Capitolo 6

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Saul Klinge osservò la cosa livida rintanata nell'angolo del soffitto, la testa rigirata in modo innaturale, i lineamenti orribilmente contratti in un'espressione furiosa.

L'orrore rivelato che avrebbe fatto rannicchiare a terra, piangente e supplicante, qualunque altro uomo, infuse in lui la lucida determinazione di porre fine all'abominio che stava infestando quel luogo e la regione tutta. La spietata freddezza che l'aveva pervaso gli permetteva di pensare con chiarezza.

La bestia temeva la spada che stringeva nel pugno. Non lo spadone dalla lunga lama che avrebbe potuto squarciarla in due con un solo fendente, ma la spada dalla lama corta e larga che portava incisi sull'elsa glifi che non sapeva decifrare.

Aveva riconosciuto i nomi pronunciati dalla creatura, nomi di dee pagane che rappresentavano la perversione della natura femminile, la rivolta di Lilith nei confronti di Adamo, la violazione dell'ordine naturale delle cose che era dettato dalla Legge Divina. Nomi dietro cui si celava l'unico vero nemico: Satana!

Rivolse un sorriso sprezzante alla cosa sul soffitto. «Io porto il castigo di Dio!»

L'essere si agitò, si contorse, poi emise una specie di latrato beffardo. «Tu non sai nulla piccolo uomo di fede, nulla!» Si protese lungo la superficie del soffitto e i suoi arti si allungarono come zampe di un ragno antropomorfo. «Credi che quel piccolo cerchio ti tenga al sicuro, che le tue sciocche formule possano proteggerti, ma quanto a lungo ti sosterrà il tuo dio lì?» Prese a spostarsi nervosamente a destra «Dovrai pur bere,» poi a sinistra, «e mangiare,» saggiò la parete con un piede come se fosse acqua gelida, «e la tua fede vacillerà.» Tornò a bloccarsi fissandolo, il volto raggrinzito da un ghigno quasi teatrale. «E in tutto il tempo che ci separa dal momento della tua resa saprai che io sono qui, in attesa.»

La fronte di Saul Klinge si corrugò a tal punto che le sopracciglia si sfiorarono. Di poche cose il Cacciatore era certo. La prima era che di qualunque forma si ammantasse il Nemico era uno ed uno solo, poiché anche le sue legioni operavano per mezzo del suo potere. La seconda era che Egli era prima di ogni altra cosa il Principe della Menzogna, Signore degli Inganni. Poteva dunque l'antico serpente esprimersi con parole che suonavano tanto veritiere? Ignaro del pericolo che lo attendeva aveva agito in modo avventato e ora si ritrovava in quel cubicolo con una creatura vomitata dagli Inferi, protetto da un cerchio rituale tracciato frettolosamente e con un'arma che intimoriva la bestia senza che lui ne sapesse il perchè. E quella dannata cosa aveva in parte ragione: la sua fede era incrollabile, ma le sue forze alla lunga sarebbero venute meno. Non c'era tempo da perdere.

Si inginocchiò di fronte allo spadone conficcato in terra, posando l'altra lama in terra, a portata di mano. Aprì la borsa che portava ancora a tracolla e vi rovistò dentro, facendo emergere dal suo interno un piccolo tomo dalla cupa rilegatura di pelle nera con rinforzi di ferro.

La creatura continuava a muoversi sul soffitto. Abbandonava l'angolo in cui si era rifugiata per spostarsi da una parte e dall'altra, per poi tornare in fretta da dove era partita. Sembrava volesse saggiare la forza della sua protezione come si valuta il punto dove aprire una breccia nelle mura di un castello.

Con la punta delle dita Klinge fece scorrere rapidamente i bordi delle pagine ingiallite. Di fronte ai suoi occhi si animò una sequela di caratteri tracciati in inchiostro ingrigito, intricati simboli arcani e rappresentazioni di orrori che avrebbero fatto vacillare uomini più deboli o dalla fede meno salda. Conosceva ognuna di quelle pagine che avevano messo a dura prova la sua stessa sanità mentale, forgiandola come l'acciaio delle sue lame. Nonostante per salvaguardare l'integrità della sua mente e la salvezza della sua anima la sua memoria rifiutasse di ricordarle nella loro interezza, conosceva abbastanza i simboli per orientarsi.

«Cosa cerchi tra quei fogli, piccolo uomo di fede? Forse la conoscenza che non possiedi? O la salvezza per la tua fragile anima?»

Fece scorrere le pagine in avanti, poi in parte all'indietro, poi ne sfogliò alcune ancora nel verso della lettura e giunse al punto che cercava. I suoi occhi percorsero le righe vergate in caratteri antichi. Una volta, poi un'altra ancora perché la sua mente trattenesse quelle parole proibite.

Avrebbe combattuto il fuoco con il fuoco. Il Demonio con gli strumenti del demonio. Ma prima doveva prepararsi. Afferrò la lama dello spadone e strinse. Il suo sangue scivolò nuovamente lungo l'acciaio.

«Parce mihi Dominus,» mormorò, «quia vado ad peccatum.»

HEXENJÄGER - Il Cacciatore di StregheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora