π‹π¨π―πž 𝐚𝐭 𝐟𝐒𝐫𝐬𝐭 𝐜π₯...

By Frasigno02

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Uno scontro, delle scuse, delle scale. Tutto o forse niente avrΓ  inizio da queste tre cose: amore, passione... More

Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11

Capitolo 6

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By Frasigno02

Nel mentre che aspettavo che scoccassero le 12:30, decisi di sistemare le mie cose e fare il letto, in modo che quella notte avrei potuto dormire tra le mie sofficissime coperte.

Aprii le mie due valige, presi i vestiti e iniziai a sistemarli nell'armadio piccolo a muro posto di fianco al letto e nella cassettiera li affianco. Come un fulmine a ciel sereno, proprio mentre stavo riponendo la mia biancheria e i miei fazzoletti di stoffa nel primo cassetto del mobile, esplose nella mia testa l'immagine del pezzo di seta pregiato che si trova nella mia borsa e che tutto era, tranne che mio.

Così afferrai la borsa fino a che non trovai il fazzoletto che, come se fosse una reliquia preziosa, presi tra le mani. Non osavo immaginare quanto costasse quel pezzo di seta ricamato appositamente e tutto volevo fare tranne danneggiarlo, però era sporco e per restituirlo avrei dovuto lavarlo.

Mi avviai allora verso il piccolo bagno e decisi di lavarlo a mano nel lavandino, accesi l'acqua calda e, preso un po' di sapone, iniziai a strofinarlo per bene... CRACK.

Oddio, oddio ti prego no, cosa diavolo era stato quel rumore?

Con gesti lentissimi e gli occhi spalancati dal terrore, portai il fazzoletto all'altezza dei miei occhi e lo apri in tutta la sua grandezza.

Uno squarcio enorme lo attraversava proprio al centro, quasi da angolo a angolo. Praticamente era distrutto. Disperata guardai me stessa allo specchio posto lì davanti e mi dissi: -Niente panico.-

Ma il panico lo avevo eccome, infatti come una furia mi avviai verso la mia borsa per raccattare ago e filo, che mi portavo sempre dietro in caso di emergenza, solo che l'unico filo rimasto era di un colore piuttosto singolare: rosa.

Avevo due opzioni ora: o glielo restituivo squarciato ripagandoglielo, con dei soldi che probabilmente neanche avevo, oppure lo cucivo con del filo rosa sgargiante che sullo sfondo bianco sarebbe stato come un pugno in un occhio, ma almeno non avrei dovuto ripagarlo, o così speravo.

Decisi allora di sedermi sul letto e iniziare a ricucirlo.

A lavoro compiuto guardai la mia opera: terrificante. Probabilmente questo mi sarebbe costato una bella arrabbiatura nei miei confronti che, essendo una persona molto sensibile, non sarei riuscita ad affrontare senza piangere.

Cercando di sistemare le cose o almeno abbellire quella linea a zigzag tremolante, ricamai un paio di cuoricini rosa ai lati di quest'ultima laddove vedevo che era veramente brutta. Inutile dire che non solo non migliorò le cose, ma le peggiorò ulteriormente.

Con un sospiro sconsolato e un broncio prossimo al pianto, ripiegai il fazzoletto in modo che non si vedesse il danno che avevo combinato a primo sguardo e lo rinfilai nella borsa, insieme a ago e filo. Tanto ormai il casino era fatto, ma potevo essere sempre così sfortunata?

Triste alzai gli occhi e li posai distrattamente sull'orologio a muro posto sulla parate davanti al letto che segnava le 12:20.

Caspita il tempo vola... OH CIELO.

Presa dalla consapevolezza che era un sacco tardi e che in dieci minuti mai sarei riuscita ad arrivare all'agenzia, mi alzai di scatto dal letto, afferrai la borsa, il borsone con il cambio per gli allenamenti, che era già preparato nella valigia, le chiavi sul ripiano, mi infilai le scarpe in fretta e furia e uscii di casa come un fulmine.

********

Ero in strada da nemmeno cinque secondi, ma mi ero già persa e dire che la compagnia distava pochi metri... sono una frana.

Non so come ne perchè, ma alla fine raggiunsi finalmente l'entrata dell'agenzia, davanti alla quale mi fermai con il fiatone e il cuore in gola. Controllai l'orologio da polso e con un gemito di frustrazione vidi che erano già le 13:00; perdermi non era stato sicuramente un vantaggio lo ammettevo.

Trafelata allora attraversai le porte di vetro e mi fiondai dritta verso la receptionist che mi guardava come fossi pazza, ottimo.

-Salve, sono Angelica Ferri- dissi mostrandole il mio cartellino identificativo che fortunatamente avevo lasciato nella borsa -sono qui perchè dovrei incontrarmi con il mio tutor Kim S- mi fermai, forse era meglio non dire neanche a lei chi era il mio tutor, magari anche per gli impiegati che lavoravano qui doveva rimanere un segreto.

