Si guardò per un'ultima volta allo specchio e, quasi, riuscì a vedere il volto del Jeongukk che tutti amavano.

Sano, felice e tranquillo. Caratteristiche che ormai erano diventate solamente apparenze. Ma gli andava bene così. Se non erano gli altri a soffrire, a lui stava bene.

Meglio io, che chiunque altro.

Il campanello suonò e Jeongukk saltò in aria dall'agitazione. Sembrava essere eccitato dall'idea di Taehyung che sarebbe andato a prenderlo direttamente a casa e, per l'ennesima volta aveva l'istinto di prendersi a schiaffi.

Stava reagendo in un modo davvero strano. Cominciò ad accostarlo al fatto che la sua famiglia non esisteva più, che suo fratello lavorava giorno e notte e, quel poco tempo che aveva libero lo dedicava alla sua famiglia e, ovviamente, non a lui. Quindi, in conclusione, Taehyung e Mingi erano la cosa più vicina ad una famiglia, per lui, in quel momento.

Taehyung, il fratello maggiore che desiderava con tutto il cuore. La persona che più si avvicinava alla figura paterna e la persona che più si stava rappresentando un modello da seguire.

Di fretta e furia prese lo zaino, lo mise in spalla e corse alla porta d'ingresso per aprire al grigio.

"Sono venuto qualche minuto in anticipo perché devo passare anche a prendere mio fratello, è un problema?" chiese grattandosi la nuca, quasi imbarazzato.

"Assolutamente no, non preoccuparti. Sono già pronto da un po', in realtà" sorrise il minore, che ricevette in risposta un sorriso anch'esso.

*

Una volta in macchina, in silenzio tombale era calato sopra ai due ragazzi, che non riuscivano a proferire parola, entrambi per motivi completamente sconosciuti.

"...Allora, stasera come stai?" Taehyung parlò, tenendo lo sguardo fisso sulla strada davanti ai suoi occhi. Jeongukk si morse il labbro inferiore "Bene, mi sono ripreso del tutto da stamattina. Grazie per esserti preoccupato così tanto, significa tanto per me" sorrise, trovando finalmente facilità nel parlare.

E, grazie a quella domanda, così semplice, ma così piena di significato, i due riuscirono a creare un ambiente calmo, tranquillo e rassicurante, continuando a conversare fino ad arrivare alla loro meta.

Scesero tutti dalla macchina e si ritrovarono in riva al fiume. Jeongukk non era stato in quel punto preciso e ne era rimasto esterrefatto dalla sua immensa bellezza.

Si sedettero tutti quanti a terra e cominciarono tutti a scherzare e a parlare del più e del meno. Mettendo la musica e cantandoci sopra, mentre qualcuno rideva o qualcuno faceva qualche battutina scherzosa.

"Ho una voglia matta di gelato" il migliore amico di Taehyung, Jimin, si buttò all'indietro, sul prato. Cominciò a lamentarsi come un bambino e tutti gli altri scoppiarono a ridere. Tranne Jeongukk che a quella semplice e innocua parola aveva già attivato il suo scudo, per evitare qualsiasi intoppo nella serata.

"Andiamo a prenderlo se proprio sei così agonizzante senza, Jimin" sbuffò scherzando proprio il grigio, che sedeva al fianco del corvino.

E così, in men che si dica, si ritrovarono tutti a camminare verso la gelateria del quartiere. Jeongukk manteneva le distanze, cercando di non dar nell'occhio con il suo comportamento così opprimente e strano. Rimaneva in disparte, senza dar nell'occhio. Aveva preso proprio questo come obiettivo: non farsi notare e diventare invisibile fino al ritorno a casa.

Quasi tutti i presenti presero qualcosa da mangiare. Jimin ormai era felice con il suo gelato in mano e gli altri ragazzi continuavano a ridere per le sue azioni da bambino. Erano tutti così felici e spensierati, un gruppo di amici che tutti avrebbero invidiato. La compagnia che tutti speravano di avere al proprio fianco almeno una volta nella vita.

Però Jeongukk voleva scappare a gambe elevate. Correre via da quel posto che gli stava logorando pian piano tutta l'energia rimasta in corpo. Voleva correre e piangere, fino allo sfinimento. Voleva urlare, voleva finire la voce urlando e sfogandosi.

Non ne poteva più, era finito, in tutti i sensi possibili ed immaginabili.

In un clima così sereno e calmo, la sua mente riuscì a giocargli dei brutti scherzi, per l'ennesima volta.

Ma, come aveva detto in precedenza, era diventato davvero un bravissimo attore.

Nessuno gli stava dando peso, nessuno se ne stava accorgendo. Ai loro occhi, Jeongukk era un ragazzino normale, un po' taciturno e un po' timido. A tutti sembrava star davvero bene, sorrideva, rideva.

Ma nessuno sapeva che quel ragazzino sorridente stava toccando il fondo, come mai prima d'ora. Nessuno sapeva che quel ragazzino non voleva più andare avanti in quella vita, in quel corpo.

Tutti parlavano tranquilli, mentre Jeongukk faceva finta di ascoltarli, quando in realtà stava cercando di essere forte per sconfiggere quei pensieri che lo stavano attaccando senza sosta.

Una mano gli si posò sulla spalla, il che lo fece sussultare, facendolo tornare con la testa sulle spalle.

Taehyung era al suo fianco e lo stava guardando con un'espressione davvero confusa. Nessun'altro se n'era accorto, solo lui.

"Jeongukk stai bene? Sembrava avessi lo sguardo perso nel vuoto" gli chiese, mentre osservava il suo viso pallido. Gli occhioni scuri del corvino guardarono dritti in quelli altrettanto scuri del grigio. Non riusciva a rispondere, si sentiva bloccato. Nessuna parola usciva dalle sue labbra, nessun suono aveva intenzione di uscire.

Scosse la testa e in uno sbatter d'occhi, delle lacrime calde e salate gli stavano rigando le guance.

Quando si rese effettivamente conto di ciò che stava succedendo, si alzò e, dopo aver guardato negli occhi Taehyung, chiedendo di lasciarlo stare, corse via. Corse come davvero mai aveva fatto prima d'ora.

Nessuno si era accorto di niente se non del fatto che fosse corso via a gambe elevate, da un momento all'altro.

Solo Taehyung aveva visto lo sguardo distrutto del ragazzino.

"Taehyung, cos'è successo?" chiese suo fratello minore, mentre tutti aspettavano una risposta concreta.

"Io non... Non lo so."

*

Correva, correva e correva. Ci stava mettendo tutte le energie che aveva. Più correva, più sapeva che il suo metabolismo si stava attivando. Più correva, più sarebbe riuscito a perdere altri chili.

Era buio, non sapeva veramente dove si stesse recando. Non voleva tornare a casa in quel momento, voleva correre, sentire l'aria fredda a contrasto con il suo corpo caldo e con le goccioline di sudore. Voleva smettere di piangere e rimanere senza fiato, così da sapere che aveva corso così tanto da consumare tutto ciò che era possibile consumare.

Continuava a correre nelle strade desolate, con lo zaino sulle spalle, che si muoveva ritmicamente ad ogni suo passo. Continuava a correre con il solo pensiero di voler star bene.

Corse fino a quando sentì una grande e dolorosissima fitta allo stomaco, che lo fece fermare di scatto. Il dolore, insieme alla sua forte stanchezza gli stavano facendo girare la testa.

Sentiva il gusto acido in bocca. Sentiva di non resistere ancora per molto e, infatti, nei pochi istanti a venire, il suo corpo rigettò d'istinto tutto ciò che aveva nello stomaco. Acqua, unico nutrimento di quella giornata e succhi gastrici. Aveva rimesso anche ciò che non doveva ed era stato il suo corpo, in automatico a farlo.

Il panico si stava impossessando di lui, stava tremando. Sentiva il cellulare squillare, sentiva il suono insistente dell notifiche provenire dallo zaino scuro che teneva ancora dietro le sue spalle.

Cominciò a sentire le gambe cedergli, non riusciva più a tenersi in piedi. Sentiva l'energia e la forza che se ne stavano andando, tutte e due in quel millesimo di secondo.

E cadde a terra, perdendo conoscenza. Nel bel mezzo della strada, in una parte di Seoul che non conosceva. Completamente da solo.


Please, eat. | Taekook希望Where stories live. Discover now