12•capitolo -Me lo ricordo come mi hai guardato-

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Marco

Un solo secondo...

Sarebbe bastato un maledetto secondo in più, e le nostre bocche si sarebbero incontrate. L'ho risentita mia, ma è sparito tutto in un attimo, quello in cui Chiara mi ha chiamato.

Dannato me e quando mi sono messo in questa situazione. Devo parlarle, intendo che devo parlare con Chiara, devo dirle che non può proseguire tra noi. Non posso dare una possibilità al nostro rapporto, se so di essere ancora innamorato di Siria. Voglio stare con lei, lo voglio con tutto me stesso, e l'ho capito ancora di più.

Sospiro, sono nella mia stanza. Siamo appena rientrati, guardo il telefono e valuto se contattare Chiara, ma non voglio lasciarla con una chiamata. Vorrei solo essere a Napoli in quest'istante, guardarla negli occhi e dirle chiaramente come stanno le cose. E invece mi sento soffocato dal senso di colpa, perché ogni volta che mi avvicino a Siria, penso al fatto che le ho mentito sulla mia situazione sentimentale. E penso anche a Chiara, non è giusto comportarmi così con lei. È vero che non le ho mai fatto delle promesse, ma gliel'ho fatto credere che tra noi potesse proseguire.

Mi strofino il viso. Sono in questo letto e desidero vedere Siria, probabilmente però, lei non verrà. Poi ad un certo punto bussano alla porta, mi alzo di malavoglia con il dolore che sento addosso, apro la porta e la vedo.

Nel vedere la sua figura bassa e snella, sento un sussulto al cuore prepotente che mi annebbia ogni pensiero. È come se fosse sempre la prima volta, il tempo non ha cambiato l'emozione di ritrovarmela davanti. E mi viene istintivo sorridere come un bambino il giorno di Natale.

«Hai fame?», alza una busta, mi mostra qualcosa dove dentro c'è il cibo, lo riconosco dall'odore. Mi sorpassa, non aspetta il mio consenso e si mette ben comoda sul mio letto. «Ho pensato che non ti sentissi di scendere data la situazione, perciò ti ho portato qualcosa da mangiare», in quel momento il suo sguardo incontra il mio. Il mio spaesato, confuso, sorpreso, ma felice di vederla. Spero che lo senta anche lei quello che solo la sua presenza mi suscita.

Con poca forza vado nella sua direzione, mi siedo sul letto e la guardo.

«Non avresti dovuto, ma sì, stavo morendo di fame», in realtà mi si era chiuso lo stomaco, il pensiero di lei era più forte del resto.

«Peccato... speravo che non avessi fame così da poter mangiare anche la tua parte», ridacchia divertita, mentre mi osserva pensierosa.

Ed è bellissima vederla così, davanti a me, come ai vecchi tempi.

Mangiamo in silenzio. Siria sembra assorta nei suoi pensieri, mi è sempre piaciuta guardarla quando la sua mente vaga per chissà dove. Ha portato del cibo cinese che è il suo preferito, ma io non ne vado matto. Finiamo di mangiare, mi stiracchio e con poca forza mi alzo per andare a gettare i residui del cibo, ma lei mi blocca.

«Ci penso io, tu riposati», mi redarguisce, puntando i suoi occhi marroni su di me.

E cosa succede dentro di me io neanche lo so spiegare. Forse perché le parole sarebbero sprecate, superflue, non mi verrebbero bene a pronunciarle. Quando c'è lei davanti a me, divento solo Marco che ama Siria, nient'altro.

Mi stendo sul letto, le ubbidisco e la osservo mentre si prende cura di me. Mi prepara una tazza di tè fumante, poi me la porta insieme alla camomilla che ha fatto per sé. Si siede vicino a me, la sorseggia e continua ad osservarmi.

«Dovete finirla di litigare tu e Bernardo!», mi dice dal nulla.

«Non è colpa mia - scrollo le spalle - è lui che mi fa delle avance, ma sia chiaro: gliel'ho detto che non è il mio tipo», ridacchio, e non mi sfugge il sorriso che le scappa. Poi torno serio e prendo un profondo respiro, prima di dire:
«Siria... senti... mi dispiace davvero per...»

Another day  (Completa)Where stories live. Discover now