Quasi sempre bello - I Atto

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“Ma fuori comʼè?
Come lo volevi,
Dietro le serrande, il sole.
Ma fuori com'è?
Con me e te
Quasi sempre bello, eppure.”


Coez - È sempre bello

“Non voglio andarci.”

“Be’, ci andrai.”

“Hai appena vinto il premio per la fidanzata più stronza del decennio. Sul serio non vedi lʼora di sbattermi fuori dai piedi?”

“Non capisci proprio un cazzo, veramente. Voglio che tu te ne vada il prima possibile oppure credo che mi attaccherò alla tua gamba per evitare di farti partire. È abbastanza chiaro?”

“Che schifo, non ti azzardare a fare una puttanata del genere.” Disse, cacciando fuori la lingua a moʼ di vomito.

In ogni caso, quella mattina l’avrei ucciso per davvero.

Avevano il treno all’una, erano le undici, e mentre gli altri erano già vestiti e pronti, perciò potevano permettersi di perdere tempo, lui piagnucolava sul letto da quando ero arrivata, ovvero circa mezz’ora, probabilmente aspettando che lo zaino si preparasse da solo.

Per di più, non mi faceva per niente bene sentire cose del tipo ‘non ci vado’, perché la voglia di raggiungerlo nel letto e chiedergli di starcene lì per le successive 48 ore, anziché lasciare che si allontanasse, era tanta, perciò non doveva tentarmi.

“Tancredi, sul serio. Devi alzarti.”

“Detesto quando dici sul serio.” Si lamentò, tirando finalmente indietro le coperte. “Significa che la pacchia è finita.”

Mi venne in contro, mi baciò, ed io finsi di lamentarmi del suo alito per farlo smettere.
Sapevo che più mi stava appiccicato e più avrei sentito il distacco, perciò avrei davvero voluto che si allontanasse, ma lui sembrava avere bisogno dell’esatto contrario.
Forse era anche complice il fatto che fosse sveglio da poco, comunque non si mosse neanche di un passo, appoggiandomi invece la testa sul petto mentre allacciava le braccia dietro la mia schiena.

Lo odiavo.

“Mi rifai il letto, per piacere? Ti prego?”

“Mi preghi, wow, questa sì che è nuova.”

“Per favore, Lù. Devo ancora farmi la doccia e ho bisogno di un caffè.”

Era strano che si comportasse così, e ancora di più che mi pregasse. Tutta quella situazione doveva averlo fatto impazzire.

“D’accordo vai, però muoviti.”

Sistemai il letto, e approfittando del fatto di essere sola aprii anche le maledette finestre che loro si ostinavano a tenere sempre chiuse, per qualche motivo. Lele entrando in camera infatti mi guardò male.

“Non dire niente, sto solo facendo passare un po’ d’aria.”

“Okay” Sollevò le mani. “Lui dov’è? Sei riuscita a farlo alzare?”

“Sì, credevo servisse una gru, ma alla fine ce l’ha fatta da solo. Si sta facendo la doccia.”

“Non lo entusiasma l’idea di partire, lo sai vero?”

“Lo so, diciamo che l’ha fatto capire forte e chiaro. Ma visto che tanto deve farlo, lamentarsi e pestare i piedi non serve. Prima ve ne andrete e prima tornerete.”

“Vieni qua.” Disse, aprendo le braccia. Perché erano tutti tanto affettuosi quella mattina, desideravano così ardentemente che soffrissi la loro mancanza? Comunque non avrei potuto resistere neanche volendo, così lo abbracciai e lasciai che mi baciasse i capelli. “Andrà tutto bene, fidati di me. Ti ricordi chi è sempre il più sobrio tra noi, no?”

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