Capitolo 17: Di nuovo insieme

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"E non ti sembra scortese?" Dario era perplesso dell'ultima mania che Claudia gli aveva confessato: osservare le scarpe della gente.

"Ma io non giudico!" Si difese la ragazza. "Studio, ragiono, capisco."
"Dalle scarpe."
"Esatto, dalle scarpe." Indicò una signora appena passata accanto alla panchina su cui sedevano. "Scarpe tenute bene, ma non nuove. Indica cura, ma pochi mezzi." Si guardò intorno. Individuò una ragazza dal look trasandato, jeans strappati, maglia sformata, anfibi lucidi. "Ribellione a un benessere imposto. Guarda i capelli": curati, lucidi, alla moda, "è appena uscita dal parrucchiere, ma vuole sembrare una pezzente." Studiò la strada, l'andirivieni della gente. "Oppure..."

Dario la fermò. "Sì, ok, ho capito il senso, ma..."

"A te non frega."
"Esattamente."
"E sbagli! L'osservazione è la base della comprensione." Disse dondolando i piedi penzoloni. "Che ti dicono che mie scarpe?" Gli chiese a bruciapelo indicando le Converse nuove fiammanti.

"Che sei una viziata."

Claudia rise di gusto. "Sì, anche quello di sicuro, ma..?" Lo incoraggiò. "Il colore, per esempio."

"Il rosso?"

La ragazza lo guardò ma senza commentare, in attesa.

"Che sei comunista" rise di gusto, prendendola in giro.

"Come se esistessero ancora! Su, sii serio."

La guardò, le sorrise perché le piaceva essere coinvolto in quei suoi giochi continui e stimolanti. "Che vuoi essere notata..." un azzardo, perché sapeva che non era così.

Lei scosse la testa, sorrise a sua volta. "Quanto mi conosci poco!" Lo prese in giro. "Mi piacevano e basta, questo vuol dire!"

***

I passi nel buio della notte, un'orchestra dissonante e composita. Ogni scarpa il suo suono, ogni andatura il suo ritmo. Dario ringraziò di essersi ritrovato con delle scarpe sportive quando quella delirante avventura era iniziata, pronto ad affrontare camminate e viaggi contenendo la stanchezza. Erano in quattro, ma le loro camminate frettolose e il chiacchiericcio di fondo non si notavano in una Napoli ancora irrequieta di festa e fiera di gioia.

"Da quanto sei qui?" Michele indagava con la loro guida, curioso di sapere di più di quella realtà che avevano incrociato tra timore e sollievo.

"Abbastanza da seguire tutto il campionato che ha portato a questa festa." Gli rispose il ragazzo, scherzando.

"E ogni notte..."

"Ogni alba, ogni tramonto. Ci teniamo in casa per sicurezza, perché c'è il rischio di sparire."

Non aveva usato il verbo "saltare", come erano abituati a dire loro. Non lo vedeva un guizzo, un lanciarsi verso qualcosa di ignoto ma stimolante. Era un "rischio", appunto. Per lui era una morte, la fine di qualcosa. Invidiò quella bolla di sicurezza che avevano creato, pur con le sue limitazioni. Ma si accorse del disagio di Michele che guardò Tara e si affrettò a cambiare argomento.

"Hai detto che ci avresti fatto una mappa, perché ci accompagni?" Chiese ancora il loro capo squadra.

"Due passi. Lo faccio ogni notte." Prese qualcosa dalla tasca. "La mappa è qui, ma vi porto fino a un certo punto. Napoli non è un paesino ed è meglio essere sicuri."

"Dove salteremo?"

"Vi ritroverete in Toscana. Non so l'anno esatto, ma è più o meno contemporaneo."

"Perché lì?"
"Perché le alternative note e accessibili vi convengono meno."

"Da lì che faremo?"
Tirò fuori un secondo foglio dalla tasca. "Altro giro, altra mappa. Altra destinazione certa." Si strinse nelle spalle. "Ma da lì in avanti regna l'incertezza."
E il rischio

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