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By lostsof

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❝E forse mi accorsi troppo tardi che le bastò solo un mese per farmi cadere nella sua ragnatela d'amore.❞ los... More

1st: who is she?
2nd: me?
3rd: fake
4th: unpleasant
5th: eighty-five thousand
6th: kenneth
7th: accepted
8th: plan
9th: returns
10th: visit
11th: first meeting
12th: passion
13th: lunch
14th: shopping
15th: gossip
16th: concert
17th: locked
18th: expectations
19th: nobody
20th: club
21st: chaos
22nd: unexpected
23rd: morning
24th: help you
25th: america
26th: american music awards (part one)
27th: american music awards (part two)
28th: hidden
29th: necklace
30th: careful considerations
31st: argument
32nd: separated
33rd: photo-shoot (part one)
34th: photo-shoot (part two)
35th: hurricane
36th: chasing you
37th: perfume of happiness
38th: wish
39th: purple lace
40th: road to holmes chapel
42nd: drunk
43rd: hit
44th: period and bath
45th: sure?
46th: thank you
47th: departures
48th: faults
49th: sure
50th: sweet dreams
51st: war is love
52nd: apple
53rd: happy birthday (part one)
54th: happy birthday (part two)
55th: letter
56th: epilogue
ringraziamenti
cataclysm

41st: christmas eve

95.1K 4.2K 2.2K
By lostsof

È arrivato il momento di dedicare il capitolo a @completalylost e @17blackeyes che mi lasciano sempre bellissimi commenti.

-
Harry's point of view

Quando la luce filtrò dalle finestre e le mie palpebre decisero ad aprirsi la vidi. Il suo esile corpo stretto fra le mie braccia, le calde labbra che rilasciavano deboli sospiri e il sonno che l'aveva accolta e presa prigioniera rendendola ancora più vulnerabile di quel che era.

Mi piegai su un gomito e la guardai ammaliato, le mie labbra avevano preso una piega involontaria. Esisteva creatura più bella di lei?

Allungai le dita e le accarezzai la testa spostando alcune ciocche dalla fronte, come si accarezza un fragile cucciolo strappato alla propria mamma.

Si voltò e ritirai d'istinto la mano. Dormiva ancora beata, il busto rivolto verso il soffitto e un braccio che le copriva il ventre.

Notai con piacevole sorpresa che non portava il reggiseno, lo stretto tessuto della camicia da notte di raso la fasciava alla perfezione. Era così sensuale nella sua innocenza.

I capelli le ricadevano sulle spalle magre e la scollatura era scesa. Combattei l'istinto di far scivolare le dita al di sotto di essa, per verificare che non portasse alcuna biancheria intima.
Le avrei dato così tanto piacere se solo avesse voluto, ma mi costrinsi a lasciarle un umido bacio sull'attaccatura del collo con il mento e a scendere le scale per parlare finalmente con mia mamma.

Sapevo che era già sveglia. L'avevo sentita cantare quelle merde di canzoni paesane che solo lei poteva ascoltare.

«Ciao piccolo. Cosa vuoi per colazione?» Canticchiò mentre il volume della radio era ancora alto.

«Uova e bacon può andare.» Mi passai una mano fra l'ammasso di ricci e mi strofinai gli occhi per far sparire definitivamente i resti del sonno appena lasciato.

Mangiai il mio piatto in silenzio mentre mamma fischiettava cucinando frittelle. Mi era mancato l'odore di casa, Gemma che sbraita perché non trova un paio di scarpe, Robin che cerca invano di riparare la mia vecchia bicicletta ormai da anni e le rare telefonate di papà che però ogni volta mi convincevano che lui non mi avesse dimenticato. Tutto questo doveva far parte della mia quotidianità, ma non poteva farlo.

«Allora, che te ne pare?» Chiesi a mia madre tra un boccone e l'altro. Lei mi guardò interrogativa e mi affrettai ad aggiungere «Annabeth».

«È adorabile. Così gentile e umile.» Mi sorrise.

«Ti ricordi di quel giorno, circa tre mesi fa, in cui ti dissi che il management mi aveva obbligato a trovarmi una ragazza?»

Mia madre mi guardò pietrificata e quasi... Sdegnata?

«Quindi mi vorresti dire che la stai solo prendendo in giro?» Mi puntò la forchetta contro.

«Non sparare sentenze mamma, non ho mai detto questo. La Modest mi aveva proposto alcune ragazze e lei era la segretaria del capo. Ho rifiutato tutte perché volevo soltanto lei. Inizialmente ci detestavamo, lei era costretta a stare con me solo per il contratto e per i soldi che le vengono dati, poi non so cosa cazzo sia successo e non è più un gioco per nessuno dei due.» Ammisi riassumendo in poche parole tutte gli avvenimenti e le emozioni degli ultimi due mesi.

Riposi il piatto nel lavandino e mi allarmai quando Anne mi fermò prendendomi gentilmente l'avambraccio.

«Harry, bambino mio, sei sicuro che lei ti piaccia veramente e che non stia con te solo per soldi?» Sembrava afflitta con quei grandi occhi smeraldo che sembravano ancora più intensi per via della luce mattutina.

La presi per le spalle e cercai di rassicurarla. Era mia madre e sapevo quanto soffrisse la mia mancanza. Qualche volta la sentivo piangere al telefono ma lei fingeva di avere l'allergia e diceva di star bene. Durante quelle notti abbracciavo il cuscino immaginando che fosse lei.
Non deve essere facile avere un figlio che non puoi veder crescere quanto vorresti perché strappato dalle tue braccia e buttato su un palcoscenico davanti a migliaia di persone. Mia mamma era la mia preoccupazione, la mia priorità. Colei che mi aveva dato la vita e che aveva avuto la forza di lasciarmi andare per inseguire i miei sogni, ma che allo stesso tempo era costretta a subirne le conseguenze ogni giorno sulla propria pelle.

«No mamma, stai tranquilla. Che senso avrebbe fingere dei sentimenti quando verrebbe pagata allo stesso modo anche se non lo facesse? Mi piace mamma, mi piace davvero. Lei è diversa.»

Le parole mi scivolarono via dalla bocca con così tanta facilità e mi accorsi con soddisfazione che tutto ciò che avevo detto era la verità. Nient'altro che la fottuta verità.

«A me basta che tu sia felice.» Mi accarezzò le guance e mi stampò un sonoro bacio materno. Dovetti inarcare la schiena e abbassarmi di molto per raggiungerla, ma non rinunciai ad abbracciarla come si deve.

«Da oggi in poi io e Annabeth dormiremo insieme, che ti piaccia o no.» La informai sicuro di me.

Lei aggrottò subito le sopracciglia e incrociò le braccia al petto. «No, questo non te lo concedo. Conosci le regole: niente sesso in casa mia quando c'è qualcuno.»

Mi raggelai all'istante. Era fottutamente imbarazzante, anche per il fatto che avevo appena fatto pensieri su di lei mentre dormiva beatamente incosciente delle mie fantasie.

Avrei voluto sfilarle le calze di lana e far viaggiare le mani su tutto il suo corpo, baciandola ovunque.

«È vergine. Non ho ancora osato toccarla in nessun modo.»

Cosa cazzo avevo appena detto? Ma la domanda più importante: lei era vergine sul serio? Più volte mi aveva detto di non esserlo ma dal suo comportamento insicuro mi aveva fatto intuire che lo fosse.

Il mio cervello era un fottuto caos già alle prime ore del mattino.

Annabeth's point of view

December 24th 2014

Stirai la gonna del vestito con le mani, ancora non soddisfatta del risultato.
Il tessuto aderente non mi sembrava adatto per l'occasione e realizzai solo in quel momento che mi scopriva un po' troppo le gambe.

Harry non era d'accordo, mi aveva esortato lui ad indossare quel vestito rosso scuro marcato Gucci. Me l'aveva comprato il famoso giorno in cui facemmo shopping, la prima volta che lo baciai anche se solo per i fotografi.

Ma lo avevo fatto veramente solo per la stampa?

Il vestito era delizioso e mi aveva colpito fin dall'inizio: lungo fino a metà coscia, aderente ma non troppo, con le maniche lunghe e una scollatura profonda ma non eccessiva sulla schiena.

Continuavo a guardare la mia immagine riflessa nello specchio, mettendo gli orecchini marroni regalati sempre da Harry, ma ancora non pienamente convinta del mio look, con lui dietro di me intento ad abbottonarsi la camicia.

Mi voltai per aiutarlo con i bottoni sulle maniche e gli sistemai il colletto.
Per l'occasione aveva spostato i capelli da una parte e applicato un po' di gel.

«Sono pronto.»

Inarcai un sopracciglio e inclinai la testa squadrandolo.

«Pronto? Non metti una giacca?»

«Troppo formale.»

Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. Sempre il solito.

«Potresti sforzarti almeno oggi. È la vigilia di Natale.»

***

Strinsi calorosamente la mano a chiunque Harry mi presentava. La sua famiglia era eccezionalmente accogliente e educata.
C'erano tutti: le zie, la cugina e il nonno di Harry, i genitori di Robin e il ragazzo di Gemma.

« Corinne, Peter, questa è Annabeth: la mia ragazza.» Harry mi presentò alla madre e al padre di Robin senza mai spostare la mano dal mio fianco.

«È un piacere conoscervi.» Sorrisi a entrambi mascherando il mio disagio. Non ero una persona particolarmente socievole, ma non mi rifiutavo mai di conoscere nuove persone, solo che quella situazione era abbastanza nuova ed emozionante per me. Non avevo mai pensato di conoscere l'intera famiglia del mio ragazzo così presto, soprattutto non nel modo in cui mi si è presentata la situazione.

«Proprio una bella ragazza Harry.» Corinne spostò la grossa montatura degli occhiali sul naso, come per riuscire a guardarmi meglio.

Arrossii leggermente e la ringraziai per poi allontanarmi con Harry.

La cugina di Harry, Dakota, aveva la stessa età di Gemma, conviveva e aveva un bambino, Elliot. Il suo fidanzato pilotava aerei di linea e purtroppo sarebbe stato assente anche a Natale.

Mi sedetti accanto a lei, così da avere Harry al mio fianco e Josephine, la zia di Anne, davanti. La pro-zia Josephine aveva ottantasei anni, tuttavia era nel pieno delle sue forze e giocava a bingo tutti i giovedì per quanto mi aveva raccontato.

Un grosso tacchino ripieno era già servito in tavola, accompagnato da un vario contorno di verdure, ma prima di mangiare ci riunimmo in una veloce preghiera. La famiglia di Harry era molto credente.

«Signore, benedici il cibo che stiamo per mangiare e proteggi noi e tutti coloro che non ci sono più.» La voce di Anne era pacata ma diretta mentre tutti avevano la testa china sulle mani congiunte.

«Ricordiamo nonna Ivy. È il primo anno che passiamo il Natale senza di lei, prenditene cura.» Continuò con voce incrinata.

Nonna Ivy?
Dalle parole di Anne compresi che fosse morta, tuttavia il suo nome aveva creato un vuoto nella mia mente, ma preferii non fare domande.

Lo stridio di una sedia che veniva spostata con poca grazia destò tutti quanti.
Il rumore mi era particolarmente vicino. Quando voltai la testa verso sinistra, Harry aveva già lasciato il suo posto e si era allontanato a grandi falcate.

Guardai da una parte all'altra interrogativa, prima di puntare gli occhi su Anne che mi fissava supplichevole, nel panico.

Prima che me ne rendessi conto mi scusai e lasciai il mio posto andando alla ricerca di Harry che sembrava essere scomparso.

I miei tacchi ticchettavano sul pavimento mentre correvo per il corridoio, aprendo tutte le porte delle stanze, ma di Harry nessuna traccia.

Quando vidi le tende svolazzanti per via del vento capii dove fosse. In silenzio oltrepassai la portafinestra che dava accesso alla terrazza e lo vidi di schiena, con le braccia distese sulla ringhiera e le spalle incurvate.

Lentamente mi avvicinai fino ad affiancarlo. Sapevo che avesse notato la mia presenza ma decisi comunque di non parlare.

Passarono i minuti, il silenzio agonizzante e il vento che soffiava tra i capelli.

«Ivy era mia nonna. La mamma di Anne.» Parlò a bassa voce.

«È morta quattro mesi fa.» La sua voce si affievolì ancora di più.

Titubante portai una mano sulla parte bassa della sua schiena e la mossi su e giù.

«Mi dispiace.» Sussurrai.

«Non l'ho ancora superato. Lei era la mamma che non ho avuto mentre i miei genitori divorziavano. Lei c'è sempre stata. Quando qualcosa non andava, correvo da lei e mi preparava il pane con la marmellata.» Gli scappò una risata amara.

Il mio cuore saltò quando una lacrima solcò la sua guancia.

Harry Styles stava piangendo.

Il ragazzo più forte, indipendente stava piangendo.

La mia mano tremava quando la alzai per rimuovere quella lacrima traditrice che lo aveva reso tanto vulnerabile.
Poi mi ricordai. Il medaglione che avevo trovato nella sua valigia, quello che conteneva la foto sbiadita e corrosa dal tempo. Quella donna era sua nonna.

Mi avvicinai al suo viso, i tacchi mi permettevano di raggiungerlo perfettamente, e lo baciai nell'esatto punto in cui si era fermata la lacrima.

«Sei forte.» Mormorai. «Ricordalo.»

Harry inspirò ed espirò profondamente per poi prendermi la mano.

«Torniamo di là?» Domandai.

Lui annuì e mi seguì nella sala da pranzo. Tutti ci guardavano curiosi, confusi.

Anne era l'unica ad aver capito cosa fosse preso al figlio, e mi mimò un grazie con le labbra, con occhi pieni di gratitudine.

La serata passò tranquillamente, Harry non parlò ma non sembrava a disagio.
Dopo la cena facemmo una video chiamata con Louis per fargli gli auguri di compleanno prima che arrivasse la mezzanotte.

Quando fu ufficialmente il 25 dicembre brindammo con lo spumante e ci scambiammo i regali.
Avevo comprato vari pensierini per i parenti di Harry insieme a Ella, i giorni nei quali lui era in tour.

Ringraziai Gemma per il regalo: mi aveva comprato un bracciale di perle molto raffinato. Cercai di baciarle le guance ma qualcosa mi tirò indietro.

Due forti braccia mi cinsero il ventre, sapevo esattamente chi fosse. Mi fece voltare verso di lui, eravamo a pochissimi centimetri di distanza e i nostri nasi quasi si sfioravano.

«Tocca a noi.» Fissai i movimenti delle sue labbra mente pronunciava quelle parole. Era così bello. Dovetti trattenermi dal baciarlo forte davanti a tutti.

Mi consegnò un pacchetto che aveva nascosto dietro la schiena. Era piccolo ma pesante. Io feci lo stesso.

Scartai il mio regalo sotto il suo sguardo attento.
Schiusi le labbra e spalancai gli occhi: era un iPhone 6.

«Non puoi averlo fatto davvero. Non posso accettarlo. È troppo.» Farfugliai.

Subito mi vergognai del regalo che gli avevo comprato. Era semplice, ma mi era sembrato carino. Ora mi sentivo terribilmente in imbarazzo.

«Smettila, avevi bisogno di un nuovo cellulare.» Mi baciò sulle labbra.

Cercai di riprendermi il regalo che gli avevo fatto ma lui me lo impedì lanciandomi un'occhiata interrogativa.

«È insulso in confronto al tuo. Te ne comprerò un altro. Rendimelo.»

«Ho mai preso ordini da qualcuno?» Un ghigno si stampò sulle sue labbra e mi arresi.

Aprì il pacchetto con una lentezza asfissiante, poi mi guardò impassibile.

«È bellissimo Beth.» Sussurrò espirando come se fosse stata la cosa più difficile da dire.

«Ti piace davvero?»

Sapevo che Harry avesse iniziato a suonare la chitarra e volesse affinare le sue tecniche così avevo deciso di prendergli un plettro di argento e farci incidere l'iniziale del suo nome.

«Sì, davvero. Non è la solita cazzata che si regala a Natale. Questo è... Wow. Grazie, sei fantastica.»

Mi riallietai un po' e lasciai che mi baciasse con trasporto. Tutto ad un tratto non me ne importava più che fossimo sotto gli occhi di tutti. C'eravamo solo io e lui.

«Vieni, andiamo un po' in giardino.»

Lo seguii mentre ci conduceva nel giardino sul retro.
L'aria era frizzante e pungente ma piacevole. Ci sedemmo sotto il portico, sul dondolo giallo che scricchiolava.

Lasciai cadere la testa sulla sua spalla, mentre venivo cullata dal fievole vento e dalla dolcezza del mio ragazzo.

«Ti vedo un po' teso.» Mormorai.

Harry sospirò, come per acconsentire.

«Questa cosa di mia nonna... Sono ancora un po' turbato.»

Mi portai la borsetta sulle ginocchia e ne tirai fuori il pacchetto di sigarette e un accendino.
Gliene allungai una e lui accettò.

Fumammo in silenzio, il debole fumo a fare da sfondo alla scena.

Harry gettò la sigaretta non ancora finita per terra e sbuffò facendo uscire l'ultima nuvola di fumo.
Che diavolo gli prendeva?

«Cos'hai?»

«Ho capito che non ho più bisogno di questa merda. Ho solo bisogno di te.»

E io ne morii.

-

Author's Note:
Eccomi tornata! Vi ringrazio per i bellissimi commenti e per le visualizzazioni che aumentano sempre di più, tuttavia ho notato che il capitolo 40 ha quasi 100 voti meno del capitolo 39. Non vi è piaciuto? Mi scuso se non sono stata all'altezza delle vostre aspettative. Invece, lettrici silenziose, cliccate sulla stellina, non vi costa nulla mentre a me farebbe un piacere enorme per tutto il lavoro che faccio. Ma vi amo lo stesso.

Baci baci xx

./Sof

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