Capitolo 12

1.2K 125 28
                                    

Mi sento Galileo

Scoprii che passare molto tempo da sola in un’isola sperduta non era poi così divertente. Ero morta, quindi non potevo neanche passare il tempo cercando cibo per non morire di fame o un rifugio per difendermi dalle bestie feroci che, se non per quel rapace strano e stupendo, su quell’isola non esistevano. Trascorse un giorno, e Beta O non si fece vedere. Scoprii che, oltre al sole, avevo ben due lune a disposizione, una grande e viola e una piccola e bianca. Passai la notte ad ammirarle, incantata. Se mi concentravo, potevo vedere nella più grande i suoi crateri lunari. Dovevano essere simili alle nostre. Ma se quelle lune erano nuove, allora ero molto lontana dalla Terra, molto lontana anche dall’intero Sistema Solare, dato che non avevo mai sentito parlare di lune viola. Per esserne certa, cercai le mie costellazioni preferite. Ricordai che era estate, perciò cercai l’Orsa maggiore.

Conoscevo tutte le quattro stelle che ne componevano il corpo centrale, mentre quelle della coda non le ricordavo ma  ne ricordavo le posizioni. Cercai scrupolosamente Dubhe, Merak e Phedca, quelle a mio parere più luminose e facilmente riconoscibili. Non le trovai. Nessuna di quelle stelle somigliava a quelle che conoscevo io. Scossi la testa cercando di allontanare la delusione, e ripresi la ricerca. Ercole. Dovevo trovare almeno Ercole, la quinta costellazione più grande del cielo. Cercai Beta e Delta Herculis, le due che si collegavano a formare un braccio dell’eroe. Niente. Neanche quelle. Stavo per rassegnarmi e abbassare lo sguardo, quando qualcosa di rapido come la luce mi passò davanti agli occhi. Li sgranai e scrutai il cielo, convinta che fosse appena successo qualcosa. Qualcosa che riaccadde. Davanti a me, su nel cielo, due enormi sfere azzurre sembravano fare a gara per fare il giro del pianeta il più velocemente possibile. Era come vedere Marte e Venere che correvano nel cielo terrestre durante l’anno. Quello era il problema. Marte e Venere non riuscivano a raggiungere questa velocità in un anno, e quei due pianeti, stelle, lune, quel che erano, lo facevano in tre secondi. Li vidi schiantarsi l’uno contro l’altro, creando scintille come quando si scontrano due pietre focaie, per poi riprendere la corsa. Nel giro successivo, uno si conficcò nella superficie della luna viola, senza possibilità di muoversi. Mi sarei aspettata un’esplosione all’impatto tra i due corpi, invece niente, a parte un nuvolone di polvere colorata. Capii che le due stelle blu erano vive quando quella incastrata tirò indietro, trascinando con sé la luna molto più grande, e si liberò. Ed ecco fatto un nuovo cratere lunare.

Ma che diavolo erano? Come se mi stesse leggendo il pensiero, la sfera azzurra che aveva continuato il giro invertì la rotta e si scontrò nuovamente con l’altra, mandandola giù… verso di me. Il panico mi assalì e mi diressi verso la foresta, aggrappandomi a una palma-lanciatrice-di-frutta. Qualunque cosa fosse, aveva provocato un cratere bello grande nella luna viola. Sperai cadesse nell’oceano, molto, molto lontano da me. Avrei volentieri evitato la distruzione della piccola isola o un’onda anomala. Fortunatamente, quella sembrò schiantarsi a chilometri di distanza da me, così che al posto della famosa onda anomala arrivo solo un po’ di marea… fino ai miei piedi. Beh, una decina di metri di spiaggia andati era meglio di tutta l’isola. Scrutai l’orizzonte e vidi la sfera, che adesso pareva enorme, sollevarsi dall’oceano. La cosa diventò raccapricciante quando capii che era ferma a fissare me. Da quella distanza riusciva a vedermi. Non feci neanche in tempo a capire che si stava dirigendo verso di me che bruciò quei chilometri in mezzo secondo e mi si parò davanti. Era alta e larga una ventina di metri e la sua presenza faceva bruciare l’aria. Letteralmente. Sperai di non far parte di quella serie di non-morti che al minimo accenno di calore bruciavano come fiammiferi. Capii che era impossibile che fosse una stella, altrimenti sarei bruciata sul serio, o per lo meno avrei dovuto chiudere gli occhi. Sì, era luminosa più di qualunque cosa avessi visto in vita mia, ma non sembrava qualcosa di mortale. Dopo alcuni secondi la stella brillò di rosso e a quel punto dovetti chiudere gli occhi per davvero, e quando li riaprii di fronte a me c’era una ragazza. Una ragazza apparentemente armata. Era alta come minimo due metri, dalla corporatura snella e atletica. Indossava una lunga gonna blu notte con due spacchi laterali molto spartana, decorata con frange bianche ai bordi, e una fascia candida a coprirle il seno prosperoso. Osservandone i tratti del volto elfici, gli occhi azzurri come il ghiaccio e i lunghi capelli candidi raccolti in una coda alta, avrei detto che era la ragazza più bella che avessi mai visto, ma la sua lancia acuminata puntata poco amichevolmente contro di me mi impediva di pensare. Sollevai automaticamente le mani sopra la testa per farle vedere che non avevo cattive intenzioni, ma quella con le cattive intenzioni sembrava lei. Mentre ci osservavamo, l’altra sfera continuava il suo giro dell’orbita.

La Scrittrice FantasmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora