Just Saying || Muke (WAYF seq...

By lhemmonade

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Non potevo permettere che il ricordo mi buttasse ancora giù. Perché adesso la mia vita era perfetta, e Luke n... More

1 - Eight years
2 - Miserable
3 - Memories
4 - Trying to come clean
5 - Am I really over it?
6 - Ashton's graduation
7 - Luke vs. Jamie
8 - Fading
9 - Birthday
10 - Still do
11 - Maybe I was wrong
12 - Back to the start
13 - Mark
14 - Someone like you
15 - Truth
16 - Broken Pieces
17 - Confessions
18 - Proposal planning
19 - Saved
20 - Finally free
22 - Proposal
23 - To the moon and back
24 - Wedding

21 - Innocent

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By lhemmonade

Who you are is not what you've been

You're still an innocent


Michael's pov


«Luke, che sorpresa vederti! Entra, su», mia madre esortò Luke ad entrare in casa; il ragazzo mise piede dentro timidamente, come se non avesse mai varcato la soglia di casa mia.

«A cosa dobbiamo questa visita? Non ti fai vedere da anni».

Seguimmo mia madre in sala da pranzo, il tavolo era già apparecchiata per quattro persone.

Dopo tutto lo stress della giornata, ho pensato che tornare all'appartamento di Luke avrebbe peggiorato la situazione, così, ho insistito perché lui passasse la notte a casa mia. Forse l'ambiente familiare lo aiuterà a recuperare un po' di riposo. So che non dorme bene, nell'ultimo periodo.

«Uhm... Mi andava di passare. Io e Michael sono anni che non ci vediamo, ho pensato fosse ora di... Riallacciare i rapporti», disse Luke in risposta alla domanda che mia madre gli aveva fatto, guardandomi timoroso. Gli feci un sorriso rassicurante, intrecciando la mia mano alla sua.

Mia madre sorrise. «Beh, è un piacere riaverti qui. Su, mangiamo, abbiamo tanto tempo per parlare».

Ci sedemmo al tavolo; Luke mi guardò esitante mentre prendeva la forchetta. Gli feci uno sguardo rassicurante, poggiando la mia mano sulla sua coscia. Luke si rilassò istantaneamente.

«Allora, Luke, cosa ci racconti di bello?», chiese mia madre, casualmente, alzando gli occhi dal suo piatto per fronteggiare Luke.

Il biondo si irrigidì. «Oh... Sto andando all'università e lavoro in una piccola libreria a Potts Point. Per il resto, nulla di eccitante», replicò casualmente, stringendosi nelle spalle. Gli accarezzai la coscia.

Mia madre sorrise. «Ho sentito che il caffè è buono, a Potts Point. L'hai provato?».

Luke fece spallucce. «No, ho cominciato a lavorare lì da poco, non ho avuto molto tempo per... Provare il caffè».

«E-».

«Mamma, ti prego, possiamo parlare dopo?», interruppi mia madre, supplichevole, «Luke ha avuto una giornata un po' stressante».

Mia madre annuì, comprensiva, e tornammo a mangiare in silenzio. La situazione era tranquilla, almeno finché la mano di Luke non si posò sulla mia. Per un attimo pensai che volesse solo stringermi la mano, ma quando la spostò più su ricordai che era Luke Hemmings quello di cui stavamo parlando. Quel ragazzo che amava essere toccato nei modi e nei momenti più inappropriati possibili. Non è cambiato di una virgola...

«Luke», sussurrai approfittando della distrazione dei miei genitori, impegnati a parlare tra di loro, «non è il momento».

Luke sorrise malizioso, spostando la mia mano sempre più su. I miei polpastrelli entrarono in contatto con il cavallo dei suoi pantaloni, il sangue mi si gelò nelle vene mentre Luke si mordeva il labbro inferiore, facendomi un occhiolino. Riuscii a liberare la mia mano dalla sua stretta, colpendogli leggermente la coscia.

«Dopo».

«Volevo solo...».

Gli feci uno sguardo assassino. «Dopo», ripetei, facendolo annuire con foga.

«Ehm».

Entrambi guardammo i miei genitori, che ci fissavano imbarazzati. Mi mordicchiai il labbro inferiore. «Che c'è?».

«C'è qualcosa che devi dirci?», azzardò mio padre, facendo vagare il suo sguardo da me e Luke. Mamma ci guardava circospetta, con gli occhi sbarrati. Ricordai solo in quel momento che i miei pensavano che avessi tradito Jamie. Forse avranno fatto due più due, tirando conclusioni affrettate...

«No. Niente proprio», risposi, facendo un sorriso serrato. Sentii Luke ridacchiare accanto a me.

«Ne sei sicuro?».

«Sicurissimo», ribadii alzandomi, «Ora, se non vi dispiace, andrei di sopra. Luke?».

Luke mi guardò circospetto, alzandosi e seguendomi di sopra. Salimmo le scale in fretta; io mi ritrovai ad annaspare in cerca d'aria mentre raggiungevamo camera mia. Luke mi spinse impaziente sul letto, mettendosi a cavalcioni su di me; lo fissai sconvolto mentre si sfilava la maglietta.

«Luke...».

Fui zittito dalle labbra di Luke, che si impossessarono con foga delle mie. «Ti voglio. Adesso», sbottò lui, staccandosi da me, «Avevi detto dopo, beh, adesso è dopo eccome».

Luke prese a baciare il mio collo con insistenza; mi mancava l'aria, e non positivamente. Ero appena stato strangolato a morte, diciamo che la mancanza d'ossigeno non era ben accetta.

«Luke- ti prego- non respiro», annaspai, tirando alcune ciocche dei suoi capelli non abbastanza da fargli del male, ma abbastanza da fargli segno di smetterla. Mi sentivo proprio come qualche ora fa, non era colpa di Luke ma era comunque la sensazione più brutta del mondo.

Luke alzò la testa, scivolando sulle coperte blu scuro. «Cazzo, l'avevo dimenticato», mugugnò, preso dal panico, «O-okay, cerca di fare respiri profondi».

Ridacchiai. «Luke, sto bene. È solo che non posso sforzarmi- il che ci porta al perché non possiamo fare niente, almeno non stanotte».

Luke fece il broncio, avvicinandosi a me. Prese a disegnare cerchi immaginari sulla mia maglietta. «Magari, se facessi tutto io, tu non dovresti sforzarti più di tanto... Credi di potercela fare?», mi chiese malizioso, mordendosi il labbro inferiore.

Il solo pensiero mi fece sentire male. Michael, contieniti ti prego. Non vuoi morire asfissiato, vero?

«Per quanto mi piacerebbe, non possiamo, a meno che tu non mi voglia morto...», dissi vago.

Luke si mordicchiò il labbro inferiore. «In effetti forse è meglio aspettare, così potrò averti molto più a lungo», ridacchiò malizioso, allungando il suo viso verso il mio per baciarmi, «E poi ti ho aspettato per otto anni. Suppongo che aspettare un altro po' non sarà una cosa così tragica»,  aggiunse, le sue labbra che esitavano a lasciare le mie.

Intrecciai le nostre mani, sospirando contento mentre Luke poggiava di nuovo la testa sul mio petto dopo essersi infilato di nuovo la maglietta addosso. «Abbiamo tutto il tempo del mondo, Lukey. Stavolta non ho intenzione di lasciarti andare».

«Buono a sapersi», mugugnò lui, improvvisamente assonnato, «Dio, ho sonno. Che giornata faticosa», aggiunse, alzando di nuovo il viso. Stampò un bacio sulle mie labbra prima di poggiare di nuovo la testa sul mio petto, chiudendo gli occhi. Gli accarezzai i capelli, sentendo il suo respiro regolarizzarsi, segno che s'era addormentato.

Io non avevo molto sonno, ad essere sinceri. Gli eventi della giornata mi avevano un po' scosso, come doveva succedere del resto. Quindi, restai a guardare Luke, dopo averlo posato sul letto in modo che dormisse più comodamente. Può suonare un po' inquietante, ma mi piace guardare le persone mentre dormono. Specialmente Luke. Tutto, nei tratti inteneriti del suo viso, mi faceva pensare ad un angelo... non in quel momento, però. La sua espressione era tutt'altro che tenera, più che altro sembrava spaventato.

Se non fosse stata la sua espressione, ad allarmarmi ci avrebbe pensato certamente il modo in cui cominciò ad agitarsi sul letto, cercando di sfuggire alla mia presa, annaspando in cerca d'aria e singhiozzando. Cercai di svegliarlo, scuotendolo e chiamando il suo nome, ma lui mi ignorò.

«Lascialo ti prego, prendi me... prendi me. Lui non c'entra, prendi me», lo sentii piangere, mentre affondava la testa nel letto.

Presi a scuoterlo più velocemente, preso dal panico. «Luke! Svegliati, dannazione! È solo un incubo!», urlai, facendogli finalmente aprire gli occhi. Erano arrossati e lucidi di pianto.

Luke si guardò intorno, prima di squadrarmi attentamente. Rimasi sorpreso quando mi abbracciò. «Michael, Dio», singhiozzò nella mia maglietta, «E-era solo un incubo».

Inspirai profondamente. «Mi hai spaventato».

Nessuno dei parlò per un tempo che mi parve interminabile; Luke singhiozzava nella mia maglietta, macchiandola di lacrime, e io non riuscivo a parlare, per quanto volessi farlo, la gola mi sembrava secca e le corde vocali incollate l'una all'altra. Non potevo far altro che continuare ad abbracciarlo, accarezzandogli la schiena per cercare di calmarlo. Non ci sarei riuscito facilmente, ciò non vuol dire però che non ci avrei provato.

«Perché sei qui con me?», sbottò lui all'improvviso.

Mi staccai da lui, guardandolo scioccato. «Cosa hai detto?», chiesi, asciugando le sue guance dalle lacrime che non accennavano a smettere di scorrere.

Luke deglutì. «I-io non ti merito. Non dopo tutto ciò che ho fatto, come ti ho trattato, quello che sono. N-non mi sento di meritare il tuo perdono. Non devi avere me nella tua vita, non hai fatto niente di male... io non ti merito nella mia vita- insomma, guardami, sono una fottuta puttana incapace di difendersi. Ti rovinerò la vita come ho sempre fatto a chiunque».

Le sue parole erano dure, colme di disprezzo per sé stesso; non potei far altro che abbracciarlo di nuovo. «Smettila. Ti proibisco di dire queste cose. Non so neanche cosa dire per farti cambiare idea, solo... Basta. Non ci devi neanche pensare. Non è quello che sei, ciò che hai fatto non ti definisce. E perché non dovrei averti nella mia vita? Io ti amo-».

Luke sembrò preso in contropiede dalle mie parole. «Tu... Tu mi ami, Michael?», mi interruppe, insicuro, mordendosi il labbro inferiore.

Solo in quel momento mi accorsi di cosa mi era appena sfuggito di bocca. Beh, non che fosse stata una novità, ma vorrei averlo detto con più consapevolezza. «Ancora dovevi capirlo?», dissi ridacchiando, accarezzandogli una guancia mentre lui sorrideva contento, poggiando di nuovo la testa sul mio petto. Ci distendemmo di nuovo; ripresi ad accarezzare i capelli di Luke mentre fissavo il soffitto, nessuno dei due proferiva parola.

«Mi canti qualcosa?», mi chiese Luke all'improvviso, facendomi abbassare gli occhi verso di lui.

«Cosa vuoi che ti canti?», chiesi di rimando, fissandolo curioso. La richiesta era alquanto strana, in un momento come questo, ma avrei fatto qualsiasi cosa mi avrebbe chiesto. Proprio come otto anni fa, sì... Direi che ci sono cose che non cambiano mai.

Luke fece spallucce. «Qualsiasi cosa. Voglio sentire la tua voce».

Annuii e cominciai a cantare la prima canzone che mi venne in mente. Cantai per ore, baciando le labbra di Luke tra una pausa e l'altra, meravigliandomi di come ascoltarmi non lo stancasse. Sembrava non avere mai abbastanza della mia voce, ad ogni canzone che finivo subito me ne chiedeva un'altra. Vedevo quanto la mia voce lo facesse sembrare felice; gli brillavano gli occhi e il sorriso non lasciava le sue labbra, come se la mia voce lo facesse stare meglio. Avrei cantato per lui per sempre, se la mia voce l'avesse fatto stare meglio, se sarebbe riuscita a portargli via il dolore anche solo in minima parte.

Era mattina presto quando Luke finalmente si addormentò. Gli lasciai un bacio fra i capelli, alzandomi lentamente per non svegliarlo e incamminandomi di sotto. Arrivato in cucina, trovai mia madre intenta a fare colazione.

«Buongiorno», la salutai, strofinando il dorso della mano sugli occhi. Presi un bicchiere e lo riempii di succo d'arancia.

«Già sveglio?», commentò mia madre, alzando un sopracciglio.

Sbadigliai. «Non ho dormito per niente, a dire il vero».

La mamma mi guardò comprensiva. «Già, ho sentito Luke urlare stanotte. Ha avuto un incubo?».

La prima parte della frase, dovevo ammetterlo, mi fece arrossire, nonostante io e Luke non avessimo fatto niente stanotte. Sarebbe stato un po' dispendioso spiegare a mia madre che io e Luke non c'eravamo quasi neanche sfiorati, lei non mi avrebbe creduto e avrei dovuto raccontarle per forza la verità – cosa che non volevo assolutamente fare. Mia madre non ha bisogno di preoccuparsi per me, ho venticinque anni.

Annuii, tenendo lo sguardo basso. «Non riusciva a dormire più, quindi gli ho... cantato qualche canzone nel tentativo di calmarlo un po'. Adesso sta dormendo, però».

Mia madre si alzò dalla sua sedia, poggiando una mano sulla mia spalla. La guardai interrogativo finché non prese a parlare. «Senti, Mike... qualsiasi cosa ci sia tra te e Luke, e sono sicura che ci sia qualcosa, insomma, ho visto il modo in cui lo guardi... ti prego di trattarlo bene. Quel ragazzo ha passato degli anni difficili, mentre tu eri via, e...».

Interruppi mia madre, fissandola sorpreso. «Tu sai cos'è successo a Luke?», le chiesi, spalancando la bocca mentre lei annuiva, «Come fai a sapere?».

La mamma rise. «Tu e lui potreste anche aver litigato, ma ciò non vuol mica dire che io e tuo padre abbiamo tagliato i ponti con gli Hemmings! Giusto per sapere, comunque, perché avete litigato otto anni fa? Io e Liz ce lo stiamo ancora domandando».

Ignorai le domande di mia madre, incrociando le braccia al petto mentre mi appoggiavo al bancone, fissandola tradito. «Tu lo sapevi e non me l'hai detto?!», sbottai, mantenendo comunque un tono di voce basso perché non volevo svegliare Luke. C'era voluto così tanto per farlo addormentare... Dio, mi sembra di star parlando di un bambino.

Mia madre si morse il labbro inferiore. «Non potevo raccontarlo a nessuno... Luke aveva obbligato Liz ed Andrew al segreto, era già tanto che lo sapessi io! E poi, sapevo che ti avrebbe spezzato il cuore, e che avresti mollato tutto per venire qui ad accertarti che Luke stesse bene. Non potevo farlo. Senza contare che Liz mi avrebbe ucciso».

Sospirai. «Avresti dovuto dirmelo lo stesso».

«Avevo le mie ragioni per non farlo», ribadì la mamma, posandomi un bacio in fronte, «Ho preparato delle pancake per te e Luke, sono nel forno. Non fate danni, voglio trovare la casa esattamente come l'ho lasciata, okay?».

Detto questo, lasciò la cucina. Fissai perplesso il punto in cui era sparita finché non sentii la porta d'ingresso chiudersi. Decisi di salire di nuovo di sopra; prima però presi la colazione per me e Luke e la misi su un vassoio.

Quando rientrai in camera, mi sorpresi di trovare Luke sveglio, seduto sul letto. Posai il vassoio sul comodino e mi sedetti accanto a lui, afferrandogli una mano. «Come mai sei di nuovo sveglio?», gli chiesi curioso, accarezzando il dorso della sua mano con il pollice.

Luke abbassò lo sguardo, tenendolo puntato sulle nostre dita intrecciate. «Non ti sentivo più, mi sono preoccupato. So di sembrare un po' appiccicoso ma-».

Premetti le mie labbra sulle sue, zittendolo. «Sta tranquillo, okay? Non sei per niente appiccicoso».

Luke sorrise malizioso. «Se ogni volta che parlo mi zittisci con un bacio allora credo che parlerò di più», ridacchiò, girando il viso di lato cosicché le mie labbra finissero sulla sua guancia, «Sono così fastidioso, come fai a sopportarmi?».

Grugnii frustrato, facendo indietreggiare Luke sul letto. Mi sedetti a cavalcioni su di lui, tenendolo fermo. «Dio, sta zitto e baciami», sbottai, prima di unire le nostre labbra avidamente.

La mia lingua cercò frenetica quella di Luke, scivolando nella sua bocca. Il biondo gemette nella mia bocca, infilando le mani nei miei capelli e tirandoli leggermente. Mi stava facendo impazzire, già mi sentivo senza fiato e tutto ciò che stavamo facendo era baciarci...

«M-Michael forse dovremmo fermarci», ansimò Luke, staccandosi da me, «Stai respirando male».

Alzai gli occhi al cielo. «Non è niente Lukey, sta tranquillo».

Luke scosse la testa. «Per quanto voglia continuare, e credimi, lo voglio», ridacchiò malizioso, tornando subito serio, «È meglio fermarsi qui. Non vorrei che svenissi per assenza di ossigeno, andrei nel panico».

Sbuffai, scivolando via da Luke. «Contento te. Hai fame?», chiesi, indicando il vassoio sul comodino con l'indice.

Luke annuì, sedendosi composto sul letto e aspettando che gli passassi il piatto con le pancake. Mi guardò confuso quando staccai un pezzetto da una delle mie e la allungai verso la sua bocca.

«Mi vuoi davvero imboccare?», mi chiese scettico, trattenendo a stento una risata alla mia espressione offesa.

«Pensavo fosse una cosa carina, posso anche non farlo se non vuoi».

Luke scosse la testa, sorridendo. «Mi hai solo preso in contropiede, tutto qui».

Ridacchiai, prima che Luke aprisse la sua bocca, afferrando il pezzetto di pancake con i suoi denti. Posso affermare che quel pezzo di pancake fu l'unica cosa che mangiò; infatti, dopo aver ingoiato, prese la panna spray che avevo preso dal frigorifero e me la spruzzò addosso. Sgranai gli occhi, guardandolo infuriato mentre lui sorrideva con fare innocente.

«Come. Ti sei. Permesso?!», sbottai, avanzando verso di lui con il barattolo di marmellata stretto nella mano destra.

Luke alzò le braccia. «Se posso dirtelo, sei davvero carino con la panna in faccia».

Sorrisi malizioso. «Non quanto te».

Luke mi guardò confuso prima che prendessi una manciata di marmellata con il dito, posandola sulla sua guancia. La usai come distrazione, leccandola via dalla sua guancia mentre gli prendevo la panna spray dalle mani, spruzzandogliela nei capelli.

