Capitolo 2.

793 150 596
                                    

Tra le fughe nere delle piastrelle color perla, leggermente ingiallite dagli anni, e il buio della stanza, si nascondeva un quadro di una bellezza rara. Era illuminato solo dai candidi raggi del sole estivo, i quali, se visti da una certa angolazione, creavano una sottile tenda simile al pizzo, dove all'interno si potevano ammirare esili filamenti di polvere. Volteggiavano leggiadri in mezzo alla tenue luce e sbucavano da una piccola finestra in alto, chiusa da una grata in ferro battuto; era la raffigurazione pittorica dell'universo stesso. Appena incontravano l'oscurità dell'ombra, sparivano inghiottiti dall'abisso perenne e dimenticati da occhi poco attenti.
Sotto il gentile bagliore, una vasca bianca come la neve si estendeva su tutta la parete opposta alla porta in legno scuro, rimasta socchiusa. Delle onde di fumo danzavano nell'aria, come panni stesi al sole in una giornata di vento. Tra il mischiarsi del calore dell'acqua trasparente e degli assonnati raggi, una testa piena di ricci rossi faceva capolino sul bordo laccato, reso scivoloso dall'umidità, insieme alle ginocchia sottili e scheletriche.

Completamente nudo, cullato dall'affetto di un'acqua dolce, soporifera, Samaele cercava conforto nell'abbraccio apparente del torpore simile al liquido amniotico che nessuno, a parte quegli attimi di pura solitudine, riusciva a donargli. Se ne stava nascosto, curve morbide abbandonate sul fondo, con le palpebre semichiuse e le labbra violacee tremanti, ad alleviare i suoi dolori, a guarire gli ematomi ramificati sul magro petto, sulle delicate braccia da sembrare nebulose, agglomerati di polvere e vene spezzate. Le efelidi riempivano il volto come una galassia in miniatura, si diffondevano fino alle spalle rendendogli l'epidermide imperfetta. Il suo candore e i brividi della carne non sprofondata nell'acqua calda si mimetizzavano con l'ambiente, se non fosse stato per la sua chioma carminia, dello stesso intenso colore del sangue, sarebbe sparito tra l'intonaco e le piastrelle. Forse avrebbe solo alleviato le sue sofferenze, la sua perenne tristezza in cui era sprofondato. Non poteva morire in quella tinozza, non voleva essere trovato dalla sua famiglia e guardare la soddisfazione impressa nei loro volti. Voleva andarsene da solo, in un posto dove nessuno sarebbe andato a cercarlo. Gli unici testimoni sarebbero stati il vento, trasportatore di urla strozzate, e i vermi, mangiatori insaziabili di carne in putrefazione.

Però, non era quello il giorno.

Delle carezze naturali arrossavano le gote delicate di Samaele, perso in qualche angolo remoto del suo cervello. Gli occhi chiari sotto le palpebre sottili si muovevano a destra e a sinistra, come se stessero guardando un film troppo cruento. Non dormiva la notte a causa delle urla assordanti di un uomo, la cui voce avrebbe fatto gelare il sangue anche al più insignificante angelo caduto sulla terra, mischiate con la puzza d'alcool stagnante da impregnare le stanze di un fetore putrido.

Quella mattina era troppo tranquilla, si era alzato con un fischio sordo nei timpani. L'ombra oscura del padre nelle prime ore del giorno non vagava per i corridoi, era andato insieme a suo fratello maggiore a uccidere selvaggina e gestire l'allevamento di polli e maiali poco più a valle. La puzza di sterco entrava nelle narici già a chilometri di distanza, odore di morte e urla strazianti di animali innocenti. Non riusciva a entrare in quel posto, pizzicava la gola del suo sapore di sangue raffermo e della malsana aria consumata, fienili stracolmi di esseri viventi.

Avrebbe voluto restare lì per sempre, fermare il tempo, imprigionare tutti in un loop continuo, solo per essere lasciato in pace. Si passò una mano bagnata sugli occhi per cercare di svegliarsi dal torpore dolce e ammaliante. Le unghie mangiucchiate e scheggiate formavano dei piccoli semicerchi sopra le dita lunghe e affusolate, evidenziando il rossore dei polpastrelli. L'acqua si increspò leggermente, creando piccole onde superficiali da espandersi fino alla punta dei piedi. Voleva far smettere l'incessante movimento dei suoi pensieri, dei suoi ricordi più tristi, ma dentro di lui regnava il caos più totale, un buco nero pronto a far esplodere ogni organo vitale.

Anime dimenticate.Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum