Choices ||Jegulus/Wolfstar |...

By __pads

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Tutti commettiamo errori. Ma facciamo anche delle scelte. È importante per James, questa differenza. Ce la me... More

Introduzione
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitoli 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52

Capitolo 27

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By __pads


Capitolo 27



Sono qui Reg. Sono qui.

Ed io non so quante volte devo dirti che non è abbastanza.


James aveva ricominciato ad avere gli incubi. Non era sicuro del perché. Era passato quasi un anno e non era successo niente. Almeno non a lui. Erano diversi da come erano prima. Regulus era sempre in piedi da solo al buio. Non perché fosse notte, o perché qualcuno avesse spento le luci, ma perché non c'era nient'altro. Nessuna parete e nessun pavimento. Nessun cielo, nessuna terra. Tutto era nero e lui era semplicemente... lì. Da solo. Aveva paura. James lo chiamava ma lui non lo sentiva. Lo raggiungeva, ma non lo sentiva. E onestamente, era abbastanza spaventoso. Era spaventoso vedere il terrore crescere nei suoi occhi e non essere in grado di farci nulla. Gli incubi terminavano così e James si svegliavava ancora sudato e freddo.

Non finivano sempre così però.

Ad un certo punto, mentre James diventava più isterico nei suoi tentativi di raggiungere Regulus - per convincere Regulus a guardarlo - le mani iniziavano a uscire dall'oscurità. Se appartenevano ad altri corpi, James non lo sapeva. C'erano solo delle mani. Afferravano le caviglie, i polpacci, i polsi di Regulus. E Regulus iniziava a urlare. Era terribile. James. Jamea. James. La sua voce esplodeva, si spezzava in due mentre provava a chiamarlo.

Sono qui Reg. Sono qui.

Ed io non so quante volte devo dirti che non è abbastanza.

James si alzò a sedere, il respiro pesante, le lenzuola umide di sudore. Stava tremando, si morse la lingua per trattenere qualunque cosa gli fosse rimasta in gola. Un singhiozzo. Un urlo. La cena. Aveva lanciato un incantesimo silenziatore sul suo letto prima di andare a dormire, lo faceva ogni notte. Poteva solo immaginare le cose che urlava.

Ci vollero alcuni minuti, ma poi iniziò a calmarsi, il respiro si stava attenuando lentamente. Era tardi, ma non abbastanza, ancora tre ore prima che potesse giustificarsi per prepararsi per gli allenamenti di Quidditch. Detto questo, non era possibile che tornasse a dormire. Dopo qualche secondo di indecisione si tolse le coperte, tirandosi fuori dal letto.

Se doveva stare sveglio tanto valeva fare qualcosa di utile. Afferrò il saggio di Incantesimi su cui stava lavorando e sgattaiolò fuori dal dormitorio, cercando di non risentirsi del fatto che Remus chiaramente non stesse più dormendo nel suo stesso letto. Brontolando tra sé e sé, arrancò verso la sala comune.

"Qualcuno si è alzato presto."

La sua testa si alzò di scatto quando raggiunse l'ultimo gradino, trovando un paio di scintillanti occhi marroni che lo fissavano.

"Che diavolo?" fu tutto ciò che il suo cervello semiaddormentato sembrò in grado di dire.

Mary alzò la fronte. "E buona sera anche a te." Era rannicchiata in un angolo del divano, una vestaglia rosa che James non le aveva mai visto indossare prima avvolta intorno a lei, il viso lavato dal trucco che la rendeva incredibilmente piccola.

"Scusa," James alzò la mano libera per strofinarsi la faccia. "Sono ancora un po' fuori di testa."

Mary annuì, gli occhi si spostarono verso il fuoco. "Non dirlo a me." 

Passò un lungo momento di imbarazzato silenzio prima che lei alzasse gli occhi al cielo. "Beh, ti siedi o rimani lì?"

James si svegliò di scatto. "Oh-sì-er-giusto."

Lasciò cadere i compiti sul tavolino da caffè e crollò accanto a Mary sul divano, sospirando mentre sprofondava, la testa cadde all'indietro e finì a fissare il soffitto.

"È stato un grande sospiro", disse Mary.

James sorrise seccamente, girando la testa verso di lei. "Nessuno si alza nel cuore della notte per un piccolo sospiro."

Gli angoli della sua bocca si contrassero. "Touché".

Sbadigliò, tornando al soffitto. "Quando puoi ricominciare a giocare a Quidditch?" chiese, perché se non iniziava a parlare si sarebbe addormentato, ed era l'ultima cosa che voleva.

Fu il turno di Mary di sospirare. "Non prima di Natale".

James fece una smorfia. "Fanculo."

"Apparentemente le ferite alla testa sono gravi", continuò in tono piatto.

"Oh sì, ricordo vagamente di saperne qualcosa." Un'altra pausa, il fuoco lento era scoppiettante davanti a loro. James si chiese distrattamente cosa facessero gli elfi domestici se la sala comune non si svuotava mai: andavano comunque a pulirla?

"Terremo duro fino al tuo ritorno, comunque c'è solo un'altra partita. Vinceremo quest'anno, me lo sento", si ritrovò a dire.

Mary fece un verso non impegnativo che attirò gli occhi di James su di lei. Era tornata dall'infermeria venerdì sera, ma domani - Oggi, in realtà, pensò- sarebbe stato di nuovo il suo primo giorno di lezione.

James la diede una gomitata dolcemente con il piede. "Stai bene Macdonald?"

Passò un lungo momento di silenzio. "Ti sei mai sentito impotente?" chiese, gli occhi ancora fissi sul fuoco.

James annuì, lentamente. "Sì, tutto il tempo."

Le dita di Mary si agitarono con la manica della vestaglia. Nonostante fosse seduta accanto a lui, la sentiva lontana. Come se stesse andando alla deriva. James ebbe l'improvviso desiderio di raggiungerla e ancorarla.

"Io no", disse alla fine. "Non sono mai stata indifesa", si morse il labbro inferiore e James non era sicuro se volesse continuare, ma poi; "Quando ero piccola guardavo tutti questi film, e non importava quale fosse la storia, la ragazza aveva sempre bisogno di essere salvata. Tipo, costantemente. Non importava se era uno degli eroi o un interesse amoroso o altro. E l'ho odiato. Quindi ho fatto questa lista nella mia testa di tutte le cose che dovevo sapere", rise di se stessa. "Ho pensato; Imparerò tutte queste cose, tipo a nuotare, a combattere, sciogliere nodi e pilotare aerei, imparerò tutte queste cose e poi mi salverò da sola".

James sorrise, perché sì, era proprio da Mary, anche se non sapeva molto sui film Babbani o su cosa diavolo fosse un aereo.

"Lo hai fatto?" lui chiese.

Potè vederla deglutire.

"No," la sua voce era tesa. "Ho ricevuto una lettera che mi diceva che ero una strega. Capito? 

Perchè avrei avuto bisogno di imparare a combattere? Avevo una bacchetta ora. Avevo la magia. Chi avrebbe potuto toccarmi?" Da qualche parte sotto la rabbia e l'amarezza c'era qualcosa che faceva male.

James non sapeva cosa dire. La maggior parte delle persone probabilmente avrebbe detto qualcosa del tipo: mi dispiace.

Mi dispiace che sia successo.

Mi dispiace che sia successo a te.

Mi dispiace che stai male.

Ma conosceva abbastanza bene Mary da sapere che l'avrebbe solo irritata una frase del genere.

"Qualche notizia su Mulciber?" chiese invece.

Un freddo sorriso si allargò sul suo viso. "Hanno cercato di espellerlo, ma i suoi genitori stanno facendo storie. A quanto pare hanno amici ai piani alti".

James fece una smorfia. "Fanculo."

Mary annuì. "Mi hanno promesso, McGonagall e Silente, che non sarebbe stato in classe, che avrebbe svolto tutti i compiti nell'ufficio di Lumacorno. Temporaneamente, comunque".

"Temporaneamente?"

Lei annuì. "Fino a quando non viene espulso o i suoi genitori non ottengono ciò che vogliono e lui si libera".

"Ha usato un imperdonabile", disse James, l'indignazione che rompeva la sua stanchezza. "Non possono semplicemente non fare nulla."

Gli occhi di Mary si restrinsero, fissando il fuoco. "Sì, beh, forse no."

"Forse no cosa?"

Lei continuò a fissarla. "Forse non ha usato un imperdonabile."

Ci fu un attimo di silenzio, prima che James si passasse una mano sul viso.

"Okay, sono piuttosto stanco, quindi dovrai spiegarti meglio."

"Dovrò spiegarlo anche a me stessa", borbottò. E poi, dopo un silenzio amaro: "Hanno controllato la sua bacchetta".

James sbatte le palpebre. "Beh?"

Mary strinse i denti e James potè vedere i muscoli scivolare nella sua mascella. "Nessun Imperius."

Ci volle un momento prima che affondasse davvero. "Oh".

"Già."

"Ma eri così sicura..."

"Sì."

"Come-"

"La teoria è che ho sbattuto la testa in modo che nulla di ciò che ricordo sia affidabile" sospirò crollando di nuovo sul divano e chiudendo gli occhi, stringendoli. Le sue dita si alzarono e iniziarono a massaggiarsi le tempie.

James scosse la testa, cercando di avvolgere la sua mente su quella frase. "Solo perché non ti ha lanciato un Imperius non significa che non ti abbia comunque..."

"Spaccato il cranio?" finì lei la frase per lui.

"Già."

"Forse."

"Forse?"

Sospirò, abbassando la mano e guardandolo. C'erano delle piccole crepe nello scudo di Mary, un granello di paura che si nascondeva nei suoi occhi, in un angolo della sua bocca.

"Forse", ripetè di nuovo. "Ma ho sbattuto la testa, quindi penso che niente di quello che dico sia affidabile. Forse non era nemmeno lì. Forse mi sono inventata tutto. Forse sono scivolata e sono caduta e il resto è solo un'illusione".

James si senteì ringhiare. "Questa è una stronzata"

Fece quasi un sorriso a quella frase.

"Lo penso anch'io, che tu ci creda o no", disse seccamente. "Ma poi una parte di me spera quasi che abbiano ragione." La sua mano andò dietro la sua testa, James si chiese se sapeva che lo stava facendo.

"Perchè?" chiese alla fine.

I suoi occhi erano tornati al fuoco, la luce la lavava via, mettendo in evidenzia le borse sotto i suoi occhi.

"Perché non sono mai stata impotente."




James non parlava con Regulus da giorni e pensava che stesse iniziando ad uscire di testa. Il che, se doveva essere totalmente onesto con se stesso, era un po' patetico. Quindi fece del suo meglio per non essere onesto con se stesso.

Non lo fece di proposito, anon parlare con Reg. Beh, non da parte sua. Aveva la sensazione che Regulus lo stesse evitando e non era sicuro del perché. Reg aveva delle scuse, ovviamente: dovere di Prefetto, compiti, allenamento di Quidditch. Per non parlare dei professori che avevano iniziato a pattugliare le sale di notte, dopo l'incidente con Mary, e, come aveva fatto notare Regulus, non tutti avevano il mantello dell'invisibilità. James si aggrappò a quelle scuse, le usava per confortarsi quando iniziava a sentirsi ansioso. Sapeva che non erano vere, ovviamente, ma era più facile fingere.

Ed era anche patetico.

Odiava davvero essere onesto con se stesso.

"Oh!" un pezzo di pergamena appallottolato si scontrò con la testa di James. "Prestami attenzione!"

James alzò gli occhi al cielo, girandosi a pancia in giù così da poter fissare Sirius che era seduto sul proprio letto con aria compiaciuta.

"Sei vivo!" Sirius cantò drammaticamente.

"Sei un idiota."

Il sorriso di Sirius si allargò. "Una delle mie migliori qualità . Mi dici perché hai il broncio?"

James si accigliò. "Non ho il broncio."

"Questo è un no allora."

"Moccioso".

James barcollò di lato appena in tempo per schivare il cuscino di Sirius.

"Meno male che sei un battitore perché hai una mira di merda", sorrise James mentre si rialzava. Sirius gli porse il dito medio.

"Sono abbastanza sicuro che i battitori debbano mirare, oppure i tuoi battutori lanciano iBolidi in direzioni a caso?"

"Mi piace tenere i miei giocatori all'erta".

"Uh-huh," sorrise Sirius scuotendo la testa. "Come dici tu El Capitan."

Sirius aveva un mucchio di compiti intorno a lui che stava chiaramente ignorando. Ad essere onesti, da quando lui e Remus avevano iniziato... a fare qualunque cosa stessero facendo... Sirius era diventato uno studente migliore. James era abbastanza sicuro che portare a termine i compiti erano tipo i preliminari per Remus.

"Allora," disse Sirius, come se potesse sentire i pensieri di James. "Tu e il tuo ragazzo avete già scopato?"

Una miriade di ricordi indesiderati inondò i pensieri di James. Regulus che si premeva contro di lui, i piccoli suoni che uscivano dalla sua bocca come se non potesse farne a meno, l'espressione sul suo viso quando aveva...

"Merlino Sirius, che diavolo?" disse, tentando di scacciare dalla testa tutti i pensieri su Regulus, sentendo il ricciolo di desiderio che già percepiva nello stomaco solo pensando a lui. Seguito quasi istantaneamente da una fitta di paura. Paura che non avrebbe mai più rivisto Regulus in quel modo. Paura che fosse successo qualcosa di cui non si era accorto e che ora gli stava scivolando tutto tra le dita.

Avevano litigato. Lo sapeva. Ma non era finita la relazione, giusto?

Giusto?

Lo era?

Era finita?

"Accidenti, sei un tale puritano", scherzò Sirius. Si appoggiò allo schienale, facendo cadere a terra alcuni dei suoi libri di testo.

"Non sono un puritano," riuscì a dire James.

Sirius inarcò la fronte. "No? Fino a che punto siete arrivati ​​voi due?"

James aveva un ricordo molto chiaro di Regulus che gli diceva di non parlare di sesso con Sirius.

"Ascolta, io non..."

"Perché io e Moony..."

"OH MIO DIO" James afferrò il cuscino che Sirius gli aveva lanciato prima e lo mise sopra le sue orecchie. "Non osare cazzo!"

Sirius stava già ridendo. "La tua faccia" ansimò, tenendosi lo stomaco. "Alla faccia del non puritano"

Ora toccò a James lanciare un cuscino. "Stai cercando di spaventarmi o qualcosa del genere? Gesù Cristo."

Sirius stava ancora ridendo. "Ascolta" dovette fermarsi per prendere fiato. "Sto solo cercando di capire qual è la procedura da seguire."

James ricambiò lo sguardo. "Procedura da seguire?"

"Sì, sai tipo, so come funziona con le ragazze, come le cose... progrediscono. Ma questo è un territorio nuovo per me. Quali sono i passaggi? Quali sono le regole? C'è la sega, un pompino e poi..." inarcò le sopracciglia e James non era del tutto sicuro di sapere cosa si nascondesse dopo, " ci sono altri passaggi che mi sfuggono?"

"Passaggi?" ora sembrava davvero un pappagallo.

"Sai—tipo la prima base, seconda base, la terza" Sirius stava guardando James come se dovesse sapere di cosa stessero parlando.

"Cos'è una base?" chiese James.

Sirius fece spallucce. "Non lo so, è solo qualcosa che le persone dicono".

James lo guardò scettico. "Quali persone?"

"Le persone... senti, dimentica le basi, solo, cosa dovrei fare? Come posso migliorare il mio gioco?"

Adesso toccò a James ridere, passandosi una mano tra i capelli. "Merda Sirius, non lo so. Non ci penso molto. È solo che... faccio quello che... mi sento di fare"

Sirius lo guardò per un minuto prima di scuotere la testa. "Voglio dire, va tutto bene...spero. Voglio solo... essere sicuro di controllare tutte le caselle".

James si sentì terribilmente fuori dal discorso. "Onestamente, sono la persona sbagliata con cui parlare di questo".

Un'espressione buffa guizzò sul viso di Sirius. "Sei l'unica persona con cui posso parlarne."

James si rese conto sarebbe potuto essere effettivamente vero ed era anche piuttosto tragico per entrambi perché era abbastanza sicuro che nessuno dei due avesse la più pallida idea di cosa stessero facendo. James non sapeva nemmeno cosa fossero le basi.

"Ehm... va bene... bene," disse James grattandosi la nuca. "Sono abbastanza sicuro che finché stai spuntando la casella 'togliere via i vestiti', stai andando bene."

"Wow, davvero non sai un cazzo di sesso, vero?"

James lo guardò male. "Vai a farti fottere."

"Dopo questa conversazione preferirei davvero che non lo facessi tu" disse Sirius sorridendo.

 James aveva finito i cuscini da tirargli dietro.

"Seriamente però," Sirius tornò al centro del suo letto. "Ho fatto delle ricerche."

James inarcò la fronte. "Ricerche?" il sesso è qualcosa su cui puoi fare ricerche?"

"Sì, riviste e roba del genere, e c'è così tanta roba che non ho mai visto", arricciò il naso. "E alcune stronzate che non voglio rivedere mai più. Ma è come se ci fosse tutto questo mondo là fuori di cui non sapevo nemmeno l'esistenza. E cose a cui non ho mai pensato, come il lubrificante, usi il lubrificante?"

"Ehm... no?" 

Doveva?

"Apparentemente c'è un incantesimo per questo, che sono sicuro mi conviene imparare il prima possibile perché sembra molto più conveniente."

James fece un verso strano, solo vagamente consapevole di cosa potresti fare con il lubrificante.

 Si chiese se Reg ne sapesse di più su questa roba, ma poi dubitò che Regulus trascorresse il suo tempo libero a fare ricerche sul sesso.

"Allora cosa ne pensi?"

James sbattè le palpebre, guardando Sirius che lo stava guardando in attesa, e James ebbe la sensazione che gli fosse sfuggito qualcosa.

"Di?" chiese alla fine, quando Sirius non spiegò.

Sirius agitò la mano con impazienza. "Sopra o sotto?"

Il che non aveva assolutamente senso per James, quindi continuò a fissare con aria assente Sirius che alla fine iniziò a sorridere.

"Oh andiamo James, capisci cosa sto dicendo?"

No. Davvero non lo capiva.

Quando James continuò a fissarlo, Sirius emise un esasperato, anche se leggermente affettuoso, sospiro. "Oh mio Dio, non posso credere di doverti spiegare anche questo."

E proprio perché si sentiva un po' irritato per essere stato trattato con condiscendenza, James rispose: "Nessuno te lo sta chiedendo".

Ma uno degli hobby preferiti di Sirius era sapere più delle altre persone e James poteva già vedere lo sguardo nei suoi occhi, il che significava che non c'era modo che Sirius perdesse questa opportunità.

"Tu sei quello che riceve o... lo sai... che lo dà."

Anche questo, James era imbarazzato ad ammetterlo, ci mise un po' capirlo. Ma lo capì. Senza bisogno di ulteriori chiarimenti da parte di Sirius, grazie a Dio.

"Oh—Cristo, davvero Sirius?"

"È una domanda legittima!"

"Secondo chi?"

Sirius agitò le braccia. "Le persone, James. Le persone. Gesù. È come se non avessi mai sentito parlare di sesso in vita tua".

"Ho sentito parlare di sesso," borbottò James petulante.

"Se lo dici tu."

"Leggere una rivista non fa di te una porno star" aggiunse, perché era vero, ma non sembrò infastidire Sirius.

"Te ne presto una se vuoi."

"Non ho bisogno del tuo materiale per seghe di seconda mano, grazie."

Ma Sirius sorrise e basta. "Sicuro? Potresti imparare qualcosa. Il tuo ragazzo lo apprezzerebbe, ne sono sicuro".

James scosse la testa. "Questa è ufficialmente la conversazione meno preferita che abbia mai avuto", il che fece solo ridere Sirius di nuovo.

"Hai bisogno che ti spieghi cos'è un preservativo?"

"Ecco fatto, me ne vado, ti odio, addio."

"Forse è troppo avanzato," ansimò Sirius tra le sue risate perché era oggettivamente una persona malvagia. "Possiamo iniziare con qualcosa di più semplice. Vedi, baciarsi è quando due persone..."

James lo spinse mentre usciva dalla stanza, riusciva ancora a sentirlo ridacchiare dalla tromba delle scale.

James. James. James.

Sono qui Reg. Sono qui.

Ed io non so quante volte devo dirti che non è abbastanza.




James e Mary finirono per cadere in una sorta di routine. Una di quelle che coinvolgeva in gran parte i due senza dormire e seduti sul divano nella sala comune di Grifondoro nel cuore della notte. A volte Mary portava le caramelle Babbane che i suoi genitori le mandavano da casa. All'inizio James era scettico, ma in realtà erano abbastanza buon, e nessuna di quelle era aromatizzata al vomito o cercava di morderlo, quindi avrebbe anche potuto piacergli di più delle caramelle magiche. Lo disse a Mary e lei ne rise.

Parlavano molto, perché non c'era proprio nient'altro da fare. James rinunciava a cercare di fare i compiti. Poteva non riuscire a dormire, ma questo non significava che fosse perfettamente in grado di studiare alle tre del mattino.

Imparò molto su Mary, che a quanto pare non conosceva bene come pensava. Venne a sapere che aveva tre fratelli, tutti Babbani come i suoi genitori. Venne a sapere che suo fratello giocava a calcio, che era come il Quidditch Babbano.

"Beh, in realtà, non è affatto come il Quidditch, ma più o meno siamo lì" si corresse Mary, riuscendo solo a confondere ulteriormente James.

"Come può diverso dal Quidditch ma più o meno essere lì?"

Mary gli lanciò un'occhiata esasperata come se fosse la domanda più stupida che avesse mai sentito. "Sono entrambi degli sport". Il "duh" sembra essere implicito.

James decise di lasciar perdere.

Imparò anche altre cose. Tipo che a quanto pareva, Amos Diggory era un pessimo baciatore.

"Troppi denti," Mary rabbrividì. James non insistette per averei dettagli.

E che le crostate al burro erano il suo dolce preferito, e i lillà i suoi fiori preferiti e non era mai stata a Parigi ma era certa che un giorno ci sarebbe andata, e avrebbe vissuto in un bellissimo appartamento, avrebbe comprato il pane ogni mattina al panificio locale e avrebbe bevuto vino rosso e fumato sigarette arrotolate a mano.

"Posso già immaginarlo, sai?" disse, era la cosa più sincera che pensò di averle mai sentito dire.

 "Ecco dove vorrei essere."

Lui ricambiò il sorriso, la sua energia era  contagiosa anche nel cuore della notte. "Sono sicuro che ci arriverai."

Le raccontò anche cose sue, ovviamente. A proposito dei suoi genitori. Di sua mamma.

"Volevano così tanto un bambino, hanno provato di tutto, hanno provato per secoli" James era sul pavimento, appoggiato allo schienale del divano, con il labbro inferiore stretto tra i denti. "A volte ne sento il peso, di essere il loro miracolo. Cerco di meritarmi tutto l'amore che hanno speso anni a conservare. Suona egoistico? Che il mio problema più grande sia essere amato troppo?" Rise di se stesso, la voce ancora tesa.

Mary scosse la testa. "No," disse con sicurezza. "Ha perfettamente senso."

Gli ricordarono la torre di astronomia, quelle chiacchiere, gli ricordarono quelle prime settimane in cui era andato furtivamente lassù per vedere Regulus prima che sapesse davvero cosa stava facendo. Dove stava andando tutta quella situazione. Gli ricordarono di quando si sedevano e parlare per ore e ore, di niente e di tutto. Gli fece male il petto così tanto che la mano si alzò per premere contro le sue costole, come se stesse cercando di tenere qualcosa dentro, tenere qualcosa insieme. Era  passata quasi una settimana dall'ultima volta che aveva parlato con Reg. Fissava la mappa ogni notte ma Regulus non andava mai nella stanza. La sera prima James era andato comunque. Perché gli era mancata. Perché aveva questa ridicola speranza che in qualche modo Regulus sapesse che era lì.

Non sapeva cosa avrebbe fatto. Quindi ripassò tutto quello che avevano detto la mattina dopo il Veritaserum. Ci ripensava ancora e ancora. Si crearono nuove ferite, ci verso sale in quelle vecchie.

Una volta aveva detto a Regulus che anche se si fosse allontanato sarebbe sempre tornato. Non gli era mai venuto in mente che un giorno non ci sarebbe stato nessuno da cui tornare.

Per lo più gli mancava soltanto. Con tutto il suo corpo. Con ogni centimetro di se stesso.

"Di cosa trattano i tuoi incubi?" Mary era sdraiata sul divano di schiena, James che rispecchiava la sua posizione sul tappeto, entrambi fissavano il soffitto. La domanda arrivò dopo un lungo periodo di silenzio.

"Non c'è bisogno che tu me lo dica" continuò, senza sembrare dispiaciuta, non lo era mai.

Per lo più, quando poteva farne a meno, quando era sveglio, faceva del suo meglio per non pensare ai suoi sogni. Per non tornare lì. Per non far entrare quelle immagini. Mani e oscurità e Regulus che urlava il suo nome. Lui che tremava.

"Solo io che deludo una persona", gracchiò, decidendo di mantenersi sul vago. Dovette schiarirsi la gola prima di poter dire altro. "C'è qualcuno che ha bisogno di me e non riesco a raggiungerlo, sono lì e posso vedere tutto ciò che accade, sentirlo urlare, ma non posso salvarlo". Chiuse brevemente gli occhi, deglutendo.

Ci fu un momento di silenzio e James si chiese se Mary si fosse effettivamente addormentata, ma poi parlò: "Sei davvero il ragazzo dei poster di Grifondoro, eh?"

James sbuffò. "Non pensare che Godric Grifondoro abbia mai avuto incubi. Troppo coraggioso".

"Non puoi essere coraggioso se non hai paura di qualcosa."

"Non è questa la definizione di coraggio? Essere senza paura?" lui girò la testa appena in tempo per vederla alzare gli occhi al cielo.

"No, il coraggio è affrontare le tue paure, resistere quando vorresti scappare. Solo gli psicopatici sono senza paura".

James non l'aveva mai pensata in quel modo prima, non aveva mai pensato alla paura come una parte necessaria del coraggio.

Era divertente che in qualche modo riuscisse a sentire Mary tacere anche se lei non aveva nemmeno parlato. Ci fu un cambiamento nello spazio intorno a lei, un irrigidimento di tutto il suo corpo.

"Non devi rispondere" sembrò scusarsi, lo faceva sempre.

Il silenzio si prolungò e James osservò il suo profilo dal suo posto sul pavimento. Guardò il suo petto alzarsi e abbassarsi. Cercò di non agitarsi, combattè la voglia di parlare. Alla fine Mary chiuse gli occhi.

"Penso di essere stata violentata".

La prima cosa che pensò fu: Regulus non lo aveva mai detto. Non riusciva nemmeno a dirla la parola.

La seconda cosa che pensò fu: oh mio Dio.

"Lo sogno" continuò Mary quando James rimase in silenzio. "Riesco a sentire il suo peso... lo sento... la sua pelle..." esitò, la voce si interruppe bruscamente.

"L'hai detto alla McGranitt?" James si ritrovò a chiedere, non sapendo se quella fosse la risposta giusta. "O a Silente?"

Mary espirò pesantemente, un sorriso ironico nell'angolo della bocca. "Mi credono a malapena riguardo alla maledizione, non riesco ad immaginare che possano prendermi molto sul serio. Non so nemmeno cosa dire. Che ho dei sogni su un ragazzo sdraiato sopra di me? Che non so cosa mi sta succedendo ma so che non lo voglio? Che non mi piace?", si lasciò sfuggire una risata senza umorismo. "Non sono nemmeno sicura di credere in me stessa."

Qualcosa si contorse nello stomaco di James. "Io ti credo."

Mary aprì gli occhi, voltandosi a guardarlo. "Davvero?"

James annuì, sedendosi dritto in modo da poterla guardare correttamente. "Sì."

"Sai che ho battuto la testa piuttosto forte. Non sono una fonte molto affidabile".

"Ti credo."

Dopo un minuto gli fece un sorriso triste. "Sei un bravo ragazzo, James Potter."

"Mary," disse piano. "Di che cosa hai bisogno? Cosa vuoi fare? Io... di cosa hai bisogno?" lui non lo sapeva. Non sapeva cosa fare. Sapeva solo che se lei glielo avrebbe detto, lui lo avrebbe fatto.

Scosse la testa. "Non so di cosa ho bisogno onestamente."

"Vuoi che picchi a sangue Mulciber?" James non era del tutto sicuro che non lo avrebbe fatto comunque.

Ci fu una pausa. Mary si portò i palmi delle mani agli occhi, non come fanno le persone quando piangono, ma come se avesse mal di testa. Come se stesse cercando di spingere qualcosa attraverso la parte posteriore del suo cranio. James voleva dirle di stare attenta.

"Non credo che fosse Mulciber", disse alla fine, suonando stanca.

James lo accettò, annuì, ignorò la sensazione di nausea che aveva avuto per tutta quella faccenda. "Va bene", disse semplicemente.

Abbassò le mani, voltandosi a guardarlo, ancora sdraiata. "Vedi? Inaffidabile."

James decise di ignorarlo. "Hai detto di ricordare altri Serpeverde che gironzolavano per il corridoio?"

Lei annuì. "Non credo che siano stati neanche loro."

"Chi pensi che fosse?"

Ci fu una lunga pausa prima che scuotesse la testa. "Non lo so. non so niente. Ho un fottuto danno cerebrale o qualcosa del genere".

"Dovresti andarci un po' più piano con te stessa, Mary", perché doveva.

Mary rise soltanto. "La faranno franca", mormorò amaramente. "Perché sono ragazzi. Perché sono ricchi. Perché la mia testa è rotta e non riesco a chiarire la mia storia. La faranno franca e mi fa così arrabbiare perché qualcosa-" la sua voce si spezzò per la prima volta, tremolando fuori dalla sua bocca. Emise un'espirazione frustrata, sbattendo le palpebre per le lacrime agli occhi.

"È successo qualcosa di brutto," continuò, a voce bassa. "È successo qualcosa di veramente brutto e lo sento nel petto, sotto le unghie e dietro i denti e devo aver fatto cento docce da quando mi sono svegliata in quel fottuto letto d'ospedale ma non riesco a lavarlo via. "

James si allungò, stringendole il braccio. "Stai ricordando le cose, torneranno, proprio come ha detto Madama Chips. Datti qualche giorno, una settimana, vedi se la tua memoria si schiarisce".

James la sentì tremare sotto la sua mano. Non riuscì a immaginare come si sentisse. Quanto facesse male. Ci provò ma non ci riuscì.

"Non so se riesco a sopportarlo", sussurrò alla fine, chiudendo gli occhi.

James ingoiò il groppo in gola. "Non la faranno franca", disse, con voce calma quasi quanto quella di lei. "Lo prometto."

Il silenzio durò a lungo prima che la sua bocca si alzasse all'angolo, gli occhi ancora chiusi.

 "Ovvio che lo prometti", se ne uscì suonando esageratamente. "Sei un dannato ragazzo Grifondoro"



Guardava la mappa. Non riusciva a dormire. Osservò ancora un po' la mappa. Non riusciva a dormire. Guardò Regulus andare e tornare dalle lezioni insieme aii suoi amici. Lo guardò trascorrere meno tempo possibile nella sala comune e più tempo possibile nel suo dormitorio.

 Non riusciva a dormire. Lo guardava evitare la biblioteca. Il campo da Quidditch. Dovunque James potesse ragionevolmente incontrarlo. Parlare con lui. Non riusciva a dormire.

A volte si arrabbiava. Rompeva un calamaio per sbaglio quando lanciava oggetti in giro in modo troppo aggressivo. Distrusse di proposito uno dei suoi libri di testo lanciandolo contro il muro. Infilò bruscamente la mappa nel comodino e giurò di non guardarla più. Giurò che non gli importava. Se Regulus voleva tenere il broncio o congelarlo o fare qualunque cosa diavolo stesse facendo, allora che lo facesse pure. James era stanco. Era così fottutamente stanco e non gli importava, quindi che facesse quello che voleva.

Tranne per il fatto che invece gli importava.

Gli importava così tanto da sentirsi patetico.

Tirò fuori di nuovo la mappa. Seguì lo stesso nome intorno al castello. Si chiese cosa stesse facendo. Si chiede cosa stesse pensando Regulus.

Non riusciva a dormire.

Non riusciva a dormire.

Non riusciva a dormire.

Poi. Successe.

Vide Regulus da solo, per la prima volta da giorni, e praticamente scappò via dal dormitorio. Non rispose a Remus o Peter quando gli chiesero dove stesse andando. Non si fermò ad afferrare il mantello dell'invisibilità.

Era appena passato l'orario di cena, erano le otto, era quasi il coprifuoco. Il sole attraverso le finestre del castello era arancione e rosa e dava fuoco al cielo mentre gocciolava verso l'orizzonte.

 James corse verso il corridoio al terzo piano, sperò che Regulus fosse ancora lì, sperò che non fosse andato troppo lontano.

Si era quasi arreso quando lo trovò, in piedi davanti ad una delle finestre. James balbettò fino a fermarsi, in qualche modo la rabbia, la paura e il dolore si fusero insieme e sentì il respiro che gli si fermava.

Fanculo, pensò.

È così bello.

Per un momento James non riuscì a muoversi, non riuscì a convincersi a rovinare il quadro che aveva di fronte.

È così bello.

I suoi pensieri vagarono.

Lo amo così tanto.

James era davvero fottuto, l'improvvisa consapevolezza lo colpì come un Bolide al petto. Perché non sapeva cosa avrebbe fatto se Regulus avesse deciso di chiuderla con lui. Non sapeva come avrebbe fatto a superarlo. Era un cliché, l'adolescente che crede di essere innamorato. Qualcosa di cui i suoi genitori avrebbero riso. Lo avrebbero chiamato cucciolo e gli avrebbero pizzicato le sue guance.

Ma la situazione non era delle migliori.

Sembrava che la persona che desiderava di più al mondo lo stesse evitando da giorni.

E non riusciva a dormire.

E non riusciva a pensare.

E guardarlo gli faceva male.

Amarlo gli faceva male.

"Regulus?"

La sua testa scattò nella direzione di James così velocemente che fu quasi sorprendente, la mano andò prevedibilmente alla sua bacchetta prima che riconoscesse James e poi i suoi occhi scrutarono lo spazio intorno a loro. Sempre nascosti. Aveva sempre così paura di essere visto.

"Non dovremmo..."

"Mi stai evitando" James si avvicinò, osservando Regulus che reprimeva a malapena un sussulto. Non rispose, si limitò a girare la testa, guardando a terra.

Faceva male.

Faceva male.

Faceva male.

"Cosa ho fatto?" odiò quanto suonò debole. "Ho bisogno che tu mi dica cosa ho fatto."

Regulus si fece beffe di quella frase. "Non hai fatto niente."

"Quindi cosa è successo?" un altro passo più vicino, Regulus continuava a non guardarlo.

"James" disse in tono condiscendente, come se stesse dicendo qualcosa di ovvio.

Tutto sembrò un po' confuso, il battito del suo cuore era troppo veloce, la paura gli graffiava le costole. "Vuoi chiuderla qui?" Non riuscì a mantenere il tono di voce normale. Non riuscì a tenere fuori il dolore.

Regulus questa volta non cercò nemmeno di nascondere il sussulto. Non provò nemmeno a rispondere. Rimase lì. Il silenzio che faceva sentire la pelle di James troppo tesa.

Aveva davvero bisogno di dormire.

"Reg?" la sua voce graffiò e si incrinò.

Regulus non lo guardò. Nemmeno rispose. Sembrava uno dei suoi incubi. Sapeva che non lo era. Affondò le unghie nei palmi delle mani in modo da poter sentire il dolore. Contò le dita delle sue mani. Sapeva che questo non era un incubo. Ma Regulus non lo guardava. Non parlava.

Si chinò, afferrandosi le ginocchia, cercando di respirare. Cercando di non vomitare.

Aveva davvero bisogno di dormire.

"James?"

Regulus sembrava lontano, James stava ancora cercando non vomitare giù la cena. Sentì dei passi ma non alzò la testa.

"Merlino James, stai bene?"

Scosse la testa e quando parlò la sua voce era senza fiato. "Vuoi chiuderla qui?"

Aveva bisogno di sapere.

Avava solo bisogno di sapere.

Regulus fece un verso- James non sapeva cosa significasse - forse era frustrazione? E poi ci fu una mano tra i suoi capelli, sul viso, sulle spalle, che lo costrinse a stare in piedi.

"Voglio essere abbastanza per te " disse James pateticamente, a malapena in grado di incontrare gli occhi di Regulus. "Voglio essere abbastanza per te."

"Cristo James," borbottò Regulus, tenendosi il viso tra le mani come se avesse dimenticato che fossero ancora nel mezzo del corridoio. I suoi occhi grandi e grigi erano pieni di rimpianto.

"Non volevo dire quello."

"L'hai fatto."

Regulus scosse la testa. "Sei abbastanza, sei più che abbastanza, sei molto più di quanto merito. Questo è il Il problema, non lo vedi?" i suoi pollici accarezzarono le guance di James.

"Dove sei stato Reg?" chiese debolmente.

L'espressione solitamente educata di Regulus si incrinò. "Sto solo cercando di fare la cosa giusta" sussurrò, il che non aveva alcun senso per James.

"La cosa giusta?" James ripetè.

"Io-"

"Sig. Black."

Regulus fece un salto indietro, le mani che caddero via dal viso di James mentre si girava di scatto, la McGranitt camminvaa verso di loro lungo il corridoio. James guardò il colore defluire dal viso di Regulus e voleva allungare la mano e stabilizzarlo, ma sapeva che non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose.

"Professoressa?" Regulus riuscì finalmente a uscire, la voce così tesa da far male.

A merito della McGranitt, diede solo una breve occhiata a James, come se trovare i due che si abbracciavano in mezzo al corridoio fosse del tutto normale.

"Il preside vorrebbe vederti nel suo ufficio."

Regulus si irrigidì visibilmente.

"Cosa?" la parola uscì fuori dalla bocca di James prima che potesse trattenersi. "Perchè?"

La McGranitt inarcò il sopracciglio nella sua direzione ma non nobilitò quella domanda con una risposta.

Quando Regulus parlò, la sua voce era piatta. James aveva già sentito quel tono. Sapeva che significava che Reg aveva paura. "Certo, Professorssa," non si voltò a guardare James, iniziò semplicemente a camminare, come se non fossero nel bel mezzo di...

"Sig. Potter, credo che sia quasi ora del coprifuoco, forse faresti meglio a tornare al tuo dormitorio".

James sbattè le palpebre, distogliendo gli occhi dal ritrarsi di Regulus, resistendo a malapena all'impulso di inseguirlo.

"Che è successo?" chiese, guadagnandosi un sospiro piuttosto esasperato.

"Sicuramente saprai che non posso rivelarti queste informazioni, vero?"

James deglutì a fatica. "È nei guai? È successo qualcosa alla sua famiglia?"

"Sig. Potter-"

"Non posso aspettarlo?" disse disperato. "È... aspetterò fuori, lo giuro. È solo che non voglio che stia da solo, dovremmo essere in due, giusto? Se dobbiamo andare da qualche parte dopo il coprifuoco, è meglio che non stia da solo. Quindi posso solo..."

"James".

La sua bocca si chiuse al sentire il suo nome, tutte le ulteriori proteste gli morirono sulla lingua. La McGranitt gli lanciò uno sguardo da sopra gli occhiali. Non era sicuro di cosa vedesse, ma quando parlò di nuovo la sua voce era più morbida di quanto si aspettasse.

"Farò in modo che il signor Black torni sano e salvo nel suo dormitorio", disse con calma. "Ma in questo momento ho bisogno che tu vada nel tuo", e quando James ancora non si mosse, continuò. "Non era un suggerimento."

Le sue mani tremarono, Regulus ora era scomparso, era scomparso dietro l'angolo in fondo al corridoio. Era doloroso, ingoiare le sue domande. La sua paura. La sua indignazione. Doloroso annuire con la testa e voltarsi nella direzione opposta.

Si sentì inutile. Indifeso. Tutte cose che continuava a cercare di convincere Regulus che lui non era. 

Bruciavano dentro la pelle.

Sono qui Reg. Sono qui.

Sono qui Reg.

Sono qui.

Sono qui.

Sono-

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