Capitolo 2

792 32 10
                                    

Spalancai gli occhi e mi guardai intorno. Subito, riconobbi l'ambiente familiare di camera mia. Mi tirai su a sedere ed emisi un sospiro di sollievo.

Subito dopo, venne l'ansia. Ero in mezzo alla strada, ed ero quasi sicura che una macchina mi avesse investito. Ero morta? Mi avevano curato col sangue di vampiro e mi ero trasformata? Kol aveva parlato coi miei fratelli?

Tutte quelle domande mi fecero venire mal di testa, perciò mi stesi di nuovo. Serrai gli occhi e cercai di concentrarmi sul mio respiro, rallentandolo.

Poco dopo, sentii delle voci provenire dal corridoio e, tutti i miei fratelli, fecero irruzione dalla porta, facendomi sobbalzare. Ovviamente, a guidare il gruppo, c'era Klaus, affiancato da Elijah e seguito da Rebekah e Kol. Squadrai Kol con cattiveria, poi lasciai ricadere la testa sul cuscino.

"Come ti senti?", chiese Klaus. Non era proprio la domanda che mi aspettavo, perciò mi tirai subito in piedi e li osservai.

"Bene", risposi, incrociando le braccia al petto.

"Quando pensavi di dircelo?", chiese Elijah, alzando lo sguardo su di me. Mi trattenni dall'insultare Kol, perché per quello ci sarebbe stato tempo più tardi.

"Dopo essere andata dal medico", risposi composta. Lo sguardo di Klaus si indurì, ma io lo sostenni. Non mi faceva paura.

Circa un mese prima di finire l'ultimo anno di liceo, avevo iniziato ad avere degli attacchi di panico che, andando avanti col tempo, erano peggiorati sempre di più. Eppure, ero sempre riuscita a contenerli e non ne avevo mai parlato con nessuno.

"Mi dispiace non avervi detto niente", dissi con voce composta. "Ma dopo che mi hai proposto, di nuovo, di diventare un vampiro, non volevo darti una scusa per obbligarmi", aggiunsi rivolta a Niklaus.

Lui emise uno sbuffo.

"È ovvio che vogliamo trasformarti! Se oggi non ci fosse stato Kol, saresti potuta morire!", gridò.

"Se Kol non fosse stato lì, io non sarei scappata!", urlai più forte. Mi appoggiai al letto e mi portai una mano sulla fronte. La scuola era finita da una settimana, e da quel giorno non facevo altro che litigare con i miei fratelli. Era stancante. "Sentite", dissi, cercando di ricompormi. "Non so cosa mi stia succedendo, ma so di aver solo bisogno di mettere in ordine i pezzi della mia vita che si sono rotti. Ho bisogno di trovare un modo di riallacciare i rapporti con voi e sistemare tutto".

"So io come fare", si intromise Kol. Cercai di non squadrarlo male. Tutti si girarono verso di lui. "Andiamo in vacanza", propose. Mi accigliai. Era la proposta più stupida che avesse mai potuto fare.

"Dove?", domandai. Klaus sorrise.

"A New Orleans, ovviamente". Erano tutti d'accordo, tranne me. A quel punto, avrei persino preferito una sfuriata da parte di Nik.

"Credete davvero che sia una scelta saggia portare vostra sorella umana nella terra dei vampiri?", domandai scocciata. Rebekah alzò gli occhi al cielo.

"Rilassati, Desi. Ci divertiremo!", disse con tono felice.

Scossi il capo e lasciai ricadere le braccia lungo i fianchi. "Va bene", dissi, cedendo. Infondo, non avevo nulla da perdere e tanto decidevano loro.

"Prepara le valigie", mi disse Niklaus, poi, lui, Elijah e Rebekah, sparirono. Rimase solo Kol.

Lo ignorai volontariamente e mi avvicinai all'armadio dove si trovava la valigia. Mi allungai per prenderla e, la maglietta, si alzò e lasciò vedere una striscia di pelle nuda. Istintivamente, Kol, si avvicinò, mi prese per i fianchi e mi sollevò. Sentii il suo respiro caldo sul mio collo, e venni percorsa da un brivido. Vi appoggio la bocca, e comincio a riempirmi di teneri baci.

Mi allungai, e riuscii ad afferrare la valigia e la tirai un po' avanti, poi mi venne un'idea.

La presi per il manico, e tirai un lieve calcio sulla gamba a Kol che, per lo spavento, mi lasciò andare. Lasciai la presa sulla valigia e mi feci scudo col suo corpo, perciò gli cadde proprio addosso.

"Si può sapere cosa ti prende?", sbraitò venendomi incontro. Si fermò a pochi centimetri dal mio viso.

"A me?", domandai inarcando un sopracciglio. "Mi hai lasciata tre ore fa per nulla e ora ti comporti cosìcosa ti aspettavi?"

"E ti arrendi così?!", urlò.

"Cosa dovrei fare?! Mettermi ai tuoi piedi e implorarti?", chiesi con tono arrogante. Lui rimase a fissarmi, poi si avventò sulle mie labbra. Fui tentata di ricambiare il bacio, ma poi gli misi le mani sul petto e lo spinsi via. Lui mi afferrò i polsi, e mi guardò intensamente negli occhi.

"Non mi importa quanto tempo ci vorrà. Ti giuro che tornerai mia", disse scandendo ogni parola. Deglutii, e lui filò fuori, lasciando la porta aperta.

Sapevo che mi stavo comportando troppo duramente con lui, ma, come i miei fratelli, doveva capire che non ero un giocattolo che poteva prendere e lasciare o accattonare in un angolo quando voleva.

Mi sporsi sul corridoio e gli gridai: "LA PORTA SI CHIUDE!" E, in tutta risposta, lui alzò le braccia con fare innocente, e sparì per le scale.

Ritornai dentro e me la sbattei alle spalle. Non poteva fare una promessa del genere e poi scappare via! Con lui mi sentivo sempre così fuori di me che, a volte, non riuscivo nemmeno a capire cosa stavo dicendo.

Raccolsi la valigia da terra e, dopo averla appoggiata sul letto, cercai di farmi un'idea mentale di ciò che dovevo portarmi dietro.

Mi avvicinai alla scrivania, afferrai carta e penna e decisi di fare di una lista con le cose che necessitavo. Da poco tempo, era ormai d'abitudine per me avere tutto sotto controllo.

Mi avvicinai all'armadio, tirai fuori tutto gli indumenti necessari e lo ripiegai ordinatamente sul letto. Quando tutto fu pronto, misi tutto dentro la valigia.

Quando la richiusi, mi misi in piedi e la guardai soddisfatta. In meno di mezz'ora, avevo preparato un bagaglio perfetto e munito di tutto il necessario.

Improvvisamente, bussarono alla porta e io mi precipitai ad aprire.

"Pronta?", chiese Rebekah. La guardai perplessa.

"Ma quando partiamo, scusa?"

"Ora", rispose lei prendendomi per il braccio e tirandomi fuori di forza dalla camera. "Kol prenderà la tua valigia", aggiunse, poi mi portò in salotto, da Klaus ed Elijah.

"Andiamo?", chiese Elijah e, senza aspettare una risposta, si diresse fuori. Lo seguii in silenzio, fino alla range rover nera parcheggiata fuori dal cancello.

"Elijah?", sussurrai. Lui mi guardò e annuì. "Quando pensi di dirglielo?", domandai piano.

Lui esitò un attimo, poi schiuse la bocca, ma non uscì nessun suono. Poi, dopo avermi scrollato le spalle, entrò in auto.

Lo imitai, così come Klaus. Rebekah invece rimase fuori ad aspettare Kol. Ebbero una conversazione accesa, che finì con un sorriso vittorioso di lei e uno sguardo basso di vergogna di lui. Rebekah si sedette dunque accanto a me, mentre a Kol toccò il posto accanto al finestrino, dall'altro lato rispetto a dovero io.

Elijah mise in moto la macchina e, in meno di venti minuti ci trovammo nel parcheggio di un aereoporto.

A little Mikaelson 2- Where stories live. Discover now