17. Perché mi stai mentendo?

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« Ero preoccupato... »

« Va tutto bene adesso, in realtà non era assolutamente nulla di grave » mentii:« Ora entro, sta per cominciare e non voglio arrivare tardi »

Ma lui mi afferrò il braccio e mi trattenne. Si vedeva che non era convinto della mia versione dei fatti, non ne ero convinta nemmeno io.

« Perché mi stai mentendo? E perché stai facendo il possibile per non parlarmi?» mi domandò.

Inspirai profondamente. Avrei portato avanti la mia sceneggiata, senza se e senza ma, non avevo intenzione di demordere.

« Non sto facendo nulla, devo davvero entrare »

« Ieri sera quando ti ho aperto la porta mi hai detto la frase delle tre di notte, quella che ti avevo accennato io per venire da me nel caso in cui non ti sentissi bene o fosse successo qualcosa. Non fare finta che non sia importante... Solo perché avevo già una persona in casa non vuol dire che non sono qui, per te, pronto ad ascoltarti » confessò, guardandomi dritto negli occhi.

« Ti ripeto che è tutto a posto » confermai, senza aggiungere altro.

« Se è tutto a posto come dici tu, perché allora sei venuta da me ieri sera?»

« Perché avevo bisogno di passare la serata in compagnia di qualcuno. Poi Clary si è liberata, quindi l'ho raggiunta »

« Quindi che fossi io o che fosse Clary per te era indifferente, non è stato un motivo specifico a portarti da me ma il caso?»

« Proprio così »

« Non ci credo, sai bene che io e te abbiamo un legame diverso. E sai bene che mi stai mentendo, non so nemmeno per quale assurdo motivo visto che fino a oggi siamo sempre stati sinceri l'uno con l'altra »

« Appunto perché siamo sempre stati sinceri, non ho motivo di mentirti proprio questa mattina » ne approfittai per andarmene via ed entrare in classe.

Mi sedetti al mio solito posto e continuai a fissare lo schermo del cellulare, con insistenza, come nella speranza che da un momento all'altro si potesse illuminare con la rivelazione della mia giornata. Magari una novità sul caso di mia madre, il bigliettino che avevo consegnato doveva portarmi da qualche parte, non poteva essere qualcosa di casuale.

Fu così che il cellulare cominciò a squillare, risposi senza esitare.

« Sì, salve »

« Signorina Moore, abbiamo delle novità sul caso di sua madre. Abbiamo interrogato la famiglia di un suo compagno di classe, il ragazzo che è stato bocciato a causa di Emma Moore. Hanno dichiarato di non essere autori del biglietto di minacce, ma sulla carta c'è traccia del loro Dna. Per di più le loro versioni non coincidono. Forse, finalmente, abbiamo una pista da seguire » mi disse tutto. Tutto ciò che avevo bisogno di sentire. L'avere una pista in più mi diede un po' di speranza, qualsiasi mio tentativo di insistere sulle indagini mi aveva portata sulla giusta strada.

« Cosa avete intenzione di fare adesso?» chiesi, con voce tremante, vedendo Jacob entrare con nonchalance in classe.

« Approfondiremo le indagini, li interrogheremo di nuovo » confessò la poliziotta.

« Aggiornatemi appena avete altre novità » risposi, continuando a tenere lo sguardo fermo su quella testa vuota di Jacob.

« Assolutamente » si concluse la chiamata.

Il mio respiro cominciò a farsi più pesante, non riuscivo più a controllarmi al pensiero che probabilmente mia madre era stata uccisa solo perché aveva deciso di far ripetere l'anno a un alunno. Suonava così assurdo nell'amica testa, era una scusa così banale per ammazzare qualcuno, eppure al mondo esistono pensieri e mentalità diverse. Qualcuno avrà pensato che fosse quella la punizione che lei dovesse scontare.

Jacob si accomodò al banco accanto al mio, in prima piano, con il suo solito modo da snob.

« Siamo stati in centrale ieri pomeriggio, per colpa tua e della tua stupida famiglia » disse sottovoce, in modo che nessuno lo sentisse. Controllati, controllati, cominciai a dire tra me e me. Sapevo che lo stava facendo apposta, stata facendo il possibile per provocarmi e dimostrare a tutti che ero io la pazza in quella situazione:« Fortunatamente il tuo stupido bigliettino non ha provato nulla a nessuno e anche se fosse, abbiamo i contatti giusti non solo per liberarci da qualsiasi tua accusa, ma anche per portare tua padre sulla cattiva strada. Non so quanto ti convenga insistere »

« É una minaccia questa?» domandai, tenendo stretti i pugni.

« No, è un avvertimento » rispose:« Se ci tieni alla tua famiglia, vedi di stare alla larga dalla mia. Sempre che tu non voglia finire da sola, in mezzo a una strada, senza casa e senza nessuno... Sarebbe triste, non credi?»

Quelle erano continue minacce. Non erano avvertimenti. Ma vere e proprie minacce per invitarmi a smettere di sospettare di loro. Sentivo, dentro di me, che quella sua reazione non era casuale, se stava reagendo in quel modo c'erano dei motivi e l'unico che mi veniva in mente era quello più palese: sapevano qualcosa che riguardava la morte di mia madre e ne erano pure coinvolti.

« Non sarebbe più triste finire dietro le sbarre, invece? Non ne siete poi così lontani, non credi? »

« Almeno sarei ancora vivo, insieme alla mia famiglia » rispose:« Tu non potresti dire lo stesso »

Mi fece salire il nervoso. La mia pazienza si era consumata insieme alle ultime parole che aveva pronunciato e fu più forte di me. Presi un respiro profondo e alzai la mano. Gli arrivò uno schiaffo dritto in pieno volto, non ebbe il coraggio di aggiungere altre parole o di parlare ancora della mia famiglia.

« Almeno io non sono un'assassina » risposi.

Tutti in classe si voltarono nella nostra direzione, con gli occhi spalancati. Non avevo mai reagito in quel modo con nessuno, in tutta la mia vita. Gli avevo tirato uno schiaffo, ma non riuscivo a crederci nemmeno io. Il professore per fortuna non era ancora arrivato, quindi ebbi il tempo di darmi una calmata e nel caso negare qualsiasi cosa io avessi fatto. Non volevo essere sbattuta di nuovo in presidenza. Vedere il volto di quell'uomo seduto dietro alla scrivania mi avrebbe solo che fatta innervosire ancora di più.

« Non ancora » rispose lui, alla frase che avevo detto.

Decisi di alzarmi dalla sedia e di uscire dalla classe per prendere un boccata d'aria. Non sarei stata di affrontate la giornata altrimenti. Uscii e cominciai a camminare per il corridoio, mi aiutò a schiarirmi le idee sul da farsi.

Grazie alle indagini avevamo scoperto che i genitori di Jacob erano coinvolti con il bigliettino delle minacce. Avrei lasciato andare avanti gli interrogatori, ma sentivo che non erano stati loro i responsabili della morte di mia madre, era troppo scontato, troppo banale. Per una bocciatura? Quel pomeriggio sarei andata io stessa a chiedere a tutte le persone che conosceva mia madre quando era stata l'ultima volta che l'avevano vista. Forse in qualche modo sarei stata in grado di ricostruire la sua ultima giornata e a capire chi poteva averla vista per poi farle fare una brutta fine.

« Cos'è successo in classe? » mi domandò Noah seguendomi:« Ti va di andare sul tetto, così mi racconti?»

Stava insistendo parecchio nel parlarmi, nel capire che cosa mi stesse passando per la testa. Come aveva fatto anche i giorni che avevano preceduto la mia scoperta... Lui non riusciva a capire il motivo per mio allontanamento. Mi aveva sempre voluto bene, in modo molto puro e amichevole. Ma io avevo bisogno di qualche giorno per convincermi che anche da parte mia ci fosse solo quel sentimento e imparare a volergli bene solo fino a quel punto.

« No, ho già preso una boccata d'aria. Penso che tornerò in classe » tagliai corto.

LOVE AND LOSSWhere stories live. Discover now