"No, cioè, sì, certo. Probabilmente tutte le sostenitrici della vostra coppia si strapperebbero i capelli. E poi si tratta della tua immagine, devi andarci."

"Sì, questo l'hai già detto. Sei sicura che non sia un problema?"

Cercai di farmi forza, pensando alle cose positive che avevamo vissuto in quelle settimane, ripetendomi che una semplice festa non avrebbe mai potuto spazzarle via tutte.

"Tancredi." Gli presi una mano, iniziando poi a giocherellare con le sue dita. Mi calmava. "Tu l'hai vista la monetina, prima che scomparisse nell'acqua? Voglio la verità."

"Credevo pensassi che fosse stupido."

"Be', è così. Ma ho comunque bisogno che tu me lo dica."

Snodò le nostre mani, in modo tale da poter utilizzare le sue per prendermi il viso.
Lo guardai a lungo, e lui guardò me.
In quel modo.

"L'ho vista, ti giuro che l'ho vista."

"Sì, va' a quel dannato compleanno."


Non aveva risposto alla mia domanda, comunque, ma parlandone anche con gli altri capii che lei aveva noleggiato una specie di baita in montagna e avrebbero festeggiato lì.
Per carità, era una delle idee più fighe che avessi mai sentito, ma diciamo che già non ero entusiasta di quella situazione, e avrei decisamente preferito un semplice party ordinario, magari direttamente a Milano, alla fine del quale ognuno se ne sarebbe tornato a casa propria.
Ma chi ero io per mettere bocca sull'ultimo compleanno da adolescente di Giulia Paglianiti?
Appunto, nessuno.

In ogni caso, inizialmente mancavano quindici giorni a quell'inferno, ma man mano che diminuivano, aumentava la mia voglia di fumare.
Sembravo una cazzo di ciminiera e l'avevano notato tutti, a parte Tancredi, dato che glielo tenevo nascosto di proposito. Celeste invece continuava a sgridarmi, e mia madre minacciava di frugarmi nella borsa e farmi tutte le sigarette a pezzi.

Mamma Elena era bassina come me, si tingeva i capelli di rosso mogano da quando ne avevo memoria e aveva due grandissimi occhioni celesti, esattamente come quelli di Milo. Io, ovviamente, avevo ereditato invece quelli di papà.
Non era molto paziente, le piacevano le culture diverse dalla nostra, leggere e aveva il pollice non verde, verdissimo.

Si stava facendo una tisana in quel momento, mentre io finivo di asciugare i piatti, dato che ovviamente mio fratello aveva saltato il suo turno scomparendo per giocare alla Playstation, esattamente come qualcun altro di mia conoscenza.
In ogni caso, lei mi stava guardando da sotto la sua tazza con l'espressione tipica di chi ha da chiederti qualcosa.

"Mamma, che c'è?" Sbottai, riponendo una fondina nel mobile.

"Sei diversa."

"Come?"

Fece un sorso, poi strinse le labbra in una linea, facendosi più seria. "Non so, sei diversa in questo periodo, e non mi riferisco solo al fatto che negli ultimi giorni a quanto pare hai deciso di distruggerti i polmoni, lo noto da un po'. Non sei quasi mai a casa e quando ci sei sembri avere la testa da tutt'altra parte. C'è un ragazzo, vero?"

L'avevo detto che le mamme avevano i superpoteri, anche se non doveva essere molto difficile saltare a quelle conclusioni dato che ormai tra il lavoro, i miei amici e Tancredi puntavo piede in casa solamente per dormire.

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