1.Il dolore che ho dentro.

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Mia madre non smette di piangere, mio padre non proferisce una sola parola.
Loro non credono che io li possa vedere, sentire, non hanno mai creduto a queste cose.
E adesso eccomi a contemplare il risultato a cui non ambivo:
il mio corpo inerme su un letto d'ospedale, collegato a dei respiratori e ad altre macchine di cui non so il nome che sinceramente avevo visto solo in delle serie tv.
Non riesco a guardare questa scena, non perché mi disturbi la ragazza inerme sul letto con fasciature e sangue ovunque, ma vedere i miei genitori è la cosa più difficile al mondo.

"Tesoro, dobbiamo andare, siamo qui da tre giorni e non hai dormito un minuto."
"Ma la nostra bambina..."
"Torniamo fra qualche ora, hai bisogno di dormire."
"Va bene, ma promettimi che torneremo fra poco."
"Lo faremo amore."
Prende mia madre sottobraccio proprio come fossero dei ragazzini, danno dei baci sulle guance della ragazza sul letto e vanno via.
Cos'ho fatto?
Cosa diamine ho fatto?
Chi sono io per arrecare sofferenza alle persone che amo?

Non mi sento libera, non sono niente adesso, se non incatenata fra due mondi senza avere la possibilità di sceglierne uno.

Qualcuno entra nella stanza, è Marco, non dice nulla, si siede accanto al mio letto e mi guarda.

Oh Marco, avevamo parlato così tanto... il mio migliore amico è qui e adesso piange.
"Ci conosciamo da otto anni... Perché?"
"Perché tutto mi ha sovrastata, sei l'unico a cui tengo." Dico, ma quello schifoso fantoccio sul letto non muove un muscolo, non parla.
"Ti amo dal primo giorno in cui ti ho vista."
"E io amo te dal giorno in cui parlammo per la prima volta."
"Quella bimba castana seduta al primo banco che piaceva così tanto alla maestra e ai suoi compagni? Te la ricordi? Come puoi essere cambiata tanto da allora? Tu sempre più chiusa, più timida, e io, sempre più innamorato di te."

Voglio svegliarmi!
Voglio stringerlo fra le mie braccia...

"Ti amo così tanto." Bacia la mano della stupida ragazza e se ne va.
Lo rincorro fino all'ingresso dell'ospedale e lo abbraccio, un fantasma, adesso sono questo, e anche se non può sentire le mie parole, deve aver sentito qualcosa, dentro di sé, perché ha fermato i suoi passi.

"Ti amo." Sussurro al suo orecchio. E mi pare di sentire una risposta provenire dalle sue labbra, un flebile "anch'io".

Voglio tornare indietro di una settimana e cambiare le mie decisioni.

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