Into the dark of your eyes

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Lo seguo senza ben capire dove mi sta portando e per quello che vedo, neanche lui ha idea di dove siamo finiti. Percorriamo un altro corridoio identificato come Ala 3 lasciandoci alle spalle l'ala dell'Auditorio a noi riservata.

Slash rallenta l'andatura e stringendomi ancora la mano nella sua prova ad aprire un paio di porte ma invano, finché la terza maniglia, sotto la pressione del suo palmo cede rivelando uno spazio arredato nel medesimo stile delle stanze ai ragazzi riservate, ma più spazioso e arieggiato da grandi finestroni semiaperti sebbene la poca luce artificiale che ne filtra sia quella delle crepuscolari che adornano l'area circostante al parco.

Mi guarda da dietro quella cascata di ricci ancora umidi di doccia e nel silenzio che ne segue mettiamo in tavola le reciproche intenzioni. Gli sono addosso ancora prima che la porta si chiuda alle nostre spalle reclamando le sue labbra sulle mie e quelle mani sul mio corpo. Indietreggia e si volta da sopra la spalla senza staccare le labbra dalle mie, per forse cercare una qualsivoglia superficie che possa ospitarci insieme e girata di centottanta gradi vengo felicemente spinta su di un morbido divano. Mi isso sui gomiti e indietreggio con il sedere per trovare la posizione più adatta a ospitare lui su di me, tra le mie gambe attendendolo fremente mentre si toglie la maglia che lancia in terra.

Mi sollevo e lo afferro per la cintola dei pantaloni, sbottonandoli rápida con un solo e uno fine: averlo.
Voglio che mi possieda senza perdere tempo, senza troppe attese, tanta é la voglia che mi logora da qualche giorno a questa parte.

E il risultato ne é valso l'attesa. Quando entra in me tutto passa in secondo piano; dimentico il tour, dove sono e con chi sono durante quell'esperienza on the road. Resta un solo
nome, un solo viso, quello del ragazzo che ho di fronte.


Inarco la schiena, sollevando il bacino dalla comoda seduta testimone silenziosa del nostro fugace amplesso e allaccio il bottone dei jeans mentre Slash si rinfila la maglietta in silenzio.
- Perché mi hai portato fin qui? Ci sono diverse altre stanze di là -

Si volta a guardarmi, scostando la matassa di ricci dal volto. - Sono un tipo tímido, io - sogghigna - quando sei pronta torniamo di là. Ti va di stare un po' con noi?- domanda poi affonda le mani nelle tasche dei pantaloni come se quella richiesta lo avesse messo in imbarazzo e sorrido annuendo, alzandomi dalla seduta affiancandolo per uscire dalla stanza.

- Quindi sei la fidanzata di Tommy oppure ve la spassate e basta?- domanda camminando a ritroso per il corridoio deserto. Mi volto nella sua direzione e scuoto la testa sorridendo quando lo vedo inarcare un sopracciglio mentre mi osserva con espressione interrogativa. - Con Nikki....?-

- Quante domande!- sghignazzo e lo spintono appena perdendomi poi nell'osservarlo meglio. - Tu hai un che di familiare, ma non riesco a venirne a capo. Ti ho già visto -

- Beh, ci saremmo visti sulla SunSet  - risponde con un'alzata di spalle rivolgendomi un sorriso seguito da un affascinante occhiolino appena prima di spingere con entrambe le mani la porta tagliafuoco che separa l'ala tre dall'ala due, quella a noi assegnata.

Risate e voci si fanno mano a mano più vicine come avanziamo lungo il corridoio popolato di tecnici, invitati e logicamente donne. Le grida, gli schiamazzi e il vociare pare riuscir avere la meglio sui decibel prodotti dagli amplificatori connessi alle casse del palcoscenico, sul quale si stanno esibendo i Mötley. Mi concedo un ultimo sguardo al chitarrista che mi precede osservandolo sorridere e salutare qualsiasi soggetto di sesso femminile che incontra.

Tutti uguali, penso tra me e me roteando gli occhi e reprimendo un sorrisetto divertito. Ha appena finito di scopare e già pare pronto a un nuovo round. Lo seguo con lo sguardo infilarsi con mezzo busto in un camerino e poi richiudersi la porta dietro regalandomi un'occhiata e facendomi segno di seguirlo.

- Meglio procedere - sghignazza fino a fermarsi a quello successivo, dove il loro nome attaccato alla porta contrassegna la stanza riservata alla band. Mi fermo stringendomi nelle braccia, mordendo appena il labbro inferiore per alleviare la tensione. Succede sempre così all'inizio, se alcol o droga non ammorbidiscono le inibizioni: quando non conosco nessuno faccio fatica socializzare e rimango in disparte finché non finisco di studiare l'ambiente e chi vi ci interagisce.

Slash sparisce oltre la soglia e mi guardo attorno mentre tendo l'orecchio dentro la stanza già zeppa di gente. Risa, confusione, voci maschili e femminili che si rincorrono e si mescolano in un crescendo di urla. Umetto le labbra e decido di tirare per la mia strada, raggiungere il backstage e attendere che i ragazzi finiscano lo show per poter spendere il mio tempo in maniera più costruttiva.

Ho bisogno di bere, ma sopratutto ho bisogno di fumare e perché no, ho bisogno di sballarmi e cancellare parte dei ricordi che Slash mi ha involontariamente impresso a forza nella testa. Aumento il passo, consapevole che il chitarrista ha già trovato altro di interessante oltre la soglia e mi dico che è un bene, perché non voglio sentirmi come mi sento in questo maledetto momento. Non voglio questo tipo di dipendenze, ne ora ne mai.

Spalanco le porte del backstage, mostrando il pass dei Mötley alla security e mi lascio alle spalle Slash, i Guns e l'ora appena trascorsa mentre procedo con ritrovato controllo verso le quinte, laddove posso ritrovare me stessa, a qualche passo dai Mötley Crüe.

Dirty lifeHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin