Nono inverno, pt due

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New York, 31 gennaio 2019.

«Laura, andiamo», fischiò una voce poco distante, lancinanti fitte a trivellarmi la testa «devi alzarti».

Grugnendo, mi sforzai di aprire gli occhi apparentemente gonfi e dolenti, il viso di Georgia in lenta messa a fuoco. Sorridendo, mi porse una tazza fumante, il forte aroma di caffè a velocizzare il mio risveglio.

«Per quanto ho dormito?», mugugnai raccogliendola in grembo, il calore della porcellana ad irradiarsi lungo ogni fibra del mio corpo.

«Poche ore e avresti raggiunto il giorno», rispose, la sua briosa frangetta a muoversi come sfiorata dal vento.

A quelle parole sobbalzai, vaghi pensieri ad affollare improvvisamente la mia mente.

«Grazie per aver badato a Noah», borbottai «si diverte un mondo con i tuoi figli».

Annuii, la mano adornata di gioielli a posarsi delicata sul mio ginocchio.

«Ancora nessuna notizia?», sibilò.

Scossi la testa, serrando i denti.

«Non c'è nulla che si possa fare se non aspettare», replicai amaramente.

«Capisco», sospirò «ma tesoro, sono trascorse settimane e i miglioramenti di Harry sono ancora scarsi per non dire nulli e se questo non fosse sufficiente, ti stai accollando le responsabilità di un figlio e quelle del lavoro senza neanche fiatare».

Certo, al momento la mia vita si prospettava come un gigantesco disastro, ma parlarne non sarebbe stato di conforto. Da quando l'incidente di Harry mi aveva investita come uno schiaffo in pieno viso, non avevo voluto urlare o piangere: il dolore si era sciolto nel petto, lasciandomi amara, marcia ed incapace di combattere.

«Ascolta», riprese «anche se in questo momento fai finta che tutto sia perfettamente al proprio posto e che niente ti stia facendo male, la verità è che sei distrutta».

Sospirai, prendendo un grande sorso di caffè.

«Io e mio marito abbiamo una casa a Cabo San Lucas», continuò «perché non ti ritagli un po' di tempo per te stessa e vai a trascorrere un paio di settimane lì?».

Strabuzzai gli occhi, incredula.

«E il lavoro? No Georgia, davvero, non posso», farfugliai.

«Gestisco il giornale da quindici anni, posso fare a meno di te per qualche settimana», replicò in maniera secca, sistemandosi la camicetta inamidata.

Georgia era sempre così impeccabile, stretta nei suoi tailleur eleganti, nelle sue unghie fresche di manicure e nei capelli perfettamente acconciati. Da quando mi ero trasferita a New York era diventata una grande amica, una presenza a dir poco indispensabile. Era sempre disposta ad aiutarmi con Noah, specie in quei momenti dove il mio sistema nervoso sembrava crollare. Negli ultimi mesi non ero stata un grande esempio per mio figlio e di questo non ne andavo assolutamente fiera.

«Forse un po' di tempo con Noah potrebbe aiutare», continuai.

Sospirò nuovamente, tormentando nervosamente alcuni anelli.

«In realtà l'idea era che Noah rimanesse con me», replicò.

«Come?», stridulai, tossendo violentemente.

«Laura, sinceramente, questa cosa non può continuare», sentenziò seccamente «non posso tollerare un giorno di più questa farsa».

Abbassai la testa al pavimento, inspirando profondamente.

Dieci inverni [h.s.]حيث تعيش القصص. اكتشف الآن