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By achillerabottom

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II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
IX.
X.
XI.
XII.
XIII.
XIV.

I.

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By achillerabottom

Premesse:

Inizio con il dire che ci sono poche ma comunque in circolazione, fanfiction sulla reincarnazione come la mia, su altre piattaforme e quant'altro, quindi non scandalizzatevi se trovate similitudini.
Vorrei precisare che questo libro non è destinato allo studio.
Non è una forma dell'iliade romanzata, almeno non completamente.
Nata come fiction, qui chiedo di immaginare.
Cosa succederebbe se, per qualche arcano motivo, le anime del sanguinario Achille e del razionale Patroclo si reincarnassero in una nuova vita?
E se, per mero capriccio del Dio Primordiale in qualche modo, lo spazio e il tempo si facessero beffe di questi ultimi, facendoli vagare alla cieca in un mondo innovativo dove si devono solo trovare?
Achille e Patroclo sono comandati dal tempo, i loro ricordi passati non vengono conosciuti dall'uomo se non per una minima parte.
L'iliade che conosciamo non venne mai tradotta al completo, non si conoscono le gesta dell'eroe Acheo e dei suoi compagni.
Tutti sono senza alcuna intenzione, tutti sono umani come noi.
Solo ad Achille è stata data la possibilità di ricordare, di sapere.
E se in qualche modo le gesta del Dio Crono possano essere nobili, sono solo un dar fastidio al figlio.
La voltontà dell'anima supera di gran lunga le volontà degli Dèi, le Moire tesseranno il loro nuovo cammino.

●●●

Nella quotidiana lotta contro il Caos, ognuno di noi sublima l'arte del controllo illusorio dell'indaffarato Cronos.

"Promettimi che starai attento." Disse così, fissandomi con i suoi occhi chiari. "Si, non preoccuparti." Dissi, armandomi del suo bronzo accecante. Prima intorno alle gambe; lucenti copricaviglia argentei, e poi con la corazza vivida e variopinta del piè rapido. "Patroclo." Mi aveva chiamato, ma io non lo sentivo. Troppo concentrato a riporre sulle mie spalle la spada e borchie d'argento. Poi con una mano presi il suo scudo lucente, e sulla testa l'elmo robusto con l'ondeggiante crina di cavallo sul pennacchio. "Limitati a spaventare i Troiani, non avvicinarti alle mura, intesi?" Io lo guardavo silenzioso mentre brandivo le due lance tra le mani. Non mi azzardai a toccare la sua; non potevo, semplicemente troppo pesante e grande che solo Achille la sollevava. "Si, Achille." Solo dopo capii che quella era l'ultima volta.
Se solo avessi saputo lo avrei baciato, gli avrei promesso che sarei tornato presto anche se non era così.

________________

Capitolo 1.

Patroclo per la decima volta in quel mese si era svegliato alle quattro del mattino.
Non che fosse strano, non dormiva tanto, ma certamente per il suo corpo era un problema.
In quei giorni come se non bastasse era pieno fino al collo di test, non avrebbe comunque dormito data la situazione.
Ma i suoi sogni...quelli sembravano così reali, delle visioni.
Ma non lo erano, non erano reali.
Aveva sognato così tante volte quel ragazzo, Achille.
Lo considerava una strana invenzione del suo cervello poichè era così tanto per conto suo da sognare un ragazzo fittizio (molto lontano dai suoi standard) e sebbene sembrasse reale, era quasi inquietante.
Dopotutto non avevano un filo logico e ormai erano diventati stressanti.
Di certo aveva altro a cui pensare, non a una storiella sull'Antica Grecia e a un belloccio biondo che per qualche arcano motivo si era infatuato del solitario Patroclo.
Non poteva negare però che gli piacesse.
Gli piaceva essere amato e amare più di quanto avesse mai fatto nella vita reale, e più ci pensava, più si rendeva conto che quelli non erano solo sogni.
Bensì ricordi lontani, un qualcosa che aveva già vissuto.
Ma se si fermava a quello, probabilmente non erano suoi e questo lo spaventava.
Non volle pensarci e prese un grande respiro per cercare di addormentarsi prima dell'inesorabile sveglia che divideva il suo sonno da uno snervante giorno scolastico.

Il giorno dopo non era per niente riposato.
Le sue occhiaie si notavano sotto le lenti spesse e violacee degli occhiali, e in quel momento camminava trascinando i suoi piedi come se stesse andando al suo patibolo.《Allora, dormito bene?》 《Guardami e dimmi che ho dormito bene.》La ragazza di fianco a lui alzò le spalle e strinse a sé la sua borsa a tracolla.
La teneva con una sola mano come fosse un sacchetto di frutta e questo era decisamente insolito, ma lei era altrettanto insolita.
Briseide non era mai stata una ragazza solitaria, non come il suo amico Patroclo.
Al suo contrario lei era gentile con tutti e di bell'aspetto.
Sosteneva di non aver nessun amico al di fuori di lui, ma Patroclo sapeva bene fosse una bugia.
Girava sempre con qualche sua conoscenza, Criseide per prima.
Non sapeva nemmeno se considerarsi un suo amico o solo un qualcuno che é stato gentile con lei.
Era l'unica persona di cui lui potesse fidarsi e l'unica a cui aveva confessato apertamente il suo interesse per i ragazzi.
Non avrebbe mai potuto confessarlo alla sua famiglia, a quel modello di padre che aveva e alla madre che non avrebbe capito nemmeno cosa stesse dicendo il figlio.
O anche solo lì, in quella scuola.

La poteva chiamare scuola?
Una vecchia costruzione in marmo e incisioni antiche (che non sapeva davvero leggere) che solo da pochi anni era aperta alle ragazze, che proliferarono fin da subito i corridoi, e quella scuola divenne semplicemente pubblica.
Spocchiosa, ma pubblica.
Per questo Briseide era con lui.
Si conoscevano ormai da tre anni e Patroclo non avrebbe potuto chiedere di meglio.
Tuttavia le aule erano piene di ricercatori e intellettuali spocchiosi che volevano arrivare prima degli altri in qualsiasi ambito.
《Dovresti stressarti di meno per queste cose, è solo iniziato l'anno.》Gli disse Briseide, con il suo sguardo ammonitore terribilmente irritante.
Avrebbe voluto dire qualcosa, ma lei lo precedette ancora.《Ci sarà un nuovo studente nella nostra sezione. Ricordi del ragazzo di cui ti ho parlato l'estate scorsa?》《Credo di ricordarlo. No aspetta, come si chiamava?》Briseide lo guardò ancora una volta e sorrise.
Patroclo era sempre stato un ragazzo solitario e gentile nella sua spontaneità, soprattutto con lei.《Non te l'ho mai detto.》Disse, e lui la guardò interrogativo prima di entrare nell'aula.
La conversazione si interruppe a metà strada e le sue preoccupazioni furono placate solo quando i suoi fianchi sentirono il legno duro della sedia, che portò in avanti per sistemarsi meglio al suo posto.《Ragazzi, per favore sedetevi.》L'insegnante davanti a loro, il professor Chirone, li zittì tutti.
Era un uomo alto e austero, robusto e la sua pelle era scura.
Aveva una barba lunga e un codino basso.
Patroclo ricordava i suoi insegnamenti e lo distingueva dal resto dei suoi maestri.
Lui insegnava Anatomia e Medicina, lo aveva a cuore poichè a lui in particolare aveva insegnato l'arte delle erbe. Ma non faceva solo questo; ricordava aiutasse anche negli sport, combattimento corpo a corpo e non. 《Ho il piacere di presentarvi un vostro nuovo compagno. È importante che voi lo accogliate con il più grande dei riguardi.》Aveva detto, per poi sussurrare,《è una persona molto importante.》Per non farsi sentire.
Mosse le mani e qualcuno varcò la soglia della stanza.
E solo quando il professore pronunciò quelle parole la sua ansia si trasformò in preoccupazione.
E ancora peggio se quello che stava guardando non era un'allucinazione.
Gli occhi come uno smeraldo che aveva visto così tante volte in quelle notti, ora erano lì che guardavano i suoi.
I capelli dorati e lucidi come spighe di grano legati in una coda bassa, e alcuni dei suoi riccioli ricadevano ribelli sul suo viso.
E poi sorrise, bianco e immacolato. 《É un piacere conoscervi, il mio nome è Achille.》Aveva detto, ancora in piedi sul posto mentre il professore gli consigliava un posto su cui sedersi.
Achille.
Achille.
Achille
Non poteva essere vero, non aveva il minimo senso.
Il fiato gli si smorzò in gola, ora tutti i suoi sogni e ricordi gli scorrevano davanti agli occhi come se stesse per morire da un momento all'altro.
Si guardò le mani e la sua vista fu più nitida.
Non riuscì a sentire le parole del suo maestro, solo il martellare del suo cuore che per qualche secondo giurò di aver avuto fermo.
《Patroclo...》Il suono fu troppo basso per sentirlo, ma lui lo fece comunque.
Cosa?
Non era possibile, aveva sicuramente sentito male.
Era abbastanza sicuro che tutti in quel posto non lo chiamassero con il suo nome completo, - neppure i professori sapevano ormai come si chiamasse davvero, usavano anzi il cognome - ma in qualche modo un orribile senso di ribrezzo lo pervase.
Achille si avvicinò al suo posto senza fare rumore, aggrazziato e tranquillo si sedette di fianco a Patroclo.
Continuava a guardarlo come se non fosse vero, come se fosse appena uscito dalla sua testa dalle orecchie, o dal suo cranio, per Zeus.
Anche Patroclo lo guardava; era attonito e non riusciva a spiegarsi di come questo ragazzo potesse essere reale, oppure se lo stava immaginando.
<Patroclo.> Disse ancora, ma non sembrava provenire dal suo compagno.
Era una voce lontana.
Quando la lezione finì, Patroclo si alzò in uno scatto con la paura che gli scorreva anche nelle vene.
Non voleva nemmeno guardarlo in faccia, al ragazzo di fianco a lui con cui aveva condiviso sogni e passioni.
Non era riuscito ad ascoltare la voce di Chirone, che spiegava con furore l'arte della chirurgia.
Come ricucire le ferite più profonde anche quando si aveva ben poco a disposizione.
Per lui era più che interessante, ma in quel momento la sua mente vagava su tutte le volte che aveva sognato il ragazzo, su quanto spesso lo aveva cercato in libri e cataloghi antichi perché quella che sognava era proprio la Grecia di guerra.
Ma dato che non era riuscito nella sua impresa, si era appuntato tutti i flash di parole, tutti i sogni e tutte le caratteristiche del ragazzo dorato.
Ora che lo aveva davanti non riusciva a non sentire il leggero imbarazzo.
Non era necessario per lui parlarci, non avrebbe dovuto condividere i suoi libri.
Di fatto sembrava abbastanza ricco da permettersi il doppio di quello che aveva Patroclo.
I suoi abiti erano candidi, - almeno lo sembravano - aveva una camicia di cotone bianca con il colletto basso, le sue maniche lunghe erano a sbuffo e si stringevano sui polsi.
I pantaloni invece erano di un color caffè leggermente più chiaro di quest'ultimo, quasi color cioccolata.
E poi il suo aspetto era bello sì, come nei suoi sogni.《Ci siamo già visti prima?》Gli aveva chiesto, appena lo aveva visto alzarsi immediatamente lo seguiva. 《Come?》Patroclo si fermò con riluttanza, non volendo guardarlo. Se quello che pensava era vero, allora anche Achille lo aveva visto nei suoi sogni, sapeva di lui.
Non avrebbe potuto sapere il suo nome altrimenti, non da solo, né con qualcun altro.
《Hai un viso familiare, credo di averti già visto.》Disse lui, guardando le sue spalle perché ancora Patroclo non si era girato.
Stringeva i suoi libri rilegati sotto braccio, se si fosse concentrato a fissare lì avrebbe notato il suo tremare. 《Pratichi lezioni con l'arco?》《No.》 《Balli, canti o suoni qualche strumento?》《No.》《Allenamenti olimpici?》《Cosa?》Patroclo si girò finalmente, solo per vedere il ragazzo davanti a lui aggrottare le sopracciglia.
Voleva semplicemente andarsene e non parlarci mai più, sebbene fosse l'uomo dei suoi sogni che era letteralmente uguale e aveva anche lo stesso nome.
《Ma davvero mi sembra di conoscerti.》《Non ci conosciamo, davvero Achille. Non ti ho mai visto e non so davvero perché hai quest'idea.》Questa volta il suo tono fù duro, e per qualche strano motivo una fitta sulla testa lo colpì.
Cercò di ignorarla mentre guardava il viso del più giovane, eppure Achille non sembrava una persona da detestare.
Più che altro invidiare, con quel corpo sembrava un corridore olimpico professionista.
Era bello, biondo, aveva tratti puliti molto femminili ma nel complesso virili, il che lo stordiva.
Praticava sicuramente tutti gli sport che la scuola aveva da offrire, con tanti amici e ragazze.
E il suo sorriso vacillò per un momento facendo spazio all'impazienza, probabilmente una persona come lui non aveva mai ricevuto un 'no' come risposta.《Allora perdona per averti importunato, Patroclo.》Lui annuì e solo in un secondo momento si rese conto di cosa aveva chiamato il suo compagno.
Prima non era sicuro che lo avesse pronunciato, ma ora era chiaro.
Limpido come acqua di sorgente tanto che gli occhi di Patroclo si chiusero in due fessure.《Come mi hai chiamato?》 Era sicuro di non essersi nemmeno presentato a lui.
E allora come faceva a sapere quel nome, soprattutto completo?
Patroclo riprese fiato e ci vollero pochi secondi prima che lo chiedesse ancora, ma Briseide dietro di lui lo stava chiamando.《Allora, andiamo?》《Io..》 Patroclo rimase a fissarlo ancora per un tempo che sembrava congelato, e Achille non era da meno.《Si.》Aveva detto dopo un po', ancora stordito.

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