Quarto Capitolo

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Hinata aveva guardato Kageyama di sottecchi per tutta la giornata. Alla fine erano ritornati a parlare quasi normalmente, la tensione che li aveva avvolti per tutto quel tempo sembrava aleggiare ancora ma non in maniera così soffocante come aveva fatto nei giorni precedenti.

Quella sera Hinata era esausto. Amava quel tipo di stanchezza, che lo riempiva di soddisfazione per l'impegno che metteva durante tutta la giornata ma dopo un pomeriggio esauriente come quello voleva solo appoggiare la testa sul cuscino e risvegliarsi rigenerato. Era ormai deciso verso il dormitorio quando sentì dei rumori provenire dalla palestra principale. Kageyama era al centro del campo, i palloni con cui si stava allenando sparsi in maniera disordinata, probabilmente non aveva fatto una sola pausa da quando aveva iniziato.

«Credo si sia sbloccato.»

Hinata quasi non balzò dall'altro lato della palestra quando una voce femminile gli giunse d'improvviso dalle spalle.

«Yachi-san sei tu!»

«S-scusa non volevo spaventarti.» la ragazza si grattò in imbarazzo la testa.

«Oh no, è solo che mi hai colto alla sprovvista. Cosa intendi dire che si è sbloccato?»

Yachi abbassò appena la voce. «Beh ecco credo che sia qualcosa che gli hai detto tu.»

Hinata la guardò perplesso, si stava riferendo a ciò che era successo durante la partita.

«Presto avrò le mie alzate?» chiese allora a Yachi.

L'espressione della ragazza si allargò in un sorriso. Yachi se ne andò qualche secondo dopo mentre Hinata rimase sulla soglia senza riuscire ad andarsene o ad entrare.

Aveva sbloccato Kageyama. E se da una parte ne era felice, dall'altra si sentiva terribilmente in colpa per avergli fatto dubitare della fiducia che riponeva in lui. Quando, durante gli allenamenti, lo aveva visto andare in panico in quel modo il suo cuore aveva avuto un tuffo. Era ovvio che pensasse ancora al passato, Kageyama aveva ancora paura di poter essere abbandonato e Hinata si era odiato e si odiava ancora per averglielo fatto pensare anche solo per un secondo. Il suo corpo però aveva agito d'istinto: quella non era l'alzata che si fermava e lui non era saltato. Lo aveva fatto inconsciamente ma senza malizia, era un sempliciotto quando si trattava di agire. L'espressione che aveva fatto Kageyama però gli aveva spezzato il cuore. Il suo viso si era contratto spaventato, per un secondo aveva letto nei suoi occhi una paura che era diventata esplicita solamente con le parole che erano seguite. Per fortuna era riuscito a trovare le parole giuste in un momento così sbagliato aveva sorriso amaramente a sé stesso Hinata.

«Oi, sei venuto per disturbarmi o mi vuoi aiutare?» la voce di Kageyama interruppe il ricircolo dei suoi pensieri. Hinata lo mise a fuoco, Kageyama lo fissava con le labbra increspate vicino alla rete.

«È una sfida?» Si scambiarono un breve sguardo e in meno di pochi secondi si ritrovarono a fare a gara a chi raccoglieva più palloni e a chi impilava più coni. Era sempre divertente competere per quelle piccole cose.

E Hinata avrebbe dimenticato anche il modo strano in cui batteva il suo cuore nella cassa toracica se non fosse stato per quel breve sfioramento di mani che rese l'aria statica non appena afferrarono il carrello dei palloni contemporaneamente. Probabilmente Kageyama non ci fece nemmeno caso, pensò Hinata ritraendosi non appena si accorse del contatto istantaneo eppure il suo corpo ogni volta che si trovavano vicini era sin troppo reattivo.

«E comunque ho vinto io.» fece Kageyama chiudendo il cesto porta palloni di ferro.

«Ma se l'ultimo pallone l'ho messo io.»

L'avidità è una forma di egoismo (Kagehina)Where stories live. Discover now