Capitolo 8: Trovare la via

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Il mondo alle loro spalle tramava. Sibili e boati, poi vibrazioni e tremore. Bombe cadevano, anacronistiche e fitte.

"Ma non dovremmo essere nel tempo delle guerre tecnologiche?" Chiese Claudia sforzandosi di tingere di ironia le sue parole. Senza riuscirci.

Ryo colse la paura nelle sue parole e restò con lo sguardo fisso verso il mare che si distendeva a perdita d'occhio di fronte a loro, verso quelle scintille di luce che guizzavano sulla superficie increspata e grigia. "Saranno prove generali per Capodanno..." Provò a scherzare a sua volta, conscio dell'inutilità del suo sforzo. Ma le cinse le spalle con un braccio, stringendola a sé per rinfrancarle lo spirito.

"Non ho il coraggio di girarmi." Disse lei con un filo di voce. "Ho paura di quello che vedrei..." o quello che non avrebbe visto, sottintese, distrutto dalle detonazioni fuori controllo.

"E se ci tuffassimo?" Le propose tra incoscienza e disperazione. "Se iniziassimo a camminare in acqua, e poi nuotare..."

"... e ancora e ancora e ancora." Lo appoggiò. "Fino ad arrivare... dove? In Sardegna? O Corsica? Che ci sta di fronte a noi?"

"Qualunque cosa ci sia, ci arriveremmo e ci stenderemmo al suolo guardando le stelle."

Lei sorrise e annuì. "E allora andiamo, attraversiamo il mare!"

***

"Dobbiamo andare dall'altra parte..." Mormorò Ryo guardando la laguna che giaceva placida avanti a loro, separandoli dal profilo di Venezia che si ritagliava lungo l'azzurro spento dell'orizzonte.

Attraversiamo il mare

"E come?" Chiese il Medio. Era sinceramente curioso di vedere che tipo di soluzione avrebbe proposto il nuovo arrivo, perché lui e il suo compagno di sventura avevano già cercato, inutilmente, un modo per lasciare l'isola.

Dario scosse la testa. "Non lo so..." Poi si affrettò ad aggiungere "non ancora", per lasciare un briciolo di speranza. A loro come a se stesso. "Ma dobbiamo farlo, poco da dire." Puntò il dito verso il suolo, verso quell'inequivocabile cerchio rosso che gli era stato mostrato da quei due: una Luna rossa, senza dubbio, grande e evidente, accompagnata da una freccia tracciata con precisione e diretta verso l'acqua e oltre, verso la città marinara che si distendeva dall'altra parte del guado. Così vicina eppure così lontana.

"Non avete mai trovato barche?" Chiese loro.

Attivo alzò le braccia spazientito. "E secondo te ce ne stavamo in questo cazzo di posto del caz..."

Medio lo interruppe sollevando un braccio. "Stiamo calmi, siamo dalla stessa parte qui." Poi rispose: "No, niente barche, né altro di simile a un'imbarcazione."

Su un'isola. Troppo strano. Ryo superò il grosso cerchio della Luna rossa e si fermò sulla freccia, una riga spessa lunga oltre un metro, impossibile da ignorare. Strofinò un piede sul disegno per capire se fosse fresco, ma la vernice opaca sembrava lì da molto tempo. "E allora," disse con una convinzione che non provava, "dobbiamo costruirne una."

***

Una fila di alberi ordinata e precisa, come un enorme recinto che li separava dalla laguna e da Venezia oltre di essa. In modo non diverso da come il cancello aveva separato Ryo e i suoi nuovi compagni di avventura quella mattina.

Li fissavano da diversi minuti quando Medio trovò la forza di parlare: "cioè vuoi abbatterli, tagliarli, legarli insieme e usarli come zattere?" Non c'era sarcasmo, né alcun accenno di sfottò, ma sincera curiosità nella sua voce.

Ryo aprì la bocca per sostenere e difendere la sua idea, ma fu incapace di trovare le parole, o l'incoscienza per farlo.

Fu piuttosto Attivo a intervenire: "Figata! Lo facciamo ora? Tagliamo? Che si fa?"

Medio lo guardò perplesso, poi si rivolse a Ryo, consapevole di aver trovato l'interlocutore con cui organizzare la loro fuga da quella specie di Alcatraz. "Altre idee?" Una pausa, una scrollata di spalle. "Magari realizzabili."

Con la solita mano a tormentarsi i capelli, Ryo si mosse, si guardò intorno, vagò irrequieto intorno ai nuovi amici e si spinse sul bordo della strada, a solo un passo da quell'acqua calma quanto minacciosa: non aveva mai visto una superficie d'acqua così immobile. Morta, avrebbe detto. Il solo pensiero di immergersi gli diede i brividi ed escluse subito la folle idea di farsela a nuoto, per quanto vicina apparisse la costa opposta. "Servirebbe qualcosa di simile a un guscio."

"Un guscio..?"

Annuì guardando l'orizzonte. "Sì, come un grande guscio di noce. Qualcosa in cui potersi mettere per galleggiare."

"Si chiama barca," puntualizzò medio, "e abbiamo appena concluso che non ce ne sono."

"Sì, ma..." e si bloccò. "Lo sentite anche voi?"

Rimasero in ascolto, immersi in un silenzio irreale scalfito da uno sciacquio lieve e regolare. Un suono leggero ma inequivocabile, sfibrato come ogni suono di quel luogo assurdo, che si ripeteva ogni paio di secondi e diventava poco più deciso, e vicino, a ogni iterazione.

Arrivava da sinistra e lì guardarono, con curiosità e una spruzzata di timore.

***

"Scommetto che avete bisogno di un passaggio."

L'imbarcazione era scivolata fino a loro su un'acqua immobile e densa come l'olio. Era arrivata lentamente e l'avevano osservata in assoluto, rispettoso e intimorito silenzio. Solo quando li aveva raggiunti e si era fermata, uno dei suoi occupanti aveva rivolto loro la parola.

Non risposero, incapaci di decidere il da farsi, intrappolati nei continui scossoni degli eventi. Rimasero a osservare le due persone sull'imbarcazione, l'uomo che aveva parlato e la giovane donna che gli stava accanto a braccia conserte. Entrambi sorridevano in modo rassicurante, ma Ryo, Medio e Attivo erano incapaci di accogliere quell'invito.

"Un cazzo di passaggio, sì!" Esclamò Attivo, rompendo finalmente quel silenzio imbarazzante. "Per portarci dove? Ci fate fuori, cazzo, lo so che ci fate fuori. Ci affogate dietro una di quelle dannate isole!"

Medio gli mise un braccio sul petto e lo tirò indietro. "Chi siete?"

L'uomo sulla barca fece un cenno verso la Luna rossa tracciata al suolo. "Cercate la Luna rossa, cercate noi."

"Noi e gli altri del nostro gruppo." Precisò la ragazza con cortesia e tradendo uno strano accento straniero.

"Allora sì, cerchiamo voi." Ammise Ryo, facendo un passo avanti e prendendo in mano la situazione. "Ma non ci basterà questo, abbiamo bisogno di un po' di informazioni e risposte..." Guardò i due ragazzi smarriti al suo fianco ed Epona che se ne stava in disparte preoccupato. "Perché noi qui non ci stiamo capendo niente!"

L'uomo rise e armeggiò con una corda per legare la barca e avvicinarsi al pontile. "Del tutto comprensibile, ci siamo passati tutti." Guardò la sua compagna. "Vero, Tara? Quanto è che sei qui?"

Lei rise gettando all'indietro la testa e i folti capelli chiari. "Due anni."

"Due anni in questo posto?!" Ryo era incredulo.

"Non proprio qui, non sempre." Spiegò l'uomo. "Ci spostiamo. Viaggiamo. Imparerete a farlo anche voi." Si strinse nelle spalle, guardò il disegno sulla maglietta di Ryo e rise. "Fate parte di un universo più grande!" Poi vide l'incertezza sul volto del ragazzo e spiegò: "la tua maglietta. Questa roba era famosa ai tuoi tempi... e ai miei. Siamo contemporanei, no?"

"Ma sbrighiamoci, prima che faccia buio!" Ammonì Tara, tagliando corto e guardando verso l'orizzonte e il sole calante. "Dovete stare attenti al buio, dovete imparare a governarlo. Forza, salite a bordo!" E porse loro una mano. 

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