Sofferente

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Lulù guardò la luna e si ricordò che sarebbe stata l'ultima sera in cui avrebbe potuto ammirarla a pieno. Guardandola si ricordava i suoi momenti più felici, quando ancora poteva correre nei campi verdi e profumati. Si sdraiava in mezzo all'erba e stendeva i suoi bellissimi capelli ricci e rossi in mezzo alle margherite, quasi come volesse evidenziare ancora di più il contrasto che ci fosse tra il bianco dei petali e il rosso dei suoi lunghi capelli ricci. Lulù non adorava solo i campi, adorava anche andare a ballare, che fosse da sola o accompagnata da amiche. Con chi fosse era irrilevante, per quante potessero essere le ragazze che la accompagnavano lei era sempre le più bella, la più intelligente, la più sveglia e a volte persino la più matura nonostante del suo gruppo fosse la più piccola. Venne rapita pian piano da quell'essere spregevole, limitava ogni giorno di più tutte le sue libertà. Inizialmente poteva uscire tutti i giorni della settimana, dopo pochi mesi solo i giorni dispari e ancora meno tempo solo il sabato. Ora non le era concesso più nemmeno uscire e fu proprio in quel giorno in cui perse definitivamente la propria libertà che le era stata conficcata una spina. Quella che però pensava che le avrebbe causato altro dolore, non fece altro che alleggerire l'anima in pena di Lulù. Incredibile però era il fatto che nonostante lei non potesse muoversi, lo stesso non valeva per i suoi pensieri. Le passavano per la testa come treni che sfrecciavano a tutta velocità. Si era trasformata come in un'enorme stazione in cui essi viaggiavano come razzi e continuavano a urtarsi l'un l'altro provocando dei veri propri traumi alla povera Lulù. La luna era lì, lei la fissava intensamente come se sperasse che potesse rivolgersi a lei e guardarla anche per solo un attimo. Come se il dolore che stava provando in quel momento potesse essere affievolito dalle attenzioni di qualcosa di inanimato e di distante migliaia di metri dal luogo buio e sperduto in cui si trovava la giovane fanciulla. Lulù non poteva uscire, era come incarcerata, in quella prigione in cui si trovava. Sentiva tutto ma non diceva nulla. Aveva provato a scappare ma ormai tutto era inutile, non vi erano uscite ne entrate, era come se fosse murata viva all'interno di quella stessa stanza. Il suo unico desiderio era quello di abbracciare i propri genitori prima di morire ma sapeva quanto quest'ultimo fosse irrealizzabile. Non era in grado nemmeno di camminare. Nemmeno per distendere le gambe addormentate e intorpidite. Era stata rapita e il suo corpo ormai non le apparteneva più. Era talmente stretta che nulla era possibile fare in quella gabbia. Lei sapeva che il giorno dopo sarebbe stata fatta giustizia, e in fondo, si sentiva come colpevole per ciò che aveva fatto, pensava di meritarselo. Forse doveva essere punita per la sua troppa intelligenza. Forse invece la sua bellezza era un dono divino che andava restituito e che non poteva più appartenerle. Non era più in grado di sopportare quel dolore che ogni giorno le infliggeva quell'essere spregevole. Era tutto impossibile da sopportare. Finalmente dopo notti insonne si addormentò ma diversamente dagli altri giorni, quel sonno non avrebbe mai avuto una fine. Lulù era morta. Le sue sofferenze erano giunte al termine e finalmente avrebbe trovato la pace tanto attesa. Quel giorno Lulù aveva smesso di soffrire. Quella spina che le dava piacere era l'unica cosa che la separava dalle porte della morte. Lulù era in coma da ormai due anni, due anni di sofferenza e di solitudine. Sentiva coloro che le parlavano ma non poteva comunicare con loro in alcun modo, sentirli piangere e disperarsi senza che lei potesse tranquillizzarli in qualsiasi modo era ancora più doloroso. Quell'essere spregevole che l'aveva rapita possedeva un nome. Sclerosi Laterale Amniotrofica. SLA

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⏰ Last updated: Oct 30, 2020 ⏰

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