sperarlo. E il tuo... tempo con Black è stato del tutto illuminante?"

Regulus sentì qualcosa di freddo gocciolargli lungo la schiena.

"Era impegnato nel progetto quanto me", disse Piton, senza sembrare particolarmente felice al riguardo. "Non credo che dobbiamo preoccuparci della sua lealtà".

"Bene, bene, abbiamo entrambi degli affari di cui occuparci allora. Ci vediamo quando tutto questo sarà finito".

"Sì, arrivederci mio signore."

Regulus si stava già allontanando, a malapena in grado di trattenersi dall'irrompere in una corsa. Ma ciò avrebbe attirato solo l'attenzione. Per fortuna, riuscì ad a uscire dal corridoio senza sentire il suono della porta che si apriva dietro di lui.

"Gesù, dove sei stato, sembri spaventato a morte", disse Evan quando tornò accanto a lui.

"Da nessuna parte, niente. Solo...sono nervoso, credo."

Parte dell'umorismo svanì dal viso di Evan. "Ehi" disse, allungando una mano e posandola sulla nuca di Regulus. Fu difficile non sussultare, ma ci riuscì. E davvero, non era così male. Era solo Evan.

"Andrà tutto bene, ok?" disse Evan serio, abbassandosi in modo da poter trattenere gli occhi di Regulus. "Ci guarderemo le spalle l'un l'altro là fuori, io e te, ce la faremo", e poi sorrise, assomigliando più al suo io normale. "Pensa solo a quanto possiamo far incazzare Barty dopo, con le storie di tutte le cose che faremo."

Regulus riuscì a sorridere anche se non era sicuro che fosse particolarmente convincente. Voleva dirglielo. Voleva così disperatamente dirgli di andare a casa. Che quella era una trappola. Che loro sapevano che stessero arrivando. Ci stanno aspettando.

Ma Evan non era come Regulus. Avrebbe detto qualcosa. Se avesse scoperto che Regulus li aveva traditi, avrebbe detto qualcosa e Regulus non sarebbe mai arrivato alla fine di quella giornata.

Così invece deglutisce, con la gola stretta.

"Ci guarderemo le spalle a vicenda", ripetè.

Evan gli diede una stretta al collo prima di lasciarlo andare. "Cazzo, non vedo l'ora di prendere a calci qualcuno." 



Evan non dovette aspettare ancora a lungo. Fu forse un'ora dopo che vennero trascinati verso il camino loro assegnato. Erano abbastanza in alto nella cerchia dei mangiamorte da poter partire dal Manor, altri si materializzano nei luoghi designati. Anche con i molteplici camini del maniero, dovettero comunque andare ad ondate. Evan e Regulus facevano parte della seconda ondata, in fila dietro a quelli che li precedevano. Tutti fissi a guardare l'orologio.

Alle 11:00 esatte sarebbero state inviate le pozioni. Alle 11:05 avrebbe seguito la prima ondata.

 Alle 11:10 la seconda. Una volta che ripulito l'atrio, Evan e Regulus si sarebbero diretti verso il Dipartimento degli Auror insieme ad una manciata di altri, inclusi Lucius e Greyback.

Evan stava saltellando sulla punta dei piedi, i capelli erano un casino per il fatto che ci passasse continuamente le mani dentro. Sembrava ridicolo con l'incantesimo-bolla che gli avvolgeva la testa, ma Regulus suppose che lo sembravano tutti.

"Rilassati," sibilò Regulus, ma Evan gli fece solo un sorriso.

"Non posso. Ho solo bisogno di massacrare qualcosa, capisci?"

Qualcosa.

Non qualcuno.

Regulus ripensò ad Azkaban. Alle urla, all'oscurità e ai topi. Ad un uomo in cella che chiedeva l'elemosina per la sua vita.

Regulus non era sicuro dell'espressione che aveva assunto la sua faccia, ma fu abbastanza per fermare il saltellio di Evan. Lo guardò confuso, le sopracciglia aggrottate.

"Cosa-"

E poi furono le 11:00.

E poi sono le 11:05.

La fila di persone davanti a loro iniziò a muoversi, scomparendo nel fuoco. 

E Regulus sentì il suo stomaco riempirsi di acido gastrico. 

Era passato molto tempo da quando non sentiva qualcosa di così viscerale. Era travolgente, le sue mani tremavano. Quando le dita dei piedi raggiunsero il bordo del focolare, pensò davvero che avrebbe potuto perdere la ragione.

Fanculo, pensò.

Cazzo, cosa sto facendo?

Evan gli diede una piccola spinta, gentile, incoraggiante, e Regulus si lasciò portare in avanti.

 Le scarpe sfregavano tra le braci mentre pronunciava le parole esatte e sentiva il suo corpo strappato via. La faccia sorridente del suo amico scomparve in una sfocatura di movimento.

Regulus inciampò su qualcosa mentre usciva dal camino, atterrando all'istante con le mani e le ginocchia sul pavimento di pietra dura dell'atrio del Ministero. Quella si rivelò essere una benedizione perché mezzo secondo dopo una maledizione volò proprio dove sarebbe dovuto esserci il suo petto. C'era molto rumore e movimento e non era ancora riuscito ad orientarsi quando apparve Evan. 

Regulus si allungò, volendo trascinare il suo amico giù e fuori dalla linea di tiro, ma non ne aveva più bisogno. Evan era a terra proprio come lui.

"Oh," sibilò. "Che cazzo. Ma non dormono questi? E perché ce ne sono così tanti?"

Regulus scosse la testa, alzando lo sguardo per vedere una folla di Auror, tutti con l'incantesimo-bolla a proteggere naso e la bocca. Evan imprecò di nuovo.

"Qualcuno ha fatto la spia" ringhiò, e poi continuò "Ma su cosa cazzo abbiamo inciampato..." si interruppe, e Regulus lo guardò, e poi seguì il suo sguardo fino ai loro piedi.

Un corpo.

Una delle persone che erano passate prima di loro.

"Fanculo!" Evan lo scavalcò, sembrando terribilmente stordito per essere qualcuno che aveva appena parlato di quanto volesse uccidere le persone. Anche Regulus si alzò, afferrò il braccio di Evan e lo trascinò via dal camino.

"Dovremmo spostarlo", disse Evan intontito, mentre Regulus li manovrava tra la folla, scavalcando bottiglie di pozioni vuote mentre camminava. 

"Così nessun altro ci inciamperà sopra."

"Essere inciampati è l'unico motivo per cui siamo ancora vivi", trovò un pilastro, ne era stato tolto un pezzo ma almeno era qualcosa di solido su cui potevano appoggiare le spalle.

Intorno a loro c'era il caos: Mangiamorte, Auror e lupi mannari che combattevano gli uni contro gli altri. I corpi degli ignari e degli impreparati si accumularono accanto ai camini. Regulus si chiese se qualcuno della prima ondata fosse riuscito a sopravvivere.

"Reg-" Evan lo disse a malapena prima di raggiungere Regulus a terra, il dolore che attraversava il fianco di Regulus mentre cadeva con forza sulla spalla con Evan sopra di lui. Alcuni altri pezzi di pilastro volarono via quando la maledizione lo colpì, mancando testa di Regulus.

"Cazzo," gemette Regulus.

"Scusa, l'ho visto a malapena arrivare e non sapevo cos'altro fare."

"Va bene. Magari allontanati da me."

Evan rise. "Sì, va bene," si sedette sulle ginocchia guardando Regulus che lottava per alzarsi. "Sei... oh merda."

Regulus seguì lo sguardo di Evan verso i tre Auror che avanzavano verso di loro.

"Oh merda."

Entrambi si alzarono da terra, le bacchette alzate.

Regulus prima lanciò un incantesimo scudo, lasciandolo cadere nel momento in cui le maledizioni cozzarono tra di loro e rispose con un'innocua maledizione prima di abbassarsi dietro il pilastro. Il suono delle urla gli fece capire che aveva colpito uno di loro, un'altra maledizione vagante intanto si era schiantata contro il muro dietro di lui. Uscì da dietro il pilastro, scaglò uno Stupeficium contro l'Auror che ancora avanzava verso di loro, ma l'uomo lo bloccò senza pensarci due volte.

Continuarono in questo modo, era più facile ora che erano uno contro uno. Regulus continuava a controllare Evan con la coda dell'occhio, ma l'altro ragazzo stava sorridendo di nuovo. Stava provocando il suo avversario. Nonostante tutti i suoi difetti, Evan era sempre stato un combattente dannatamente bravo.

"Cazzo" pronunciò Regulus mentre venoiva lanciato all'indietro, un incantesimo gli tagliò la spalla. Non l'aveva sentito arrivare, forse l'Auror lo aveva lanciato in silenzio, c'era così tanto rumore che non poteva nemmeno esserne sicuro. Sbattè contro il muro e scivolò sul pavimento, cercando di riprendere fiato, cercando di capire cosa diavolo gli fosse stato fatto, sentivva tutto il corpo dolorante per l'impatto ricevuto.

E la sua bacchetta.

Cazzo, la sua bacchetta.

I suoi occhi si concentrarono sul pavimento a pochi metri da dove era atterrato. Iniziò a trascinarsi quando uno stivale si conficcò al centro del suo petto, facendolo soffocare e tossire mentre era bloccato contro il pavimento, l'Auror era in piedi sopra di lui, guardandolo mentre Regulus lottava.

Avrebbe potuto dire che di fronte alla punta di una bacchetta, era rimasto dignitoso. Composto. Che aveva detto  una battuta, tipo

fallo.

cazzo ti sfido.

Ma non fu quello che successe. Invece si arrampicò e si agitò, come un insetto che stava per essere schiacciato, piccoli patetici suoni gli sfuggirono dalla bocca mentre cercava di togliersi lo stivale dal suo fottuto petto.

"Sai, conoscevo tuo padre", disse l'uomo sopra di lui. "Era un gran lavoratore", piantò la punta della sua bacchetta direttamente nella guancia di Regulus e Regulus singhiozzò per davvero.

Come un bambino.

"Avrei preferito puntarla a lui questa bacchetta. Ma suppongo che anche tu andrai bene. Avada-Ke—"

Ci fu un lampo di luce verde e Regulus detestò ammettere che chiuse gli occhi. Non era sicuro di come si aspettasse di sentirsi. Nessuno gliel'aveva mai detto. La maledizione che uccide. La morte. Non sapeva cosa aspettarsi. Non sapeva nemmeno di cosa avesse paura.

La pressione scomparve dal petto di Regulus e scoprì di essere in grado di riprendere fiato a pieno. Anche se era balbettante e soffocato. Non sapeva cosa stesse succedendo. Non voleva aprire gli occhi.

"Reg! Reg!" sentì due mani posarsi sulle sue spalle e questo fu abbastanza per far aprire gli occhu a Regulus. Evan era accucciato davanti a lui, le guance arrossate, gli occhi luminosi. "Stai bene, stai bene. L'ho preso. L'ho preso."

All'inizio Regulus non capì, la mente si muoveva troppo lentamente, poi girò la testa e vide il corpo dell'Auror disteso a terra.

"Fanculo."

Evan annuì, prima di rimettere in mano la bacchetta a Regulus. "Dovresti davvero tenertela stretta questa."

Regulus fece una risata tremante, incontrando gli occhi di Evan, il suo amico gli fece l'occhiolino prima che si alzasse, offrendo a Regulus la sua mano. "Dai, andiamo." E per quanto Regulus avrebbe preferito rimanere lì sul pavimento, la prese.

Non era mai stato davvero coinvolto in una lotta come quella. Non aveva mai davvero partecipato a qualche combattimento, in realtà. Duelli, certo. Duellava spesso con Sirius quando erano piccoli. Ma quella era la prima volta che la guerra sembrava una vera guerra per Regulus. Quel tipo di guerra che leggi nei libri di storia. Tranne che quando lo leggi, tutto sembra sempre molto più chiaro. Regulus lo aveva sempre immaginata ambientata in un campo da qualche parte, con due lati opposti uno di fronte all'altro in piccole linee nette, con distinzioni molto chiare tra una parte e l'altra.

Non era così.

Non c'erano formazioni o confini chiari. Tutto era un caos. Incantesimi che volavano in giro, frammenti del Ministero strappati via e trasformati in armi. Regulus non si soffermò sui corpi. Qualcuno poteva pensare che era stato abituato. Alla violenza. Visto il modo in cui era cresciuto. Ma non era così. Se sei ub codardo, resti un codardo. O una cosa del genere.



Se la cavò meglio nei duelli successivi rispetto al primo. Nessuno lo buttò a terra, cosa che Regulus considerò una vittoria. Si stava appena allontanando dal suo ultimo avversario, una donna che ora lottava contro le corde magiche che la legavano ad uno dei pilastri, quando Evan si mise al passo accanto a lui. Aveva un occhio nero gonfio e la sua maglietta era sporca di rosso dalla maledizione tagliente con cui era stato colpito: Regulus era riuscito per fortuna a rimarginare rapidamente le ferite.

"La lasci lì e basta?" chiese Evan, deviando per evitare un pezzo di macerie in arrivo.

"Ho buttato via la sua bacchetta e l'incantesimo era forte, non è una minaccia."

Evan lo guardò per un minuto prima di scuotere la testa, battendo Regulus sulla schiena.

 "Smettila di fare più lavoro del dovuto Reg, solo un Avada e basta, ok?"

Regulus si chiese come mai Evan avesse imparato le maledizioni senza perdono. Si chiese se anche la sua famiglia lo avesse portato nel giardino sul retro e gli avesse fatto torturare i conigli. O se non ne aveva avuto bisogno. Si chiese se gli veniva naturale. Cosa che non era mai successa a Reg.

Non è perché fosse una brava persona. Non si faceva illusioni al riguardo. Non pensava che gli sarebbe importato così tanto se qualcuno fosse arrivato e avesse ucciso l'Auror che si era appena lasciato alle spalle. La sua morte significava molto poco per lui. Semplicemente non voleva essere il carnefice.

Codardo, sentì di nuovo sussurrare nella parte posteriore della sua testa.

La voce era quella Sirius.

"Merda, è Moody?"

Regulus seguì lo sguardo di Evan verso l'uomo dall'aspetto brizzolato in piedi davanti alla fontana. Fece oscillare la sua bacchetta sopra la testa come un lazo, lanciando un incantesimo che Regulus non riconosceva ma sembra essere abbastanza forte da eliminare quattro dei Mangiamorte che marciavano verso di lui. Fu un'impressionante dimostrazione di potere a cui Regulus non aveva mai assistito prima e sentì il suo petto stringersi.

"Quanto vuoi scommettere che posso prenderlo?" chiese Evan, con gli occhi fissi sul Capo Auror, avido e acceso dall'adrenalina del suo ultimo combattimento.

"Lascia perdere Evan."

"Sì, ma cazzo, immagina", si leccò praticamente le labbra, le sue parole erano così affamate, "se fossi io ad uccidere quel cazzone di Alastor Moody. Penso che il Signore Oscuro mi darebbe un dannato cavalierato."

"Dico sul serio Evan, lascia perdere."

Ma quando Evan lo guardò, Regulus sapeva che nessuna delle sue parole era stata ascoltata dall'amico. "Dai Reg, abbi un po' di fiducia in me, sì?" Gli fece l'occhiolino prima di caricare in avanti.

"Evan—cazzo," Regulus si allungò per afferrarlo, per trattenerlo, ma Evan fu troppo veloce e quando Regulus iniziò ad inseguirlo, trovò la strada bloccata.

L'Auror in questione non si preoccupò di maledirlo, ma prese a pugni Regulus sulla mascella, facendolo vacillare. Per fortuna riuscì a rimanere in piedi, lanciando una maledizione non appena potè. L'Auror lo bloccò facilmente, avanzando di nuovo.

Era alto, parecchi centimetri più alto di Regulus e grosso come una casa. Non c'era da stupirsi che avesse usato prima i pugni. Regulus fece marcia indietro, lanciando un altro incantesimo che venne casualmente gettato da parte. E così un altro ancora.

E un altro.

E un altro.

Tutti buttati via come se non fossero altro che mosche. Strinse la mascella. Stava iniziando a diventare irritante.

L'uomo continuò ad avanzare e Regulus si rese conto che non aveva intenzione di reagire con la bacchetta. Avrebbe continuato a bloccare gli incantesimi di Regulus finché non fosse riuscito a mettergli le mani addosso di nuovo. E a quel ritmo non ci avrebbe messo molto. Regulus aveva bisogno di una nuova strategia.

Si guardò intorno disperato, ancora indietreggiando, cercando di impedire al gigante di fronte a lui di colmare il divario tra di loro. I suoi occhi si fissarono sulle finestre sopra di loro: i centinaia e centinaia di uffici con vista sull'atrio.

Non era bravo con gli incantesimi non verbali come avrebbe voluto, ma poteva gestire cose semplici. Tipo evocare incantesimi. Forse, se fosse riuscito a staccare una delle lastre di vetro e a farla cadere sull'auror che avanzava con abbastanza forza verso di lui, avrebbe potuto semplicemente uscirne da quella situazione.

"Divertente", disse, cercando di distrarre l'uomo. "E io che pensavo che gli Auror dovessero essere bravi a duellare." Iniziò a pronunciare l'incantesimo nella sua testa, cercando di concentrarsi, di visualizzare, di tenere la sua bacchetta il più nascosta possibile.

"E io che pensavo  che i Mangiamorte dovessero essere spaventosi", l'uomo non sorrise quando pronunciò la frase. Regulus fece del suo meglio per non sentrsi offeso.

Si concentrò sul secondo piano, il terzo ufficio da destra.

Accio finestra.

Accio finestra.

Accio finestra.

"Dimmi, come sei riuscito esattamente a superare i tuoi GUFO? Hai solo preso a pugni il Professore?" L'uomo stava ancora avanzando e se fosse riuscito a mettere le mani su Regulus prima che lui riuscisse a completare l'incantesimo, Regulus sarebbe stato assolutamente fottuto.

"Se sei un duellante così abile, perché non provi a superare il mio scudo, ragazzino?"

Pensava che Regulus fosse un poppante.

E Regulus non poteva davvero biasimarlo.

Salvo che-

La lastra di vetro si ruppe quando si strappò dalla sua cornice,  sfrecciando verso di loro sopra le centinaia di teste sottostanti, mentre l'Auror raggiungeva il collo di Regulus.

"Sei una delusione Regulus Black", cazzo, lo sapevano tutti chi era? "Pensavo che ci avessi messo più impegno".

Sentì la punta delle dita dell'Auror sfiorargli il colletto nello stesso momento in cui la lastra di vetro si schiantò contro di lui, frantumandosi sopra la testa dell'uomo. Regulus sussultò all'indietro, usando le braccia per proteggersi il viso mentre i detriti si spargevano ovunque.

Quando alza lo sguardo di nuovo, l'uomo di fronte a lui sanguinava da una dozzina di punti, i vetri frantumati si accumulavano come neve ai suoi piedi. L'Auror lo fissò con uno sguardo stordito, ondeggiando leggermente prima che cercasse di fare un passo avanti e finisseper crollare a terra.

Regulus stava respirando come se avesse appena corso un miglio, le mani tremanti mentre fissava il mucchio di Auror di fronte a lui. Non pensava di essere morto, sapeva che avrebbe dovuto finirlo. Eppure... la sua bacchetta restò al suo fianco.

Ci fu un urlo rimbombante dall'altra parte dell'atrio, abbastanza forte da superare tutti gli altri rumori. Tutti urlarono. Sentì come un tuono, come se potesse scuotere le fondamenta della città.

Là, alla fontana, c'era Alastor Moody, curvo, che gli afferrava il viso mentre il sangue gli sgorgava nelle mani e lungo gli avambracci, scomparendo nel rosso della sua uniforme. E di fronte a lui c'era un raggiante Evan Rosier.

"Merda," borbottò Regulus sottovoce, muovendosi di nuovo all'improvviso, cercando di raggiungere il suo amico.

Evan lanciò un'altra maledizione ma Moody la bloccò, anche con una mano che gli stringeva ancora il viso, rispondendo rapidamente al fuoco. Regulus cercò di farsi strada attraverso il pavimento, attraverso coppie in duello e sui vari detriti causati dal combattimento. Moody ed Evan entravano ed uscivano dalla sua visuale, dondolando e intrecciandosi l'uno intorno all'altro. Regulus non aveva idea dell'incantesimo con cui Evan aveva colpito Moody, ma stava davvero sanguinando gravemente.

Merlino, pensò mentre si avvicinava.

E se lo facesse davvero? E se Evan davvero...

L'incantesimo lo colpì dritto al petto.

Colpì Evan.

Colpì Evan dritto al petto. Il che era divertente perché Regulus lo sentì. Sentì come se un altro gigante Auror avesse deciso di conficcargli il pugno. Per un momento non riuscì a muoversi. Si limitò a guardare.

Aspettò.

Aspettò che Evan si alzasse.

Che ridesse.

Che gli dicesse che era uno stupido scherzo.

Ma non lo fece.

Non si mosse di un centimetro. Nemmeno quando Moody si avvicinò a lui, non coprendo più il mostruoso squarcio sul suo viso che sembrava gli avesse portato via metà del naso. Nemmeno quando Moody sputò per terra accanto alla sua testa, prima di voltarsi.

Fu allora che Regulus iniziò a correre.

Atterrò in ginocchio accanto al corpo di Evan. I suoi occhi erano ancora aperti. Guardavano dall'altra parte della stanza. Non sbattevano le palpebre. Non si muovevano.

"Evan?" la sua voce tremava mentre feceva scivolare le mani sotto il busto del suo amico e lo prendeva in braccio. Era ancora caldo. "Evan?"

Era morto.

Regulus lo sapeva.

Davvero. Lo capiva. L'aveva visto accadere. Riusciva a sentire l'innaturale rigidità che già iniziava a prendere piede.

Sapeva che fosse morto, solo che... non sapeva cosa fare. Tirò in grembo il suo amico, tenendolo stretto. Perché avrebbero dovuto essere lì insieme. Avrebbero dovuto coprirsi le spalle a vicenda. Perché non poteva semplicemente... lasciarlo lì. Non da solo.

È colpa tua, disse la voce nella sua testa.

L'hai tradito. Sei stato tu.

Sapevi che era una trappola. E lo hai lasciato venire comunque.

"Mi dispiace," sussurrò, dondolandosi leggermente. "Mi dispiace tanto."

Sapeva, in fondo, che Evan Rosier non era una brava persona.

Ma pensava anche che fosse possibile, che fosse stato l'unico nella vita di Regulus ad amarlo davvero incondizionatamente.

E quella perdita era... profonda.

"Regulus?"

La sua testa si alzò, si sentiva come stordito, tutto improvvisamente era meno reale. Quella sensazione era aggravata dal fatto che la persona in piedi di fronte a lui era Frank Paciock. L'ex capitano di Quidditch di Grifondoro. Caposcuola. Per un secondo Regulus si sentì come se fosse tornato a scuola, era come se la realtà se gli stesse scivolando addosso, tutta traballante e indefinita. E poi vide la bacchetta di Paciock muoversi.

Regulus lasciò andare Evan.

Perché non sapeva combattere con un corpo tra le braccia.

Perché era sempre stato bravo a deludere le persone quando si trattava di salvare se stesso.

L'incantesimo fu solo un Expelliarmus, lo sentì sfrecciare oltre il suo orecchio mentre rotolava sulle ginocchia e poi sui piedi, sfrecciando tra la folla. Non sapeva se Paciock lo stava seguendo. Non lo sapeva perché non si girò e non combattè. Forse perché gli era sempre piaciuto Frank Paciock. Era un buon giocatore di Quidditch. Un buon capitano . Un'altra persona importante per James.

Non voleva più stare lì, tutta la volontà di combattere lo stava prosciugando. Voleva andare a casa. Voleva soffocare il ronzio nel suo petto. Nella sua testa.

Fanculo.

Qualcuno dovrebbe dirlo a sua madre.

Qualcuno dovrà dire alla mamma di Evan che è morto.

Quello fu l'ultimo pensiero prima di essere colpito: una parte della fontana esplose in un incantesimo mal indirizzato. Gli colpì la tempia, sbattendolo contro il muro accanto a lui. Il mondo fece un grande tremito.

E poi tutto quello che c'era intorno a lui era nero.



"Alzati!"

Regulus borbottò, girandosi, cercando di scacciare Kreacher mentre nascondeva la testa nei cuscini, aveva già una sbornia infernale e non aveva nemmeno aperto gli occhi.

"Gesù Cristo" qualcuno gli afferrò il retro della maglietta e lo tirò su in piedi, provocandogli un dolore lancinante alla testa.

"Ahh" gridò, stringendosi la testa, ancora calda, bagnata e appiccicosa. Inciampò contro la persona che lo aveva trascinato su, con le gambe che tremavano. Sembrava di essere sul ponte di una nave, il pavimento sotto di lui era in movimento.

Fu allora che il rumore lo colpì. Era tutto così fottutamente rumoroso. Troppo rumoroso per essere la sua camera da letto. E chiunque fosse con lui era troppo alto per essere Kreacher. Aprì gli occhi - un errore - bruciavano, era tutto così luminoso, il dolore lancinante nel suo cervello tornò in piena forza.

"Muoviti", scattò la persona che lo teneva in piedi. "Muoviti cazzo", lo spinse in avanti, ancora afferrando Regulus per la parte posteriore della maglietta, l'unico motivo per cui non cadde a terra all'istante.

Regulus cercò di pensare. Era difficile quando era così dannatamente stordito, nauseato e sofferente. Aveva bisogno di capire dove si trovasse, cosa stesse succedendo. Aveva bisogno di capirlo adesso. Forzò i suoi occhi ad aprirsi di nuovo. Faceva davvero male, dannatamente male, ma non li lasciò chiudersi. C'erano delle persone. Il caos. La fontana.

La fontana.

Il ministero.

Il colpo di stato.

Il tradimento.

Evan.

Regulus si imbavagliò i pensieri, cercando di fermarsi, cercando di afferrarsi le ginocchia e respirare, ma la persona che lo spingeva non glielo permetteva. Lo spingeva incessantemente in avanti nonostante le sue deboli proteste.

"Non puoi fermarti. È già un miracolo che non siamo stati avvistati".

La voce era vagamente familiare. Regulus si costrinse a guardare oltre la sua spalla anche se muovere gli occhi era come se le unghie gli si stessero graffiando il cervello. Gli ci volle un secondo, perché l'uomo indossava una maschera, perché il suo cervello era appena stato fracassato contro un fottuto muro di pietra. Ma alla fine. Ci arrivò.

"Lupin?" chiese, voce debole.

"Stai zitto e continua a camminare, va bene?"

Regulus non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma onestamente non era nella posizione di controbattere. Così si lasciò trascinare attraverso l'atrio verso quella che sembrava la reception. Tutto stava arrivando a Regulus a pezzetti. Come se il suo cervello fosse una radio che continuava a perdere segnale. Vide il pavimento. Poi una scrivania. Le sue scarpe. Il braccio di Lupin.

E poi all'improvviso Lupin lo stava spingendo in una specie di scatola. Nel momento in cui Lupin lo lasciò andare, crollò a terra nell'angolo. Si chiese se si fosse rotto il cranio. Di sicuro si sentiva all'inferno.

"Ehi!" Lupin schioccò le dita davanti al viso di Regulus, facendogli sbattere le palpebre verso di lui. Anche quello faceva male. "Resta sveglio ok? Devi stare sveglio".

Regulus non era sicuro del perché. Non essere sveglio sembrava un'idea eccellente in quel momento.

"Questo è l'ingresso dei visitatori", spiegò Lupin. "Farò in modo che ti porti su, ti scaricherà su Whitehall, una volta lì devi Smaterializzarti lontano da qui."

Non c'era modo che Regulus potesse materializzarsi nello stato in cui si trovava. E la smorfia sul viso di Lupin suggeriva che lo sapesse anche lui.

"Camino?" Regulus finalmente borbottò. Perché sarebbe stato molto più facile, ma Lupin scosse la testa.

"Moody ha già chiuso la rete. Verranno presto da questa parte per chiudere anche questa. Per tenere tutti dentro. Quindi questa è la tua unica via d'uscita e devi andartene ora. "

C'erano circa una dozzina di altre cose che Regulus voleva chiedergli, non ultima delle quali era il "perché". Perché stai facendo questo? Ma poi, se proprio avesse voluto indovinare, Regulus avrebbe pensato che probabilmente era lo stesso motivo per cui non aveva detto a nessuno che Remus era una spia.

James.

"Va bene," Lupin espirò, raddrizzandosi. "Ti mando ora." Si girò verso lo strano aggeggio sul muro, digitando alcuni numeri prima di lanciare a Regulus un ultimo sguardo persistente e scivolare fuori dalla scatola.

Un secondo dopo iniziò a muoversi.

Il silenzio della cabina era rilassante dopo il rumore dell'atrio. Anche se rendeva quasi impossibile ignorare il battito incessante della sua testa ferita. Chiuse gli occhi.

Resta sveglio ok?

Lupin gli sussurrò all'orecchio.

Devi dire sveglio.

La scatola sussultò quando si fermò, gli occhi di Regulus si aprirono di nuovo, incontrando la vista di una vivace strada cittadina. Era grigio, il vento sbatteva rabbiosamente contro le pareti intorno a lui. Regulus inciampò e scivolò mentre si alzava in piedi, poteva sentire l'odore del sangue che gocciolava lungo il lato della sua faccia quasi quanto lo poteva percepire.

"Attento amico", disse un uomo in abito beige mentre Regulus praticamente si rovesciò fuori dalle porte della scatola. L'uomo gli lanciò un'occhiataccia ma non si fermò.

Ondeggiante, Regulus raggiunse il muro più vicino, procedendo a tentoni fino a raggiungere un vicolo. Piccolo e stretto, tra due edifici bianchi, si infilò dentro e si vomitò. Sulle mani e sulle ginocchia. Accanto ai bidoni. Cacciò principalmente l'acido dello stomaco, non aveva mangiato molto. Quando il suo corpo ebbe finalmente finito, appoggiò la schiena al muro dietro di sé, asciugandosi la bocca, la mano sudata mentre guardava la sua bacchetta.

Doveva Smaterializzarsi. Doveva uscire di lì. Anche se gli Auror non lo avevano trovato- e avrebbero potuto- era pur sempre Regulus Arcturus Black e non sarebbe morto accanto alla spazzatura. Ma era anche debole, e sofferente, e non riusciva nemmeno a camminare, figuriamoci, cazzo, smaterializzarsi.

Strinse i denti, cercando di costringere la sua testa a collaborare per un secondo. Giusto il tempo necessario per riportarlo a casa. Cercò di impedire che il terreno si muovesse, che i colori si mescolassero e che la luce nuvolosa la percepisse come una scheggia tagliente che gli veniva conficcata nel cervello.

Inspira.

Espira.

Inspira.

Espira.

"Okay," sentì la sua voce  spezzarsi mentre alzava la bacchetta. "Bene. Va bene," strinse gli occhi.

E lanciò l'incantesimo.



Nell'istante in cui atterrò sulla veranda di Grimmauld Place stava urlando. Il sangue gelava, le ossa bruciavano, urlò come non aveva mai fatto. Si era spaccato. La pelle si strappò dalle braccia e dalla schiena a chiazze. Si era spezzato da qualche parte nello spazio tra Whitehall e casa sua.Era fottutamente insopportabile.

Tutto quello che poteva fare era sdraiarsi lì, sanguinante, urlando e contorcendosi per il dolore. E la sua testa. La sua fottuta testa si stava spaccando. Non aveva mai provato niente del genere. Ogni singola parte del suo corpo la sentiva come se venisse fatta a pezzi. Stava per svenire. Merlino, sperava di perdere i sensi.

"Padron Regulus!"

Cercò di parlare ma non ci riuscì. Non riusciva a smettere di urlare, cazzo. E peggiorò solo quando Kreacher iniziò a toccarlo. Le piccole mani sulle sue ferite aperte.

"Mi dispiace, mi dispiace, ma deve entrare, signore. Mi dispiace."

Voleva dire a Kreacher che andava bene. Davvero voleva. Ma le parole lampeggiavano dentro e fuori dall'esistenza. Vide un'ultima ombra mentre crollava di nuovo sul pavimento nel corridoio principale. Nella beata oscurità della casa.

"Porterò il maestro Regulus in ospedale, signore, lo porterò adesso."

In qualche modo, la paura riuscì a tagliare l'agonia. "No," borbottò Regulus, la sua voce appena riconoscibile. Graffiata cruda e tremante.

"Signore-"

Guardò Kreacher anche se faceva male. Anche se stava aprendo nuovi buchi nel suo cervello.

"Questo è un ordine, non puoi portarmi a San Mungo."

Lo avrebbero arrestato.

O peggio.

Kreacher lo guardò tristemente, i grandi occhi si riempirono di lacrime. "Ma signore, ha bisogno di essere salvato."

La realtà si ribaltò.

Hai bisogno di essere salvato Reg?

Un ragazzo in una torre. Il cielo notturno dietro di lui.

"James"

Sì.

"James"

Per favore.

"James"

Aiutami. Aiutami per favore.

"James".

Non sapeva perché fosse tutto ciò che riusciva a dire, quando c'erano così tante altre cose intrappolate dentro di lui. Disperate per essere lasciate fuori.

Ma suppose che ci fossero ultime parole peggiori da avere.




PARTE III PETER


Peter Pettigrew era una persona abbastanza normale. Lo sapeva. Lo aveva sempre saputo. La mediocrità sembrava essere seminata nelle cuciture del suo essere. Quindi non aveva mai capito perché James Potter, un ragazzo che faceva vergognare il sole, si fosse mai preso la briga di fare amicizia con lui.

La prima volta che Peter aveva incontrato James non era sull'Hogwarts Express. Era il centesimo compleanno della sua prozia Betsy. Era in qualche modo lontanamente imparentata con Euphemia e, di conseguenza, i Potter erano lì.

Avevano otto anni all'epoca, lui e James, ma già il mondo sembrava orbitare attorno a James come se fosse il punto singolare dell'universo. Sia i bambini che gli adulti ne erano rimasti incantati. Peter era rimasto lontano. Troppo timido. Troppo imbarazzato. Quando era più piccolo aveva una leggera bava e sua madre gli tagliava i capelli, quindi usciva sempre come se qualcuno gli avesse messo una ciotola in testa. Anche ad otto anni aveva un'acuta consapevolezza di non essere... figo.

Quindi, invece di mettersi in imbarazzo, si era intrufolato al piano di sopra, dove sapeva che sua zia teneva la sua collezione di figurine di cavalli. Gli piaceva molto giocare con quelle figurine. E fu lì che James lo aveva trovato.

"Woah, pulito."

Peter era saltato, spaventato dal ragazzo con i capelli arruffati e gli occhiali giganti. James si era avvicinato a lui, tenendo uno dei cavalli in alto e ispezionandolo, poi lo rimise a terra.

"A cosa giochi?" aveva chiesto a Peter, che si era sentito piuttosto certo che qualcuno gli stesse facendo uno scherzo. Perché mai il ragazzo più figo della festa avrebbe dovuto lasciare tutti per andare lì e giocare con lui?

"...Ciao?" James inclinò la testa con aria interrogativa.

Oh no. Peter era strano.

"Ciao."

James sorrise, un po' confuso, ma ancora abbastanza brillante da lasciare che Peter senisse di dover distogliere lo sguardo.

"Quindi, come funziona? Il gioco intendo," James scosse il cavallo con enfasi.

"Oh, oh non lo so. Cioè... voglio dire... faccio solo..." fece spallucce, prima di muovere il suo cavallo intorno alla parte superiore del comò durante il suo percorso improvvisato.

"Fantastico", disse James, anche se decisamente non lo era, unendosi a lui con il suo stesso cavallo. "Ehi, vuoi correre?" Peter aveva incrociato di nuovo il suo sguardo, sorpreso di trovarlo ancora privo di scherno. Aveva avuto difficoltà ad inserirsi, la maggior parte dei bambini sembrava pensare che fosse strano o che non valesse il loro tempo. Era una novità per lui, questo semplice cameratismo. Questo ramo d'ulivo.

"Sì," sorrise lentamente. "Sì, ok."

E proprio così, Petter Minus si era fatto un amico.

Peter era lì. La prima volta che James Potter si era innamorato. E non era stato con Lily Evans, anche se sapeva che lo pensavano tutti. Tutti, forse, tranne la stessa Lily.

Peter era diventato troppo compiacente, questo era il problema. Troppo a suo agio con l'idea che James Potter fosse il suo migliore amico. Che lo sarebbe sempre stato. Non è che non ci fossero state possibilità, tra il compleanno della sua prozia e il giorno in cui erano saliti per la prima volta sull'Hogwarts Express. In qualsiasi momento James avrebbe potuto andarsene e trovarsi un nuovo amico, e non l'aveva mai fatto. Non aveva mai fatto sentire Peter inferiore, o indegno, e alla fine Peter era riuscito a dimenticare, o almeno a spingere in fondo alla mente, il pensiero che lui era quelle cose. Tutti loro.

E poi Sirius Black era entrato nel loro scompartimento.

Sarebbe stato più facile, davvero, se fosse stata Lily. Perché Peter non sarebbe mai stato per James quello che era Lily. Ma Sirius, Sirius era l'incarnazione di tutto ciò che Peter avrebbe dovuto essere. Che il migliore amico di James Potter avrebbe dovuto essere. E nel momento in cui quei due si trovavano nello stesso spazio, anche quando avevano appena pronunciato solo i loro nomi, qualcosa era cambiato. Due scintille che avevano preso vita. Era impossibile distogliere lo sguardo. E Peter ci aveva davvero provato.

Una volta Remus era l'alleato di Peter. A volte, quando James e Sirius si rimbalzavano l'uno sull'altro troppo velocemente perché qualcun altro potesse scambiare una parola, Remus guardava Peter e Peter si guardava indietro ed era come se i due si capissero. Era il loro tipo di legame. Lo faceva sentire meno come se fosse all'esterno di qualcosa e più come se ci fossero degli strati. Adesso era diverso... con Remus e Sirius che erano quello che erano.

Peter aveva provato per un po' a lottare per il suo posto di migliore amico di James. Ma era stata una battaglia persa. E alla fine del primo anno si sentiva esausto. Quindi aveva smesso di provarci. Pensò che James non se ne fosse mai accorto.



Si passò una mano sui capelli lisciati all'indietro per la terza volta negli ultimi quindici minuti. La Passaporta lo aveva portato da qualche parte nel continente, non sapeva dove. Faceva caldo lì, il sole picchiava così ferocemente che anche in piedi nell'ingresso ombreggiato continuavano a sudare copiosamente.

O forse erano solo i nervi.

Diventava sempre ansioso prima di questi incontri, era naturale. Ma quella volta era peggio. Perché quella volta aveva incasinato tutto. Il solo pensiero gli fece contorcere lo stomaco. Stava andando così bene. Per una volta nella vita aveva eccelso in qualcosa. E adesso...

Spostò il peso da un piede all'altro, torcendosi le mani davanti allo stomaco. L'ultima volta che si era sentito così terrorizzato era stata probabilmente la prima volta che aveva incontrato Voldemort.Era una cosa spaventosa, cambiare fazioene. Coraggiosa, così l'aveva chiamata Voldemort. Era stato abbastanza bello sentirlo, da un uomo come lui. Qualcuno così intelligente e così talentuoso. Qualcuno che era disposto ad assumere il governo e l'ordine accettato della società per ciò in cui credeva

Non è che Peter avesse davvero molti problemi con i Mezzosangue. Non era per quello che l'aveva fatto. Cioè, gli piaceva Lily. E gli piaceva Mary. Ma non era disposto a morire per loro. E pensava che fosse giusto, perché dubitava fortemente che loro sarebbero morte per lui.

"Signor Minus?

Peter sussultò quando un uomo con una voce intimidatoria e profonda uscì dall'ombra.

"Ehm... sì?"

"Il nostro signore la riceverà ora."

Girò sui tacchi e Peter immaginò che probabilmente fosse destinato a seguirlo, quindi lo fece, inciampando un po' mentre avanzava, grato che l'uomo fosse rivolto in avanti e non lo vedesse. Tutto in quell'edificio era stretto, il corridoio non era abbastanza largo da permettere a due persone di camminare fianco a fianco, il soffitto era a cupola, con lampadari di rame decorati che pendevano ogni pochi gradini. E il caldo. Faceva davvero dannatamente caldo. Peter poteva sentire i suoi vestiti inumidirsi.

Camminarono dritti per molto tempo. C'erano porte su entrambi i lati ma senza angoli o curve e Peter pensò che dovesse essere un incantesimo perché non ricordava che l'edificio fosse così lungo dall'esterno.

Alla fine l'uomo di fronte a lui rallentò fino a fermarsi, indicando la porta anonima accanto a lui che assomigliava a tutte le altre che avevano superato.

"La sta aspettando", la sua voce riempì il minuscolo spazio e fece venire voglia a Peter di nascondersi. Quelle furono tutte le istruzioni che ricevette prima che l'uomo continuasse lungo il corridoio. Peter cercò di sbirciare nell'ombra, per vederne la fine, ma non ci riuscì. Alla fine, fu costretto ad affrontare la porta.

"Entra", disse una voce acuta dopo che aveva bussato esitante, come se sperasse che chiunque ci fosse dentro non lo sentisse, così che fosse semplicemente in grado di andarsene.La stanza odorava pesantemente di qualcosa che fece girare la testa a Peter: lavanda? Sandalo? Le pareti erano intonacate, screpolate, vecchie, vernice verde sbiadita le ricopriva. I pavimenti erano rivestiti di lussuosi tappeti, una pesante scrivania di quercia ad un'estremità della stanza e pesanti scaffali di quercia all'altra, lo stesso lampadario di rame di quelli nel corridoio appeso sopra le loro teste.

Voldemort era in piedi di fronte ad un dipinto, dava le spalle a Peter, le mani tenute dietro di lui. Per un momento nessuno dei due parlò. Un lungo momento, per quanto riguardava Peter. Si agitò alla porta, cercando di decidere se si aspettasse o meno di dire qualcosa. Ripensò costantemente a se stesso ogni volta che andava ad annunciare la sua presenza fino a quando alla fine il Signore Oscuro lo congedava.

"Mi aspetto che tu sappia perché sei qui?"

Peter deglutì.

Lui sapeva.

Gli Auror erano stati avvertiti dell'attacco.

A proposito del gas.

Sapevano tutto. Era stato un massacro. Tutto era stato delineato per lui nella lettera che aveva trovato nel suo appartamento, insieme alla Passaporta che lo aveva portato lì. Tuttavia, Peter non era esattamente sicuro di come rispondere alla domanda. Voldemort pensava che ci fosse una possibilità che non avesse letto la lettera? Era una domanda retorica?

"Questo di solito è il momento in cui inizi a blaterare su come non avresti potuto sapere che stavamo cadendo in una trappola", Voldemort parlò ancora una volta per lui. "Chiedendo pietà, eccetera, eccetera."

Fanculo.

"Non lo sapevo", perché non lo sapeva affatto.

"E come è possibile, esattamente?" il tono della sua voce era calmo, fermo, i suoi occhi erano ancora fissi sul dipinto di fronte a lui, come se stessero solo facendo due chiacchiere, discutendo su cosa avessero in programma di mangiare per cena.

Peter si agitò. "Abbiamo avuto un incontro di recente, l'Ordine, Silente e Moody hanno annunciato a tutti che c'era... una spia."

"Capisco. E qualcuno ti ha interrogato?"

Peter quasi sbuffò. Prima avrebbero dovuto ricordarsi che esisto, quasi disse, ma non lo fece. Non voleva che Voldemort pensasse che non fosse abbastanza importante da potergli dare le informazioni di cui aveva bisogno.

"No, e ho puntato il dito contro qualcun altro prima che potessero iniziare a farlo con me."

Voldemort annuì. "Allora perché qualcuno non te l'ha detto?"

"Beh," Peter deglutì con una certa difficoltà, sentendo la gola stretta. Si tirò il colletto della camicia. "Penso che forse Moody sospetti che la spia sia nell'Ordine e non tra gli Auror", aveva intenzione di tenere per sé quel particolare sospetto ma... beh, doveva dire qualcosa. "Così ha tenuto fuori l'Ordine. Ha tenuto la notizia all'interno del suo dipartimento".

Un'altra lunga pausa.

"Allora i suoi sospetti sono stati confermati. Saprà che chiunque mi stia passando informazioni non è un Auror. E' la verità che stai dicendo...che non lo sapevi, che non hai semplicemente...ceduto alla pressione. Che non hai deciso di cambiare di nuovo schieramento..".

Peter si sentì come se tutto lo stomaco gli fosse appena saltato nel petto. "Non lo farei mai... mio signore, non lo farei mai. Mi sto impegnando con lei, lo giuro".

"Sono sicuro che giuri lo stesso a Silente," disse casualmente. "I traditori sono sempre dietro l'angolo"

"Non la tradirò", Peter potè sentire tutto ciò che aveva realizzato negli ultimi mesi scivolargli tra le dita. Aveva guadagnato la fiducia di Voldemort, il suo rispetto, completando ogni compito che gli era stato affidato senza problemi. E ora, ora si stava sgretolando tutto davanti ai suoi occhi.

Si leccò le labbra. "Giuro sulla mia vita mio signore, sulla vita di mia madre e di mio padre, a lei sono fedele e a nessun altro. E... e posso ancora essere utile. Anche se Moody sospetta che un membro dell'Ordine sia la spia, non penserà mai che sono io".

"Tuttavia, ti sarà più difficile raccogliere informazioni".

Peter fece una smorfia. "Riuscirò a farlo. Le prometto che non accadrà mai più".

In qualche modo Peter era riuscito ad inciampare nel mezzo della stanza, le braccia tese, imploranti.  A dirla tutta era abbastanza bravo.

"Questo dipinto", disse Voldemort quando parlò dopo, cogliendo Peter completamente di sorpresa, "si chiama Lo scuoiamento di Marsia, lo conosci?"

"Ehm..." Peter si sentì perso. "No?"

Voldemort si spostò di lato, guardando Peter per la prima volta, gli occhi scuri lo attraversarono. "Vieni", gli fece cenno in avanti, "guarda".

Con cautela, Peter si avvicinò. Era un dipinto Babbano, questo fu subito evidente perché, beh, non si muoveva. Peter lo guardò strizzando gli occhi, non del tutto sicuro di cosa stesse guardando. Aveva sempre preferito i paesaggi quando si trattava di dipinti: semplici, diretti, belli. Quel dipinto non era nessuna di quelle cose.

"Lo scuoiamento di Marsia? Quindi loro stanno...""Lo stanno scuoiando, sì" disse Voldemort. "Sì. Vedi, Marsia sfidò il dio Appollo ad un concorso musicale. Perse, naturalmente, ma poi Apollo lo fece impiccare e scuoiare vivo per aver osato anche solo pensare di poter battere un dio."

Qualcosa si strinse nel petto di Peter, gli occhi che rimbalzavano da Voldemort al raccapricciante dipinto. "Mio Signore-"

"Vedi, questa è una lezione", lo interruppe Voldemort dolcemente, "questo insegna che la tragedia colpirà inevitabilmente chiunque sia così sciocco da pensare di poter battere i propri superiori."

Il cuore di Peter stava davvero cominciando a palpitare ora: si sentiva come un uccello in gabbia.

"Mio signore lo prometto, prometto che non tornerò mai più da loro."

Sorrise e poi, con un movimento così rapido che Peter non lo vide nemmeno, allungò una mano e lo afferrò per il viso. Peter squittì per la stretta della presa di Voldemort, per la puntura affilata delle sue unghie. Si avvicinò e Peter iniziò a dimenarsi ma non arrivò da nessuna parte.

Il Signore Oscuro parlò. "Ti credo Peter Minus. Ma voglio che tu capisca che se mi tradisci, se osi pensare di poterlo fare, non esiterò ad appenderti ad un albero e a tagliarti la pelle dalle ossa."

Lasciò la faccia di Peter bruscamente, come se non volesse più toccarla, Peter incespicò indietro di alcuni passi, strofinandosi petulantemente la guancia ferita.

"Mi piace davvero l'idea di scorticare", la voce di Voldemort era di nuovo leggera, come se nulla fosse successo. "Come un serpente che perde la pelle", un brivido percorse tutto il corpo di Peter quando i loro occhi si incontrarono. Quando vide la fame nell'uomo di fronte a lui.

"Sei congedato."

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