Capitolo 1

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Come un lupo che percorre un sentiero non battuto, il cacciatore emerse dalle ombre della foresta. Il villaggio giaceva assopito. L'uomo percorse la strada principale a passo lento avvolto in un pesante mantello, il cappuccio calato sulla testa. Solo la luna, pallida e piena, rischiarava il suo incedere stanco. Porte e finestre delle case erano sbarrate, nessuna luce filtrava da sotto le imposte, tranne da quelle di un edificio che si trovava verso la fine della strada, poco lontano dalla chiesetta smunta che costituiva il centro di quell'accrocchio di casupole.

Si fermò sotto un'insegna con raffigurato un orso che teneva un boccale e una fila di lettere sbiadite: Bärenhöhle.

Quando entrò nella locanda il suono della ramazza sul pavimento si fermò di colpo e solo il silenzio rimase ad accoglierlo. Il silenzio e lo sguardo torvo del locandiere che lo osservava dal fondo della sala comune, la scopa che sembrava un giocattolo per bambini stretta nei pugni enormi di quell'energumeno dal volto irsuto. Il locandiere si avvicinò e si portò dietro al tavolaccio che serviva da banco di mescita. Il cacciatore non era abituato a dover alzare lo sguardo per guardare qualcuno, né a dover considerare un altro uomo una minaccia per la sua stazza, ma quello lo superava

di tutta una testa ed era abbastanza grosso da sembrare un armadio a cui avessero messo in cima una parrucca arruffata e lercia. Nonostante questo, però, era l'altro a fissarlo con preoccupazione.

Con movimenti lenti il cacciatore fece scivolare a terra la pesante borsa che portava a tracolla, poi si sfilò lo spadone che gli pendeva di traverso la schiena posandolo sul bancone, l'impugnatura evidentemente a portata di mano. Spostò il mantello per staccare il borsello dalla cintura, scoprendo così una seconda lama che portava in un fodero al fianco.

«Un uomo porta una spada per difendersi, ma un uomo con due lame porta guai.»

La voce dell'uomo dietro al banco voleva avere un tono minaccioso senza riuscirci del tutto. Il cacciatore abbassò il cappuccio, svelando il cranio glabro e il volto ben rasato a mostrare le cicatrici che ne deturpavano la metà sinistra. Puntò gli occhi gelidi in quelli sgranati dell'altro. «O li risolve.»

Gettò una moneta sul bancone. «Birra.»

Il locandiere afferrò un boccale di terracotta e lo riempì di un liquido scuro e schiumoso. Lo posò di fronte alla spada lunga e si affrettò ad arraffare la moneta in pagamento. «Non si vedono molti stranieri da queste parti.»

Il cacciatore diede una rapida occhiata alla sala vuota. «Nemmeno di gente del luogo, mi sembra.»

Il silenzio che riempiva la locanda venne turbato da un suono acuto e ovattato, un guaito ascoltato da dietro una porta. Il locandiere piantò i pugni sul tavolo attirando la sua attenzione. «Non ci piacciono gli stranieri qui, perciò bevi la tua birra e vattene.»

Il cacciatore portò di nuovo il boccale alle labbra, mandò giù alcuni sorsi amari. Udì ancora quel suono acuto. Un cigolio? Un gemito? Fissò il locandiere mentre posava il boccale sul tavolo. «È ben strano un locandiere che caccia il suo unico cliente.»

«Come conduco i miei affari non ti riguarda.»

Il cacciatore spaziò con lo sguardo oltre il suo interlocutore, alle tazze e ai bicchieri sui ripiani addossati al muro, alle brocche allineate, alcune coperte con delle pezze, e poco più in là una porta chiusa che probabilmente portava alla despensa. Il suono si ripeté e sembrò proprio provenire da oltre quella porta. «Ci sono più cose che mi riguardano su questa terra che macchie di vomito sul tuo pavimento.» Rispose posando una mano sul fodero della spada, vicino alla guardia. «Cos'è il rumore che sento?»

«Il mio cane.» Rispose l'uomo con troppa prontezza. «È chiuso in cantina. Sta tirando le cuoia.»

La mano del cacciatore accarezzò leggermente il fodero. Gli uomini erano celeri alla menzogna in vita, quanto alla verità di fronte alla morte.

Portò di nuovo il boccale alla bocca e bevve lentamente fino a svuotarlo sotto lo sguardo cupo del locandiere. Posò il bicchiere vuoto sul tavolo.

«Gira una voce su queste zone.»

Silenzio.

«Si parla di fanciulle che al calare della notte vagano nei boschi.»

Silenzio.

«E che nel cuore della notte accadano cose... blasfeme.»

La fronte del locandiere si era aggrottata così tanto che le folte sopracciglia arrivavano a toccarsi. Lo sguardo si era fatto torvo. «Chi sei?» Cominciava a capire. «Cosa sei venuto a fare qui?»

Le labbra del cacciatore si incresparono in un sorriso da lupo, la metà sfregiata del volto si raggrinzì in modo raccapricciante. «Il mio nome è Klinge. Saul Klinge. E porto il castigo di Dio.»

Il locandiere sbiancò. «Hexenjäger.»

HEXENJÄGER - Il Cacciatore di StregheWhere stories live. Discover now