Capitolo 1: Una proposta insolita

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Sei mesi dopo

Mi rigirai nel mio letto per l'ennesima volta, cercando di prendere sonno. Ero stanca morta, per quasi tutta la notte non avevo chiuso occhio e la federa del mio cuscino intrisa di lacrime umidicce ne era la prova. Ogni volta che provavo ad addormentarmi, i suoi occhi verdi pieni di angoscia riempivano la mia mente, facendomi sobbalzare nel cuore della notte e portandomi a piangere sempre di più. Erano passati sei mesi dalla morte di Yuri ma io proprio non riuscivo a superarla.

Un leggero bussare proveniente dalla porta principale delle mie stanze mi riportò alla realtà.

-Avanti – biascicai, atona.

Karen, una delle cameriere, fece capolino dalla porta con aria incerta: -Mi perdoni, signorina, ma ha una visita. Un uomo ha chiesto di vederla, sta attendendo nel salotto principale –

Io sospirai, girandomi dall'altra parte. Non attendevo nessuna visita e, per di più, non avevo proprio voglia di vedere nessuno: -Per favore Karen, potresti dire che sono indisposta? In questo momento non ho voglia di incontrare nessuno –

La cameriera annuì, richiudendo il portone dietro di sé. Sbuffai, come se solo parlare con quella donna mi fosse costato un'immensa fatica, e mi risistemai a letto. Rovesciai il cuscino, in modo tale da non essere più costretta ad appoggiare il viso sul lato impregnato di lacrime.

Stavo finalmente per cedere al sonno quando, improvvisamente, la porta delle mie stanze si spalancò senza preavviso. C'era solo una persona che entrava in camera mia quando e come voleva, senza chiedere il permesso a nessuno, e quella persona portava un paio d'occhialini da aviatore e i capelli rasta.

-Che cazzo fai? – domandai brusca, vedendo mio fratello entrare a passo veloce -Non puoi fare sempre quello che vuoi –

Jude incrociò le braccia al petto, guardandomi con un sopracciglio alzato: -Ma senti da che pulpito... -

-Cosa vuoi, Jude? – ribadii. Non avevo voglia di litigare con lui, era già abbastanza una giornata no.

-Renditi presentabile e scendi giù in salotto, c'è una persona che vuole parlarti – disse lui, coinciso.

Io scossi la testa, stringendomi le gambe al petto: -Ho già detto a Karen che non ho intenzione di scendere –

Jude mi fulminò con lo sguardo. Anche se indossava quei dannati occhialini da aviatore riuscii a sentire il suo sguardo penetrante scontrarsi con i miei occhi: -Io non sono Karen. Ti do dieci minuti, vedi di non fare la bambina e dammi retta, per una buona volta –

-Ma vaffanculo – biascicai a denti stretti, alzandomi dal letto. Decisi di obbedire a mio fratello per un semplice motivo: non volevo che riferisse a mio padre del mio rifiuto, gli stavo creando già fin troppi problemi.

Mi diressi nel mio bagno, feci una doccia rapidissima, mi spazzolai i capelli e indossai una maglietta e un paio di jeans. Prima di uscire mi guardai allo specchio: avevo comunque un'aria terribile, come testimoniato dalle profonde occhiaie violacee sotto i miei occhi e dal colorito cadaverico che accentuava il mio viso smunto e deperito.

Infilai le mani nelle tasche dei jeans e mi diressi al piano di sotto, nel salotto principale, dove Karen aveva detto che mi attendeva un uomo. Quando entrai, vidi che l'ospite era accomodato su uno dei divani in pelle nera e stava sorseggiando un tè con mio fratello.

-Buongiorno – dissi, facendo notare la mia presenza.

L'uomo si voltò nella mia direzione e si alzò immediatamente in piedi, facendo un inchino come gesto di saluto, che ricambiai prontamente. Lo squadrai da capo a piedi, cercando di ricordare se per caso lo conoscessi ma la mia risposta fu negativa. Era un uomo sulla sessantina, corpulento e con una folta barba bianca, dello stesso colore dei capelli. Indossava un paio di piccoli occhiali scuri e una bandana viola sul capo, la quale lo faceva somigliare ad un pirata.

Dalle ceneriWhere stories live. Discover now