Schiarendo mi la gola ripetei: -Un certo signor Kim.-

Lei mi guardò attentamente facendo passare i suoi occhi dalla foto del cartellino a me per vari secondi fino a quando, convinta , si decise a chiamare chissà chi per avvisare del mio arrivo.

La donna una volta finita la chiamata mi disse: -Il signor Kim adesso si sta allenando con il suo gruppo, perchè ha detto che, dato il suo ritardo, non avrebbe sprecato tempo quando avrebbe potuto allenarsi con gli altri, ma ha anche aggiunto che può raggiungerlo in sala prove, al terzo piano e aspettarlo lì finché non finisce.- disse tutto d'un fiato con uno sguardo misto tra invidia e disappunto.

Ma che voleva questa poi? O mamma mia che giornata infinita.

Con un sospiro la ringraziai, attraversai le sbarre automatiche sorvegliate dai bodyguard, che salutai con il mio solito inchino e mi avviai verso gli ascensori. Fortunatamente ne trovai una ancora aperto e completamente vuoto in cui mi ci fiondai senza esitazione, incastrando il mio corpo tra le porte in modo che non si richiudessero, schiacciandomi e sbattendo il borsone un po' ovunque, producendo un rumore forte, ma non abbastanza da non sentire qualcuno ridere dietro di me.

Incuriosita mi voltai e vidi che tre dei cinque bodyguard erano voltati verso di me e mi sorridevano divertiti. Rossa come un pomodoro sorrisi a mia volta imbarazzatissima, mi infilai finalmente nell'ascensore e con un inchino, che loro per la prima volta ricambiarono, li salutai fino alla chiusura delle porte.

Con un sospiro, abbandonai borsa e borsone a terra e mi appoggiai alla parete di fondo dell'ascensore, passandomi le mani tra i capelli e poi sul viso, cercando di lavare via lo stress di questa giornata che in realtà ancora doveva iniziare.

Sorrisi tra me e me, almeno mi ero fatta dei nuovi amici, sempre in modo imbarazzante, ma almeno avrei potuto vedere dei volti sorridenti ogni mattina d'ora in poi e non i soliti musi duri tipici delle guardie.

Con il din dell'ascensore capii di essere arrivata a destinazione e infatti le porte si aprirono su un corridoio con diverse entrate.

Presi i miei averi e mi avviai per quel corridoio alla ricerca della stanza dove Jin si stava allenando. Quasi tutte le porte erano aperte, tranne l'ultima in fondo a sinistra a cui mi avvicinai, incuriosita dalla musica provenente dall'interno.

La porta era socchiusa, così senza indugiare oltre decisi di dare una sbirciatina e vidi il paradiso, letteralmente.

Angeli che ballavano a suon di musica in una sala ricoperta da parquet e con una parete completamente specchiata attraverso la quale quale i ballerini potevano vedersi e migliorarsi. La tipica sala da ballo, con all'interno persone tutt'altro che tipiche.

Rimasi incantata a guardarli perdendomi nelle mie fantasie tanto che non mi accorsi che la musica si era fermata e che uno sguardo mi stava incenerendo.

-Alleluja, guarda chi si vede. Smettila di nasconderti e entra.- mi disse scorbutico Jin.

Oh wow, quando ci eravamo lasciati non era così... quasi quasi non mi dispiaceva avergli stracciato il fazzoletto.

Reprimendo il mio desiderio di fargli una linguaccia entrai e dissi: -Si, eccomi, scusi per il ritardo è solo che mi sono persa e non trovavo più la strada.-

-Come diavolo hai fatto a perderti che è distante cinquecento metri da qui il dormitorio? Certo che sei proprio imbranata.- mi disse con un ghigno.

Poi diventando completamente serio aggiunse: -Che sia la prima e ultima volta che arrivi in ritardo, non ho tempo da perdere. Ah, e se ti perdi hai il mio numero, chiamami.-

Oh santo Dio, mi aveva appena detto di chiamarlo? Lui? A me?

Ok mantieni la calma, è solo per lavoro, niente panico, tranquilla. Non riuscii però a mantenere il viso ad un colore stabile e abbastando la testa diventata bordò dissi: -Si signore, scusi, non ci sarà bisogno perchè non ci sarà una prossima volta lo prometto.-

-JIN HYUNG! E smettila di essere così scorbutico ha fatto un po' di ritardo mica ha ucciso qualcuno, e poi scusami? Ti fai chiamare signore? Ma cosa sei un dittatore e non lo sapevo?-

Jin si voltò scocciato verso la voce che aveva appena parlato e allo stesso modo io spostai lo sguardo su di lui: o. cielo. santissimo.

Colui che aveva parlato era nient'altri che Jimin dei BTS, che ora guardava con divertimento il maggiore. E come se non bastasse dietro di lui erano presenti tutti gli altri membri del gruppo che facevano passare lo sguardo tra me e Jin, incuriositi alla massima potenza.

Ecco perchè mi sembravano angeli, lo erano.

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