10.Fai la tua scelta.

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Mia madre si strofina la fronte con i polpastrelli e mio padre asciuga il sudore che scivola lento fino alle mani sui jeans neri.
Mentre li osservo da qui noto quanto siano cambiati nel corso di tre mesi: i capelli castani e sottili di mia madre sono legati distrattamente in una cipolla spettinata, qualche ciocca ricade sul suo viso contornando i suoi meravigliosi occhi grigi, anche le occhiaie li incorniciano, ma con più precisione, quei cerchi blu non sono l'unica cosa che devasta il suo viso, vedo anche le sue labbra secche, che quasi sembrano di carta.
"Dottore."
"Sì?"
"Ci dia un altro mese. Le chiediamo trenta giorni e poi basta."
"Va bene." Il medico lancia un'occhiata a mio padre. "La prego solo di ricordarsi quello che le ho detto."
"Certo."
Mio padre avvolge un braccio attorno alla donna devastata del pianto, attraversano l'ingresso della camera della loro bambina, le lasciano un bacio sulla guancia e vanno via.

"Ah, quanto mi rende triste tutto questo."
Dico, ma nessuno può sentire la mia voce ovviamente.

Il manichino sdraiato sul letto non si muove, non fa nulla.
E adesso come non mai, mi odio.

"Stronza," urlo, "svegliati puttana!"
Mi avvicino al mio stupido viso.
"Ti odio! Mi odio! Svegliati dannazione!"

Non succede nulla, assolutamente nulla.
Nulla.

"Svegliati! Stupido, schifoso fantoccio fatto di merda! Svegliati! Io ti prego Dio, ti imploro, fai che tutto questo finisca, in un modo o in un altro, liberami." Una lacrima riga il viso del mio corpo, una piccola triste lacrima.

Inizia a suonare qualcosa, una di quelle macchine e dei medici e degli infermieri entrano in camera correndo.
"È in arresto!" Urla uno.
"Contattate i genitori." Continua un'altra.

Li osservo e vedo il mio corpo da fantasma tremolare, a tratti divenire trasparente, scomparire.
Questo significa qualcosa, deve significare qualcosa, sto morendo? Mi sto risvegliando?
Cosa sta succedendo?

Dopo neppure dieci minuti mia madre è appoggiata alla parete gelata della mia camera, mi fissa e poi guarda mio padre, posa infine il suo meraviglioso sguardo su di me.
"Vuoi andartene, vero piccola mia?"

Sì mamma, voglio farlo.

"Lasciamo che sia libera, stacchiamo tutto e vediamo cosa succede, qualsiasi cosa accada io sono qui e sono pronta ad accettare le conseguenze."
"Ma tesoro."
"Lei lo ha fatto per questo, voleva essere libera."
"Sì..."

Mio padre stringe le mani in due pugni tanto stretti da fargli diventare le nocche bianche e mia madre continua a parlare, spesso interrotta dal pianto e dai singhiozzi.

"Non mi guardare così, insomma, lo sai, sai che lo ha fatto perché era stanca della sua vita. Voleva volare via. Voleva farlo. E noi non possiamo costringerla a sopravvivere con l'aiuto di macchine.
Non sta vivendo. Sta soffrendo."
Si lascia letteralmente cadere sulla sedia, si piega poggiando i gomiti sulle ginocchia, il viso fra le mani e le lacrime che scendono copiose dai suoi tristi occhi.
"Una settimana e basta."
"Sì." Dice mentre quasi annega fra le sue lacrime. "Una settimana e basta."
"Vado a comunicare al dottor Ferrari le nuove decisioni."

Mio padre esce dalla camera per parlare col medico e mia madre inizia ad ansimare mentre ripete il mio nome.

Marco varca la soglia della stanza e abbraccia mia madre.
"Vi lascio soli." Dice lei ed esce, la seguo con lo sguardo fino a quando non la vedo estrarre un pacchetto di sigarette dalla sua borsa e andare verso la terrazza.

"Se dovessi morire, io... mi ucciderei."
Non lo farai invece.
"Non lo farò, non ne ho il coraggio."

Strofina pesantemente i palmi delle mani contro i jeans.
"Ti ho sempre ammirata," ammette e deglutisce lentamente, "sei riuscita a compiere un gesto che io, neppure prendendo tutto il mio coraggio sarei riuscito a compiere. Il tuo coraggio mi ha sempre attirato così tanto... Ti ricordi quando affrontasti Elisa nel cortile della scuola, mentre le rinfacciavi tutto quello che faceva per disturbare gli altri, quanto con le parola tu l'abbia ferita nel profondo?" Ride. "Ora ti ammira, dovresti vedere come distribuisce volantini per te, pensa che ha addirittura organizzato un lancio di lanterne in tuo onore. Anche se non te ne rendi conto, tutti, tutti ti amavano."
Piange. "Ed io ti amavo più di tutti."
Si sdraia sul letto accanto a me e gira la mia testa verso la sua, avvicina le sue labbra alle mie e inizia a baciarmi, mi sorride e poi mi bacia di nuovo.
E, per quanto sia triste dirlo, io non sento il suo calore sulle mie labbra.

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