Luke sobbalzò, toccandosi la testa mentre io scoppiavo a ridere. «MICHAEL!», strillò, gli occhi accesi di furia mentre mi inseguiva per la stanza, cercando di schivare la panna che gli stavo spruzzando addosso.

«Se posso dirtelo, sei davvero carino con la panna nei capelli», ripetei le sue parole, facendogli una linguaccia.

«Aspetta che metta le mani su di te, bastardo!».

Corremmo per casa finché io non mi sentii troppo esausto per continuare – e il contenitore della panna fu svuotato fino all'ultima goccia, sporcandoci i vestiti, la faccia, i capelli. Fortunatamente, non colpimmo pareti o mobili. Sarebbe stato una tragedia spiegarlo alla mamma.

«Forse è meglio che entrambi ci facciamo una doccia», constatai, mentre afferravo la mano di Luke, «Se vuoi, puoi farla con me», proposi, mordendomi il labbro inferiore.

Luke arrossì. «Meglio farla in docce separate. Sai com'è, non riuscirei a controllarmi...», disse vago, stampandomi un bacio sul collo.

Sentii il battito del mio cuore accelerare. «G-già, forse è meglio così», concessi, facendo ridere Luke.

Salimmo entrambi di sopra; Luke usò il mio bagno mentre io andai in quello dei miei genitori.

Restai sotto la doccia più tempo del necessario, godendomi il calore dell'acqua che mi scivolava addosso. Forse uscii solo perché le mie dita s'erano raggrinzite un po' troppo.

Mi diressi in camera mia, frizionandomi i capelli con l'asciugamano. Luke non c'era, ma non sentivo neanche il rumore della doccia quindi dedussi che forse si stesse asciugando. Ma quando aprii la porta del bagno non c'era nessuno.

«Luke?», lo chiamai, abbastanza ad alta voce. Nessuna risposta. Possibile che se ne fosse andato?

Ritornai in camera mia, notando un foglio di carta sul letto, cosa che prima non avevo fatto. Subito presagii il peggio mentre lo prendevo e leggevo le parole scritte su di esso, nella calligrafia ordinata ma frettolosa di Luke.


Mi dispiace


Strinsi i denti, accartocciando il foglio e gettandolo dall'altro lato della stanza, quasi urlando dalla frustrazione.

Io davvero non lo capisco.


***


[A/N] SONO UNA COGLIONA CHE AGGIORNA PER SBAGLIO LE SUE STORIE

Dico sul serio, volevo solo modifcarlo e invece di cliccare su 'salva' ho pigiato su 'pubblica'... ed eccoci qui. Sono stata fortunata che fosse il capitolo 21, non avrei retto a postare per sbaglio un altro capitolo D:

Direi che questa volta sono stata fortunata - e siete state fortunate anche voi, visto che sono una mega cogliona :(

Va beh, lasciamo stare. Parliamo del capitolo? Adesso mi vorrete linciare. Prendetevela con Luke, io non c'entro (mi faccio già del male da sola non rispettando la scaletta che IO STESSA mi prefiggo). Secondo voi ci sarà un lieto fine, per i Muke? Lo scoprirete nelle prossime tre (AIUTO) puntate.

Ooooora, ho preso una decisione sullo spin off cashton: lo posto! Come ho già detto, si chiamerà Too Close e farà un salto indietro nel tempo rispetto a Just Saying, quindi è ambientata tra wayf e js, e tratta principalmente dei cashton, aka niente muke. Michael e Luke saranno presenti solo nei primi due capitoli, poi ci saranno solo accenni a loro. Ho già scritto il primo capitolo, e comincerò a postarla ad una settimana dalla fine di Just Saying (che sarebbe dovuta essere la prima settimana di giugno, ma siccome sono cogliona sarà l'ultima settimana di maggio). Volevo riuscire ad arrivare a dieci capitoli prima di cominciare a postarla, ma se dovrò farlo entro il trenta maggio non penso arriverò neanche a cinque (forse è meglio smetterla di lamentarsi, già).

Detto questo, vi lascio alla lettura del capitolo. A sabato!

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