Primo inverno, pt uno

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Non sono una bella ragazza.

O meglio, non ho nulla che faccia di me qualcuna di particolarmente ammagliante.
Ho un bel visetto tondo con una pelle per niente di porcellana; i capelli fini e scuri fanno ciò che possono, così come il fisico non esattamente tonico.
Vivo semplicemente, districandomi tra università, famiglia e quella scarsa vita sociale che non è mai stata solita appartenermi più di tanto.
Amo la tranquillità, i divani comodi con le coperte calde e le persone dall'animo gentile.
Vivo ogni cosa a cuore aperto, anche la più piccola e per questo soffro d'ogni foglia che cade.
C'è chi dice sia un pregio, io un peso estremamente faticoso da portare.
Ho sempre avuto la passione per le canzoni pop dalle note allegre e smielate, poco importano i miei quasi ventiquattro anni.
E chi avrebbe mai immaginato che un giorno d'inverno sarei riuscita ad intervistare una delle persone per cui sono stata solita fare i peggiori balli e le peggiori grida nel piccolo della mia stanza.
In facoltà mi ritenevano pazza a considerarla importante per il mio curriculum, eppure, a mio avviso, riuscire ad intervistare Harry Styles significava raggiungere l'apoteosi della carriera giornalistica. O di quella ormonale.

Londra, 20 novembre 2010. 

Mi sistemai con fare nervoso sulla poltrona di pelle bianca posizionata davanti a quella che da un minuto all'altro sarebbe stata la sua con le ginocchia in preda ad un attacco di tremore acuto.
Quella mattina mi ero cambiata circa sette volte, l'odiata insicurezza a fare capolino ad ogni tentativo di abbinamento. Dieci minuti prima di giungere alla consapevolezza di essere veramente in ritardo, avevo optato per un pesante maglioncino bianco sopra a dei semplici jeans e dei morbidi stivaletti marroncini. Ciò che di più banale, ma al tempo stesso confortante poteva capitarmi tra le mani.
Era una fredda e uggiosa giornata di fine novembre e l'enorme palazzo della Columbia Records mi guardava con fare minaccioso e al tempo stesso ironicamente compassionevole. Cosa ci faceva una ragazza di un piccolo paesotto d'Inghilterra di fronte a uno splendido ragazzo colmo di talento? Cosa avrebbe potuto dirgli e quali similitudini potevano esserci tra la mia claustrofobica esperienza universitaria e la sua vita d'avventura in ogni angolo del mondo?
Stavo divagando nuovamente, lo sapevo. Dovevo pensare all'obiettivo, all'intervista per il giornale di Bath, nulla di più.
Per un giorno, per un momento, potevo fingere di essere una giornalista affermata e non una timida ragazza di campagna.
Avrei potuto, se non fosse che nell'esatto momento in cui una figura alta e fasciata in una stramba camicia a fiori rossi piombò nella stanza scortata da due uomini seri in volto, i miei neuroni persero il contatto con il resto dell'impianto cerebrale.

«Ciao, sono Harry», esclamò con tono rauco, il volto stanco ma sorridente. 

Rimasi incantata per qualche secondo, decidendomi poi a separarmi dalla pelle alla quale sembravo incollata.

«Piacere mio», sibilai imbarazzata «Laura, del Paper News di Bath».

«Bath», ripeté, sistemandosi con fare estremamente aggraziato «ci sono stato un paio di volte, è graziosa».

Graziosa. Harry Styles, cantante di fama mondiale stava realmente definendo quel buco di paese grazioso. Forse a colazione avevo esagerato con i quadretti di cioccolato.

«Piccola, anche», scherzai nervosamente, giocherellando con il foglio di carta sulle ginocchia.

«Signorina, ha venti minuti», tuonò uno dei due grandi uomini, osservandomi con fare serioso.

A quello sguardo annuii ansiosamente, mentre la scollatura della sua camicia continuava a provocarmi delle forti scariche di emicrania.

«Bene dunque», sibilai, leggendo frettolosamente le note del foglietto, per poi accartocciarlo «vorrei cominciare con il chiederti come ti senti», sentenziai tutta d'un fiato.

Dieci inverni [h.s.]Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz